CAPITOLO 3 – COMPOSIZIONE DEI BOARD NELLE SOCIETÀ QUOTATE IN
3.2 Confronto con società a livello europeo
3.2.2 Caratteristiche demografiche
3.2.2.1 Nazionalità
Il primo tratto preso in considerazione è la nazionalità. Occorre però fare una precisazione: nei dati raffigurati nel grafico 2 non è rappresentata l’eterogeneità in termini etnici ma nazionali, di conseguenza, essendo imprese europee, è probabile che vi siano amministratori stranieri ma comunque appartenenti alla popolazione europea.
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In questo caso non si può parlare effettivamente di minoranza etnica, infatti, quando si sono discusse le minoranze culturali, nei soggetti facenti parte la categoria degli anglo- americani, così come definita da Cox et Al. (1991), si sono inclusi tutti gli europei142.
Grafico 2 Andamento presenza di stranieri nei Board
In accordo con in dati raffigurati nel grafico 2, l’Italia, per tutto il periodo campionario, risulta essere la Nazione con la percentuale minore di stranieri. Sebbene l’Italia risulti l’ultimo paese per presenza di direttori non nazionali, il loro peso percentuale è quasi raddoppiato: cresce da un 6,7% nel 2006 fino a una percentuale del 12,5% nell’ultimo anno.
Contrariamente, il Regno Unito è lo Stato con la maggiore presenza di amministratori non inglesi per tutto il periodo. Si registra inoltre un aumento di 5 punti percentuali dal 2006 al 2016, i direttori stranieri incidono quindi per il 30%.
Cercando di fornire una spiegazione a questo fenomeno, si ipotizza che esso sia dovuto alla forte attrattività del Regno Unito, e soprattutto della sua capitale Londra, che è stata
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meta di gran parte della “fuga dei cervelli” avvenuta in Italia e non solo143. Aumenta di conseguenza la probabilità che all’interno dei Board siedano amministratori stranieri. Gli altri tre Stati raggiungono un livello di direttori non nazionali simile nel 2016, tra il 20% e il 25%. Differente è però la dinamica che ha portato al risultato finale. In Francia si registra una lieve flessione nel corso del periodo che viene successivamente recuperata, rendendo pressoché invariata la percentuale di amministratori stranieri.
Germania e Spagna invece partono entrambe da un livello basso, pari a circa il 10% nel 2006, e con una dinamica simile arrivano nel 2016 ad avere una presenza di stranieri di poco maggiore rispetto alla Francia.
3.2.2.2 Genere
Nel grafico 3 viene rappresentata la dinamica relativa alla presenza di amministratrici all’interno del Board nel corso del periodo in analisi.
Grafico 3 Andamento presenza di donne nei Board
Come raffigurato nel grafico 3, nel primo anno, la percentuale di donne presenti nei Board indica una situazione molto squilibrata: in tutti gli Stati la loro presenza è inferiore al 10% del totale membri. La situazione maggiormente sbilanciata si osserva in Italia dove, in quell’anno, solo il 5% degli amministratori era rappresentato da persone di genere femminile.
143 Nel 2017 circa 21 mila italiani, nonostante la Brexit, si sono trasferiti nel Regno Unito. Fonte:
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La dinamica rimane pressoché stabile fino agli anni 2010/2011. Si osserva in seguito un aumento consistente del peso del genere femminile all’interno dei Board di tutte le Nazioni analizzate.
L’aumento è giustificato da due fattori: l’approvazione di Leggi dello Stato che prevedevano la nomina di un numero minimo di donne all’interno del consiglio e l’implementazione di autoregolamentazioni adottate dalle società che avevano il compito di sopperire a mancanze legislative sul tema.
L’Italia passa dall’essere lo Stato in cui vi era più discriminazione del genere femminile, alla seconda Nazione per presenza di donne negli organi di amministrazione. L’incidenza percentuale delle amministratrici aumenta di 25 punti percentuali attestandosi nel 2016 al 30%.
La Legge che ha permesso questa “scalata” è stata la numero 120 del 2011 (detta Legge Golfo-Mosca) che prevede un sentiero da percorrere per diminuire la discriminazione di genere. In estrema sintesi, la Legge prevede il raggiungimento di un equilibrio fra presenza di uomini e donne all’interno del Board.
