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2. Fonologia e memoria

2.5. La struttura della memoria

2.5.1. La memoria di lavoro

2.5.1.4. Il Buffer Episodico

Come abbiamo già anticipato, il Buffer Episodico è stato proposto solo successivamente, ed è stato pensato come un sistema di memoria separato e bidirezionale, collegato sia all’Esecutivo Centrale che alla memoria a lungo termine. Ha una capacità limitata e può integrare codici differenti, per esempio quello fonologico, visivo, spaziale. Questo meccanismo può accedere alla memoria a lungo termine per facilitare la suddivisione, aggregando gli elementi in unità più grandi, per esempio le parole in sintagmi, e mantenere l’informazione disponibile per ricordarla grazie alla funzione attentiva svolta dall’Esecutivo Centrale. Viene chiamato "episodico" in quanto ha la capacità di mantenere le informazioni che sono integrate dagli altri sistemi in rappresentazioni unitarie multidimensionali, ovvero scene ed episodi.

Per quanto riguarda le basi neuroanatomiche, ancora non è stata trovata un’area cerebrale specifica, però Baddeley (2002) ritiene che i lobi frontali si occupino della coordinazione delle funzioni.

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Figura 2.5.4: Modello della memoria di lavoro

Nella figura 2.5.4 possiamo osservare il nuovo modello della memoria di lavoro, rivisto e ampliato da Baddeley, che abbiamo presentato finora. La memoria di lavoro corrisponde, dunque, alla parte superiore, quella che include l’Esecutivo Centrale, il Taccuino Visuo-spaziale, il Buffer Episodico e il Circuito Fonologico e che riguarda le abilità come l’attenzione, la memorizzazione temporanea e il problem-solving; mentre, invece, la memoria a lungo termine, nella parte inferiore del grafico, si basa sulla conoscenza acquisita e specifica. Inoltre, come si evince dalla figura, il Buffer Episodico può accedere alla memoria episodica a lungo termine per integrare le informazioni a lunga durata con il materiale fornito dagli altri sottosistemi. Questa Memoria Episodica conserva fatti ed eventi specifici del passato ed è distinta dalla memoria semantica a lungo termine che invece riguarda la conoscenza generica del mondo. Quello che non è ancora chiaro è se il Buffer Episodico riceva le informazioni visuo-spaziali e verbali dall’Esecutivo Centrale o magari direttamente dai due sottosistemi, al momento però non c’è nessuna conferma e l’Esecutivo Centrale mantiene il suo ruolo centrale nella gestione del materiale.

67 2.5.2. Deficit nella memoria di lavoro

La memoria di lavoro umana subisce evidenti cambiamenti nel corso del tempo. Numerosi studi hanno dimostrato, infatti, che c’è una forte correlazione tra la memoria di lavoro e l’età, e che la sua capacità aumenta costantemente fino all’età adolescenziale, periodo durante il quale si stabilizza, e poi in età avanzata diminuisce gradualmente (Gathercole, 2004). In particolare, la performance della memoria di lavoro si rafforza notevolmente tra i 5 e i 15 anni di età, sia in termini di qualità che di quantità. Questo processo è coerente anche con un generale processo di sviluppo a livello cognitivo.

Un cambiamento cruciale durante lo sviluppo riguarda il Circuito Fonologico. Mentre il Magazzino Fonologico è già presente intorno ai 3 anni, l’Articulatory Rehearsal Process comincia a diventare effettivo solo verso i 7 anni, infatti prima di questo periodo i bambini non riescono a rinnovare l’informazione e perciò possono utilizzare solo il Magazzino Fonologico per ricordare il materiale verbale (Cowan e Kail, 1996). Di conseguenza, tendono a sfruttare molto la memoria di lavoro visuo-spaziale per mantenere temporaneamente gli stimoli come le immagini o gli oggetti. Durante lo sviluppo tendono poi a non utilizzare più queste strategie di compensazione e cominciano a fare più affidamento sul Circuito Fonologico per memorizzare il materiale verbale. Comunque, queste strategie permettono al bambino di ricordare una gran quantità di informazioni fonologiche, che gli permettono di rafforzare la loro performance di recupero verbale.

Naturalmente, la memoria di lavoro ha un ruolo cruciale nella cognizione, in quanto le abilità mnemoniche sono altamente correlate con la capacità di ragionamento e di comprensione (Baddeley 1999). Inoltre, è fondamentale anche per l’acquisizione linguistica ed infatti ci sono studi che hanno mostrato che i bambini che hanno una scarsa performance in test che prevedono l’attivazione del Circuito Fonologico presentano anche un livello più basso in termini di conoscenza del vocabolario e molte più difficoltà nell’acquisizione delle lingue straniere rispetto ai bambini con sviluppo regolare. Oltretutto è stato dimostrato anche che le abilità di memoria fonologica servono per l’apprendimento e lo sviluppo della lettura, quindi nella creazione delle regole di corrispondenza tra lettera e suono. È

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proprio a questo punto che Gathercole e Baddeley (1990) propongono l’ipotesi secondo la quale i problemi linguistici potrebbero essere una diretta conseguenza di deficit a livello di memoria fonologica.

