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I contenuti mediali sono delle agenzie di socializzazione, le quali entrano a far parte dell'immaginario individuale e collettivo, inseriscono la persona e il corpo in un contesto nel quale vengono influenzati e stimolati, portando a esiti sia positivi che negativi.

I media, noti per la loro persuasività, contribuiscono alla creazione di progetti, delineano percorsi, stimolano bisogni e desideri, sono molto coesivi con la nostra esperienza soggettiva e con le immagini che possediamo nel mondo, quindi grazie a essi la nostra conoscenza del mondo è più accessibile, è stata ampliata ed è diventata soprattutto immediata. Questi canali di comunicazione, sono interpreti delle tendenze socio-culturali, portavoce dei bisogni e delle aspettative del pubblico, e la televisione è il mezzo che riveste per eccellenza questi ruoli.

«Tutto è diventato vicino, non c'è più uno spazio spettacolare fuori dal nostro spazio quotidiano, un tempo dello spettacolo fuori dal nostro tempo della naturalezza. Non facciamo più la televisione, ma viviamo la televisione. Ce l'abbiamo dentro, la tv. Le siamo dentro, ci contiene» (Taggi, 2000, p.11).

Anche Taggi nel suo testo “Vite da Format” illustra che non esistono più confini nel quotidiano, noi siamo dentro la tv, essa ci possiede ed è veramente complicato e difficile non esserne influenzati, l’universo televisivo e quello del mondo reale, vengono descritti come due ambienti confluiti l’uno verso l’altro.

Una prima funzione della televisione è quella come autorità esperta, uno dei meccanismi fondanti della stabilità del sistema è basato sulla fiducia e il mezzo televisivo si rappresenta quasi sempre come detentore del sapere, rivestendo il ruolo di servizio pubblico rivolto alla comunità e i cittadini.

Si pensi a programmi per esempio di divulgazione scientifica, medica o temi riguardanti l'attualità, attraverso l'identità televisiva giornalistica, si permette a ciascun individuo di acquisire conoscenza su ciò che accade a livello locale, nazionale, internazionale.

Una seconda funzione della televisione è il rappresentare la vita quotidiana, essa mostra costantemente la vita di tutti i giorni, ricca di promesse relative al successo, all'affermazione, al prestigio, alla risoluzione dei propri drammi privati e quotidiani. La vita familiare denota molta importanza, essa viene rappresentata in modo ironico, divertente, dove non vi è spazio per i problemi reali o se appaiono, per ben pochi istanti, inoltre all’interno è presente una figura carismatica, leader della memoria collettiva, il quale fa da portavoce, intrattiene il pubblico, accrescendo il senso di appartenenza. La tv insegna, propone modelli ideali a cui ispirarsi, offrendo opportunità, consigli per divenire proprio come la “moda” impone, con i programmi di estetica e di bellezza, ma anche in modo trasversale nei programmi sulla salute insistendo sulla cosmesi, sull'attività fisica, sull'alimentazione20. Il modello televisivo

pone una grande attenzione alla superficie, al suo riflesso cristallino e perfetto, confermando la sua efficacia nell'ottenere riconoscimento e affermazione, un modello vincente troppo producente e accattivante per non essere considerato e messo in pratica.

La televisione pone allo spettatore la trasformazione del corpo come imput per entrare nel mondo degli idoli, per riconoscersi e per sentirsi “uno di loro”, sempre Taggi afferma nel suo testo:

«Ogni spettatore inventa la propria sceneggiatura perché proietta su ciò che non ha mai visto le storie che già conosce o riconosce, le adatta alla sua esperienza (…). La tv lo ha invaso [il mondo], sommerso per poi ritirarsi seguendo i suoi cicli di maree incontrollate. Ogni volta che si ritira lascia quello che resta della sua luccicanza e porta con sé nuove storie che prima non conosceva» (Taggi, 200, p.78-79).

20Analizzare il ruolo dei media in relazione ai disturbi alimentari o a comportamenti ossessivi nei

confronti dell’alimentazione e dell’immagine corporea non significa affermare che la visione di un modello di bellezza ideale spinga le donne ad affamarsi fino alla morte, per una semplice voluta di emulazione. Il discorso è più complesso e si articola su un dato di fatto palese: l’intero tessuto della sociale è animato da significati univoci intorno al corpo, i quali non fanno altro che supportare la pressione culturale sulla magrezza, proposta come emblema di desiderio sessuale, realizzazione, fascino, bellezza, autocontrollo, potere (Wykes e Gunter, 2005)

Questa realtà parallela, viene trasmessa in maniera così efficace tanto da trascinare la maggior parte delle popolazione femminile creando stereotipi e pregiudizi21, ma

sarebbe opportuno far divertire e allo stesso tempo informare, senza comportare a una riflessione che possa turbare la serenità e la stabilità sociale nel lungo periodo, perché nelle storie mediali si trova terreno fertile per il trasporto emotivo, rilevante per la bellezza esteriore, è una fra le doti necessarie per aver prestigio sociale ed essere apprezzati. La componente emotiva è l'elemento di cui nessuna produzione può fare a meno, le forti sensazioni conferiscono al testo fascino e attrattiva, non vi è spazio per il banale e la quotidianità (Ladogana, 2006).

