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Il Body Shaming: definizione e testimonianze

3.3 Identità mediate di genere

3.3.2 Il Body Shaming: definizione e testimonianze

Un fenomeno che calza a pennello con l’adolescenza, ma colpisce donne di età sopra i diciotto anni e in particolare personaggi femminili famosi è il Body Shaming letteralmente “umiliare il corpo” significa giudicare le forme del corpo delle persone27, in maniera sia volontaria che involontaria, un fenomeno attuale, ma

sempre comunque esistito informe diverse.

Con l’avvento dei social network, come facebook, instagram e twitter si è esteso con molta facilità, la tendenza di oggi è il continuo confronto con l’altro, sia uomini che donne, anche se è una tendenza prevalentemente femminile28 e ci si confronta con i

modelli proposti da social e media e quello che ne risulta è che si diventa sempre più giudici spietati di sé stessi e degli altri.

«Body Shame has been associated with traumatic bodily experiences, such as sexual and physical abuse, and constitutes risk factor for development of psychopathology, including eating disorders. Body shame in childhood and adolescence may have profound effects on one’s body imagine, eating behaviors and overall psychological functioning» (Mustapic, Marcinko, Vargek, 2016).

Questo fenomeno come affermato nella citazione è un’esperienza traumatica del corpo, ogni qualvolta una ragazza o una donna vengono prese in giro e mortificate, con commenti online, perché hanno qualche kg in più o perché hanno dei difetti fisici, comporta allo sviluppo di psicopatologie. Coloro che amano la fotografia e caricano giornalmente le proprie immagini, generalmente su Facebook o su Instagram, devono essere perfettamente coscienti del fatto che le proprie foto, oltre ad essere oggetto di complimenti e di apprezzamento, può succedere di ricevere commenti sgradevoli.

27 “Cos’è il body shaming?” da www.laleggepertutti.it

28 Solo in Italia e solo sui social network il body shaming riguarda una donna su due, stando a

uno studiodi un’ associazione Nutrimente e gli effetti sono la perdita di autostima (45%) e l’ansia (43%), la vergogna appunto. La parte del corpo maggior presa di mira, sono le gambe (48%) (nutrimente.org Associazione Onlus).

La parola “ciccione” per esempio come riporta l’articolo del sole24ore, orribile seppur usatissima, sottolinea come il corpo sia sempre il primo oggetto di derisione e di offesa, e la discriminazione su base fisica è precoce29.

A tal proposito, un caso recente, il quale ha compreso un gruppo di ragazze vittime di body shaming, è il caso della fashion blogger Chiara Ferragni.

Chiara Ferragni, è un’imprenditrice, blogger e ex modella Italiana, la quale vive nel mondo dei social e della moda. Tra i vari articoli riguardanti il suo addio al nubilato a Ibiza, località mondana scelta da milioni di giovani, uno di questi ha definito le amiche della sposa “rotonde” per poi cambiare nel giro di poche ore il termine con “sportive” per alla fine togliere proprio l’aggettivo, scatenando l’ira della sposa, non fermandosi a un commentino su instagram.

Essa ha aperto un vero e proprio dibattito con la giornalista su come quell’aggettivo oltre a essere offensivo per le proprie amiche poteva far trapelare un messaggio sbagliato per i giovani ma in particolare le giovani di oggi.

29 “Chi ha paura di body shaming?” Vercellini, marzo 2017, ilsole24ore.com

Il messaggio al pubblico femminile, è l’identificazione in uno standard troppo alto, che rasenta la perfezione, la influencer ha inoltre voluto sottolineare il fatto che al giorno d’oggi è veramente diffusa come cosa e bisogna combattere per questo.

«Trovo assurdo che dei giornalisti possano scrivere cose del genere. In un mondo in cui ci battiamo per far sentire bene le ragazze e dar loro sicurezza additare difetti fisici (miei o delle mie amiche) è veramente un messaggio sbagliatissimo» (Repubblica.it).

L’intervento della influencer oltre a ricordare la nuova tendenza di prendere in giro il corpo delle persone sottolinea che la moda da sempre è un settore fortemente responsabile dell'impatto che l'immagine delle donne rappresentate ha sulla salute delle donne reali.

