• Non ci sono risultati.

Nei precedenti romanzi, Kincaid aveva descritto il rapporto madre-figlia come una relazione in eccesiva simbiosi che impediva alla bambina di definirsi come soggetto autonomo, generando in lei problematiche di tipo identitario. Nel caso di Xuela, però, questo non avviene perché allo stato di simbiosi subentra un profondo senso di abbandono, e la mancanza della madre è colmata dalla protagonista con un’intensificazione dell’immagine di se stessa:

Il personaggio di Xuela rifiuta infatti con decisione la necessità femminile di un surrogato materno. Nonostante desideri fortemente l’unità con il corpo materno come compensazione per la separazione iniziale dalla nascita, la sua condizione di orfana non la spinge a cercare un sostituto della madre, ma la induce piuttosto a essere madre di se stessa, a prendersi cura di sé e a respingere ogni gesto legato in qualche misura al materno.171

D’altro canto, la replica del nome “Xuela” segnala il connubio indissolubile con la figura materna. Xuela è di madre cariba e padre per metà scozzese e per metà africano, cosicché il suo concepimento diventa espressione di contaminazioni razziali che risultano dai percorsi di colonizzazione; il suo nome, “Xuela Claudette Richardson”, segnala cioè l’ “intrusione” del dominio britannico tra il popolo nativo caraibico. Nel seguente estratto, Xuela cerca di ricreare l’immagine della madre perduta e, discutendo anche sulle origini del proprio nome, evidenzia come quest’ultimo nasconda l’inevitabile legame con una storia inficiata da umiliazioni e oppressioni:

And your own name, whatever it might be, eventually was not the gateway to who you really were, and you could not ever say to yourself, “My name is Xuela Claudette Desvarieux.” This was my mother’s name, but I cannot say it was her real name, for in a life like hers, as in mine, what is a real name? My own name is her name, Xuela Claudette, and in the place of the Desvarieux is Richardson, which is my father’s name; but who are these people Claudette, Desvarieux, and Richardson? To look into it, to look at it, could only fill you with despair; the humiliation could only make you intoxicated with self-hatred. For the name of any one person is at once her history recapitulated and abbreviated, and on declaring it, that person holds herself high or low, and the person hearing it holds the declarer high or low.172 Attraverso queste parole, affiora la stretta connessione tra storia, dominio e identità. Nella profonda ricerca di se stessa e della sua storia personale, Xuela registra la presenza del nome

171 Cfr. Ibidem, p. 71.

60

europeo come risultato di un esercizio di potere e sfruttamento coloniale; inoltre, il fatto di condividere lo stesso nome di battesimo della madre costringe la ragazza a fare i conti con un tragico destino di sottomissione, come afferma Lang-Peralta: “The result of this convergence of identities makes a powerful statement about the history of the Caribbean and the legacy of conquest and colonialism.”.173 Xuela, ereditando il nome della madre, sembra destinata ad ereditarne anche il bagaglio storico; per contro, sente la necessità di intraprendere un percorso totalmente diverso, proprio per evitare la stessa tragica sorte. La protagonista, riflettendo sul retaggio culturale ed etnico dei genitori, vuole cercare di dare un senso alla propria identità e comprendere le relazioni di potere e intercomunitarie che hanno segnato quel territorio, soprattutto alla luce della marginalizzazione della donna all’interno della società:

Xuela does find that race and ethnicity are major considerations in constructing the lives of each parent in narrative: she understand that she must pay attention to her father’s bi-racial background and to her mother’s Amerindian heritage to have a deeper sense of them as individuals and a deeper sense of herself. She discovers that although Alfred Richardson has both Scottish and African blood, historical and social circumstances have prompted him to submerge one and to embrace the other. Power relations have also determined that Xuela’s mother should be erased because she is Amerindian.174

Si ricordi che la madre che Xuela ha perduto non ha retaggio africano, bensì amerindio, legato al popolo indigeno sterminato nella regione caraibica, che la protagonista ritrae come un popolo brutalmente tagliato fuori dalla storia. Come una degli ultimi sopravvissuti di una razza semi- estinta, ella si sente un essere in via d’estinzione, la discendente di una stirpe ingiustamente annientata:

They were extinct, a few hundred of them still living, my mother had been one of them, they were the last survivors. They were like living fossils, they belonged in a museum, on a shelf, enclosed in a glass case. That these people, my mother’s people, were balanced precariously on the ledge of eternity, waiting to be swallowed up in the great yawn of nothingness, was without doubt, but the most bitter part was that it was through no fault of their own that they had lost, and lost in the most extreme way; they had lost not just the right to be themselves, they had lost themselves.175

Xuela, ripercorrendo la vicenda della madre assente, vuole cercare comunque di dar voce e rendere giustizia a lei e al suo popolo, reintegrandolo all’interno di un percorso diacronico: “Granted, the Amerindian female is a ghost who never speaks, but this daughter’s autobiography incorporates the Aboriginal mother’s story, and so, through self-writing the ghost re-enters

173 Linda Lang-Peralta, “Crossing Borders and Transforming Genres: Alain Robbe-Grillet, Edward Said and Jamaica

Kincaid”, in Madelena Gonzalez and Marie-Odile Pittin-Hédon (Eds.), Generic Instability and Identity in the

Contemporary Novel, Newcastle upon Tyne, Cambridge Scholars, 2010, p. 7.