Nel caso italiano, ci sono tanti esempi di spot pubblicitari, i quali possono influire col pubblico, aspettative irreali sulla perdita di peso e sui prodotti dietetici marcando sempre di più le attenzioni sul corpo e di conseguenza i regimi restrittivi adottati. Inoltre il connubio fra fascino, magrezza e prestigio sociale, inviterebbe sempre di più a dei risultati promessi, oltre che acquistarli.

Rimangono sempre e comunque di fondo due imperativi: “la lotta al grasso e alle imperfezioni”, riportiamo due esempi: la pubblicità della Tesmed, l’elettrostimolatore considerato efficace per gli inestetismi della cellulite, ha come obiettivo il raggiungimento della forma perfetta, rappresentato frequentemente da modelli femminili molto sicuri di sé con fisici scultorei, consigliato principalmente per le persone in sovrappeso.

Riferimenti e comportamenti che possono sembrare innocui a una persona comune, ma purtroppo ci sono persone, le quali oltre a crederci iniziano a fare enormi considerazioni su sé stesse.

21«I pregiudizi sono profondamente radicati nel costume: sfidano il tempo, le rettifiche, le

smentite perché presentano un’utilità sociale. L’insicurezza umana ha bisogno di certezze, ed essi ne forniscono. La loro stupefacente forza risiede proprio nel fatto che non vengono ammanniti a persone adulte che, per quanto condizionate e impoverite di senso critico, potrebbero averne conservato abbastanza per analizzarli e rifiutarli, ma vengono trasmessi come verità indiscutibili fin dall’infanzia e non vengono mai rinnegati successivamente. L’individuo li interiorizza suo malgrado, e ne è vittima sia colui che li formula e li mantiene in vita con l’altro, sia colui che ne viene colpito e bollato. Per confutarli e distruggerli occorre non solo una notevolissima presa di coscienza, ma anche il coraggio della ribellione che non tutti hanno» (Lipperini, 2010, p.57-58).

Il secondo esempio è quello della pubblicità del chupa chups nella versione a ridotto contenuto calorico, nella stanza ci sono due ragazze adolescenti intente a gustarsi il proprio lecca lecca; dopo qualche minuto la scena di sposta su una bambina più piccola rispetto alle altre due che si siede accanto a loro.

Essa indossa i pattini con un caschetto è propone a loro di andare a fare un giro; le due amiche rispondono che non hanno bisogno di pattinare visto che il chupa chups appena mangiato ha un basso contenuto calorico (Ladogana, 2006).

Anche in questo spot provengono informazioni che possono essere comprese in maniera distorta, ma comunque in entrambi gli esempi appena descritti sono presenti consigli su come restare in forma e dimagrire. C’è sempre un’associazione a regimi dietetici ipocalorici e attività fisica regolare, se invece non riesci a resistere alle diete e le varie tentazioni, impongono oggetti per nascondere ed eliminare i difetti come pillole assorbi grasso ed elettrotrasmettitori.

Queste soluzioni offrono brevi percorsi per raggiungere risultati ma nella maggior parte non sono sempre efficaci, portando i soggetti a non essere soddisfatti degli scopi non perseguiti, innescando in loro un forte senso di fallimento.

Oltre al modello televisivo, degne di nota importanza sono le riviste, dal passato ad oggi detengono ancora la capacità di offrire un modello da seguire, già esistenti nell’epoca vittoriana come rappresentazione delle regole vigenti sull’eleganza, sul comportamento e sulla generale etichetta da seguire in ogni occasione sociale.

Mostrano come si dovrebbe essere, stimolando il riconoscimento e l’identificazione, possono supportare da un lato il senso di inadeguatezza ma allo stesso tempo indicano la strada da seguire per raggiungerlo.

Non importa a quale prezzo, l’importante è costruire la propria vetrina, l’apparire predomina su di ogni altra cosa, l’aspetto esteriore, lo stile, il look e il portamento. Come ripetuto più volte l’identità femminile per secoli è stato l’obiettivo principale e privilegiato dei mezzi di comunicazione, dove l’imperativo di fondo è “migliorare” ed eliminare l’imperfezione.