Un’altra testimonianza interessante è quella di Bridget Malcom, un ex angelo di Victoria’s Secret30, ha denunciato aprendo un blog degli episodi vissuti di body

shaming. Alla modella spesso sul set le è stato richiesto di “mostrare le costole” o risucchiare la pancia, descrivendo in maniera minuziosa nel suo sito di una donna che lavorava lì, la quale invece di guardarla negli occhi, le fissava la pancia con disprezzo. La ragazza umiliata dall’episodio, al momento del pranzo non mangiò nulla, una volta ritornata sul set, se al resto delle colleghe quel senso di preoccupazione svaniva, a Bridget no, si sentiva nuovamente messa sotto giudizio. Dopo varie esperienze negative dello stesso calibro nella sua carriera, la modella ha deciso non solo di non prendere più in giro una donna per il suo aspetto fisico ma anche di uscire allo scoperto, aprendo questo blog e raccontare la sua storia, ma soprattutto le conseguenze, in modo tale che possa essere da supporto per tutte le donne che lavorano nel mondo della moda, ma anche per quella parte femminile che la segue.

30 Victoria’s Secret è un’azienda americana, la quale si occupa di realizzazione e produzione di

abbigliamento intimo, cosmetica e profumeria femminile. La nota particolare è l’evento annuale: la sfilata eseguita dalle modelle denominate “angels” (Larepubblica.it).

«This photo was taken a few days before my first anxiety attack, and a few months before the story told in my blog post today. I was terrified I was gaining weight in this picture. I thought my arms were fat. But it was that first anxiety attack that woke me up, and forced me to start my journey towards health. Out of the problem precipitates the solution. The story today (link in bio) set me back a couple of months in my recovery. I truly hope that the women involved in my story find their peace. I can’t imagine how much pain you must be in to set out to hurt and shame another young person like that. You never know the story behind someone’s eyes. So we should always love and respect31» (Bridgetmalcom.com)

31Riporto la traduzione in italiano: «Questa foto è stata scattata pochi giorni prima del mio primo

attacco di ansia, e pochi mesi prima della storia raccontata nel mio post del Blog di oggi. Ero terrorizzata che stavo guadagnando peso in questa foto. Pensavo che le mie braccia fossero grasse. Ma è stato quel primo attacco di ansia che mi ha svegliato, e mi ha costretto a iniziare il mio viaggio verso la salute. Fuori del problema precipita la soluzione. La storia di oggi (link in bio) mi ha messo indietro di un paio di mesi nel mio recupero. Spero veramente che le donne coinvolte nella mia storia trovino la loro pace. Non riesco a immaginare quanto dolore si deve essere in di cui al male e la vergogna di un altro giovane come quello. Non si sa mai la storia dietro gli occhi di qualcuno. Quindi dovremmo sempre amare e rispettare».

Capitolo 4

Premessa

Nel capitolo precedente abbiamo analizzato l’enorme influenza delle condotte imitative e i mass media nel corpo femminile, in particolare nell’età adolescenziale. Un’eccessiva attenzione al corpo e al peso con lo scopo di raggiungere un modello idealizzato può portare a delle alterazioni comportamentali nei confronti del cibo, questi atteggiamenti sono chiamati DCA (disturbi del comportamento alimentare), essi sono comportamenti finalizzati al controllo del peso corporeo, si presentano in modo molto vario, ma tutti hanno in comune una relazione disturbata col proprio aspetto fisico, provando un forte senso di insoddisfazione.

I DCA colpiscono per la maggior parte dei casi il sesso femminile comprese fra l’età adolescenziale fino ad arrivare ai venticinque anni e possono essere classificati principalmente in tre disturbi:

- L’anoressia - La bulimia

- Il binge-eating o disturbo dell’alimentazione incontrollata

ma vengono considerati anche dei sotto disturbi o disturbi correlati, i quali non soddisfano a pieno le caratteristiche delle tre patologie principali ma sono sempre attinenti al corpo e l’alimentazione:

- L’obesità - L’ortoressia

- La vigoressia o bigoressia (Dalla Grave, 2018).

Lo scopo di questo capitolo è non solo di affrontarli uno ad uno e definirne i tratti caratteristici, ma di capire i risvolti e gli impatti che hanno avuto nella società contemporanea.

