La recente direttiva 2013/34 dell'Unione Europea ha previsto che le grandi imprese, con più di 500 dipendenti, con un bilancio di almeno 20.000.000 o con un fatturato di 40.000.000 euro, siano obbligate a redigere il Bilancio Sociale; nonostante queste precise limitazioni è ovvio che esso sia tuttavia uno strumento utile anche per le piccole e medie imprese italiane, che a conti fatti rappresentano la fetta più numerosa del settore del nostro Paese.
comunque sia del tutto limitativo; non basta scrivere un Bilancio Sociale per essere onesti e, nonostante il documento di per sé possa rivestire un ruolo competitivo, il rischio è quello di cadere nella trappola dell’autoreferenzialità. Di tutto ciò sono un esempio tangibile le grandi aziende o le multinazionali che rendicontano l’attività anche dal punto di vista sociale e ambientale, ma la cui virtuosità rimane solo sulla carta. Ad esempio ENI, l’azienda multinazionale degli idrocarburi che da qualche anno produce un rapporto di sostenibilità unitamente all’annuale relazione economico finanziaria, è stata proclamata da Transparency International40 come prima società al mondo nella trasparenza dell’informazione
societaria, distinguendosi per i programmi anticorruzione e la reportistica organizzativa, ma è comunque stata oggetto di numerose denunce di associazioni e cittadini, per il coinvolgimento in affari sospetti di alcune figure dell’azienda e per i devastanti impatti ambientali e sociali dell'attività produttiva, sia in Italia che all’estero. Ciò che realmente fa la differenza è quindi la consapevolezza e la responsabilità legate alla volontà di misurare le esternalità positive e negative delle attività, utilizzando quanto emerge dal lavoro di rendicontazione per ripensare seriamente alle criticità e migliorarsi.
I Bilanci Sociali non hanno un controllo istituzionale, e neanche una struttura obbligatoria di riferimento per comparare e confrontare i risultati tra loro, essi sono più che altro, come abbiamo precedentemente visto, uno strumento necessario per gli stakeholders. Servono tanti numeri e un po’ meno parole per quantificare i benefici generati e gli aspetti negativi prodotti. I giudizi di efficacia devono implicare necessariamente anche una valutazione qualitativa ex post, che verifichi il grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati, dato che le potenzialità del Bilancio Sociale non sono di certo legate al solo inserimento dei dati. Proprio perché il Bilancio Sociale non è un atto obbligatorio per legge è ancor più importante in quanto scelta di responsabilità. E ancora, una volta decisa la sua predisposizione, diventa necessaria la sua divulgazione, dato che lo sbaglio più grande sarebbe quello di accantonare il tutto, abbandonarlo sulla scrivania o chiuderlo in un cassetto; a tal proposito già nella prima fase di pianificazione ci
40 Consultabile su https://www.transparency.it/. Fondata a Berlino nel 1993, TI è un'organizzazione internazionale non governativa che si occupa della corruzione, non solo politica.
sono due strade da perseguire per incrementarne la conoscenza, strade che non si escludono e che, anzi, vanno sempre di pari passo. La prima direzione è quella di valorizzare la valenza strategica interna, considerando il Bilancio Sociale come uno strumento di miglioramento dell’organizzazione attraverso l’attivazione di un processo di autovalutazione che deve considerare gli aspetti analizzati dal documento. Occorre capire quindi se gli obiettivi sono stati raggiunti, quali sono state le criticità che hanno ostacolato il raggiungimento di determinate finalità, valutare i risultati conseguiti, considerare se e quanto le aspettative ed i bisogni a cui si è soliti dare risposta sono stati effettivamente soddisfatti. La decisione di attuare questo tipo di valutazione sarà nel tempo premiata dal punto di vista della pianificazione e del controllo, generando un’utilità in termini di valore sociale e non solo economico. La seconda strada è quella legata al confronto con gli stakeholders; le politiche di comunicazione esterna partono infatti dal rendere noti ai propri interlocutori le azioni e gli impatti sociali ed ambientali realizzati dall’attività. Si tratta di una forma di interazione con il territorio e la comunità di riferimento, di consapevolezza ed informazione reciproca, che porta ad accrescere e consolidare la credibilità ed il valore dell’organizzazione, oltreché alimentare il processo di rendicontazione. Occorre fare in modo che il bilancio arrivi quindi a tutti, soprattutto a quanti sono davvero interessati all’organizzazione, a chi magari ne conosce l’attività e ne condivide le finalità.
