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Responsabilità di impresa e tutela dell’ambiente

4.3. I fondamenti giuridici del principio di precauzione

Fra i principi enunciati nel Trattato CE, all’art. 174 (ora art. 191 TFUE), il più innovativo e controverso, poiché vago e sfuggente, è senz’altro il principio di pre- cauzione.153

Come si è già ricordato in precedenza, l’affermazione del principio si lega all’avvento della società del rischio e ai problemi ad essa connessi.

Giova rammentare come la sua prima formulazione risalga agli inizi degli anni '70, sull’onda della catastrofe ecologica che seguì alle piogge acide che devastarono la Foresta Nera in Germania. Fu in questo periodo, infatti, che fu coniata l’espressione Vorsorgeprinzip, che letteralmente significa “principio del preoccupar- si prima”.

A livello internazionale, il principio di precauzione viene per la prima volta menzionato come raccomandazione generale nella Dichiarazione finale della Confe- renza delle Nazioni Unite sull’ambiente di Stoccolma del 1972.

Ulteriori riferimenti si rinvengono nella Carta Mondiale della Natura del 1982 e nella Dichiarazione di Brema del 1984, riguardante la Conferenza Internazionale dei Ministri sulla Protezione del Mare del Nord, nella quale si afferma che gli Stati inte- ressati non devono “aspettare la prova certa degli eventi dannosi prima di agire”. È, però, in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e sullo svi- luppo di Rio de Janeiro del 1992 che si ha la consacrazione universale del principio di precauzione, di cui viene predicata l’applicabilità diretta agli Stati contraenti.154

Conte-V. Di Gregorio-A. Fusaro-U. Perfetti (a cura di), Rischio di impresa e tutela dell’ambiente, cit., p. 9 ss.

153 Sul principio di precauzione la letteratura è molto vasta. Si vedano, ex multis: A.JORDAN, The pre-

cautionary principle in the European Union, in T. O’Riordan, J. Cameron, A. Jordan, Reinterpreting the Precautionary Principles, London, Cameron May, 2001, p. 143 ss.; A.TROUWBORST, Evolution and Status of the Precautionary Principle in International Laws, The Hague-London-Boston, Kluwer Law International, 2002; C.RAFFENSPERGER-J.TICKNER (a cura di), Protecting Public Health & the Envi- ronment. Implementing the Precautionary Principle, Washington D.C., USA, Island Press, 1999; K.H. WHITESIDE, Precautionary politics: principle and practice in confronting environmental risk, Cambri-

dge Mass., MIT Press, 2006; H.M.BEYER, Das Vorsorgeprinzip in der Umweltpolitik, Berlin, Verlag Wissenschaft & Praxis, 1992;F.DE LEONARDIS, Il principio di precauzione nell’amministrazione del rischio, Milano, Giuffrè, 2005;G.COMANDÈ (a cura di), Gli strumenti della precauzione: nuovi rischi,

assicurazione e responsabilità, Milano, Giuffrè, 2006.

154 Nei documenti ora menzionati, il perimetro applicativo del principio risulta, tuttavia, circoscritto alle ipotesi in cui “sussistano minacce di danni gravi o irreversibili”. Significativo al riguardo è un passo della Dichiarazione di Rio, in cui si legge: “In order to protect the environment, the precautionary ap- proach shall be widely applied by States according to their capabilities. Where there are threaths of serious and irreversibile damage, lack of full scientific certainty shall not be used as a reason for post- poning cost effective measures to prevent environmental degradation”. In sintesi, tre sono i principi e i presupposti su cui si sviluppa la politica della precauzione: il carattere serio e irreversibile che deve ave- re il paventato danno, il riferimento alle concrete possibilità di attuazione del principio da parte degli Stati e la necessità che le misure di cautela adottate siano ispirate a criteri di efficienza dal punto di vista del rapporto costi-benefici. Per una disamina più completa delle origini e dei profili evolutivi del princi- pio di precauzione cfr. T.FORTUNA,L’eco-danno e l’attuazione del principio di precauzione nel diritto dell’ambiente, in I. Nicotra e U. Salanitro (a cura di), Il danno ambientale tra prevenzione e riparazione, cit., in particolare p. 205 ss.

