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2.3.1-Lo Hyogo framework for action 2005-2015 (HFA).

La seconda World Conference on Natural Disaster Reduction, portò alla stesura del programma mondiale decennale Hyogo framework for action 2005-2015: Costruire la

resilienza delle nazioni e delle comunità per fronteggiare i disastri (HFA 2005-2015). Nel documento programmatico assunse a ruolo centrale il concetto di resilienza, già

preannunciato nella conferenza mondiale del 1994. A seguito dell’adozione del documento HFA nel campo del DRR, il concetto di resilienza si guadagnò un interesse mondiale, divenendo molto più popolare (Manyena 2006). Tuttavia, per quanto il termine fosse ampliamente inserito nel documento HFA, fino a divenirne elemento centrale e caratteristico, non fu definito in maniera chiara ed univoca, comportando fin da subito la nascita di svariate interpretazioni, legate in primo luogo a concezioni terminologiche dovute alla multidisciplinarietà propria del campo DRR.

A tal riguardo Mayunga afferma: “Nonostante la popolarità ed il frequente uso, c’è una limitata comprensione teorica del concetto di resilienza ai disastri. Per esempio non è chiaro come il concetto debba essere valutato, misurato o mappato.”(Joseph S Mayunga 2007). Erano quindi chiare le potenzialità di uno strumento, in grado di fornire un contributo importante nel campo del DRR, ma era altrettanto evidente come la sfida principale avrebbe riguardato lo sviluppo di indicatori, in grado di misurare adeguatamente questo concetto o, come questo sarebbe dovuto essere mappato, ovvero quale unità di analisi dovessero essere utilizzate (Joseph S Mayunga 2007). Dall’uscita del testo HFA, oltre a chiari principi ed obiettivi, l’assenza di un quadro concettuale in cui gli indicatori del termine resilienza fossero definiti e misurabili, rese poco applicabile la resilienza alle strategie di riduzione del rischio disastri (Joseph S Mayunga 2007), come per altro auspicato fin da subito nel documento HFA stesso, in cui nella descrizione delle finalità, obiettivi ed azioni di DRR, si riconosceva la necessità di sviluppare degli indicatori per monitorare i progressi in materia di attività di DRR. Con la risoluzione 66/199 del 2011, l’Assemblea Generale ratificherà tre importanti decisioni:

 Prese atto dei risultati della revisione intermedia del programma HFA, invitando gli Stati membri, i fondi delle Nazioni Unite ed i programmi delle agenzie specializzate ad accelerare l'attuazione del programma Hyogo, anche nell’ottica di un post HFA;

 Accolse l’offerta del Giappone di ospitare la futura 3ª Conferenza Mondiale sui Disastri;

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 decise di includere nella 67ª sessione generale l’argomento ISDR, sotto la tematica Sviluppo Sostenibile, rimarcandone ancora una volta l’ormai strettissima connessione (UN - General Assembly 2011).

L’anno successivo fu convocata la 3ª Conferenza Mondiale sulla Riduzione del Rischio Disastri in Giappone, per esaminare l'attuazione del programma Hyogo Framework for Action ed adottare un Programma quadro post-2015, per la riduzione del rischio di catastrofi (UN- General Assembly 2012). Nel percorso verso la nuova conferenza mondiale, ed in vista di un nuovo documento programmatico, si chiedeva ai Paesi membri di:

 Incoraggiare tutti i portatori d’interesse ad impegnarsi attivamente nei processi di consultazione per lo sviluppo del Programma quadro post-2015. In particolare tramite la condivisione di esperienze acquisiste nella gestione del rischio disastri;

 Prendere in adeguata considerazione le strategie di DRR e lo sviluppo della Resilienza ai disastri all'interno del programma di sviluppo post-2015;

 Promuovere un approccio coerente e complementare tra il Programma quadro post-2015 per il DRR e l’Agenda di Sviluppo del post-2015.

2.3.2-The Sendai Framework for Disaster Risk Reduction (2015-2030).

Le Nazioni Unite accettarono con la risoluzione 68/211 del 2013, l'offerta del governo del Giappone di ospitare la 3ª Conferenza mondiale sulla Riduzione del Rischio Disastri, programmandola dal 14 al 18 marco 2015 a Sendai. Fin dal 2013, l’ONU ebbe chiara la necessità di approntare una 3ª conferenza molto pragmatica, volta a dare ancor più incisività alle azioni di DRR. Decise infatti che l’evento “fosse convocato al più alto livello possibile per produrre un documento finale conciso, focalizzato, lungimirante, orientato all'azione” (UN - General Assembly 2013b). La conferenza focalizzò i seguenti obiettivi:

a) Completare l’analisi e la revisione dell'attuazione dello Hyogo Framework for Action;

b) Prendere in considerazione l'esperienza acquisita attraverso le strategie/istituzioni regionali e nazionali ed i piani per la riduzione del rischio catastrofi e le loro raccomandazioni, nonché gli accordi regionali rilevanti durante l’'attuazione dello Hyogo Framework;

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c) Adottare un Programma quadro post-2015 per la riduzione del rischio di catastrofi;

d) Identificare le modalità di cooperazione sulla base degli impegni ad implementare un Programma Quadro post-2015 per la riduzione del rischio di catastrofi;

e) Determinare le modalità di revisione periodica dell'attuazione del Programma

Quadro post-2015 per la riduzione del rischio di catastrofi” (UN - General Assembly 2013a).

