5. Legge anticorruzione 27 maggio 2015 n.69.
5.3 Il nuovo volto dell’apparato sanzionatorio.
La parte più significativa della nuova legge di riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione riguarda gli interventi sull’apparato sanzionatorio dei reati di peculato, concussione, di induzione indebita e di corruzione. In primo luogo, vengono incrementate le cornici edittali e potenziate le pene accessorie; in secondo luogo, viene introdotta una inedita sanzione della “riparazione pecuniaria” applicabile al pubblico agente per i delitti di peculato, concussione e di corruzione; in terzo luogo, l’accesso al patteggiamento e la concessione della sospensione condizionale della pena vengono condizionati al pagamento di una sanzione a contenuto patrimoniale;
Per quanto riguarda le pene accessorie, l’art 1 della L. n. 69/2015 è intervenuto: sull’art 32 ter c.p., relativo alla incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione, elevando da tre a cinque anni il termine di durata massima della sanzione accessoria; sull’art 32
quinquies c.p., concernente l’estinzione del rapporto di lavoro o di
impiego con la pubblica amministrazione, abbassando da tre a due anni il limite di pena irrogata in concreto necessario per l’applicazione della sanzione accessoria; sull’art 35 c.p.,relativo alla sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte, aumentandone la durata minima, da 15 giorni a 3 mesi, e quella massima, da 2 anni a 3 anni.
36 S.Seminara, I delitti di concussione e induzione indebita, in B.G.Mattarella-
M.Pellissero, La legge anticorruzione.Prevenzione e repressione della corruzione, TORINO 2013,388 ss.
Con riferimento alla pene principali, vengono incrementate le cornici edittali. Più precisamente, per il delitto di corruzione per l’esercizio della funzione viene elevate la pena massima, che passa da 5 a 6 anni; per il delitto di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, viene elevata la pena minima che passa da 4 a 6 anni e la pena massima che passa da 8 a 10 anni; per il reato di corruzione in atti giudiziari viene incrementata la pena minima che passa da 4 a 6 anni e quella massima che varia da 10 a 12 anni, e se dal fatto deriva una condanna alla reclusione non superiore a cinque anni la cornice edittale passa da 5 a 12 anni a 6 a 14 anni, e infine se la condanna supera i cinque anni oppure è all’ergastolo la pena minima passa da 6 a 8 anni; per il reato di induzione indebita a dare o a promettere utilità la pena minima viene elevata da 3 a 6 anni e quella massima da 8 a 10 anni e 6 mesi. Ebbene, l’innalzamento dei limiti minimi delle pene produce almeno tre significative conseguenze.
In primo luogo, l’incremento dei limiti minimi delle pene principali incide sul livello di effettività della pena detentiva, giudicato anche al livello internazionale uno dei principali punti di criticità del sistema sanzionatorio anticorruzione.
Ed infatti, anche per evitare la prescrizione dei processi per fatti corruttivi, l’autorità giudiziaria tende a favorire il ricorso a riti alternativi come il patteggiamento e conseguentemente ad applicare in concreto pene solitamente inferiori ai limiti edittali, che spesso non vengono eseguite perché entrano nell’area applicativa della sospensione condizionale della pena oppure dell’affidamento in prova ai servizi sociali. Ecco allora che l’innalzamento dei limiti minimi delle pene dovrebbe rendere meno agevole l’accesso al patteggiamento e la conseguente applicazione di pene detentive basse in grado di consentire la concessione della sospensione condizionale della pena o dell’affidamento in prova ai servizi sociali.
In secondo luogo, l’aumento dei limiti minimi delle pene detentive influisce anche sulla effettività della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Ed infatti, l’art 317 bis c.p. non si può applicare se la condanna alla reclusione è inferiore a tre anni e l’art 29 c.p. è applicabile se la condanna è inferiore a cinque anni. Sennonché, va rilevato come per potenziare l’effettività della pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici forse si sarebbe potuta correggere una dimenticanza della legge di riforma n. 190/2012 estendendo la sfera di applicazione dell’art 317 bis c.p. anche al delitto di induzione indebita previsto dall’art 319 quater c.p, con la conseguenza che l’interdizione perpetua dai pubblici uffici sarebbe potuta scattare per la condanna a pena non inferiore a tre anni, anziché a cinque come previsto attualmente dall’art 29.cp.
L’innalzamento dei limiti massimi delle pene invece comporta, da un lato, la sottrazione dell’intero sistema dei delitti di corruzione alla sfera applicativa di alcuni neonati o nascituri istituti deflattivi del sistema sanzionatorio. In particolare, si allude al fatto che, per effetto dell’innalzamento a 6 anni di reclusione, anche il delitto di corruzione per la funzione non rientra nella sfera applicativa del neonato istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, visto che esso è applicabile ai delitti per i quali è prevista la reclusione non superiore a cinque anni37.
Dall’altro lato, e soprattutto, l’innalzamento dei limiti massimi della pena edittale incide sull’effettività dei reati, in quanto comporta un significativo incremento dei termini di prescrizione, che la L. n. 251/2005 (c.d. ex Cirielli) di riforma della disciplina della prescrizione ha ancorato ai limiti massimi di pena. Così, ad esempio, si consideri che il termine di prescrizione del delitto di corruzione propria passa da 8 anni a 10 e quello del delitto di corruzione in atti
37 C.f.r. F.Cingari, Una prima lettura delle nuove norme penali a contrasto dei fenomeni corruttivi,in DPP, 7/2015
giudiziari previsto dal primo comma dell’art 319 ter c.p. passa da 10 anni a 12 anni.
In effetti, come è stato più volte rilevato anche in sede internazionale un vulnus all’effettività della pena dei delitti di corruzione è rappresentato proprio dal rischio della prescrizione che interviene con molta frequenza a causa sia della disciplina della prescrizione introdotta con la L. n. 251/2005 che ha determinato l’abbassamento dei termini di prescrizione dei reati di corruzione, sia per le caratteristiche della moderna corruzione sistemica, che la rendono sempre più difficile da accertare in tempi rapidi. Sennonché, l’incremento del quadro edittale in funzione dell’accrescimento dei termini di prescrizione dei reati lascia davvero perplessi.
Da un lato, se il trattamento sanzionatorio per i reati non viene calibrato in relazione al reale disvalore del fatto tipico ma guardando all’effetto indiretto che può avere sulla disciplina della prescrizione, il rischio è, non solo di costruire cornici edittali sproporzionate rispetto al reale disvalore del fatto tipico ma anche di alterare il rapporto di necessaria proporzione sanzionatoria tra i reati del sistema penale. A questo proposito, va osservato come paradossalmente proprio il tentativo di garantire la proporzione tra le pene almeno all’interno del mini-sistema repressivo anticorruzione, perseguito aumentando proporzionalmente le pene dei principali delitti anticorruzione, ha finito per dar vita ad un aumento delle cornici edittali ai limiti della ragionevolezza. Dall’altro lato, se non c’è dubbio che la prescrizione costituisca un punto di criticità dei delitti di corruzione, capace di depotenziare pericolosamente l’efficacia general-preventiva dell’apparato repressivo, purtuttavia il problema della prescrizione può essere affrontato razionalmente solamente attraverso una riforma
generale dell’istituto, che magari sia in grado di distinguere tra il periodo precedente e quello successivo al procedimento penale38.