4.1 L’anoressia

L’anoressia comincia spesso con una dieta, uno dei tanti tentativi di perdere i chili di “troppo” da parte di una donna, la quale porta una marcata perdita di peso. Raramente la dieta viene intrapresa con l’intento di arrivare al digiuno, quindi inizialmente può sembrare innocua e giusta, ma alcune persone ci associano un’attività fisica eccessiva ai limiti del compulsivo, arrivando a modificare troppo il corpo, questo binomio porta a un rigido autocontrollo scatenando dentro la persona meccanismi interni di euforia e senso di sicurezza, i quali prima non erano presenti o magari erano sostituiti da forti insicurezze e debolezze (Gordon,2004).

Il perdere peso e raggiungere la magrezza rappresenta una conquista, la quale può degenerare in malattia, quando la famosa dieta iniziale si trasforma in digiuno e infine “alla fame” vera e propria si trasforma in un vero problema di salute.

Questa patologia viene riconosciuta da dei criteri diagnostici32:

«1) Il rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al livello minimo del peso normale per l’età e la statura;

2) Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi;

3) Alterazione nel modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o il rifiuto di ammettere gravità della attuale condizione di sottopeso;

4)Nelle femmine avviene l’amenorrea, cioè assenza di tre cicli mestruali consecutivi» (Gordon, 2004, p.22).

Come già accennato le anoressiche adottano regole molto rigide nella propria dieta, includono quando mangiare, quanto mangiare e soprattutto come mangiare. Altri atteggiamenti tipici provenienti dal loro regime alimentare sono per esempio il non mangiare mai con gli altri, nel caso mangiassero in compagnia di familiari o amici, esse devono mangiare meno di tutte le persone presenti a tavola e non assumono cibi di cui non conoscono la composizione e l’apporto calorico, infine difficilmente si

32 Gli inquadramenti diagnostici provengono dal DSM (Acronimo di Diagnostic and Statistical

Manual of Mental Disorders) un sistema nosografico per i disturbi mentali e psicopatologici utilizzato da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo (Dalla Grave,2018).

fidano del cibo cucinato da altri.

«Se ci fossero veramente delle regole, non sarebbe così difficile uscirne. Il vero problema è capire che cosa non si accetta, perché non si accetta. Non è mica una questione di apparenza...E quando si comincia a cercare dentro, si scatena la guerra...» (Marzano,2011, p.53).

La Marzano nel testo “Volevo essere una farfalla” descrive in maniera dettagliata e soddisfacente l’anoressia, riprendendo attraverso la sua esperienza personale tutti i tratti caratteristici (compresi quelli emotivi) della malattia.

Le persone affette da anoressia sono insoddisfatte del proprio peso e aspetto fisico, in particolare considerano troppo grosse alcune parti del proprio corpo, esse basano il loro giudizio principalmente su quello che dice la bilancia; nel caso di un aumento ponderale determina nella anoressica sensazioni di frustrazione e auto-svalutazione, un calo di peso, al contrario, aumenta il senso di autocontrollo, di fiducia personale e di senso di autoefficacia. Oltre che vittime di diete, le anoressiche sono anche ossessionate dallo sport compulsivo, sempre considerato come un fenomeno secondario nell’insorgere della malattia ma sempre e comunque importante. Lo sport era considerato come una sorta di metodo aggiuntivo per dimagrire, esaltato e idealizzato sempre dalla cultura occidentale che ci circonda, forse ancora di più dei regimi dietetici. Fra gli sport che valorizzano in maniera più marcata il controllo del peso, la ginnastica è probabilmente quello che comporta il rischio maggiore di sviluppare un disturbo del comportamento alimentare (Gordon, 2004). Dopo la morte di un’aspirante ginnasta olimpionica, stroncata prematuramente dall’anoressia, un articolo del New England Journal of Medicine, osservò e ampliò attentamente gli allenamenti e la rigida preparazione delle ginnaste professioniste, esse iniziano ad allenarsi in tenera età, cinque – sette anni circa, ma già verso i 10 anni intraprendono programmi molto severi e disciplinati33, ma il troppo sforzo a volte comporta danni

33«A questo si aggiunge il fatto che spesso le ginnaste, fin da piccole devono lasciare la famiglia

d’origine, rinunciando al contatto coi genitori per tutto il periodo dell’allenamento. Per questi motivi, la stampa popolare ha preso di mira gli allenatori e a volte a anche i genitori di queste atlete promettenti; ma non sappiamo se una maggiore sensibilità pubblica potrà contrastare questa situazione che, condizionata anche da forti somme di denaro, rende molte ragazze vittime dei disturbi dell’alimentazione» (Gordon, 2004, p. 168).

per la salute delle atlete.