Il Programma Sendai for Disaster Risk Reduction 2015-2030 (SFDRR) fu adottato a conclusione della 3ª Conferenza mondiale delle Nazioni Unite il 18 marzo 2015.

Il nuovo programma fu il risultato da un lato delle consultazioni avviate nel marzo 2012 tra tutte le parti interessate, dall’altro dei negoziati intergovernativi avvenuti tra il luglio 2014 ed il marzo 2015, con il supporto dell'Ufficio delle Nazioni Unite ISDR, come richiesto dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite. (UN-General Assembly 2015). Come auspicato con la risoluzione 66/199 il Sendai framework fu costruito su elementi che garantivano la continuità con il programma HFA, introducendo una serie di innovazioni. A titolo d’esempio: il campo di applicazione della riduzione del rischio di catastrofi fu ampliato in modo significativo, per concentrarsi su entrambi i pericoli, naturali ed antropici, ed i relativi rischi ambientali, tecnologici e biologici, nonché la resilienza della salute. (UN-General Assembly 2015)

2.3.2.a- SFDRR: risultati ed obbiettivi attesi.

Grazie ai risultati ottenuti con HFA, ad esempio alcuni progressi nel rafforzamento della resilienza e la riduzione delle perdite e danni, le organizzazioni coinvolte a vario titolo concordarono sul fatto che una sostanziale riduzione del rischio disastri richiedesse costanza e persistenza, con un focus più esplicito su persone, salute e mezzi di sussistenza, oltre ad una verifica periodica. Il SFDRR nasce con lo scopo di raggiungere i seguenti risultati nel corso dei prossimi 15 anni: la sostanziale riduzione del rischio disastri e della perdita di vite umane, mezzi di sussistenza, salute, beni economici, fisici, sociali, culturali ed ambientali di persone, mondo economico, comunità e Paesi (UN-ISDR 2015).

Per raggiungere questo risultato, il SFDRR identifica alcuni obiettivi da perseguire: ridurre il rischio disastri esistente e prevenire il nuovo attraverso l'attuazione di misure integrate e inclusive economiche, strutturali, legali, sociali, sanitarie, culturali, educative, ambientale, tecnologiche, politiche ed istituzionali, che prevengano e riducano l'esposizione ai pericoli e la vulnerabilità ai disastri, incrementando la

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preparazione all’intervento ed il recupero post evento, e quindi rafforzando la resilienza (UN-ISDR 2015). Si può notare come il concetto di comunità sia un elemento centrale, sebbene non esplicito, di tutti gli obiettivi sopra elencati. Tutte le misure ed azioni previste dal SFDRR ruotano infatti intorno a tale concetto. La comunità è stata pertanto inserita quale elemento centrale in questo progetto di ricerca, come ampliamente descritto nella successiva parte metodologica. Avendo chiara la necessità di supportare l’analisi dei progressi globali, il SFDRR individua sette obiettivi generali, con una dimensione globale ed un set di specifici indicatori. I sette obiettivi globali sono:

1. Ridurre in modo sostanziale la mortalità globale dovuta ai disastri entro il 2030 rispetto al periodo 2005-2015;

2. Ridurre, a livello globale, in modo sostanziale il numero di persone colpite da disastri nel decennio 2020-2030 rispetto al periodo 2005-2015;

3. Ridurre le perdite economiche dirette da disastro, in rapporto al prodotto interno lordo globale (PIL) entro il 2030;

4. Ridurre in modo sostanziale i danni da disastro per le infrastrutture critiche e la distruzione dei servizi di base, tra i quali quelli per la salute e l’educazione, anche attraverso lo sviluppo della loro resilienza entro il 2030;

5. Aumentare notevolmente il numero dei Paesi con strategie, nazionali e locali, per la riduzione dei disastri entro il 2020;

6. Migliorare in modo sostanziale la cooperazione internazionale verso i Paesi in via di sviluppo attraverso un adeguato e sostenibile supporto per l’adozione delle azioni nazionali volte all’implementazione dell’attuale programma quadro entro il 2030;

7. Aumentare notevolmente la disponibilità e l'accesso ai sistemi di allarme precoce multi-rischio, l'informazione del rischio di catastrofi e le valutazioni entro il 2030 (UN-ISDR 2015).

