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Capitolo IV: La responsabilità dell’ente da reato colposo

4. Modelli di organizzazione e gestione e reati colposi

4.2. Il sistema di gestione ambientale

Come visto in precedenza, con il d.lgs. 121/2011 è estesa la disciplina della responsabilità degli enti anche ai reati ambientali, mediante l’ingresso nel d.lgs. 231/2001, dell’art. 25-undecies.

220 Art. 30, comma 5, d.lgs. 81/2008.

221 N. Pisani, Profili penalistici del testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di

lavoro, in Dir. pen. e proc., 2008, p. 835; A. Rossi, La responsabilità degli enti: i soggetti responsabili ed i modelli organizzativi, in Responsabilità penale e rischio nelle attività mediche e d’impresa (un dialogo con la giurisprudenza), (a cura di) R. Bartoli, Firenze, 2010, pp. 432ss.

222 R. Lottini, I modelli di organizzazione e gestione, in Il nuovo diritto penale della

sicurezza dei luoghi di lavoro, (a cura di) F. Giunta, D. Micheletti, Milano, 2010, p. 190ss.

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Il legislatore tuttavia, si è limitato ad indicare le nuove ipotesi di reato presupposto e le relative sanzioni, senza dare alcuna indicazione sul contenuto delle cautele minime da prevedere nel modello di organizzazione e gestione, omettendo qualunque possibile affidamento alla regolamentazione di fonte subordinata - come quella ministeriale - di elaborazione di linee guida.223

Dunque, a differenza di quanto previsto in materia di sicurezza sul lavoro, in materia ambientale è assente una norma analoga all’art. 30, d.lgs. 81/2008, la quale indichi, le linee guida cui uniformare i modelli di organizzazione e gestione ai fini della loro idoneità a prevenire reati ambientali.

Nonostante la lacuna normativa, la prassi conosce comunque ulteriori strumenti di organizzazione aziendale rispetto al modello di organizzazione e gestione previsto dal d.lgs. 231/2001.

Nel settore in esame infatti troviamo il c.d. sistema di gestione ambientale (SGA), il quale dovrà essere redatto secondo due standard normativi di riferimento: il primo, di natura internazionale, è lo Standard ISO 14001 (UNI EN ISO 14001), elaborato dall’International

Standardization Organization224; il secondo invece, di matrice europea,

è l’EMAS (Ecomanagement and Audit Scheme)225.

I sistemi sopracitati hanno il compito di verificare le scelte in ambito ambientale operate dall’azienda, ed in caso di esito positivo, rilasciare una certificazione che ne attesti la conformità ai parametri stabiliti da essi.

223 V. Veneroso, I modelli di organizzazione e gestione, ex d.lgs. n. 231/2001. Nella

prevenzione dei reati ambientali (parte seconda), in Ambiente e sviluppo, 2012, p. 58ss.

224 Il sistema UNI EN ISO 14001 nasce, per opera dell’International Organization for

Standardization, nel 1996 al fine di monitorare gli impatti ambientali connessi all’attività di un’azienda. Lo scopo della certificazione è quello di definire la politica ambientale; è la stessa norma ISO 14001, infatti, a definire il Sistema di Gestione Ambientale come “la parte del sistema di gestione generale che comprende la struttura organizzativa, le attività di pianificazione, le responsabilità, le prassi, le procedure, i processi, le risorse per elaborare, mettere in atto, conseguire, riesaminare e mantenere attiva la politica ambientale”. Per analizzare il testo si rimanda a www.iso.org, la cui ultima versione è del 2015.

225 L’EMAS rappresenta un sistema comunitario di ecogestione e audit, al quale possono aderire volontariamente le organizzazioni per valutare e migliorare le proprie prestazioni, in particolare ciò che riguarda il profilo degli impatti ambientali grazie ad un costante adeguamento alle più avanzate tecniche disponibili.

V. Veneroso, I modelli di organizzazione e gestione, ex d.lgs. n. 231/2001. Nella prevenzione dei reati ambientali (parte seconda), in Ambiente e sviluppo, 2012, p. 58ss.

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Nonostante alcune differenze226, “obiettivo di tali sistemi è quello di identificare i principali aspetti ambientali dell’azienda, di tenerli sotto controllo, di coordinare tutte le attività con impatto ambientale e distribuire responsabilità specifiche per la loro realizzazione. In questo modo le imprese sono singolarmente responsabilizzate e portate ad adottare un approccio preventivo nella tutela ambientale, monitorando costantemente il rispetto della normativa in materia”227.

Ne deriva che l’impresa nella redazione del SGA è tenuta al rispetto di alcune procedure obbligatorie, qualunque sia il sistema a base volontaria scelto: innanzitutto è necessaria la predisposizione di un documento di politica ambientale, per certi versi riconducibili al Codice Etico; “Esso è un documento programmatico che esprime la volontà e l'impegno degli organi di vertice di un'organizzazione, la c.d. alta direzione, di intraprendere attività gestionali al fine di tenere sotto controllo e, se possibile, migliorare i propri aspetti ambientali”.228

Successivamente è prevista un’attività di pianificazione che identifichi i più significativi aspetti ambientali dell’organizzazione, così da individuare quelli a più alto impatto.