Sin dalle prime enunciazioni, la “precauzione” assurge, prima ancora che a con- cetto giuridico, a programma politico e metodo che ciascuno Stato applicherà, in ra- gione delle proprie capacità, al fine di tutelare adeguatamente l’ambiente.155 Il mo-

dello della prevenzione, che si è venuto così originando e che si articola nei principi di precauzione, prevenzione e sviluppo sostenibile, ha trovato conferma in una serie di convenzioni internazionali preesistenti, per mezzo di modifiche che lo hanno re- cepito, nonché in nuovi trattati, che sono stati successivamente adottati nel campo delle risorse naturali.156

Nell’ambito comunitario, il principio viene enunciato con riferimento alla politi- ca ambientale, tuttavia le istituzioni e la giurisprudenza comunitaria hanno a più ri- prese sottolineato che la precauzione deve essere considerata un principio di appli- cazione generale, suscettibile di trovare attuazione in tutti quei settori considerati ad elevato livello di protezione, principalmente la sicurezza alimentare e la tutela della salute dei consumatori.157

155 Scrive, in proposito, Kerry H. Whiteside: “Precautionary politics means that we must take responsi- bility for maintaining the robustness of the intricately interconnected ecological systems that sustain life on this planet even when we are far from understanding all the conditions that make them thrive. Never before has so much wisdom been required of humanity's slowly advancing capacity for political associa- tion” (cfr. K. H. WHITESIDE, Precautionary politics: principle and practice in confronting environmen- tal risk, cit., p. 154, al quale si rimanda per un’analisi comparativa fra politiche di regolazione del rischio in Europa e negli Stati Uniti).

156 In particolare, in materia ambientale, il metodo della prevenzione ha trovato seguito nei cosiddetti accordi ambientali multilaterali (Multilateral Enviromental Agreements). Fra gli Accordi Internazionali che hanno dato spazio al principio in questione si possono annoverare: il Protocollo di Cartagena del 2000 sulla Biosicurezza, che regolamenta a livello internazionale il trasporto e il commercio degli OGM a difesa della biodiversità delle specie vegetali e per la tutela della salute, prevedendo, tra l’altro, un si- stema che assicura al Paese importatore l’accesso a tutte le informazioni necessarie per valutare i rischi ambientali legati agli OGM e il diritto di poter decidere prima dell’importazione degli OGM utilizzati nell’ambiente; la Convenzione di Stoccolma del 2001 sugli Inquinanti Organici Persistenti (POPs), che indica un numero definito di sostanze che non possono essere più prodotte a causa del rischio ad esse connesso (così - come è generalmente riconosciuto da produttori e da ambientalisti - facendo applicazio- ne proprio del principio di precauzione); la Convenzione di Londra del 2001 sulle vernici antivegetative per imbarcazioni (“Anti-Fouling System on Ships”).

157 Nel Trattato CE, oltre al riconoscimento del principio ad opera dell’art. 174, secondo comma (ora art. 191, secondo comma, TFUE), si rinvengono ulteriori riferimenti normativi del principio: gli artt. 3 p), 6, 152, n. 1, 153, n.1 e n. 2 (sul punto, cfr. Tribunale di primo grado, 21 ottobre 2003, causa T-392/02 Sol- vay, punto 121, che riconosce il principio di precauzione come un principio generale del diritto comuni- tario, dotato di piena autonomia). Per quanto riguarda il contenuto del principio, la Corte di Giustizia ha avuto modo di precisare che, quando “sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di ri- schi per la salute del consumatore, le istituzioni possono adottare misure protettive senza dover attende- re che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi” (cfr. sentenza CGCE del 5 maggio 1998, causa C-180-96, Regno Unito c. Commissione, in Raccolta, I-2269). Altrove, invece, il giudice comunitario ha chiarito che per l’adozione di misure di tutela sono sufficienti “indizi specifici i quali, senza escludere l’incertezza scientifica, permettano ragionevolmente di concludere, sulla base dei dati scientifici disponibili che risultano maggiormente affidabili e dei risultati più recenti della ricerca internazionale, che l’attuazione di tali misure è necessaria al fine di evitare che siano offerti sul merca- to nuovi prodotti alimentari potenzialmente pericolosi per la salute umana” (cfr. sentenza CGCE del 21 marzo 2003, causa 236/01, Monsanto Agricoltura Italia s.p.a. c. Pres. Consiglio dei Ministri, in Corrie- re giur., 2003, p. 1660).

