3.2 Le condotte imitative
3.2.1 Testimonianze: Vittime di anoressia
A seguito di ciò che è stato ampiamente descritto nel paragrafo precedente riguardante le condotte imitative, ritengo interessante riportare una testimonianza di una vittima di un blog pro ana, l’articolo sul quale si descrive la storia di questa ragazza di Ivrea, proviene da la stampa di Torino pubblicato nel 2017 da Giampiero Maggio.
La ragazza, di nome Carolina è finita nella trappola dell’anoressia a causa del bullismo a scuola, nella quale subendo troppe umiliazioni ogni giorno, essa ha deciso di non ribellarsi, di non lottare, ma di cambiare la propria corporeità mettendosi in contatto con questi siti rischiando la vita.
Carolina, quando è cominciato? «È una classica storia di bullismo, di quelle che
leggi sui giornali, che senti in televisione. È capitato anche a me. C’erano dei ragazzi nella mia vecchia scuola che mi prendevano in giro per il mio aspetto fisico. Una mattina sono entrata in classe e loro ridevano, mi indicavano e mi prendevano pesantemente in giro».
E tu? «Io avrei dovuto mandarli a quel paese. Invece ho iniziato a vedermi grassa,
brutta, inadeguata. Così ho cercato un modo per perdere peso velocemente. Volevo diventare bella e in fretta e così ho cercato risposta a tutti i miei dubbi su internet. Ecco, quello è stato un errore».
Mamma Cristina, lei non si è mai accorta di nulla? «Sì, vedevo mia figlia che
continuava a perdere peso. Ho provato a parlarle, ma si sa come sono gli adolescenti: con i genitori si confidano con difficoltà. Eppure aveva perso 7 chili in un mese».
Come ha scoperto dell’anoressia? «Devo ringraziare alcune sue compagne di scuola.
Erano preoccupate anche loro, hanno provato a parlare con Carolina, perché avevano notato quel repentino calo di peso. Così un giorno le hanno preso il cellulare e hanno scoperto tutti quei messaggi».
Che tipo di messaggi? «Li aveva ricevuti su una chat di WhatsApp: erano un’infinità.
Sempre lo stesso numero, un 328… ma ora non ricordo a memoria il numero. Ricordo però che le scrivevano consigli su cosa doveva mangiare e quando doveva vomitare. Questa tizia le scriveva che doveva leccare il limone, che doveva bere acqua e masticare chewin-gum in continuazione. Le diceva che doveva ricordarsi che
era grassa e altre cose assurde di questo genere. E poi le dava orari precisi, subito dopo pranzo o la cena, per andare a rimettere in bagno o a scuola».
E lei, signora, che cosa ha fatto? «Ho chiamato immediatamente quel numero. Mi ha
risposto una voce di ragazza: ha idea di come possa essere una voce che arriva dall’oltretomba? Ecco, era una voce così e ho avuto paura. Le ho detto: “Ma ti rendi conto di quello che stai facendo, che stai rovinando mia figlia, una ragazzina di 15 anni?”».
E l’interlocutore cosa le ha risposto?
«Niente, ha staccato la telefonata e non ha più risposto alle altre chiamate».
Poi avete presentato una denuncia, non è vero? «Era fine novembre, inizio dicembre
di un anno fa. Con le amiche di Carolina siamo andate a Ivrea, in Commissariato per fare denuncia. Ma ho affrontato immediatamente la questione con mia figlia».
Cosa vi siete dette? «Non stava passando un bel periodo. Da principio ha negato
l’evidenza, diceva che non era vero niente. Poi però mi ha raccontato di quei ragazzi che l’avevano presa in giro, del bullismo che aveva subito e che l’aveva spinta a cercare un appoggio esterno alla famiglia. Le ho detto: ‘Stai tranquilla amore, ce la faremo insieme”. E così è stato».
È vero che Carolina adesso ha cambiato scuola? «Carolina frequentava il liceo, ora
studia ragioneria. Ha voluto lei cambiare aria perché quell’ambiente non le piaceva, le evocava brutti ricordi. Adesso, per fortuna, è decisamente più serena».