La Norma, che inizialmente aveva validità per tre rinnovi del gruppo, prevede che ad ogni rinnovo del CdA siano rispettate delle quote di genere minime: al primo la presenza di 1/5 di amministratrici e dal secondo di 1/3. Grazie al decreto fiscale 2020 è stato aumentato a 6 il numero dei mandati in cui bisogna rispettare i vincoli sopra indicati. Lo Stato dove si registra l’aumento maggiore della presenza donne è rappresentato dalla Francia. Il peso percentuale cresce dall’8% nel 2006 al 37,5% nel 2016. Anche in questo caso l’aumento è avvenuto grazie a una legge del 2011 che prevedeva due 2 step:
1. Proporzione di genere femminile nel Board pari ad almeno il 20% nel 2014; 2. Proporzione di genere femminile nel Board pari ad almeno il 40% nel 2017. In particolare, questa normativa viene applicata non solo alle imprese quotate ma anche alle società non quotate con un numero di dipendenti superiore alle 500 unità e un fatturato maggiore a euro 5 milioni.
Ugualmente a quanto avvenuto in Italia e Francia, anche nel Regno Unito è stata approvata una legge sulle “quote rosa” nel 2011. Nella normativa veniva richiesto il raggiungimento della quota di amministratrici nei Board pari al 25% entro il 2015.
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In Germania, la prima legge a prevedere un numero minimo di donne è stata varata nel 2015. Si nota però come l’aumento della loro rappresentanza sia iniziato a partire dal 2011. Questo è stato possibile grazie a regolamenti interni, adottati su base volontaria, dalle singole società a causa di pressioni di mercato.
Infine, in Spagna esiste un codice di autoregolamentazione approvato nel 2015 in cui si raccomanda una maggiore presenza del genere femminile nei Board. All’interno di questo codice si consiglia il raggiungimento di quota 30% entro il 2020. Stando ai dati riportati nel grafico 3, la presenza di amministratrici, alla fine del 2016, è tuttavia ancora limitata e si attesta al 17%.
3.2.2.3 Età
Si procede con la discussione dell’andamento dell’ultimo tratto demografico: l’età. Attraverso i dati rappresentati nel grafico 4, si analizza l’età media dei componenti dei Board e non la sua eterogeneità.
Grafico 4 Andamento dell'età media dei membri del Board
In accordo con il grafico 4, alla fine del periodo i Board che risultano essere mediamente più giovani sono quelli appartenenti all’Italia. La dinamica del Paese è interessante in quanto la media, che nel 2006 era di poco inferiore ai 58 anni, nel corso del periodo è aumenta fino a sfiorare i 59 nel 2011 (anno in cui insieme alla Francia i Board italiani sono i più anziani d’Europa). Successivamente si osserva un calo costante grazie al quale l’età media dei componenti del Board nel 2016 si attesta ad anni 57. Infatti, dal 2011 è entrata in vigore la legge sulle quote rosa: l’aumento della presenza di donne nei Board,
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che come si è osservato in tabella 26 sono più giovani degli uomini, ha abbassato l’età media dei gruppi.
Per altri due Stati l’andamento è stato l’inverso. Si fa riferimento alla Spagna e al Regno Unito. I Board spagnoli, partendo dall’essere relativamente giovani nel 2006, con un’età media di circa 56,5 anni, registrano nel periodo un forte aumento a causa del quale l’indice raggiunge nel 2016 i 61 anni: i Board spagnoli diventano così i più anziani d’Europa. Il Regno Unito risulta essere nel 2006 lo Stato in cui l’età media dei componenti del Board è minore. Nel corso degli anni si riscontra però un progressivo aumento dovuto probabilmente a un mancato rinnovo della componente amministrativa. Infatti, a partire dal 2014 è l’Italia a rappresentare i gruppi più giovani.
In conclusione, Francia e Germania partono da un livello simile, circa 58 anni di età media. Analizzando il grafico 4 si riscontra però, nel corso del periodo, una dinamica opposta.
In particolare, in uno Stato, la Francia, l’età media aumenta per la prima parte del periodo, mentre nell’altro, la Germania, il valore diminuisce. Nella seconda parte del periodo le due età medie tendono a ricongiungersi al loro valore iniziale: si attestano infatti entrambe nel 2016 a circa 58 anni.