punibilità del privato.
6.1 I casi ambigui.
Le Sezioni Unite non si limitano ad aderire, seppur con argomentazioni più approfondite, al criterio del danno ingiusto/ vantaggio indebito, anzi non mancano di sottolineare le difficoltà che si presentano all’interprete per i casi più ambigui, border line, che occupano la c.d. “zona grigia” al confine tra concussione e induzione indebita e per i quali «il criterio del danno-vantaggio non sempre
consente, se isolatamente considerato nella sua nettezza e nella sua staticità, di individuare il reale disvalore [...] ”119. La decisione delle
Sezioni Unite ha quindi da un lato il merito di rifuggire da rigidi automatismi e presunzioni, superando il ricorso al criterio del danno ingiusto/ indebito vantaggio come statica soluzione alla questione del discrimen tra concussione e induzione indebita mediante l’elaborazione di una serie di criteri integrativi per le ipotesi in esame; dall’altro però la sensazione è che a fronte di una apprezzabile ricostruzione ermeneutica apparentemente capace di fornire i criteri differenziali tra le due norme, in realtà la motivazione della Corte, una volta immersa nella realtà empirica, non sia in grado di differenziare alcunché. L’esito sembra essere paradossale: nonostante la premessa del tentativo di dare un contenuto oggettivo alle fattispecie in esame, si finisce nei “casi ambigui”, che poi sono quelli che più interessano un diritto che non resta sulla carta, per far riemergere una distinzione fondata su profili soggettivi, decostituendo le apparenti argomentazioni oggettive. A tal proposito è stesso il supremo organo di nomofilachia nella motivazione a precisare che è pur vero che il danno ingiusto e il vantaggio indebito devono essere apprezzati con approccio oggettivistico, ma è anche vero che l’accertamento “non
119 P. Pisa, Concussione e induzione indebita al vaglio delle Sezioni Unite. Una sentenza equilibrata per un problema complesso, in DPP, pg. 569.
può prescindere dalla verifica del necessario intreccio tra gli elementi oggettivi di prospettazione e quelli soggettivi di percezione, per evitare che la prova si fondi su meri dati presuntivi”. Le Sezioni Unite, nel lodevole tentativo di esercitare la propria funzione nomofilattica ed individuare parametri in grado di consentire una corretta applicazione delle norme sottoposte al loro esame, si addentrano sul terreno del “caso per caso”.
I criteri del danno ingiusto e del vantaggio indebito devono essere valutati nella loro operatività dinamica, considerato che il criterio del danno/vantaggio “deve essere opportunamente calibrato, all’esito di
una puntuale ed approfondita valutazione in fatto, sulla specificità della vicenda concreta, tenendo conto di tutti i dati circostanziali, del complesso dei beni giuridici in gioco, dei principi e dei valori che governano lo specifico settore di disciplina”.
Tra le ipotesi problematiche la Corte ricomprende, oltre ai casi di abuso di qualità in cui non vi sia un riferimento ad uno specifico atto120 e alle situazioni di prospettazione di un danno generico che il
destinatario per autosuggestione o per metus ab intrinseco può caricare di significati negativi121, anche quelle situazioni “miste o
ambivalenti, di minaccia- offerta o minaccia-promessa”, che poi sono quelle più frequenti nella pratica.
Le Sezioni Unite individuano tre criteri integrativi per la qualificazione di tali situazioni problematiche: un primo criterio fa leva sulla motivazione principale o prevalente che ha guidato il
120 È il caso del poliziotto che pretenda di non pagare al ristorante una cena con
amici; secondo le Sezioni Unite il giudice dovrà valutare se il fatto assume gli estremi della sopraffazione o della dialettica utilitaristica, qualora il ristoratore abbia ceduto alla pretesa per ingraziarsi il poliziotto in vista di favori futuri.
121 In questo caso il giudice dovrà valutare se vi è stata o meno prevaricazione
costrittiva, considerato che “tanto più il supposto danno è indeterminato tanto più
l’intento intimidatorio del pubblico agente e i riflessi gravemente condizionanti [...] l’autodeterminazione della controparte devono emerger in modo lampante”. (Cfr.
soggetto agente. “È necessario, nell’ipotesi data, accertare se il vantaggio indebito abbia prevalso sull’aspetto intimidatorio, sino al punto da vanificarne l’efficacia, e se il privato si sia perciò convinto di scendere a patti, pur di assicurarsi, quale ragione principale e determinante della sua scelta, il lucroso contratto, lasciando così convergere il suo interesse con quello del soggetto pubblico”. Dubbi però possono essere avanzati circa l’effettiva idoneità di questo criterio in quanto, molto, forse troppo, sarebbe lasciato all’arbitrio dell’interprete, che dovrebbe valutare quale spinta motivazionale prevalga, con la conseguente riemersione di profili soggettivi e dubbi di indeterminatezza.
Il secondo criterio, invece, dovrebbe esplicare i suoi effetti limitatamente alle ipotesi in cui l’abuso del pubblico agente sia connesso all’esercizio di un potere discrezionale. La Corte, aderendo anche stavolta alle proposte della dottrina che per prima si è occupata delle vicende in esame, propone di prendere in considerazione la «genesi e il contesto della prospettazione avente ad oggetto l’esercizio del potere discrezionale», qualificando come costrittive le prospettazioni dell’esercizio sfavorevole del potere discrezionale che siano del tutto «estemporanee o pretestuose» e come induttive le ipotesi in cui l’atto discrezionale pregiudizievole sia prospettato «nell’ambito di una legittima attività amministrativa». Anche questo criterio non pare però risolutivo, se da un lato infatti è utile a inquadrare la prospettazione del pubblico ufficiale nei termini di una minaccia, nulla dice sulla possibile risoluzione del problema dell’inquadramento delle ipotesi in cui a tale minaccia si accompagni un’offerta (si pensi all’ipotesi in cui il pubblico agente prefiguri al titolare dell’impresa di poter “stare tranquillo” nel caso di ogni eventuale futuro controllo sull’attività).
Lo spunto maggiormente innovativo offerto dalle Sezioni Unite riguarda il terzo criterio rappresentato dal “confronto e dal bilanciamento tra i beni giuridici coinvolti nel conflitto decisionale: quello oggetto del male prospettato e quello la cui lesione consegue alla condotta determinata dall’altrui pressione”. Nell’agganciarsi ai beni giuridici coinvolti nel processo decisionale del privato, la Corte si riferisce in particolare a quelle situazioni in cui, attraverso la prestazione indebita, si intende preservare un proprio interesse di rango particolarmente elevato122. Questo pare essere il criterio da
favorire.123