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Proprio nella legislazione in materia di sicurezza alimentare, il principio di pre- cauzione ha trovato una più esaustiva definizione: l’art. 7 del regolamento del Par- lamento e del Consiglio dell’Unione Europea del 28 gennaio 2002, n. 178 stabilisce infatti che “qualora, in circostanze specifiche, a seguito di una valutazione delle in-

formazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salu- te ma permanga una situazione di incertezza sul piano scientifico, possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il li- vello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio”.158

Sul piano applicativo, il principio di precauzione non solo comporta che un ti- more ragionevole che si possano verificare degli accadimenti pregiudizievoli, talora perfino irreparabili, possa giustificare l’adozione di misure preventive, ma richiede altresì, la promozione di procedure informative e conoscitive, che coinvolgano gli apparati decisionali, ma anche i comitati di esperti e le imprese, alle quali è, di fatto, raccomandato di investire nella ricerca scientifica.159

A livello di normazione nazionale, ci si limita a sottolineare come il principio sia stato di recente recepito nella Costituzione francese (art. 5 Carta dell’Ambiente, inserita nel 2004 nella Costitution de la Rèpublique française) e, nel nostro ordina- mento interno, attraverso il rinvio implicito operato dalla legge sul procedimento amministrativo, esso figuri come principio dell’azione amministrativa: l’art. 1 della legge 11 febbraio 2005, n. 15 “recante modifiche e integrazioni alla legge 7 agosto

1990, n. 241, concernenti norme generali dell’azione amministrativa”, nel prevedere

che l’azione amministrativa si conforma “ai principi dell’ordinamento comunitario” - e il principio di precauzione rientra sicuramente tra di essi - ha introdotto tale prin- cipio tra quelli generali dell’azione amministrativa.160

Sempre con riferimento all’ordinamento italiano, la precauzione ha trovato e- spressa menzione anche in altri provvedimenti legislativi, come la legge 22 febbraio 2001, n. 36, in materia di inquinamento elettromagnetico, in cui, al fine di tutelare la salute dei lavoratori e della popolazione, è promossa “la ricerca scientifica per la

valutazione degli effetti a lungo termine” e l’adozione di “misure di cautela da adot- tare in applicazione del principio di precauzione di cui all’art. 174, paragrafo 2, del trattato istitutivo dell’Unione Europea” (art. 1 lett. b).161

È, però, nel codice dell’ambiente che il principio di precauzione trova una più compiuta formulazione. Oltre che all’art. 3-ter, in cui viene enunciato fra i principi dell’azione ambientale, la codificazione del principio si deve all’art. 301 cod. amb., rubricato “attuazione del principio di precauzione”, il quale, al primo comma, stabi- lisce che “in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l'am-

biente, deve essere assicurato un alto livello di protezione“, con l’ulteriore precisa-

158 Regolamento n. 178/02/CE, in G.U.C.E. 1 febbraio 2002.

159 Cfr. F.DE LEONARDIS, Il principio di precauzione nell’amministrazione del rischio, cit., p. 179 ss. 160 Cfr.V.CERULLI IRELLI, Verso un più compiuto assetto della disciplina generale dell’azione ammini-

strativa, in ASTRID Rassegna, 2005, 4, p. 3.

161 Sul punto e per gli ulteriori riferimenti legislativi cfr. F.SANTONASTASO, Principio di «precauzione»

e responsabilità di impresa: rischio tecnologico e attività pericolosa «per sua natura». Prime riflessioni su un tema di ricerca, in Contr. impr. Europa,2005,1, p. 26 ss.

zione che, per l’individuazione di detto rischio, occorre “una preliminare valutazio-

ne scientifica obiettiva” (secondo comma). Quest’ultimo inciso vale ad escludere

che limitazioni all’esercizio di determinate attività possano avvenire sulla base di valutazione soggettive prive di un effettivo riscontro scientifico.162

Al terzo comma è fatto peraltro obbligo all’operatore interessato, qualora “e-

merga il rischio suddetto” di “informarne senza indugio, indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione”, gli enti territoriali (comune, provincia, regione o provin-

cia autonoma) “nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonché il Prefetto della

provincia che, nelle ventiquattro ore successive, informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio”, il quale potrà, a sua volta, adottare le misure di preven-

zione necessarie, ai sensi dell’art. 304 cod. amb.

Al Ministro dell’ambiente è peraltro riservata la facoltà di adottare in qualsiasi momento misure di prevenzione, purché risultino: “proporzionali rispetto al livello

di protezione che s'intende raggiungere; non discriminatorie nella loro applicazione e coerenti con misure analoghe già adottate; basate sull'esame dei potenziali van- taggi ed oneri; aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici” (art. 301, quarto

comma).163

Al medesimo Ministro è infine riconosciuto un ruolo centrale nella promozione di ogni altra iniziativa idonea a ridurre i rischi di danno ambientale: canali di infor- mazione per il pubblico, tramite i quali diffondere le notizie relative agli effetti ne- gativi che possono derivare da un dato prodotto o da un processo produttivo; finan- ziamenti a programmi di ricerca, che possano contribuire ad accrescere la consape- volezza della pericolosità connessa a una certa attività o a individuare le misure pre- ventive più efficaci; sistemi di certificazione ambientale.

4.4. Segue: la Comunicazione della Commissione Europea del 2 febbraio 2000

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