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2. Fonologia e memoria

2.5. La struttura della memoria

3.4.5. Prove di memoria di cifre

Il test di memoria di cifre serve naturalmente per testare la memoria a breve termine, ma è utile anche per metterla alla prova in maniera separata dalla sola elaborazione fonologica. Ripetere dei numeri richiede un processo linguistico e cognitivo diverso rispetto alla ripetizione di parole o di non-parole, per le quali invece è necessario l’accesso al lessico mentale per recuperare le corrette forme fonologiche.

Come abbiamo già anticipato questa prova è composta da tre compiti di memorizzazione di cifre diversi, i quali sono presentati dapprima singolarmente e poi nella loro totalità.

Per quanto riguarda la ripetizione di cifre nello stesso ordine in cui vengono ascoltate, nel grafico (Fig. 3.13), nel quale sono riportate le performance dei due gruppi divisi per sesso, si evince che c’è una notevole differenza innanzitutto tra DSA e GC, e poi tra maschi DSA e femmine DSA. Come nei precedenti grafici finora presentati, il criterio per ordinare i dati è lo stesso: in ascissa ci sono le coppie di studenti in ordine di età crescente, e nei punti 1, 2, 3, 5, 9, 12, vi sono associate le coppie maschili a parità di età con quelle del gruppo femminile; in ordinata troviamo invece il punteggio ottenuto per le risposte corrette. I colori tendenti al rosso indicano i ragazzi dislessici, quelli tendenti al blu invece il gruppo di controllo.

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Figura 3.13: Andamento medio delle risposte corrette nella prova di memoria di cifre (diretta)

L’andamento medio, indicato dalle rette, è di 8,44 (DS=2,12) per i dislessici e di 12,05 (DS=1,84) per il gruppo di controllo. La media delle ragazze è di 8 (DS=2,13) per i DSA e di 12,08 (DS=1,93) per il GC; la controparte maschile invece ha una media di 9,33 (DS=1,97) per i DSA e di 12 (DS=1,79) per il GC. Come si evince dai dati numerici, ma ancor di più dal grafico (Fig. 3.13) il gruppo femminile DSA ha avuto una prestazione notevolmente inferiore rispetto ai compagni, e inoltre con l’aumento dell’età si nota anche un peggioramento dei punteggi ottenuti. I maschi DSA invece hanno un andamento pressoché uniforme, rimanendo comunque sotto la media dei punteggi ottenuti dal gruppo di controllo.

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 Pu n te gg io g re zzo

Studenti divisi per sesso

Memoria Cifre Diretta andamento medio DSA_femmine GC_femmine DSA_maschi GC_maschi DSA_F_media GC_F_media DSA_M_media GC_M_media

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Figura 3.14: Andamento medio delle risposte corrette nella prova di memoria di cifre (inversa)

Riguardo alla memoria di cifre inversa si notano nel grafico (Fig. 3.14) differenze tra le prestazioni separate di maschi e femmine. Il criterio di organizzazione dei dati è lo stesso utilizzato per il grafico riportato in figura 3.13. L’andamento medio generale risulta essere di 7,17 (DS=1,92) per i DSA e di 9,05 (DS=1,61) per il GC. Di cui nel gruppo femminile i DSA hanno una media di 6,92 (DS=2,06) e il GC di 8,92 (DS=1,8); i maschi invece hanno un punteggio di 7,67 di media (DS=1,63) per i DSA e di 9,33 (DS=1,21) per il GC. In generale, l’andamento di questa prova è leggermente inferiore rispetto alla ripetizione diretta di cifre. Anche in questo caso l’andamento del gruppo femminile è peggiore rispetto alla parte maschile. In particolare, la prestazione del gruppo DSA femminile peggiora notevolmente in proporzione all’aumento dell’età, tuttavia lo stesso andamento “in discesa” si nota anche nel GC femminile, seppur in misura molto meno marcata. I maschi, invece, migliorano la loro performance con l’incremento dell’età. In generale, sia dislessici che gruppo di controllo maschili, hanno ottenuto punteggi più alti rispetto alle loro compagne. Tuttavia, bisogna considerare il fatto che l’andamento in rapporto all’età è relativo al gruppo preso in esame e, con un numero così esiguo di partecipanti, non è possibile fare generalizzazioni.

