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Dalla revisione bibliografica emerge un nuovo approccio alle dinamiche di DRR che, spostando l’attenzione sullo sviluppo delle competenze-capacità delle comunità, porta il concetto di resilienza ad incrociare necessariamente quello più classico e conosciuto di Vulnerabilità del sistema. Resilienza e vulnerabilità divengono così due elementi chiave negli studi sui rischi naturali (Klein et al. 2003). E’ quindi centrale la necessità di riuscire a comprendere il rapporto esistente tra essi. La vulnerabilità si riferisce alla possibilità di perdita (Cutter 1996) e le definizioni più specifiche definiscono il potenziale di perdita, in relazione con la probabilità di esposizione e la suscettibilità al danno (Zhou et al. 2010). Etkin et al. (2004) definisce la vulnerabilità come la propensione a subire un certo grado di perdita da un evento pericoloso, mentre Turner et al. (2003) la definisce come il grado in cui, in un sistema, è probabile il verificarsi di danni a causa dell’esposizione a un pericolo (Zhou et al. 2010). Alexander (2009) fa notare come il termine vulnerabilità derivi dal latino vulnerare, che significa 'ferita', ed in linea di massima, si riferisce all'esposizione di una persona, risorsa, beni o attività al potenziale danno o perdita (Zhou et al. 2010). Analizzando i campi d’applicazione ed i lavori specifici, quel che emerge è un uso piuttosto variegato del termine Vulnerabilità, spesso con differenze sia di significato che di applicazione. Sono riscontrabili infatti anche alcuni paradossi collegati al concetto. In primo luogo, la vulnerabilità può essere disaggregata, per motivi d’analisi, in settori o componenti (fisici, sociali, economici o psicologici), che richiedono comunque una visione essenzialmente olistica, quando ci si riferisce all’unità che subisce un danno. (Cardona, 2004).

In secondo luogo, come per il rischio, la vulnerabilità assume i contorni di un concetto ipotetico che, tuttavia, non manca di realtà. Semplicemente è non tangibile: nello stesso modo in cui, nel mondo fisico, l’attrito compare solo quando qualcosa è in movimento, così la vulnerabilità diventa fisicamente visibile solo quando si manifesta come impatto (Alexander 2009). Una possibile interpretazione della Vulnerabilità, può essere agganciata alle circostanze che la generano, ad esempio spacchettando la Vulnerabilità in elementi minori a secondo del loro contesto (Alexander 1997; Özerdem e Jacoby 2006):

 Vulnerabilità totale: si riferisce alla vita che è generalmente precaria, perché poco o nulla è stato fatto al fine di ridurre le fonti di rischio ed i potenziali impatti. Questa condizione tende ad applicarsi alle società povere ed emarginate, che non dispongono di risorse per proteggersi;

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 Vulnerabilità economica: si riferisce alle persone che non hanno un’adeguata occupazione e, quindi, la vulnerabilità si riferisce alla precarietà delle loro attività produttive e delle fonti di reddito;

 Vulnerabilità tecnologica o tecnocratica: causata dalla pericolosità della tecnologia o del modo in cui viene utilizzata;

 Vulnerabilità residua: causata dalla mancanza di modernizzazione, in cui le condizioni di rischio si evolvono, ma le strategie di mitigazione non riescono a tenerne il passo;

 Vulnerabilità delinquenziale: causata dalla corruzione, negligenza o attività criminale che mette a rischio persone o beni;

 Neo Vulnerabilità: causata dal cambiamento delle circostanze, per esempio a seguito della comparsa di rischi emergenti (Alexander 2009).

Se la vulnerabilità assume forme diverse o ha componenti differenti, non solo sarà multiforme, ma si caratterizzerà anche per l'interazione tra le varie componenti. In questo caso varrà il principio della Gestalt: ossia la visione d’insieme può essere superiore alla semplice somma delle parti (Alexander 2009). E’ evidente quindi come lo studio della vulnerabilità sia fondamentale, volendo individuare punti di contatto e differenze con il concetto di resilienza. Da un lato avremo quindi l'enfasi della resilienza ai disastri, legata proprio alla fase di potenziamento delle capacità, di resistere e recuperare dalle perdite causate da eventi naturali estremi, nel più breve tempo possibile e con la minima o assente assistenza esterna (Zhou et al. 2010). In questa accezione la Resilienza ai Disastri risulta un processo, concentrato principalmente sulle fasi di pre e post disastro, che può aiutare a migliorare le capacità del sistema di resistere, recuperare ed esplorare opzioni politiche per affrontare i pericoli. Questa accezione di resilienza può essere migliorata in modo dinamico attraverso, sia l'apprendimento dalle esperienze di disastri storici, sia tramite l'adattamento alle impostazioni geografiche locali (Zhou et al. 2010). La Vulnerabilità, dal canto suo, pone l'accento sulla risposta del sistema ai pericoli (reali o potenziali), determinanti la probabilità di perdita a causa di essi. Il concetto di vulnerabilità si concentra solo sulla situazione del sistema prima che avvenga un disastro, ed è un’utile informazione per la preparazione ai futuri pericoli. La Vulnerabilità è una caratteristica intrinseca del sistema, cambia spostandosi da un luogo a un altro (Zhou et al. 2010).