Come ne è uscita? «È stata seguita da una psicologa per diversi mesi, perché quando
passato soltanto un anno e dall’anoressia non si esce così facilmente. Pensi che ad un certo punto a mia figlia veniva automatico vomitare, non si sforzava nemmeno più».
Sua figlia è una bella ragazza, perché, secondo lei, ha sentito così forte l’esigenza di dimagrire. E rapidamente? «Sarà anche banale dirlo, ma la televisione, Internet, tutto
ciò che ci arriva dai mass media in qualche modo alimenta il concetto che bisogna avere un fisico perfetto. Che l’aspetto estetico è ciò che conta maggiormente in questa società. Sono messaggi che condizionano tantissimo i nostri figli. E quando mia figlia si era sentita presa in giro da quei ragazzi e non aveva avuto la forza di mandarli a quel paese, è andata in cortocircuito».
Gli inquirenti dicono che anche la diciannovenne di Porto Recanati - ora indagata - e autrice di uno dei blog sui Pro Ana, è anoressica: che cosa si sente di dirle?
«Provo pena per lei, ma non riesco a giustificarla. Mia figlia è stata fortunata, è riuscita con la sua volontà e con il nostro appoggio ad uscirne. Ma ci sono altri genitori che, purtroppo, se ne sono accorti troppo tardi e ora hanno i figli in clinica che pesano 30-35 chili. Credetemi: con l’anoressia non si scherza. Si muore, ecco. Non si trova di una nuova felicità» (Lastampa.it).
Dopo l’esperienza di Carolina con i blog pro-ana, è opportuno riportare la famosa storia di Isabelle Caro, una modella francese che ha sofferto di anoressia dalla tenera età di tredici anni. Isabelle divenne famosa nel 2007 per aver posato nuda per una campagna pubblicitaria contro l’anoressia del fotografo Oliviero Toscani. La ragazza provocò tanto scalpore e numerose critiche perché aveva messo a nudo tutta la feroce atrocità di una malattia terribile come l’anoressia, una malattia più “dell’anima che del corpo”. Estesa notevolmente la sua celebrità, la modella scrisse un libro insieme all’attrice Monica Bellucci: “La ragazza che non voleva crescere. La mia battaglia contro l’anoressia”, essa racconta la sua battaglia contro la malattia, ripercorrendone le tappe più rilevanti della sua vita, dal rapporto pressante con la madre, al rapporto coi medici e la sua ospedalizzazione.
Il 17 novembre 2010, morì dopo circa due settimane di permanenza all’ospedale Xavier – Bichat di Parigi dove era stata ricoverata: aveva ventotto anni e pesava trenta chili, la causa fu attribuita a una generica polmonite.
Dopo un breve excursus della sua vita, si riporta un’intervista eseguita da Chiara Brusa Gallina24 dopo il suo esordio nella campagna pubblicitaria:
Sono passati quasi due anni, si è mai pentita di aver posato per quegli scatti?
«Si e no. Quell’immagine mi ha creato difficoltà dal punto di vista professionale: gli attori devono avere una faccia neutra, dopo la campagna pubblicitaria registi e colleghi in me non vedevano altro che l’immagine della foto. Ho avuto problemi anche nella vita quotidiana: per gli altri esistevo solo in quanto anoressica, mentre io sono anche una persona, una donna».
24 L’intervista è avvenuta il 13 maggio 2009, circa un anno prima della sua morte. Isabelle Caro, repubblica.it
Ormai è una faccia nota.
«Certo, ma la gente non sa che cos'è la discrezione. Nei negozi mi è capitato di incontrare signore che mi chiedevano gli esami medici. Li volevano per le loro figlie, perché li usassero nelle tesine di biologia o di scienze».
Però non rimpiange di essersi mostrata così.
«No, questa vicenda ha un lato positivo: è servita per parlare di un argomento per certi versi tabù come l'anoressia. Ho voluto fare quella foto – e con uno come Toscani – perché sapevo che avrebbe fatto molto rumore».