0 2 4 6 8 10 12 14 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 P u n te gg io gr ezzo

Studenti divisi per sesso

Memoria Cifre Inversa andamento medio DSA_femmine GC_femmine DSA_maschi GC_maschi DSA_F_media GC_F_media DSA_M_media GC_M_media

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Figura 3.15: Andamento medio delle risposte corrette nella prova di memoria di cifre (riordinamento)

Il grafico (Fig. 3.15) contiene i risultati del terzo compito di memoria di cifre, quello in cui lo studente doveva ripetere le cifre ascoltate riordinandole dalla più piccola alla più grande. L’andamento generale è di 6,83 risposte in media (DS=1,98) per i dislessici e di 8,1 (DS=1,52) per il gruppo di controllo. Per la parte femminile la media è di 7 risposte (DS=2,13) per i DSA e di 8,31 (DS=1,31) per il GC; mentre per i maschi il punteggio medio è di 6,5 risposte (DS=1,76) per i DSA e di 7,67 (DS=1,97) per il GC. In questo test la media generale di punteggi ottenuti è inferiore rispetto ai precedenti. Tuttavia, l’andamento del gruppo femminile è migliore rispetto a quello maschile, contrariamente a quanto osservato nelle due parti precedenti. Per il gruppo di dislessici, come possiamo osservare nel grafico (Fig. 3.15), la prestazione peggiora con l’aumento dell’età, invece nel gruppo di controllo solo la prestazione della parte femminile migliora in proporzione all’età. In generale comunque le performance dei DSA rimangono peggiori in confronto alla controparte di controllo, le rette con i colori tendenti al rosso, infatti, rimangono sempre al di sotto rispetto a quelle del gruppo di controllo, tendenti al blu.

0 2 4 6 8 10 12 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 Pu n te gg io g re zzo

Studenti divisi per sesso

Memoria Cifre Riordinamento andamento medio DSA_femmine GC_femmine DSA_maschi GC_maschi DSA_F_media GC_F_media DSA_M_media GC_M_media

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Figura 3.16: Andamento medio delle risposte corrette nelle tre prove di memoria di cifre

Per concludere, presentiamo il grafico in figura 3.16 in cui sono riportati i punteggi totali delle tre prove di memoria di cifre: diretta, inversa e di riordinamento. In ascissa ci sono le 19 coppie di studenti in ordine di età crescente, senza distinzione di genere; in ordinata i punteggi totali delle tre prove. Graficamente si può osservare che a differenza dell’andamento del gruppo di controllo, che è molto uniforme in quanto le prestazioni separate di maschi e femmine si compensano, quello dei dislessici peggiora con l’aumentare dell’età. Numericamente la media dei punteggi ottenuti dal gruppo di dislessici è di 22,17 (DS=4,38) rispetto a quella di 29,21 (DS=3,6) del gruppo di controllo. Per quanto riguarda la parte femminile la media è di 21,92 (DS=4,91) per i DSA e di 29,31 (DS=3,86) per il GC; la controparte maschile DSA invece ha 22,67 (DS=3,44) risposte in media e 29 (DS=3,29) per il GC. Come abbiamo osservato nei singoli grafici di memoria di cifre, in due prove su tre la prestazione delle femmine DSA è stata peggiore rispetto a quella maschile. Tuttavia, il distacco tra il gruppo di controllo e quello dei dislessici è netto e si evince chiaramente una differenza qualitativa tra le due performance in generale.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 Pu n te gg io g re zzo

Coppie di studenti ordinati per età crescente

Memoria Cifre Totale andamento medio

DSA GC DSA_media GC_media

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3.5. Discussione

Come abbiamo potuto osservare dai grafici riportati nel paragrafo precedente, in ogni prova le prestazioni dei soggetti dislessici e dei normolettori sono diverse. I due gruppi sono equivalenti per età, mentre c’è una lieve differenza nel numero di soggetti di genere maschile e femminile (6 coppie di ragazzi e 13 di ragazze). Questa lieve discrepanza non dovrebbe tuttavia variare i risultati in modo significativo. In generale, la performance media dei soggetti con disturbo di lettura è nettamente inferiore rispetto a quella del gruppo di controllo. In alcuni casi, singole prestazioni equivalgono per punteggio a quelle dei soggetti sani, ma non sono numericamente significative rispetto alla media delle prove.

