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Segue: la Comunicazione della Commissione Europea del 2 febbraio 2000 sul principio di precauzione

Responsabilità di impresa e tutela dell’ambiente

4.4. Segue: la Comunicazione della Commissione Europea del 2 febbraio 2000 sul principio di precauzione

Al di là delle specifiche direttive comunitarie, intervenute per esempio in mate- ria di OGM o in materia di sostanze pericolose, che, in settori specialistici, hanno ribadito l’operatività del principio di precauzione, il documento più completo sinora pubblicato in materia è costituito dalla Comunicazione del 2 febbraio 2000 della Commissione Europea. In tale documento, la Commissione, nel rilevare che il Trat- 162 Parte della dottrina sostiene che il riferimento, nell’art. 301, secondo comma, ad una “preliminare

valutazione scientifica obiettiva”, per individuare il “rischio” di “pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente”, quale presupposto per l’operatività del principio di precauzione, sotten- da un errore di tipo concettuale, in quanto contrasterebbe con la stessa nozione di precauzione e con la portata che gli è stata riconosciuta in sede comunitaria di principio che impone l’adozione di misure a- deguate e proporzionate di protezione proprio laddove vi sia carenza di piena certezza scientifica in or- dine agli effetti “ambientali” che una data attività o una certa condotta possono produrre (ci si riferisce a P.DELL’ANNO,Perché non fare un unico codice ambientale?, in Rass. avv. Stato, aprile-giugno 2005, p. 103).

163 Come si vedrà nel successivo paragrafo, questi criteri, che operano come presupposti di legittimità dell’azione amministrativa, si ispirano a quelli elaborati a livello comunitario dalla Commisione Euro- pea.

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tato non contempla una definizione del principio di precauzione, ha precisato che “non bisogna per questo concludere che la mancanza di definizione si traduca in

un’incertezza giuridica” giacché “la pratica acquisita in materia di ricorso al prin- cipio di precauzione dalle istanze comunitarie e il controllo giurisdizionale consen- tono di attribuire una portata sempre più precisa a tale nozione”.164

In effetti è difficile sottrarsi all’impressione che il richiamo al principio di pre- cauzione, del “preoccuparsi prima”, sia generico e indeterminato.165 Del resto, de-

porrebbe in questo senso la formulazione “in negativo” che il principio in questione riceve in alcune convenzioni internazionali, nelle quali si legge che la mancanza di certezze scientifiche non può costituire un ostacolo all’azione di salvaguardia dell’ambiente. In sostanza, viene implicitamente ipotizzata una sorta di responsabili- tà omissiva dello Stato che rimanga inattivo, fintanto (e sul presupposto) che non abbia una prova definitiva della pericolosità dell’attività esercitata nel proprio terri- torio.

Parte della dottrina ha, tuttavia, evidenziato che l’indeterminatezza che indub- biamente caratterizza il principio di cui si discute sia quella tipica delle clausole ge- nerali, nel novero delle quali, quindi, il principio si inserisce.166

Si è, inoltre, correttamente puntualizzato che il principio di precauzione difetta, più che di determinatezza, di “autosufficienza”, nel senso che opera in concorso ne- cessario con altri principi, come ad esempio il principio in base al quale “chi inquina paga”, enunciato, unitamente al primo, dagli artt. 174-176 del Trattato CE.167

164 COM, 2 febbraio 2000, 1, p. 10 riportata in Dir. gest. ambiente, 2001, p. 135 ss. Il giudice comunita- rio si è di frequente pronunciato nel senso di riconoscere al principio di precauzione una portata genera- le, definendolo come “un principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle autorità interes- sate di adottare, nell’ambito preciso dell’esercizio delle competenze che sono loro attribuite dalla rego- lamentazione pertinente, provvedimenti appropriati al fine di prevenire alcuni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezio- ne di tali interessi sugli interessi economici”(così si esprime Trib. CE, 21 ottobre, 2003, Solvay, cit., punto 121; conforme anche il precedente Trib. CE, seconda sezione ampliata, 26 novembre 2002, in cause riunite T-74/00 e altre, Artegodan, punto 184). Per una disamina della legislazione e della giuri- sprudenza comunitaria in materia si veda, per tutti, N.DE SADELEER, Environmental Principles. From

Political Slogans to Legal Rules, Oxford, Oxford University Press, 2002, p. 111 ss.

165 V.MENESINI, Introduzione allo studio giuridico della nuova genetica, Milano, Giuffrè, 2003, p. 171, parla di una “fragilità concettuale” del principio di precauzione, pur riconoscendogli un ruolo fondamen- tale nell’elaborazione di un nuovo sistema di responsabilità.

166 Cfr. M.ANTONIOLI, Precauzionalità, gestione del rischio e azione amministrativa, in Riv. it. dir.

pubbl. com., 2007, 1, p. 60 eE.DEL PRATO, Il principio di precauzione nel diritto privato: spunti, in Liber amicorum per F.D.BUSNELLI, Il diritto civile tra principi e regole, 2008, I, p. 545 ss. e in Rass. dir. civ., 2009, 3, p. 634 ss., il quale osserva che la scelta del legislatore comunitario di enunciare la pre- cauzione “senza descriverne il contenuto” rappresenta “una scelta obbligata poiché sarebbe arduo, e probabilmente limitativo, chiudere la precauzione entro fogge e caratteri normativi circoscritti” (pp. 634- 635).