Ma secondo lei, con tutta la sequela di accuse e di critiche, il messaggio è passato lo stesso?
«Sono convinta di sì. Siamo riusciti a far parlare del tema, anche se il cammino è ancora lungo. Nel mondo della moda, ad esempio, il problema non è risolto. Hanno votato delle leggi per vietare le modelle troppo magre, ma si continua a chiedere alle ragazze di perdere peso. Lo dico perché l'ho visto. Ero nella giuria di un concorso, alcuni stilisti che facevano parte della commissione dicevano alle ragazze, magari quindicenni, che avrebbero dovuto dimagrire. Quegli stilisti erano gli stessi che avevano votato a favore del divieto».
Con l'autobiografia cerca di dare una sua versione, a polemiche finite?
«Volevo esprimere qualcosa di diverso rispetto all'immagine data durante la campagna. In realtà il libro non è solo sull'anoressia. La prima parte è dedicata al "sequestro" da parte di mia madre. Ho vissuto l'infanzia prigioniera di una madre depressa, che non voleva che crescessi, che uscissi di casa, e mi vietava il contatto con gli altri bambini. È necessario squarciare il velo su questo tipo di esperienze. Non se ne parla abbastanza, molti non sanno che chi vive queste situazioni si sente in colpa e non racconta nulla per paura di essere preso per pazzo».
Il libro è anche un grido: un appello a mio padre biologico (Isabelle è stata cresciuta da un padre putativo, ndr) e un modo per dire a mia madre che le voglio bene».
Dopo che è diventata famosa, il movimento pro-ana, (gruppi che infestano il web per esaltare l'anoressia come stile di vita, ndr) si è scagliato contro di lei.
«Un po' di tempo fa nel metrò di Parigi ho incontrato una seguace del movimento, che mi ha perfino dato uno schiaffo. Le loro critiche mi fanno piacere, il mio obiettivo era anche mandare all'aria la loro propaganda».
Ha avuto reazioni positive dopo la campagna?
«Sì, molte. Alcune ragazze hanno letto il mio libro e hanno capito che non potevano rovinarsi così. Altre che gestivano un sito pro-ana, dopo aver visto le foto, hanno deciso che non vale la pena entrare in una spirale infernale».
Anche nel suo blog fa informazione di questo tipo?
«Nel mio diario metto in guardia dal pericolo di questa malattia – perché deve essere chiaro che l'anoressia è una malattia e non un modello di vita – ne denuncio l'orrore».
Nel libro fa capire che ci sono dei segnali che a volte i genitori, gli insegnanti e addirittura i medici non sanno o non vogliono cogliere.
«Proprio così, c'è un rifiuto della società in generale».
Eppure se ne parla molto negli ultimi anni.
«Il problema è che ogni caso di anoressia ha una sua storia. Prendiamo me: sono stata ricoverata più volte in ospedale e in queste occasioni hanno cercato di tagliarmi fuori dal mondo, senza capire che così riproducevano quell'isolamento di cui ero stata vittima da bambina».
Quindi secondo lei che cosa bisognerebbe fare?
Adesso che cosa sta facendo e, soprattutto, sta bene?
«Sto meglio e ho voglia di andare avanti. Al momento ho molti progetti. A Parigi con la mia associazione, Horizons théâtre, allestisco spettacoli e organizzo corsi. Tra gli allievi c'è chi vuole solo imparare a recitare, ma anche chi ha avuto disturbi
dell'alimentazione o non si sente a posto con il proprio corpo. Il teatro può aiutare molto, a me ha ridato l'amore per la vita. E poi ho un sogno nel cassetto».
Quale?
«Pierrette Dupoyet, una famosa adattatrice di testi, mi ha coinvolto in un progetto. È riuscita ad ottenere i diritti del film La strada di Federico Fellini per un adattamento teatrale, sta ancora cercando una persona che si occupi della regia, ma ha chiesto a me di interpretare il ruolo di Gelsomina, che fu di Giulietta Masina. Per me è un grande onore» (Larepubblica.it).