Una volta identificate le somiglianze e le differenze della santa anoressia e quella odierna occorre scendere più nel dettaglio nelle caratteristiche delle sante anoressiche, per comprendere l’evoluzione e il cambiamento della malattia nel tempo. Queste donne non presentano perdite di appetito, semplicemente non si nutrono come dovrebbero, che esse siano affamate o no, soffrono la fame e mettono a serio rischio la loro salute. In tutte le sante anoressiche la loro infanzia è descritta come idilliaca, i genitori le adorano, in particolare le madri: fanno loro credere di essere speciali, elette sugli altri ad essere amate.
Queste bambine sono di carattere allegro, espansivo, forse un po’ esuberante e prepotente, più adatto a un bambino che una bambina, ma pur sempre entro i limiti di un comportamento accettabile e perfino accattivante. Di conseguenza anche nelle prime vicissitudini religiose esse sembrano nella norma: spesso era sempre la figura materna a trasmettere e leggere racconti fantastici magici, meravigliosi di eroi del presente e del passato in modo tale che apprendessero valori e credenze tipiche di quel tempo sulla riguardante la chiesa e Dio. La Santa anoressia nasce dall’intreccio di due elementi, le dimensioni psicologiche del digiuno volontario ma anche gli imperativi attuali della santità medievale, questo binomio ha in comune il corpo, sempre protagonista e vittima di ogni azione e reazione psicologica dell’uomo. Nel caso delle sante ha inciso notevolmente, il racconto di Gesù nel deserto, quando egli digiunò per quaranta giorni e quaranta notti il messaggio che egli voleva trasmettere attraverso questo atto era il rifiuto di Satana, la figura di Gesù nella Bibbia è descritta affamata, cosa che le sante anoressiche difficilmente ammettono.
«La spinta alla distruzione del corpo – perché la carne non può essere domata perciò deve essere annientata – è particolarmente importante fra le sante anoressiche che sono state sposate, ma è presente in tutte. Siccome vergini o pie vedove non hanno rapporti sessuali, il cibo è l’unica cosa che entra nel corpo di queste anoressiche per la loro spontanea volontà o perché sono costrette e prenderlo per ordine dei confessori» (Bell, 1998, p. 134).
Il digiuno era una punizione controllata, intrapresa per depurare il corpo dalle impurità e per equilibrare lo spirito alla battaglia in difesa della fede, spesso le sante hanno perso il controllo nonostante ricevessero l’ordine di mangiare, ma rispondevano sempre di non poterlo fare, erano convinte che i loro corpi non potessero essere purificati e si sforzavano attivamente di annientarli, arrivando anche alla morte. Il digiuno è presente e comune come preparazione cerimoniale in varie religioni; ma l’auto-negazione è sempre limitata.
Bell riporta nella seguente citazione un disperato appello alla moderazione del digiuno da parte di un prete per una santa anoressica, ricordando che il corpo può risentirne e cadere facilmente in fragilità.
«Siccome però, non abbiamo un corpo di bronzo, né la nostra è la robustezza del granito, anzi siamo piuttosto fragili e inclini a ogni debolezza corporale, ti prego e ti supplico nel signore, o carissima, di moderarti con saggia discrezione nell’austerità esagerata e impossibile, nella quale ho saputo che ti sei avviata affinché il tuo sacrificio sia sempre condito al sale della prudenza» (Bell, 1998, p. 145).
Ma occorre aggiungere un altro punto non ancora affrontato: le sante anoressiche hanno utilizzato il digiuno come canale di opposizione, non solo per non cedere a tutte le pulsioni e tentazioni che la vita può dare per una purificazione del corpo, ma anche per ottenere un’autonomia per imporsi nella società, perché un tempo le donne erano considerate come minoris iuris, vigeva l’idea indiscussa della superiorità dell’uomo, fondata anche essa su dati biblici13 e ciò legittimava forme di
strumentalizzazione consone alla logica sociale dell’epoca.
Esse dovevano rispondere alla famiglia e alle devozioni del marito, spesso non scelto per loro volontà, difficilmente le erano concessi altri ruoli.
13 «L’idea dell’indiscussa superiorità dell’uomo si fondava in primo luogo sulla presentazione
biblica della creazione: al momento della formazione del corpo l’uomo era venuto prima della donna, l’uno era fatto direttamente della terra e l’altra invece era stata formata dalla costola del primo» (Giorgi, 2007, p. 23).
«Per tutte, di nascita elevata o meno, l’istituto matrimoniale si poneva come una obbligatoria soluzione esistenziale, configurandosi anche con mezzo di coesione delle politiche familiari in cui le donne, spesso giovanissime erano poste come oggetto di scambio» (Giorgi, 2007, p. 27).
Giorgi nel suo testo “Donne sante, donne streghe”, accentua il ruolo che spettava a ogni donna dell’epoca perciò scegliere la via della monacazione, del divenire santa e l’apparente routine di preghiere, pasti comuni, meditazioni, a loro forniva una stabilità fisica e psichica, riuscendo a trovare la pace interiore tanto ambita.
«Alla santa anoressica non veniva mai in mente di aver fatto sacrifici eccessivi; così le punizioni corporali e le privazioni diventavano simultaneamente mezzi simbolici ed efficaci di conoscenza. Il suo catechismo, le storie che aveva udito, le immagini che aveva guardato, le severe penitenze imposte dal suo confessore, tutto ciò le diceva che la sofferenza era la via della salvezza, dell’amore eterno. Ed essa credeva pienamente a questo messaggio» (Bell, 1998, p. 69).
Per le sante la scelta di farsi monaca era una via per la salvezza, l’Autore evidenzia nuovamente il corpo, protagonista e allo stesso tempo vittima di tutti questi processi, attraverso digiuni, flagellazioni e torture di vario tipo, ha portato alcune donne alla loro realizzazione, alla scoperta e predominanza di loro stesse.
Arrivati alla conclusione non resta che accennare l’argomento del prossimo paragrafo, racconteremo le testimonianze di queste sante, del loro distacco dall’imposizione familiare, dell’intrapresa del loro percorso e di come poi sono diventate un simbolo per le donne di quei tempi e dei secoli successivi.