167 Cfr. M.ANTONIOLI, op. cit., pp. 59-60. L’autore sottolinea come nella Repubblica federale tedesca il

Vorsorgeprinzip venga applicato in concorso con altri principi, come quello di Kooperation (che attiene al consenso delle parti interessate - come le industrie, i privati o le associazioni ambientali - che deve fondare l’azione pubblica in materia ambientale) e il Gemeinlastprinzip (che legittima il ricorso ai sussi- di pubblici per far fronte ai danni da inquinamento dei quali chi è tenuto a risarcire non riesce a farsi carico).

Pare comunque un dato acquisito che il principio non vada inquadrato nell’ambito del soft law, ché anzi esso trova un riconoscimento formale, e quindi vincolante, nel Trattato CE e come tale deve considerarsi sovraordinato rispetto al diritto derivato. Inoltre, se si riconosce al principio una portata che trascende la di- mensione puramente convenzionale, vale a dire se gli si riconosce l’acquisita natura di norma consuetudinaria dell’ordinamento internazionale, è chiaro che, per il trami- te dell’art. 10 Cost. che prevede che “l’ordinamento giuridico italiano si conforma

alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”, esso deve conside-

rarsi parte integrante del diritto nazionale interno.

Peraltro, ogni dubbio sulla natura vincolante del principio in parola risulterebbe superato dalla previsione contenuta nel nuovo art. 3-bis, primo comma, del codice dell’ambiente (introdotto dall’art. 1, secondo comma, d. Lgs. n. 128 del 2010), sui “principi sulla produzione del diritto ambientale”, che è chiaro nello stabilire che “i

principi generali in tema di tutela dell’ambiente” devono essere attuati nel “rispetto degli obblighi internazionali e del diritto comunitario” e “costituiscono regole gene- rali della materia ambientale nell’adozione degli atti normativi, di indirizzo e di co- ordinamento e nell’emanazione dei provvedimenti di natura contingibile e urgente”.

Venendo al contenuto della comunicazione del 2000, la Commissione, senza li- mitarsi ad una mera proclamazione dell’esistenza del principio di precauzione, ha enunciato alcuni capisaldi in materia, precisando che:

a) l’applicazione del principio presuppone pur sempre che un rischio, sep- pur incerto, sia stato individuato, vale a dire che, secondo una prelimi- nare valutazione obiettiva, effettuata sulla base dei dati scientifici e sta- tistici disponibili, deve risultare che “esistono ragionevoli motivi di te-

mere (...) effetti potenzialmente pericolosi sull'ambiente e sulla salute umana, animale o vegetale”;

b) occorre, volta volta, sulla base di scelte eminentemente politiche, veri- ficare se l’azione è opportuna, tenendo conto che non sempre essa risul- ta efficiente e ragionevole, poiché un’applicazione generalizzata e in- giustificata del principio di precauzione potrebbe tradursi in una politi- ca protezionistica;

c) nel caso in cui, in base alle valutazioni scientifiche effettuate, si ritenga che occorre agire, le misure adottate sulla base del principio di precau- zione, le quali possono consistere in iniziative giuridicamente vincolan- ti o in semplici raccomandazioni, dovrebbero essere, tra l’altro:

- proporzionali rispetto al livello prescelto di tutela;

- non discriminatorie nella loro applicazione (nel senso che situazioni diverse non devono essere considerate allo stesso modo e che situazioni comparabili non devono ricevere un trattamento diverso, sempre che non sussistano motivi oggettivi che giustifichino una deroga a questo principio);

- coerenti, cioè di portata e di natura equivalente a misure analoghe già adottate;

- basate su un esame dei potenziali vantaggi e oneri dell’azione o dell’inazione per la comunità, nel breve e nel lungo periodo (compresa, ove ciò sia opportuno e adeguato, un’analisi costi-benefici, ma tenendo

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conto che la tutela della salute prevale sulle considerazioni di natura economica);

- suscettibili di essere oggetto di revisione, alla luce dei nuovi dati scientifici e del progresso;

- in grado di attribuire la responsabilità per la produzione delle prove scientifiche necessarie per una più completa valutazione del rischio.168

La Commissione ha precisato come in alcuni Paesi, in cui l’immissione sul mer- cato di determinati prodotti considerati a priori pericolosi è subordinata ad una pre- via autorizzazione, è sancita un’inversione dell’onere della prova, nel senso che tali prodotti si presumono pericolosi, salvo che gli operatori economici non diano prova, mediante approfondite ricerche da essi condotte, che tali prodotti sono sicuri.

Allorché, tuttavia, non siano previste procedure di previa autorizzazione, “la re-

sponsabilità di dimostrare che la natura di un pericolo e il livello di rischio di un prodotto o di un processo può spettare agli utilizzatori o alle pubbliche autorità. In questi casi, potrebbe essere adottata una specifica misura precauzionale consistente nell’imporre l’onere della prova sul produttore o sull’importatore”, con

l’avvertenza, però, che “ciò non costituisce una regola generale ”.169

La Commissione ha, tra l’altro, ben enucleato gli elementi che devono caratte- rizzare una strategia strutturata di analisi dei rischi, la quale comprende: la valuta- zione del rischio, la gestione del rischio, la comunicazione del rischio.

La corretta valutazione dei fattori di rischio, infatti, non solo consente, a monte, la formulazione di un giudizio politico in ordine al livello di rischio ritenuto “accet- tabile” per la società, ma è, altresì, propedeutica rispetto al “momento gestionale”, poiché è evidente che quanto più completa è la consapevolezza dell’entità e del tipo di pericolo che si corre, tanto maggiore è la gamma di opzioni che i potenziali re- sponsabili hanno ai fini di una sua efficace gestione.

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