Innanzitutto, i test di lettura di liste di parole e di non-parole mettono in chiara luce il disturbo della lettura nei dislessici. I risultati riportati nel paragrafo 3.4.1 rivelano una minore velocità di lettura e un maggior numero di errori nelle performance dei dislessici rispetto a quella dei normolettori. In particolare, nella lettura di parole si è notato che le ragazze con dislessia commettono un numero più elevato di errori rispetto ai compagni maschi, i quali a loro volta, però, hanno avuto prestazioni più lente. Quindi ciò che si evince, è la correlazione tra maggiore rapidità e maggior numero di errori. Anche nel caso della lettura di non-parole il gruppo delle ragazze DSA ha avuto una prestazione generale peggiore rispetto alla controparte maschile. In questo caso, però, la velocità di lettura media risulta uguale in entrambi i sessi, ma con un numero notevolmente maggiore di errori nel gruppo DSA femminile. Confrontando le due prove, ossia la lettura di liste di parole e di non-parole, emerge chiaramente che soggetti con dislessia di genere maschile in particolare, fanno molta più fatica a recuperare la forma fonologica dei segni grafici che non sono associati a nessun concetto semantico. Il confronto tra questi due test ci permette di poter confermare la presenza del deficit fonologico, il quale, come abbiamo ampiamente presentato nei capitoli precedenti, consiste nella ridotta abilità di codifica fonologica che provoca dunque difficoltà di lettura. Il test di lettura di non-parole ci permette di andare a verificare proprio questa difficoltà, in quanto, gli informanti non potendo ricorrere né al contesto né al significato della parola per leggerla correttamente, devono riuscire ad analizzare, segmentare e manipolare i grafemi ed associarli ai fonemi per produrre la corretta stringa fonetica. L’elevato

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numero di errori e la notevole lentezza con cui hanno eseguito il compito di lettura di non-parole, rispetto al gruppo di controllo, ci permette di affermare che i soggetti dislessici codificano l’informazione fonologica in maniera meno precisa e meno efficiente. Di conseguenza, la difficoltà a recuperare la rappresentazione fonologica dei segni grafici provoca un rallentamento della lettura e la comparsa di errori specifici nel confondere i fonemi (Ramus, 2003), che è esattamente ciò che viene mostrato nei grafici riportati in figura 3.3 e 3.4.

Nelle prove di fluenza fonemica e semantica, che come abbiamo visto consistono nel recuperare dal lessico mentale le parole che iniziano con un fonema specifico oppure che appartengono ad una data categoria semantica, sono evidenti le maggiori difficoltà dei ragazzi dislessici rispetto al gruppo di controllo. Queste sono le uniche prove in cui la componente maschile degli informanti ha una prestazione peggiore rispetto a quella delle ragazze DSA. Per tutti gli studenti, comunque, il recupero di parole per indizio semantico ha avuto un esito migliore rispetto alla produzione di parole per indizio fonematico. Ritengo questo risultato molto importante in quanto ci permette di poter rilevare ancora una volta la presenza di un deficit fonologico alla base della dislessia evolutiva. Come abbiamo accennato nel paragrafo 3.4.2, in questo tipo di compiti sono coinvolte sia la parte linguistica che una componente non-linguistica, tra cui l’attenzione selettiva che serve per ricercare e recuperare gli elementi nella memoria semantica. Il tutto presuppone l’integrità della memoria di lavoro. Nonostante le modalità di somministrazione, di esecuzione e di valutazione di entrambi i test siano esattamente uguali, i punteggi ottenuti sono molto diversi. Infatti, nel caso della fluenza semantica è più semplice recuperare le parole in quanto è sufficiente identificare un concetto per poi trovare la forma fonologica che lo rappresenta. Nel caso del recupero di parole che iniziano per un dato fonema, invece, la questione è più complessa in quanto occorre utilizzare una strategia, appunto, fonologica per selezionare nel proprio lessico mentale tutte le parole che iniziano con quella data lettera, senza necessariamente recuperare il concetto corrispondente. O meglio, il concetto viene associato solo in un secondo momento, mentre la difficoltà sta proprio nell’individuare le stringhe fonetiche che hanno un determinato fonema come iniziale. Perciò i dati sono chiari: i dislessici fanno molta più fatica a selezionare le parole per fonemi piuttosto che

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per concetti, per cui di nuovo si ha la conferma di una scarsa competenza fonologica nell’analizzare e manipolare i fonemi. A ciò si aggiunge un altro fattore importante: il ruolo della memoria di lavoro. Abbiamo infatti premesso che alla base di tutto il procedimento di recupero lessicale per indizio fonematico vi sia il corretto funzionamento della memoria di lavoro, necessaria per tenere a mente il fonema in questione, per andare a cercare nella memoria semantica a lungo termine tutte le parole conosciute e selezionarle solo in base alla prima lettera, per poi eseguire il compito correttamente. Dal momento che i dislessici incontrano notevoli difficoltà in tale compito, i dati sembrano indicare che la capacità di svolgere un task di consapevolezza fonologica possa essere in qualche modo strettamente collegato al funzionamento della memoria di lavoro.