174 Cfr. Michelene Adams, op. cit., p. 11.

61

history”.176 Anche Veronica Gregg si focalizza su questa tematica della scrittura come modo per

reintrodurre e reincorporare storie di popoli oppressi:

That uncanny yet material mother cannot be inscribed, but the writing is made to mark her presence as a haunted and haunting absence. The foot of the living dead native woman leaves its imprint on the lives that come after; the imprimatur of her maligned spirit seals itself within the written text: a text written in the language and traditions which claim to have excised the Native Caribbean woman or reduced her to an inchoate wound.177

All’interno del testo, quindi, emerge la centralità di temi quali la questione dell’identità e dell’appartenenza etnica, nonché la visione da un lato fatalistica e dall’altro propositiva che la Kincaid coltiva della storia relativa al popolo dei Caraibi, in una regione che per decenni è stata il crogiuolo di una molteplicità di culture ed etnie che hanno interagito fra di loro cercando modi di risollevarsi dal dominio coloniale. Sempre seguendo questo filo d’indagine, si coglie la correlazione con il tema del linguaggio, sul quale l’autrice si concentra evidenziando anche in questo caso le disparità tra colonizzatori e popoli oppressi. In The Autobiography of My Mother, i richiami a una lingua piuttosto che un’altra hanno un’importanza strategica per l’individuazione dei ruoli all’interno della società: da una parte abbiamo l’inglese, ovvero la lingua dell’oppressore, associata alla figura paterna e conseguentemente fonte di dolore e sofferenza per la protagonista, mentre dall’altra abbiamo il patois materno, che appare come l’espressione di una cultura repressa e cifra dell’ “inferiorità” di un popolo sottomesso. Xuela riconosce le forme di autorità patriarcale e coloniale e coglie i risvolti psicologici dell’utilizzo dell’inglese da parte del padre, che, infatti, adotta questa lingua per mascherare la propria identità creola: al contrario, “He spoke patois, French or English, only with his family or with anyone who knew him from the time he was a boy, and I associated him with speaking patois with expression of his real self”.178 Nonostante la protagonista sia consapevole che l’inglese coincida con la lingua dei dominatori e rappresenti uno strumento di oppressione, ella decide comunque di appropriarsene, al fine di trascendere le categorie, e, soprattutto, affermare se stessa, come Coppola osserva:

L’uso dell’inglese costituisce una fonte di sofferenza ma, piuttosto che lasciarsi intrappolare nelle semplificazioni della dialettica schiavo/oppressore, Xuela ha espresso le proprie esigenze di autonomia rompendo la rigidità di questo binarismo e sfidandone i confini. Appropriandosi della lingua del padre e del colonizzatore, Xuela cerca di affermare il suo controllo su quelle stesse forze che l’avrebbero altrimenti distrutta. La necessità di affermare se stessa attraverso la lingua e la storia nasce dalla diffidenza e dalla paura di farsi intrappolare in definizioni che non le appartengono; come la stessa Kincaid sembra chiarire in un’intervista: ‘I come from this tradition of claiming yourself, because if you

176 Cfr. Michelene Adams, op. cit., p. 12. 177 Cfr. Veronica Marie Gregg, op. cit., p. 928.

62 don’t possess and claim yourself, someone else will. You keep declaring that you are in full possession, which is to say you are on guard’ (Ferguson 994: 184).179

Nel testo il patois emerge come la lingua dei più deboli, spesso alla base di scambi intercorrenti fra i personaggi femminili; eppure, nonostante questa lingua sia evocata spesso nel romanzo, i dialoghi in creolo non vengono mai riportati e “l’unica voce è quella dell’elegante inglese di Xuela/Kincaid che racconta la sua vita in un lungo monologo”.180 È chiaro dunque come il riscatto

identitario di Xuela scorra su linee analoghe a quello dell’autrice.

In una visione che sfocia nel nichilismo, Xuela sottolinea pure come il dominare sull’altro e l’atto della conquista si rivelino azioni “illusorie”, in quanto sia oppressori che oppressi alla fine si ritroveranno sconfitti, perché la morte sopraggiungerà per tutti: “Death is the only reality, for it is the only certainty, inevitable to all things”.181 In una crocevia di contraddizioni, la vita di Xuela

resta comunque contrassegnata dalla mancanza e segnata dalla morte, annunciata fin dall’inizio con la dolorosa perdita della madre e, data la discendenza di quest’ultima, con l’annientamento di un intero popolo, cosicché “Xuela’s life is supposed to be lived as death”.182 Nonostante, però, la vita di Xuela sia contrassegnata da una serie di lutti, la protagonista sceglie di affrontare con grande forza le difficoltà che incontra durante il suo percorso: ella rivendica la propria autonomia, rifiuta qualsiasi legame che la possa rendere dipendente da qualcuno e, allo stesso tempo, rinnega anche chi potrebbe dipendere da lei, scegliendo di non diventare madre e mettendo in primo piano solo ed esclusivamente se stessa e la propria libertà.