I. CRONOLOGIA E PERIODIZZAZIONE
I.I. STORIA DELLE RICERCHE , VERSO UNA PRIMA PERIODIZZAZIONE
II.2. L’ IDENTIFICAZIONE DI M AGAN
L’identificazione171 della Magan del terzo millennio con parte dell’Arabia Sud orientale, trae un forte sostegno dalla presenza nella penisola omanita di giacimenti di rame. Dalla prima metà del ventesimo secolo, la ricerca ‘sul campo’ - in concomitanza con i risultati ottenuti dall’analisi delle fonti - prese in considerazione l’individuazione della provenienza delle principali materie prime di cui Magan risulta esportatrice (nelle fonti della metà del terzo millennio): il rame e la diorite. I
165 Id., 144.
166 Id., 144-147; OPPENHEIM 1954, 13. 167 Id., 13.
168 Meluhha sarà in seguito citata solo in un testo riferibile al regno di Antioco IV, di datazione incerta
(168 d.C.?), a proposito di una marcia vittoriosa del sovrano contro le città del paese. Cfr. SALLES
1989, 74.
169 Durante il periodo Isin-Larsa ed Antico Babilonese Magan compare come attestazione di alcuni tipi
di oggetti, ma senza riferimenti alla regione vera e propria; POTTS 1990, 149
170 Cfr. MILLARD 1973.
171 L’identificazione è stata possibile soprattutto grazie a fonti epigrafiche successive (iscrizione di
Istar a Ninive, iscrizione trilingue dalla tomba di Dario a Naqsh i Rustam, documento di fondazione di Dario a Susa, iscrizione di Artaxerses a Persepoli); vedi capitolo successivo.
giacimenti di rame presenti in Oman, rappresentano infatti quelli più prossimi alla Mesopotamia Meridionale, essendone Bahrain e l’entroterra dell’Arabia Nord orientale completamente sprovvisti. L’ipotesi che l’Oman possa realmente essere stata una delle principali risorse del rame usato in Sumer, cresce in proporzione alla scoperta di miniere e siti con tracce di fusione ricogniti sul territorio, apparentemente databili al terzo millennio172. Lo scavo di insediamenti e tombe del terzo millennio
(cultura Umm an-Nar) in Oman173, non lascia dubbi sull’uso quotidiano di oggetti in
rame/bronzo, così come la presenza di strumenti (crogiuoli, matrici, piccoli forni) testimonia la lavorazione del minerale su scala locale174; di maggior impatto è la successiva quantificazione delle numerose scorie presenti sul territorio (che fu stimata attorno alle 4 tonnellate), fatto che presuppone un’attività metallurgica sviluppata su scala industriale175.
L’equazione Magan-Oman non raccoglie però l’assenso generale, se non altro perché giacimenti di rame si trovano anche in Iran centrale e in Belucistan176. Si avanzano diverse e varie localizzazioni: dall’Iran meridionale, all’Arabia Sud orientale, fino all’Egitto177.
Esiste dunque una certa ambiguità sul fatto che Magan si trovasse sulla costa iraniana o su quella omanita dello stretto, o addirittura che le comprendesse entrambe. A favore di quest’ultima ipotesi è l’analisi posta in risalto da Heimpel178. La questione, ruota intorno all’importante ‘pietra nera’, dalla quale i leader mesopotamici ricavarono statue di se stessi da dedicare ai loro dei, e che nella letteratura assiriologica è tradotta come “diorite, dolerite o basalto”; diverse fonti dichiarano che questo materiale è estratto dalla terra di Magan, come l’iscrizione di Maništušu e di Gudea.
Rivisitando l’iscrizione di Maništušu, con particolare attenzione al tragitto percorso nella sua marcia verso Magan, Heimpel asserisce che la pietra nera deve essere stata
172 Molti dei siti documentati nel 1973 dalla United States Geological Survey si dimostreranno di epoca
islamica; POTTS 1990, 119-121.
173 Id., 93-125.
174 Cfr. COSTA-WILKINSON 1984, 93-107. 175 POTTS 1990, 123.
176 Cfr. R. Carter, Restructuring Bronze Age trade: Bahrain, Southest Arabia and the copper question,
in CRAWFORD 2003, 37-38.