Tali indicazioni sono ulteriormente confermate dai risultati ottenuti con il test di spoonerismo, che consiste nella formazione di parole nuove, semanticamente piene, attraverso lo scambio delle lettere iniziali di due parole date. Questo test permette non solo di valutare l’abilità fonologica, e il funzionamento della memoria di lavoro, ma anche di verificare se i soggetti fanno ricorso alle risorse attentive per poter attivare la rielaborazione nella memoria a breve termine e quindi svolgere il compito correttamente. Anche in questo caso, i dati mostrano che i ragazzi dislessici hanno molte più difficoltà nell’esecuzione della prova e hanno avuto bisogno di molto più tempo per dare un numero corretto di risposte notevolmente inferiore in confronto al gruppo di controllo. Gli studenti con dislessia fanno molta fatica a tenere entrambe le parole a mente, difficoltà spesso dichiarata dagli informanti stessi durante la somministrazione del test. Si può plausibilmente ipotizzare che tendano a focalizzare l’attenzione sulla prima parola che viene loro letta e non riescano a concentrarsi contemporaneamente anche sull’altra. Le minori capacità attentive possono quinti portare ad una riduzione anche del numero di elementi memorizzabili temporaneamente. Infatti, spesso, le risposte date correttamente da parte del gruppo dei dislessici corrispondono solo alla prima delle due nuove parole. In questo caso, oltre alla difficoltà fonologica legata allo scambio di fonemi iniziali si aggiunge anche il fatto di doverle trattenere nella memoria di lavoro per un tempo sufficiente per elaborarle, manipolarle e quindi produrle. I risultati ottenuti confermano semplicemente le aspettative: oltre al deficit fonologico, è presente un

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deficit nella memoria di lavoro e una scarsa capacità nel mantenere l’attenzione su più di un elemento contemporaneamente.

Il test di ripetizione di non-parole è specifico per valutare la memoria fonologica. Abbiamo osservato dai risultati ottenuti dagli studenti che i DSA hanno molte più difficoltà nella ripetizione di non-parole rispetto al gruppo di controllo. Questo dato è molto indicativo in quanto ci permette di poter affermare che ricordare momentaneamente una stringa di lettere priva di significato è problematico per i DSA. Bisogna precisare che queste sequenze sono comunque ben formate per quanto riguarda le regole fonotattiche della lingua italiana, in altri termini si tratta di parole che hanno una struttura sillabica del tipo CV o CCV, quindi parole che potrebbero benissimo esistere in italiano dal punto di vista strutturale. Durante questa prova, i ragazzi non possono far ricorso alle loro conoscenze lessicali o semantiche per ripetere correttamente le non-parole, ma devono soltanto utilizzare le risorse attentive e mnemoniche per individuare e analizzare i suoni appena ascoltati in modo da elaborarli nella memoria di lavoro e poterli riprodurre correttamente. Oltre al fatto che spesso i ragazzi dislessici non riescono a ricordare le non-parole bisogna tenere anche conto del fatto che nella ripetizione molto frequentemente fanno diversi errori, soprattutto di scambio di lettere o sillabe. Questo implica che la memoria fonologica non funziona come dovrebbe, altrimenti non si verificherebbero continue inversioni di fonemi. Ciò dimostra che la consapevolezza fonologica è strettamente associata alla memoria di lavoro. Nel prossimo capitolo è presentato nel dettaglio di che tipo di errori si tratta, per il momento ci limitiamo ad analizzarli solo dal punto di vista quantitativo.