Inoltre incoraggiate dalle allenatrici o allenatori le ginnaste devono sempre avere e mantenere un aspetto perfetto, snello, muscoloso e un peso corporeo notevolmente ridotto, considerati come criteri di successo e vittoria, esponendo notevolmente queste ragazze a dei disturbi (Tofler et al., 1996).

Sempre in riferimento allo sport oltre la ginnastica, una strada che ha aperto una moda del fitness è la corsa, la quale ha una certa affinità con l’anoressia. La corsa è un’attività che porta molta disciplina e favorisce un senso di potere e padronanza su di sé, provocando il superamento dei limiti fisici arrivando al compulsivo.

Un noto studioso Sheehan, sostiene che l’individuo attraverso la corsa trova la sua identità, sfogando ed eliminando lo stress, ma l’obiettivo di fondo è la “lotta al grasso”, l’Autore associa la figura della anoressica e del corridore, perché entrambi ossessionati dalla forma del corpo, esaminano continuamente le odiate imperfezioni del corpo, volendo raggiungere la osannata perfezione (Sheehan, 1978).

«Quando corro sono un santo. In quell’ora sono un monaco che indossa lo stretto necessario. Sono Gandhi, il giovane studente di legge, che marciava per quindici o venti chilometri tutti i giorni e poi andava a mangiare il suo tozzo di pane in una bettola. Sono Thoreau, il solitario, alla ricerca dell’armonia con l’ambiente che lo circonda. Sulla strada, povertà, castità e obbedienza diventano naturali» (Sheehan, 1978, p.36).

A causa della mania del peso diffusa nella società, minacciando le proprie capacità e l’autostima, le persone che soffrono di anoressia, lottano continuamente nel raggiungimento del corpo perfetto, ma a quale scopo? La Marzano risponde tramite la sua storia, affermando che a queste persone piace essere osservate, ammirate e invidiate da un certo senso da chi gli sta intorno, promuovendo un forte atteggiamento di superiorità apparente nascondendo le loro fragilità.

«Perché è vero che le anoressiche vogliono essere guardate. Per attirare l’attenzione. Per avere l’illusione di esistere anche solo qualche istante nello sguardo della gente. Ma quel corpo che cerca attenzione è solo un sintomo, “io sono qui, voi dove siete?”» (Marzano, 2011, p.27).

L’anoressica una volta ricevute le attenzioni desiderate, prova molto orgoglio nel raggiungimento del proprio obiettivo, ma nel caso fossero eccessive, a domande come “ma va tutto bene?” oppure “oddio quanto sei dimagrita, ma è successo qualcosa?”, essa è capace di tirare fuori una delle parti più brutte e contorte della malattia: l’inganno. Le ragazze anoressiche ingannano in una certa misura gli altri e allo stesso tempo convincono sé stesse che va tutto bene e che non si sono mai sentite meglio. Perfino quando giungono dal medico, spesso quando la malattia è già avanzata, non ammettono la propria condizione, è veramente difficile che le anoressiche al primo incontro con una figura professionale ammettano di soffrire quella malattia, compresi i familiari34. Il lavoro del terapeuta per esempio, ha come

scopo di comprendere dentro la vita e la personalità di ciascun membro del nucleo familiare, di far evolvere la paziente da una condizione di impotenza e sofferenza ad aprirsi completamente e manifestare ciò che proviene da dentro sé stessa.

Si tratta, quindi, di aiutarla a identificare i suoi bisogni e diventare la protagonista del suo percorso, il quale può essere facilitato in certi casi con la collaborazione dei familiari, se essi come l’anoressica passeranno anche in una posizione autocritica, di riconoscimento degli avvenimenti e delle colpe (Selvini Palazzoli, Cirillo, Sorrentino 1998). Il senso profondo di disvalore della anoressica, placato solo dal tentativo di mostrarsi invincibile e sfidando la fame, fino ad autodistruggere con vomiti e purganti i bisogni del proprio corpo, è il punto di partenza su cui un percorso terapeutico deve investire, attraverso un’alleanza empatica, genitori, fratelli e sorelle, devono associarsi all’esempio del professionista.