177 L’inserimento dell’Egitto tra le probabili localizzazioni di Magan è una delle cause che hanno
portato all’estendersi del dibattito; alla base del dissenso, il fatto che per le fonti neo-assire il toponimo Makkan è chiaramente sinonimo di Egitto, insieme a Meluhha che è sinonimo di Nubia/Etiopia. V.
infra. Per una sintesi delle identificazioni proposte cfr. SOLLBERGER 1973, 247-248.
estratta sul lato arabico del Golfo, quindi in Oman179. Le analisi petrologiche compiute su alcune statue o stele antico accadiche, fra cui due statue di Maništušu nel museo del Louvre, dimostrarono che il materiale utilizzato era olivina-gabbro, mentre almeno una statua di Gudea era in diorite. Giacimenti di olivina-gabbro sono presenti in discreta quantità nello Wādi Samad (Oman centro-orientale), a differenza della diorite, in quantità esigua sul territorio (ovvero insufficiente per ricavarne ripetutamente blocchi). Quest’ultimo materiale è invece presente in Iran Sud orientale, da dove è ipotizzabile sia stato estratto per la statua di Gudea. La conclusione di Heimpel è che la Magan citata nell’iscrizione di Gudea e quella di Maništušu corrispondessero a due regioni geografiche diverse.
La possibilità che Magan comprendesse entrambe le parti dello Stretto di Hormuz è favorita anche da uno studio sull’evoluzione di nomi geografici ed etnici delle zone in questione. Wh. Eilers180 dimostra che il moderno nome dato alla regione costiera
irano-pakistana, Makrān/Mukrān, deriva dalla combinazione tra l’etnico Makā181 e il moderno nome persiano karān/kirān, che significa ‘costa’; scioglie quindi Makrān in ‘costa dei Makā’. A ciò unisce il fatto che il dialetto iraniano parlato nella penisola di Musandam, testimonia della presenza di popolazioni persiane in un tempo anche dalla parte arabica dello stretto, non escludendo così che i Makā vivessero su entrambi i lati dello stretto182.
Queste conclusioni, non escludono naturalmente la possibilità, e soprattutto la probabilità, che altri gruppi umani possano essere stati presenti sul territorio. L’interessante lavoro di Glassner183 sulla presenza di una tradizione onomastica di tipo amorreo a Magan - a partire dalla fine del terzo millennio - è particolarmente rilevante, in quanto tale presenza coinvolge personaggi che nelle fonti mesopotamiche hanno una posizione politica di rilievo.
179 Conquistata Ašhan, Maništušu attraversa il Mare Inferiore per una nuova battaglia; visto che Ašhan
è stata identificata in Fars (Iran), è logico pensare che si diriga sul lato arabico del Golfo, verso la penisola omanita; l’ipotesi è consolidata dal riferimento alle miniere di metallo e all’estrazione della ‘pietra nera’ da cui è ricavata la statua. Cfr. HEIMPEL 1982., 65-67.
180 POTTS 1986, 274-275.
181 L’antico persiano Makā è il corrispondente del sumerico Magan, accadico Makkan, greco Mákai. 182 Lo stesso concetto è probabilmente ravvisabile nel nome in cui il Golfo era denominato; troviamo
infatti in una lettera di Ibbi–Sin e di Puzur Sulgi il termine ‘mare di Magan’ e a distanza cronologica notevole Tolomeo usa il termine Golfo di Magan; questi termini attestano la longevità del toponimo. D.T. Potts suggerisce di guardare al Golfo come un’unità, piuttosto che come più regioni separate. Cfr. POTTS 1986, 284-285.
Il disinteresse nella diversificazione tra le due opposte parti dello stretto di Hormuz, operata dai dinasti mesopotamici (se questo era il caso, ovvero di una conoscenza approssimativa dell’area geografica all’entrata del Golfo), si manifesta in un altro argomento, quello del ‘sacco di Magan’.
Il sacco di Magan, ad opera di Naram-Sin, avviene durante la riconquista di quella regione, successivamente ad un’insurrezione generale; il fatto è testimoniato da più fonti (v. infra)
Esiste una serie di cinque vasi (o frammenti di ) in alabastro che sono stati attribuiti al ‘sacco di Magan’ sulla base dell’iscrizione (o parte dell’iscrizione) che portano incisa. È noto che l’analisi comparativa che il Potts eseguì sui materiali, supporta un’origine iraniana, piuttosto che omanita184.