Confrontando i punteggi conseguiti nei test di lettura e ripetizione di non parole, riportati nel grafico in figura 3.12, si nota una notevole differenza. Infatti, il gruppo di DSA fa molta più fatica a ripetere, piuttosto che leggere, le non-parole. Questo paragone ci permette di fare un’osservazione importante: nella maggior parte delle definizioni riportate nella letteratura, la dislessia evolutiva è connotata come un disturbo della lettura. Ci dovremmo aspettare, quindi, una prestazione peggiore nella lettura piuttosto che nella ripetizione di non-parole. Dal momento che la ripetizione implica l’utilizzo della memoria di lavoro e in particolar modo del

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circuito fonologico, i risultati ottenuti confermano che un minor numero di risposte corrette equivale ad uno scarso funzionamento della struttura mnemonica, che di conseguenza provoca un deficit a livello fonologico che si manifesta nella lettura, la quale, consiste, infatti, nel codificare i simboli grafici, i grafemi, in unità sonore, i fonemi. Il disturbo della lettura si potrebbe ipotizzare che possa esser dovuto ad un deficit fonologico, il quale a sua volta sarebbe provocato da un malfunzionamento a livello di circuito fonologico della memoria di lavoro. Non deve perciò sorprendere che alcune persone con dislessia certificata, facciano pochi errori durante la lettura. Questa è solo una manifestazione di un deficit che sta, appunto, come ha ipotizzato Baddeley, nella memoria di lavoro, nello specifico nel circuito fonologico.

L’ultima conferma ci è data dalle prove di memoria nella ripetizione di numeri. Questi test ci permettono di valutare la capacità di memoria uditivo-verbale a breve termine in relazione al maggior numero di cifre ricordate. In questo caso viene esclusa la componente fonologica, in quanto il soggetto dislessico durante la ripetizione non deve ricorrere alla forma fonologica delle parole che ascolta e che pronuncia, ma deve solo tenere una serie di numeri a mente per ripeterli nell’ordine corretto, a seconda del tipo di compito. In tutte e tre le prove la prestazione degli studenti dislessici è notevolmente peggiore rispetto a quella del gruppo di controllo. Questi risultati ci dicono che la capacità mnesica e attentiva dei soggetti dislessici è considerevolmente compromessa: non riescono a ricordare più di pochi elementi contemporaneamente e nel momento in cui viene chiesto loro di effettuare qualche tipo di manipolazione sulle cifre che gli sono state lette, come ad esempio invertire il loro ordine oppure riordinarle dalla più piccola alla più grande, mostrano parecchie difficoltà. Questo indica ancora una volta problemi a livello di memoria di lavoro, la quale, come abbiamo osservato, è quella ritenuta responsabile nella manipolazione dell’informazione selezionata.

Da tutti i dati raccolti possiamo concludere che gli elementi più rilevanti sono il fatto che tutte le performance dei dislessici sono considerevolmente inferiori o peggiori rispetto al gruppo di controllo. In tutti i test che sono stati presentati in questo capitolo, il gruppo delle ragazze con dislessia in media è andata peggio

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rispetto al gruppo maschile in tutte le prove tranne che in quella di fluenza fonemica e semantica. C’è però da precisare che il numero degli informanti di sesso femminile è il doppio di quello degli informanti di sesso maschile e questo potrebbe influenzare i risultati. Tuttavia, il deficit fonologico viene evidenziato in tutte le prove così come quello mnesico. Tutti questi “indizi” sembrano dare sostegno all’ipotesi che alla base della dislessia evolutiva ci sia un malfunzionamento della memoria di lavoro. Le sue funzioni sarebbero quindi compromesse e risulterebbero nella scarsa consapevolezza fonologica che si manifesta nel disturbo della lettura.

3.6. Conclusioni

In questo capitolo sono stati riportati i risultati ottenuti in un protocollo sperimentale sottoposto a studenti dell’Università di Pisa, dislessici e normolettori, durante il tirocinio svolto presso il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa nell’Anno Accademico 2015/2016. Tutte le prove presentate nel presente lavoro di tesi fanno parte di una batteria più ampia che è stata utilizzata per il progetto dal titolo “Competenza pragmatica e inglese lingua straniera in studenti adulti con dislessia evolutiva” condotto dalle dott.sse Gloria Cappelli e Sabrina Noccetti, ed è stato realizzato con la collaborazione della IRCCS Fondazione Stella Maris e del Centro Linguistico di Ateneo.

Dopo aver presentato i soggetti che hanno volontariamente aderito al progetto, e introdotto il materiale e le procedure con le quali sono stati somministrati e valutati i test, per mezzo di diversi grafici sono state riportate le prestazioni sia degli studenti dislessici che del rispettivo gruppo di controllo per ogni singola prova. Nel paragrafo 3.5 si è discusso dei risultati ottenuti, i quali sembra che rientrino in