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Capitolo IV: La responsabilità dell’ente da reato colposo

3. La controversa compatibilità dei reati colposi con il criterio

3.3. L’elaborazione giurisprudenziale in ordine agli artt 5 d.lgs e 25-

3.3.1. I punti salienti delle sentenze di condanna

Il primo vaglio giurisprudenziale sulla “tenuta” del nuovo art. 25-

septies al cospetto dell’impianto complessivo del decreto 231/2001 è

quello oggetto della sentenza del Tribunale di Trani, sezione di Molfetta del 11 gennaio 2010 riguardante il caso Truck Center128, con cui fu riconosciuta la responsabilità delle società chiamate in giudizio per rispondere delle morti verificatesi a causa del mancato rispetto della normativa antinfortunistica.

In questa sentenza emerge, innanzitutto, un’interpretazione alternativo/disgiuntiva dei requisiti dell’interesse, declinato in senso oggettivo129, o vantaggio, inteso come beneficio arrecato all’ente dalla condotta colposa individuale.

Le argomentazioni in questione trovavano fondamento in una precedente pronuncia di legittimità, con la quale la Cassazione aveva dichiarato come i due vocaboli esprimessero due concetti giuridicamente diversi: “potendosi distinguere un interesse "a monte" della società ad una locupletazione - prefigurata, pur se di fatto, eventualmente, non più realizzata - in conseguenza dell'illecito, rispetto ad un vantaggio obbiettivamente conseguito all'esito del reato, perfino se non espressamente divisato "ex ante" dall'agente.”130

126 A. Gargani, Responsabilità collettiva da delitto colposo d’evento: i criteri di

imputazione nel diritto vivente, in www.lalegislazionepenale.eu, 2016, cit., p. 2ss. 127 A. Gargani, Responsabilità collettiva da delitto colposo d’evento: i criteri di

imputazione nel diritto vivente, in www.lalegislazionepenale.eu, 2016, cit., p. 2ss. 128 Trib. Trani, sez. distaccata di Molfetta, 11 gennaio 2010, Truck Center, in www.olympus.uniurb.it

129 “L’interesse deve essere concreto e non va agganciato alle mere intenzioni dell’autore del reato ed in generale al movente che lo ha spinto a porre in essere la condotta.” Così Trib. Trani, sez. distaccata di Molfetta, 11 gennaio 2010, Truck Center, in www.olympus.uniurb.it

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Sulla base di questo autorevole precedente giurisprudenziale, il giudice afferma, inoltre, che l’interesse o il vantaggio debbano essere valutati, rispettivamente ex ante ed ex post, non in relazione agli eventi lesivi che si sono verificati, ma con riferimento alla condotta colposa che li ha cagionati.

Dalla sentenza in commento, emerge dunque che l’interpretazione prospettata sia l’unica che possa essere accolta poiché “una diversa interpretazione priverebbe di ogni intrinseca logicità la novità normativa, essendo ovviamente impensabile che l’omicidio o le lesioni, cagionati per violazioni colpose in materia di sicurezza sul lavoro, possano intrinsecamente costituire un interesse oppure generare un vantaggio concreto per l’ente”131. In tal modo non si riuscirebbe mai a dimostrare che la morte o le lesioni personali verificatesi nell’esercizio dell’attività lavorativa siano conseguenze di reati commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente.

Nel caso di specie, è affermata la responsabilità sulla base del solo criterio di imputazione cui all’art.5 d.lgs. 231/2001, il quale assorbe il criterio soggettivo in quanto “la mancata od inadeguata adozione di modelli di gestione e di organizzazione rende talmente evidente la colpevolezza dell’ente, da non richiedere alcun approfondimento in motivazione.”132

Ancora più marcata è l’impostazione oggettiva adottata nella sentenza di condanna del Tribunale di Pinerolo il 23 settembre 2010.133

La pronuncia aveva ad oggetto un lavoratore che aveva subito delle lesioni gravi al braccio sinistro, in quanto afferrato e trascinato dagli organi in movimento della macchina alla quale stava lavorando, dopo avere infilato la mano nell’apertura di uno sportello metallico mobile, privo del dispositivo di blocco collegato con gli organi di messa in moto e movimento. Si trattava, dunque, di un caso di lesioni colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica.