2.3.2.b- SFDRR: principi guida

Dopo l’esperienza della Yokohama Strategy ed Hyogo Framework, il Sendai Framework definisce tredici principi per la sua implementazione, tenendo ovviamente conto dei contesti e delle leggi nazionali, nonché degli obblighi ed impegni internazionali:

1. Ogni Stato ha la responsabilità primaria di prevenire e ridurre il rischio di disastri, anche attraverso la cooperazione internazionale, regionale, sub- regionale e bilaterale [...];

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2. La riduzione del rischio disastri richiede che le responsabilità siano condivise dai governi centrali e le autorità nazionali competenti, i settori e le parti interessate, a seconda delle circostanze e dei sistemi di governance nazionali; 3. La gestione del rischio di disastri mira a proteggere le persone e le loro

proprietà, la salute, i mezzi di sussistenza e le attività produttive, così come i beni culturali e ambientali, promuovendo e proteggendo tutti i diritti umani, compreso il diritto allo sviluppo;

4. La riduzione del rischio disastri richiede l’impegno e la collaborazione di tutta la società. Si richiede inoltre la responsabilizzazione ed una partecipazione inclusiva, accessibile e non discriminatoria, con particolare attenzione alle persone sproporzionatamente colpite da calamità, soprattutto i più poveri. La prospettiva di Genere, Età, Disabilità e Culturale dovrebbe essere integrata in tutte le politiche e le pratiche, e dovrebbe essere promossa la leadership di donne e giovani. In questo contesto, particolare attenzione deve essere prestata al miglioramento del volontariato organizzato dei cittadini;

5. La riduzione delle catastrofi e la gestione del rischio dipende da meccanismi di coordinamento, all'interno e tra i settori, e con le parti interessate a tutti i livelli, [...];

6. Mentre le capacità, la guida ed il ruolo di coordinamento dei governi nazionali e federali statali rimangono essenziali, è necessario responsabilizzare le autorità locali e le comunità locali per ridurre il rischio di catastrofi, anche attraverso risorse, incentivi e responsabilità decisionali, a seconda dei casi;

7. La riduzione del rischio disastri richiede un approccio multi-hazards ed un processo decisionale sul rischio basato sullo scambio aperto e la diffusione di dati disaggregati, tra cui sesso, età e disabilità, nonché dati di facile accesso, informazioni sui rischi basate sulla scienza, integrate da conoscenze tradizionali;

8. Lo sviluppo, il rafforzamento e l'attuazione delle politiche, dei piani, delle pratiche e meccanismi devono basarsi sulla coerenza [...];

9. Mentre le guide sul rischio di disastro possono essere locali, nazionali, regionali o di portata globale, il rischio disastri ha caratteristiche locali e specifiche che devono essere comprese per la determinazione delle misure di riduzione del rischio di catastrofi;

10. Affrontare i fattori di rischio indiretti attraverso investimenti pubblici e privati sull’informazione del rischio disastri è più conveniente rispetto alla risposta post-disastro e il recupero, e contribuisce allo sviluppo sostenibile;

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11. Nel recupero post-catastrofe, le fasi di riabilitazione e di ricostruzione, attraverso il meccanismo di “ricostruire meglio” sono fondamentali per impedire la creazione o per ridurre il rischio di nuove catastrofi. E’ fondamentale aumentare l'istruzione pubblica e la consapevolezza del rischio di catastrofi; 12. Un partenariato globale efficace e l'ulteriore rafforzamento della cooperazione

internazionale, compreso il rispetto dei rispettivi impegni di aiuto ufficiale allo sviluppo da parte dei Paesi sviluppati, sono essenziali per una gestione efficace del rischio di catastrofi;

13. I Paesi in via di sviluppo, in particolare i paesi meno sviluppati, [...], di fronte alle sfide specifiche del rischio disastri, hanno bisogno di supporto adeguato, sostenibile e tempestivo, comprendente anche misure finanziarie. (SFDRR, 2015).