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Figura 2.7- Relazione tra Vulnerabilità e Resilienza (Zhou et al. 2010)

Con il termine Resilienza il discorso risulta più complesso e fumoso. Sicuramente la Resilienza ai Disastri, è importante per comprendere

l’incertezza e ridurre le perdite da

calamità naturali.

Nel campo della resilienza ai disastri, i tecnici di settore incontrano tre difficoltà (Zhou et al. 2010):

 A livello concettuale, per l’assenza di una definizione esplicita dal punto di vista geografico;

 A livello operativo, per la difficoltà di modellare la resilienza a livello di comportamento individuale, di gruppo, o comunitario all’interno di un unico impianto;

 A livello applicato, per la difficoltà di trasferire la resilienza a diverse scale spaziali.

Vulnerabilità

Resilienza

Resistenza Recupero

Legato alla forza Legato al tempo

Difesa Sicurezza

Mitigazione Adattamento Istituzionale Basato sulla comunità

Sistema Rete

Ingegneristico Culturale

Valutazione dei rischi Analisi della vulnerabilità e capacità

Risultati Processi

Norme Opere

Tabella 2.3-Differenze tra Vulnerabilità e Resilienza (Manyena 2006).

Dal raffronto tra Vulnerabilità e Resilienza, al di là dei punti in comune, o specifiche peculiarità, emerge con chiarezza l’elemento comune: la comunità (o il sistema). Questa potrà essere più o meno resiliente, più o meno vulnerabile. Sarà intorno a questo soggetto che ruoteranno tutte le analisi e le azioni.

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2.5.1-Il concetto di Comunità Resiliente.

La comunità resiliente è un concetto multidimensionale, definibile come la capacità della comunità di resistere a crisi o distruzioni. La resilienza della comunità è l’abilità di 'riprendersi', ma può anche suggerire un cambiamento sistemico, l'adattamento e la creatività in relazione a stress, cambiamenti e sfide (Leykin et al. 2016). In questo specifico campo, l'integrazione di concetti come “resilienza”, “capacità di fronteggiare situazioni” e “adattamento” è comune. Spesso piccole differenze tra questi termini si perdono nel corso di un crescente discorso multidisciplinare. Le componenti chiave di una "comunità resiliente” includono caratteristiche sociali (ad esempio l'impegno della comunità, il capitale sociale…), economiche ed ambientali-ecologiche, come la sostenibilità dei sistemi delle infrastrutture urbane (Leykin et al. 2016). In riferimento ad una comunità, al fine di migliorare la comprensione del suo grado di debolezza e migliorare la sua preparazione, è molto utile l’individuazione delle migliori strategie per la valutazione periodica degli elementi chiave appena descritti. Queste valutazioni dovrebbero interessare i fattori più significativi, già precedentemente identificati come elementi portanti, per la costruzione della resilienza della comunità e sua capacità di funzionamento (Leykin et al. 2016). Una Comunità resiliente è quindi descrivibile come una comunità insediata, entro confini geografici ben definiti, costituita da legami sociali in grado di sopportare e sopravvivere in situazioni di crisi, con una capacità adattiva e di risposta reale ed efficace in caso di mutate circostanze (Leykin et al. 2016), ovvero una comunità in grado di mantenere funzionanti le attività di base (CIGI, 2012). Una comunità con tali caratteristiche è essenzialmente definibile come poco vulnerabile. Questo riporta l’attenzione al binomio vulnerabilità-resilienza. Seppur non considerabili come termini opposti, è evidente che là dove il livello di vulnerabilità è elevato, avremo un basso livello di resilienza, e viceversa (Joseph S Mayunga 2007). A tal riguardo Klein et al. (2003) sottolineano come il definire la resilienza in questo modo comporti un ragionamento circolare: una comunità è vulnerabile perché non è resiliente e non è resiliente perché è vulnerabile. La resilienza viene così ad essere l’ultimo tassello di un lungo percorso di crescita nel campo del DRR. Di questo disciplina e cammino sono chiare le tappe principali: inizialmente strutturato intorno al concetto di Pericolosità (approccio scientifico); successivamente evoluto intorno al concetto di Vulnerabilità (approccio tecnico) ed infine approdato al concetto di Rischio (approccio tecnico-scientifico). L’ulteriore passo in avanti si è compiuto con l’introduzione del concetto di Resilienza, che apporta un cambiamento significativo di ottica, approccio e risoluzione definibile di tipo tecnico-scientifico- sociale. In quest’ultimo passaggio, massima è l’intensità del rapporto tra le condizioni

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ambientali, il territorio e le comunità.

Tenendo conto di tutto ciò, una Comunità resiliente di fronte ad un disturbo esterno avrà tre possibilità di risposta-atteggiamento (Handmer et Dovers 2009):

 Resistenza: in questo caso si caratterizzerà per la resistenza al cambiamento. Un sistema umano di questo tipo fa tutto il possibile per evitare cambiamenti;

 Cambiamento ai margini: in questo caso si caratterizzerà per il riconoscimento del problema, la discussione delle implicazioni, e, si spera, un chiaro riconoscimento del fatto che l'attuale sistema non è sostenibile ed è necessario il cambiamento;  Apertura e adattabilità: in questo caso l’approccio punta a ridurre la

vulnerabilità. Si ha un elevato grado di flessibilità. La sua caratteristica chiave è la preparazione ad adottare ipotesi operative di base e strutture istituzionali nuove.

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