In un interessante studio condotto da Gathercole (2008) è stato trovato che le abilità di working memory predicono la competenza dei bambini nella lettura e in matematica. È stato analizzato il comportamento di 52 bambini con punteggi bassi nei test di memoria, ed è stato osservato che questi avevano anche intervalli di attenzione più brevi e alti livelli di distraibilità, oltre al non riuscire a pianificare delle attività, gestire il proprio lavoro e fare correzioni, rispetto ai compagni che avevano ottenuto punteggi più alti per la memoria. Probabilmente queste difficoltà sono dovute alla loro scarsa abilità di prestare e mantenere l’attenzione e integrare le informazioni a breve termine fornite dai sottosistemi della memoria di lavoro con la conoscenza già acquisita recuperata dalla memoria a lungo termine.

La presenza di deficit nella memoria di lavoro nei bambini che presentano disturbi linguistici ha suggerito che anche i bambini dislessici potrebbero avere danni alla loro memoria di lavoro. Uno studio completo condotto da Jeffries e Everatt (2004) ha esaminato le abilità della memoria di lavoro di 21 bambini dislessici, 40 bambini senza alcun disturbo, e 26 bambini con bisogni educativi speciali15. I test utilizzati erano volti a valutare separatamente il Circuito Fonologico, il Taccuino Visuo-spaziale e l’Esecutivo Centrale. I risultati hanno evidenziato il fatto che i dislessici, come i bambini con bisogni educativi speciali, sono notevolmente compromessi dal punto di vista fonologico rispetto al gruppo di controllo, mentre nelle attività visuo-spaziali o di coordinazione motoria non presentano problemi, al contrario dei bambini con bisogni educativi speciali. Per quanto riguarda l’Esecutivo Centrale invece i dislessici hanno mostrato diversi problemi, addirittura maggiori rispetto ai bambini con bisogni educativi speciali. I risultati ottenuti suggeriscono fortemente che i bambini dislessici presentino danni a livello di Circuito Fonologico ed Esecutivo Centrale.

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Dal momento che la memoria di lavoro ha un’importanza cruciale nelle abilità cognitive e nel processing del linguaggio, è stato ipotizzato che la dislessia è perciò dovuta ad un deficit proprio in questo sistema e che possa avere conseguenze proprio nell’elaborazione del linguaggio. Questa è la proposta avanzata, fra i tanti, da McLaughlin (1994) che ha appunto ritenuto che la memoria di lavoro fosse responsabile per tutte le difficoltà primarie manifestate dai bambini dislessici. Più recentemente, nel 2002, ha proposto anche una nuova definizione di dislessia, evidenziando appunto le difficoltà a livello di memoria di lavoro come causa principale di tutti i sintomi manifestati dai dislessici:

Developmental dyslexia is a genetically inherited and neurologically determined inefficiency in working memory, the information-processing system fundamental to learning and performance in conventional educational and work settings. It has a particular impact on verbal and written communication as well as on organization, planning and adaptation to change.

(McLaughlin et al., 2002, p. 19)

Comunque sono molti gli studi che hanno stabilito un legame tra deficit della memoria di lavoro e la dislessia, soprattutto nelle attività che richiedono la memoria di lavoro, in particolare, la funzione del Circuito Fonologico. Anche l’Esecutivo Centrale sembrerebbe presentare danni, al contrario, il Taccuino Visuo-spaziale sembra funzionare normalmente (Pickering e Gathercole, 2001; Beneventi et al., 2010). Pickering et al. (2001) in particolare osservano che i dislessici sembrano usare il Circuito Fonologico in modo meno efficiente e mostrano problemi nel tradurre l’informazione visiva in forma fonologica. Ciò comporterebbe difficoltà nell’apprendere nuove parole durante la lettura. Inoltre, gli evidenti problemi che emergono nella ripetizione di parole lunghe o non-parole inducono a ritenere che i dislessici non ricorrano alle strategie di memoria fonologica, come fanno invece i soggetti sani. Ciò dimostra che la consapevolezza fonologica sia strettamente associata alla memoria di lavoro. Gathercole e Alloway (2006) hanno dimostrato l’esistenza di un legame tra le abilità di memoria di lavoro e successo nella lettura e nella comprensione. In altre parole hanno mostrato che il punteggio ottenuto nella

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misurazione della memoria operativa possa predire in maniera significativa la performance di lettura e comprensione.

Nonostante siano presenti numerose prove che supportano l’ipotesi di un deficit nella memoria di lavoro fonologica nella dislessia evolutiva, non si esclude che gli individui che hanno danni di memoria possano utilizzare strategie compensative per superare le loro difficoltà. È possibile che se uno o più componenti del sistema della memoria di lavoro risultino danneggiati, il soggetto faccia maggior affidamento sulle risorse preservate (Hulme, 1995). La conferma viene anche da studi di neuroscienze (Schlösser et al., 2006) che hanno evidenziato come, grazie alla plasticità cerebrale, il sistema neurale che è alla base delle funzioni della memoria di lavoro permette queste compensazioni in casi di danni ai circuiti.