La sezione IV "Priorità d'azione" di SFDRR, contiene il nucleo del Programma quadro, ovvero le quattro priorità applicate a due diversi livelli: locale/nazionale e regionale/globale, per l’ottenimento del risultato previsto ed obiettivi. Le quattro priorità sono:

Priorità 1: Comprensione del rischio disastri. Le politiche e le pratiche per la gestione del rischio disastri dovrebbero essere basate sulla comprensione del rischio disastri nelle sue dimensioni di vulnerabilità, capacità, esposizione delle persone e dei beni, caratteristiche di pericolosità ed ambiente. Tali conoscenze possono essere sfruttate a fini di valutazione pre-disastro del rischio, per la prevenzione, la mitigazione e lo sviluppo di azioni di preparazione appropriate ed efficaci alle catastrofi;

Priorità 2: Il Rafforzamento del governo del rischio disastri per la gestione del

rischio disastri. Il governo del rischio disastri a livello nazionale, regionale e globale è di grande importanza per una gestione efficace ed efficiente del rischio disastri. Sono necessari una chiara visione, piani, competenze, orientamento e coordinamento all'interno e tra i diversi settori, nonché la partecipazione delle varie parti interessate. E’ pertanto necessario il rafforzamento del governo del rischio disastri per la prevenzione, la mitigazione, la preparazione, la risposta, il recupero e la riabilitazione e favorisce la collaborazione e partnership tra meccanismi ed istituzioni per l'attuazione degli strumenti più adatti per la riduzione del rischio disastri e lo sviluppo sostenibile;

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Priorità 3: Investire in resilienza per la riduzione del rischio disastri. Gli investimenti pubblici e privati sono essenziali, nella prevenzione e riduzione

del rischio disastri, attraverso misure strutturali e non strutturali per migliorare la resilienza economica, sociale, sanitaria, culturale delle persone, comunità, Paesi e loro risorse, così come l'ambiente.[…];

Priorità 4: Migliorare la preparazione alle catastrofi per una risposta efficace per

un "ricostruire meglio" nel recupero, la riabilitazione e la ricostruzione. La costante crescita del rischio di catastrofi, tra cui l'aumento delle persone e dei beni esposti, in combinazione con le lezioni apprese dai disastri del passato, indica la necessità di rafforzare ulteriormente la preparazione alle catastrofi per la risposta, agendo in anticipo sugli eventi, integrando la riduzione del rischio disastri nella preparazione alla risposta ed assicurando che le capacità siano messe in atto per una risposta e recupero efficaci a tutti i livelli […] (UN-ISDR 2015).

Nel documento SFDRR vengono inoltre elencate le azioni suggerite per lo svolgimento di ciascuna priorità. Nell’allegato A sono elencati, per ogni priorità, gli elementi presi a riferimento anche in questo lavoro di ricerca.

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2.4 - La Resilienza nel campo delle strategie di DRR.

All’interno del percorso di DRR, dalla costituzione del IDNDR fino all’istituzione del ISDR, il concetto di Resilienza ha assunto progressivamente un ruolo sempre più centrale. Negli anni più recenti, il concetto di resilienza ai disastri ha guadagnato un interesse mondiale ed è diventato molto più popolare specialmente dopo l’adozione dell’HFA nel 2005 (Manyena 2006). L’obiettivo principale della pianificazione dei pericoli e DRR si è spostato, focalizzandosi più sulla costruzione delle comunità resilienti, che non sulla riduzione della vulnerabilità (J S Mayunga 2007). Tuttavia, nonostante la popolarità del concetto ed il suo frequente uso, specie in ambito internazionale, Mayunga fece notare come, ci fosse ancora una comprensione teorica limitata del concetto di resilienza ai disastri. Per esempio non era chiaro come il concetto dovesse essere valutato, misurato o mappato (J S Mayunga 2007).

L’adozione del termine infatti non è stata agevole, ponendo fin da subito numerosi problemi di interpretazione ed applicazione. Le ragioni di ciò sono individuabili in diversi fattori. Da un lato, il termine resilienza non era certamente un neologismo, in quanto già utilizzato in numerose discipline. Sicuramente nuovo era però l’ambito di applicazione: le strategie per la riduzione dei disastri. In questo settore, tipicamente multidisciplinare, la presenza di numerosi settori, con una consolidata esperienza nell’uso del termine, non aiutò i tecnici a dirimersi tra le numerose applicazioni del concetto stesso.

Tra i principali motivi di confusione, va sottolineato l’eccessivo lasso di tempo trascorso tra la prima apparizione ufficiale della parola Resilienza all’interno del documento Yokohama Strategy (1994), la sua successiva applicazione nel campo del DRR con il documento Hyogo Framework (2005) ed infine la sua definizione ufficiale, da parte di ISDR, avvenuta solamente nel 2009. Tempi davvero troppo lunghi, se teniamo conto di un vocabolo caratterizzato da una storia etimologica complessa, con tre elementi distintivi non così comuni:

a. essere utilizzato con continuità fin dai tempi della civiltà romana;

b. aver mantenuto nei secoli, e per lingue differenti, una forte aderenza al suo significato originale. Acquisendo al contempo una varietà di sfumature tecnico- concettuali-operative;

c. essere utilizzato come termine tecnico in numerose aree disciplinari, anche molto differenti tra loro, conservando tuttavia un significato di base comune.