Per ciò che concerne più specificatamente le modalità di diffusione, le linee guida prodotte dall’ex Agenzia per le Onlus riassumono in maniera precisa quelli che sono i principali metodi di diffusione del Bilancio Sociale, sia in forma cartacea che elettronica, ossia prodotto su supporti digitali come cd, dvd, chiavette elettroniche, etc.. Esso può essere distribuito durante eventi o attività promozionali promosse dall’organizzazione oppure spedito agli associati, ai finanziatori, a potenziali nuovi finanziatori, all’interno del network dell’organizzazione, alle principali istituzioni, etc.; il Bilancio deve inoltre essere pubblicato sul sito istituzionale dell’organizzazione, oppure su un sito specifico creato ad hoc, veicolandolo sui principali social network e canali di informazione. Possono anche essere organizzate giornate dedicate, convegni e tavole rotonde che oltre a presentare i contenuti del Bilancio, diventano anche un momento di
condivisione del processo di rendicontazione e di confronto su tematiche legate all’attività dell’organizzazione. Quali siano le modalità scelte, l'imperativo è sempre lo stesso, evitare di mettere il Bilancio Sociale in un cassetto e incentivare quanto più possibile la sua condivisione.
Fermandosi ancora un momento ad analizzare il panorama imprenditoriale italiano, appare evidente come un numero sempre più ampio di imprese accanto al bilancio civilistico presentino un bilancio sociale, segnale evidente di una crescente condivisione del nuovo modello di sviluppo e di un contemperamento degli interessi individuali nella prospettiva di una crescita umana di un'elevata qualità.
Rimane da stabilire quante delle affermazioni fatte nei diversi documenti ufficiali siano di pura facciata o esprimano il senso di un cambiamento gestionale che affonda le proprie radici in un orientamento culturale. Rispondere a questa implicita alternativa non è cosa semplice, ma la verifica del puntuale adempimento degli impegni presi nei bilanci potrà fornire in un prossimo futuro la chiave probante di un'adesione non solo formale ad un nuovo cammino di civiltà dove l'attenzione al sociale diviene una componente qualificante del processo di creazione del valore aziendale.
Da un punto di vista strategico, il Bilancio Sociale presenta valenze estremamente rilevanti per il management, che sempre più spesso si trova non solo a impostare, guidare e controllare la gestione economico-finanziaria e strategica, bensì a divenire il selettore, l’interprete e il valutatore delle differenti e mutevoli istanze sociali provenienti dai vari stakeholders. L’elaborazione del Bilancio Sociale, dunque, impone al management la razionalizzazione dell’accettazione di un nuovo ruolo, che consiste appunto nel configurare in maniera inedita, attraverso l’assunzione e la comunicazione di comportamenti socialmente responsabili, le relazioni con particolari referenti, individuali o istituzionali che siano. Ne deriva, tra l’altro, l’esigenza di apprestare internamente all’impresa sensori adeguati, capaci di monitorare la realtà e le istanze degli stakeholders. Più questo processo di presentazione trasparente dei dati e delle loro fonti è corretto, più gli interlocutori potranno interpretarli meglio, anche alla luce di differenti opinioni di principio su alcuni aspetti della gestione.
È evidente inoltre che l’esigenza di redigere un Bilancio Sociale impatta in maniera profonda sul sistema informativo aziendale: è necessaria l’identificazione delle regole di una contabilità sociale che integri quella economica, per poter arrivare ad un «sistema globale di informazione sociale» che, tra l’altro, costituisce un passo importante nella direzione dell’interpretazione del bilancio sociale e del bilancio di esercizio come due facce dell’informazione aziendale nel suo complesso.
CAPITOLO II
L'assetto organizzativo dei tribunali italiani
Sommario: 1. L'aziendalizzazione del sistema giudiziario 2. Il tribunale come organizzazione
2.1. L'accountability nei tribunali 3. Gli stakeholders dei tribunali 4. La rendicontazione sociale nei tribunali 5. Il bilancio sociale nei tribunali