Sempre in riferimento ai familiari la figura sulla quale bisogna più lavorare è la madre, essa rappresenta in quasi tutte le ragazze anoressiche un problema centrale.

34«E questo è un fatto negativo, anche se comprensibile – I familiari sperano sempre che il

disturbo sia passeggero. Sebbene in qualche caso ciò sia vero, e un’anoressica alle prime fasi della malattia riesca da sola a uscire dalla propria condizione, nella maggioranza dei casi la famiglia resta intrappolata in una spirale di diniego e collusione involontaria» (Gordon, 2004, p.25).

In certe situazioni la madre infelice della vita coniugale, familiare e affettiva è portatrice di “nuclei di depressione” tanto da non essere capace di svolgere il proprio compito psicologico verso la figlia di “colei che nutre”, proteggendo sia sé stessa che la bambina dal turbamento, ma questo fallimento nella relazione originaria porta conflitto, portando sentimenti negativi a entrambe.

(Selvini Palazzoli, Cirillo, Sorrentino 1998).

«Mi ci sono voluti più di dieci anni di psicanalisi per imparare a districarmi all’interno del paesaggio familiare. Quando sono arrivata in Francia. Appoggiandomi proprio su quello che avevo imparato a fare. Ricominciando a lavorare come prima. Mettendo tra parentesi la decostruzione progressiva del passato e del mio essere. Mi sono dovuta riagganciare al “dovere” che conoscevo a memoria. E adagio adagio, senza rendermene conto, sono slittata da un piano all’altro. Non più il cibo. Non più il peso. Non più l’ideale..La realtà.» (Marzano, 2011, p.58).

Come accenna l’Autrice molte persone malate di anoressia conducono anni di psicoterapia col fine di uscirne totalmente ritornando alla realtà, ma purtroppo non tutte le ragazze ne escono. Se la paziente anoressica persiste nel suo stato di denutrizione, può anche arrivare alla ospedalizzazione e nei casi più gravi anche alla morte. Tuttavia in certe situazioni può succedere che gli spasmi della fame diventano intollerabili, la rigida dieta intrapresa viene interrotta bruscamente da un’abbuffata35,

questi episodi se aumentano nel tempo vuol dire che nella ragazza sta insorgendo la bulimia, argomento che affronteremo nel prossimo paragrafo.

35 «Per l’anoressica, dominata dal terrore di ingrassare, nulla è più disastroso di un simile

episodio. Il “crimine” va vendicato sbarazzandosi dall’odiato cibo attraverso il vomito autoindotto e, meno comunemente, mediante il consumo di spaventose quantità di lassativi tramite digiuni ancora più drastici» (Gordon,2004, p. 36).

4.2 La Bulimia

Con l’inizio degli anni Settanta si è rapidamente diffusa una forma patologica apparentemente nuova, la bulimia36.

Fu difficile da definire la sindrome bulimica, ma dopo vari dibattiti e versioni del DSM, dove inizialmente la descrivevano semplicemente come un disturbo dell’alimentazione incontrollata, arrivarono alla conclusione che essa non rappresentava adeguatamente le caratteristiche e le preoccupazioni tipiche di quest’ultima, Quindi grazie alla più recente versione del DSM, vennero riuniti tutti i criteri diagnostici al fine di darle un’etichetta:

«1) Ricorrenti abbuffate, che consistono nel mangiare una quantità di cibo significativamente grande in breve periodo di tempo e la sensazione di perdere il controllo durante l’episodio;

2) Ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi o diuretici, esercizio fisico eccessivo o digiuno;

3) Livelli di autostima indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporeo; 4) Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe almeno due volte alla settimana per tre mesi» (Gordon, 2004, p.43).

Come per l’anoressia, coloro che sono affetti dalla bulimia sono in netta maggioranza donne, ma comunque è presente anche negli uomini. Una bulimica mantiene un peso più o meno normale, infatti a differenza di una anoressica può essere mascherata con più facilità, essa è accompagnata da un senso latente di vergogna, imbarazzo e sconforto, soprattutto quando arrivano a confessare il problema e a cercare aiuto. Quando una ragazza che soffre di questa patologia si trova nel pieno episodio bulimico37, essa si sente posseduta, come se un’altra personalità avesse preso il

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