Segue poi una ricognizione degli obblighi giuridici imposti dalla legge o assunti con autoregolamentazione.

Dovranno essere individuati gli obiettivi che si intende raggiungere, definendo anche la tempistica, i responsabili del sistema di gestione ambientale e i processi di formazione del personale.

Infine, l’ultima fase è rivolta alla creazione di meccanismi di monitoraggio delle attività, così da assicurare l’efficacia e il continuo aggiornamento del SGA.229

Sebbene sia possibile individuare analogie tra i sistemi di gestione ambientale con i modelli di organizzazione e gestione, e siano al

226 I due sistemi prevedono alcune differenze: tra queste ad esempio, nel caso degli standard ISO la certificazione è rilasciata da un organismo privato, mentre nel sistema EMAS essa è rilasciata da un ente pubblico. Per un’approfondita analisi si rimanda a S. Aldini, D.lgs. 121/2011 e “modello 231”: norma ISO 14001 e regolamento EMAS. Adeguatezza e caratteristiche dei sistemi di gestione ambientale ed elementi di confronto e di coordinamento con il “Modello-231” di organizzazione e gestione, in Dossier Ambiente, 96, 2011, p. 80ss.; M. De Rosa, Le certificazioni ambientali e la responsabilità sociale del territorio, in Ianus, 2010, p. 4ss.

227 Circolare ASSONIME, 28 maggio 2012, cit.; per un’analisi puntale della circolare si rimanda a A. Carino, F. Vanetti, I reati ambientali per le società: commento alla recente circolare Assonime, in Ambiente e sviluppo, 2012, p. 845ss.

228 M. De Rosa, Le certificazioni ambientali e la responsabilità sociale del territorio, in

Ianus, 2010, cit., p. 20ss.

229 M. Pansarella, Reati ambientali: il set dei controlli a presidio, in Resp. amm. Soc.

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contempo capaci di integrarsi tra loro, è indubbio che siano strumenti, presi singolarmente, diversi.

Difatti, il “modello 231” ha “la finalità di individuare le aree/attività in cui i reati ambientali possono essere commessi, comprendere il rischio di un tale accadimento nonché prevederne le relative modalità”230, mentre “lo scopo degli SGA certificati è quello di identificare (…) gli aspetti ambientali con impatti significativi e di stabilire gli interventi da attuare”231.

Tuttavia, appare evidente che i passaggi necessari per dar vita ad un SGA, seppur con gli opportuni adattamenti, coincidano sostanzialmente con quelli richiesti dalla legge ai fini della valida predisposizione di un modello di organizzazione e gestione.

Pertanto, appare evidente che qualora una società sia in possesso delle certificazioni ambientali potrà facilmente implementare il proprio modello organizzativo in vista della prevenzione dei reati di cui all’art. 25-undecies del d. lgs. 231/2001.

In conclusione, le linee guida internazionali ed europee ad una prima lettura, forniscono gli elementi necessari per costruire una virtuosa organizzazione in materia ambientale. Ciò nonostante, né il Regolamento EMAS, né la norma ISO 14001, fissano dei requisiti assoluti, poiché entrambi si limitano a fissare degli obiettivi di massima e ad indicare delle modalità per la loro determinazione, senza precisare dettagliatamente regole o cautele volte a ridurre il rischio di commissione di un reato ambientale.232

In aggiunta a quanto appena detto, è essenziale ricordare che il Legislatore ha scelto di non attribuire alcuna presunzione di adeguatezza al Modello, qualora la società ottenga una certificazione ambientale, a differenza di quanto previsto dall’art. 30 d.lgs. 81/2008, in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Dunque, fintanto che permane l’assenza di un’espressa previsione legislativa, è impossibile attribuire al modello redatto secondo gli standard ISO 14001 o EMAS una presunzione di idoneità.

Nei casi in questione, la valutazione del giudice dovrà comunque tenere conto della conformità del modello alle condizioni previste, sia a livello internazionale che europeo, circa la miglior prassi in materia

230 A. Carino, F. Vanetti, I reati ambientali per le società: commento alla recente

circolare Assonime, in Ambiente e sviluppo, 2012, cit., p. 850.

231 A. Carino, F. Vanetti, I reati ambientali per le società: commento alla recente

circolare Assonime, in Ambiente e sviluppo, 2012, cit., p. 850.

232 M. Pansarella, Reati ambientali: il set dei controlli a presidio, in Resp. amm. Soc.

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ambientale, determinando così un onere motivazionale maggiore a carico del giudice, qualora condanni l’ente, il quale abbia costruito la propria organizzazione secondo gli standard e le procedure ISO 14001 ed EMAS.233

233 Circolare ASSONIME, 28 maggio 2012, nella quale si rinvia a M. Settis, Le ricadute

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