Quindi negli ultimi decenni in Italia, come in altri paesi oltre all’incremento dei media, le donne vengono raffigurate snelle, magre e molto sensualizzate, per non dire erotizzate. Si parla di un processo definito rierotizzazione dei corpi femminili, un’oggettivazione non più limitata a particolare figure di donne, donne addette ai lavori domestici, dedita ai desideri maschili e all’allevamento della prole, ma una donna wonder woman, capace di mantenere tutto sotto controllo e non dar quasi mai segni di cedimento, la donna amica, la donna lavoratrice, la donna single, madre e moglie, in grado di fare qualsiasi cosa e pure perfetta esteticamente, fisico longilineo, atletico, pelle senza un filo di occhiaie o rughe, eternamente giovane, e capelli sempre perfetti. La donna moderna che si dedica alla cura del corpo, sensuale, maliziosa in opposizione alla donna casalinga, pudica e remissiva, la quale non lo fa solo per il desiderio maschile ma anche per se stessa.

Una donna più mercificata, esibita e sicura di sé stessa, dimostrando le sue doti estetiche prima di quelle intellettuali.

«La nostra cultura è ossessionata dalla necessità di mantenere il corpo sottile, tonico e giovane. Lo sport non competitivo combatte il processo di invecchiamento. Il fitness, la corsa, la palestra assumono valore in quanto pratiche antitempo, prometto di contrastare le rughe, la pancetta, la cellulite. Ed è il corpo femminile in primo luogo a subirne maggiormente l’oppressione della tirannia della snellezza, perché spesso esiste un rapporto di insoddisfazione con il proprio corpo, messo costantemente a confronto con gli idoli della tv e i modelli belli e sani della pubblicità» (Cardini e Bolla, 1999, p.96).

Quindi le piccole ossessioni della società contemporanea, l'attenzione alla salute, al corpo, la ricerca della bellezza e eterna giovinezza, vengono rappresentate sul grande schermo, promuovendo l’insegnamento che il corpo deve essere ben tenuto, piacevole, come se da esso dipendesse tutto ciò che una persona è, come un biglietto da visita valido per ogni evenienza.

Avvicinandosi alla conclusione di tale paragrafo, occorre specificare che le narrazioni mediali, proprio per il loro carattere ridondante, non vengono rappresentate in maniera disordinata e prive di senso logico, anzi esse sono raggruppate in categorie ben definite, all'interno delle quali è possibile trovare molta

produzione destinata al grande pubblico.

A seguito di ciò è opportuno sottolineare nuovamente del fatto che però i media dovrebbero tener conto di alcuni aspetti, i quali possono sfociare in malattie sociali emblematiche veramente devastanti del periodo contemporaneo, in particolare in periodi delicati come l’adolescenza22, in questa fase determinante della nostra vita

non si parla di omologazione, ma spesso se non rispondiamo a determinati requisiti, non resta altro che rimanere nella propria condizione di isolamento.

Concludiamo riportando integralmente una riflessione di Bolla e Cardini presente nel loro testo “Carne in scatola: la rappresentazione del corpo nella televisione italiana” molto interessante, la quale sintetizza il filo rosso di questo paragrafo:

«Sono carne in scatola i nuovi idoli del video, fabbricati con tratti di modelle e sportivi e amalgamati allo star – sistem televisivo, che con la loro pervade fisicità contagiano i corpi della politica e del sacro, all’insegna del look e del successo, del salutismo e del glamour.

Sono carne in scatola i corpi dello sport, corpi da prestazione che emanano controllo e potenza, energia meccanica e tensione eroica determinazione ed esuberanza sessuale, ma anche coinvolgimento emotivo attraverso il sudore, le lacrime, il sangue sono carne in scatola i corpi della pubblicità, icone di bellezza e salute da emulare declinando il galateo della dieta e del make-up, della palestra e della griffe, del gioco e dell’autodisciplina.

Sono carne in scatola i corpi della diretta, euforici e disforici, ordinari e straordinari, insanguinati e feriti, malati e deformi, che nascono e che muoiono sullo schermo, in uno spettacolare show senza confini tra realtà e finzione.

Sono carne in scatola i corpi trasfigurati, sottratti al tempo grazie al lifting e al silicone, i corpi catturati nelle loro intimità organica, invasi dalle telecamere fin nell’interiorità del sangue e delle viscere: ma anche i corpi degli spettatori, clonati e omologati al modello degli idoli televisivi, trasformati con il gioco del look in animali televisivi e ammessi a sfilare con il “popolo della tv”»

(Bolla e Cardini, 1999, pp. 9-10).

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