La sentenza di condanna della società per gli illeciti di cui l’art. 25-

septies afferma che l’ipotesi esaminata si tratti di un “classico reato

colposo commesso da un datore di lavoro che è apparso indifferente (o, comunque, non sufficientemente attento) alla tutela delle condizioni di lavoro dei propri dipendenti”134, ritenendo possibile

131 Trib. Trani, sez. distaccata di Molfetta, 11 gennaio 2010, Truck Center, in www.olympus.uniurb.it

132 A. Gargani, Responsabilità collettiva da delitto colposo d’evento: i criteri di

imputazione nel diritto vivente, in www.lalegislazionepenale.eu, 2016, cit., p. 4. 133 Trib. Pinerolo, 23 settembre 2010, in www.penalecontemporaneo.it 134 Trib. Pinerolo, 23 settembre 2010, in www.penalecontemporaneo.it

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l’ascrizione della responsabilità all’ente collettivo ogni qual volta il delitto colposo d’evento sia commesso non nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.135

Secondo la decisione di merito, per imputare il fatto all’ente, è sufficiente dimostrare l’assenza di un interesse personale ed esclusivo della persona-fisica che ha commesso il reato, di cui all’art. 5, co. 2 d.lgs. 231: “un nesso imputativo, di carattere negativo, che rende superflue ulteriori verifiche circa gli eventuali vantaggi di natura economico- produttiva sottesi o conseguenti alla condotta colposa individuale: in buona sostanza, l’interesse sarebbe ravvisabile in re ipsa nel medesimo ciclo produttivo in cui si è realizzata la condotta che ha cagionato l’evento tipico”.136

Inoltre, era esclusa l’applicabilità delle condizioni di esonero previste

ex art. 6, d.lgs. 231/2001, poiché il modello di gestione ed

organizzazione non era stato adottato né prima, né successivamente al realizzarsi del sinistro.

Si discosta da questa pronuncia, la sentenza del Tribunale di Novara137 del 1 ottobre 2010, con la quale si è riconosciuta la responsabilità dell’ente osservando che, “in caso di reati colposi, non c’è dubbio che il “vantaggio” costituisca il criterio naturalmente più idoneo a fungere da indice di collegamento tra ente e illecito, e dunque a selezionare le ipotesi in cui l'ente possa rispondere sul piano della responsabilità amministrativa”.138

L’idoneità del criterio del vantaggio quale nesso di ascrizione della responsabilità è ribadita in un’altra pronuncia di merito, secondo cui “esso può essere agevolmenteravvisato nella condotta di un soggetto che, agendo per conto dell'ente, violi sistematicamente le norme prevenzionistiche, così realizzando una politica d'impresa disattenta alla materia della sicurezza sul lavoro, consentendo una riduzione dei costi e un contenimento della spesa con massimizzazione del profitto.”139

Nel caso suddetto il vantaggio viene collegato alla “specifica politica aziendale, volta alla massimizzazione del profitto con un contenimento

135 “Non ricorre certo l’esimente di cui all’art.5, comma 2, d.lgs. 231/2001, essendo evidente che la condotta attiva od omissiva (dell’imputato) non fu certo tenuta nell’interesse (che, ai fini de quibus, la legge vuole esclusivo) proprio o di terzi (…)” così Trib. Pinerolo, 23 settembre 2010, in www.penalecontemporaneo.it

136 A. Gargani, Responsabilità collettiva da delitto colposo d’evento: i criteri di

imputazione nel diritto vivente, in www.lalegislazionepenale.eu, 2016, cit., p. 4. 137 Trib. Novara, 1 ottobre 2010, in www.penalecontemporaneo.it

138 Trib. Novara, 1 ottobre 2010, in www.penalecontemporaneo.it

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dei costi in materia di sicurezza, a scapito della tutela della vita e della salute dei lavoratori”140.

In aggiunta, l’ente in questione non aveva adottato alcun modello di gestione e di organizzazione, di conseguenza non era in grado di assolvere all’onere probatorio di cui all’art. 6 d.lgs. 231/2001.

3.3.2. L’intervento delle Sezioni Unite: il caso Thyssenkrupp S.p.a.