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Il cacciatore sperso Dalla storia alla memoria

3. API E MIELE, PAROLE E IDEE

3.3 Esperienze e giudizio: il ruolo della storia

3.3.3 Il cacciatore sperso Dalla storia alla memoria

Il ricorso alla metafora della sylva è accompagnato dalla costruzione di “un’impalcatura logica”506 che permette di guidare l’opera del venator, dando ordine alla ricerca e alla materia diffusa e intrecciata della conoscenza.

È proprio per mezzo di questa immagine che nell’Advancement, Bacon può chiarire il tema dell’inventio e la critica al modo in cui fino a quel momento è stato in uso nelle scuole, rendendola di fatto inutile per la ricerca e riducendola ad una mnemotecnica incapace di accrescere il patrimonio della conoscenza:

L’invenzione dei discorsi e argomenti non è propriamente invenzione, perché inventare significa scoprire ciò che non conosciamo, e non ricordare o richiamare quel che già sappiamo; e la funzione di questa invenzione non è se non di estrarre e presentare, dalla conoscenza di cui il nostro animo è già in possesso, quel che può interessare ciò che stiamo prendendo in considerazione. Onde, a dire il vero, non è invenzione, ma ricordo e suggerimento e la sua applicazione; ed è questa la ragione per cui le scuole la pongono dopo il giudizio, come momento successivo e non antecedente di questo. Tuttavia, come diamo il nome di caccia al cervo a quella che si svolge nel recinto d’un parco e a quella che si svolge nel pieno di una foresta, e dato che il nome è già entrato nell’uso, chiamiamola pure invenzione; purché sia chiaro che scopo e fine di questa invenzione è l’uso pronto e attuale della nostra conoscenza, e non il suo ampliamento o accrescimento.507

Il tipo di invenzione che Bacon prospetta per la ricerca è quindi quello che riesce a tenere insieme il carattere progressivo del sapere con la varietà e l’infinità dei fenomeni naturali, ponendo degli elementi di orientamento per il cacciatore, ma senza limitarne l’orizzonte. La stessa immagine è com’è noto presente nella prefazione del Novum Organum, in cui l’universo appare come un

Labirinto, dove da ogni parte si mostrano molte vie ambigue, fallaci somiglianze di cose e di segni, spirali contorte e intrecciate, e noidi di nature. Il cammino si deve sempre percorrere

505 Sulla relazione tra il teatro della natura in Bodin e la tradizione dei luoghi e della topica si veda A. M. Blair, The theater of Nature. Jean Bodin and Renaissance Science, Princeton 1997.

506 A. Preda, L’opera bizzarra di T. Garzoni e la tradizione di Gabriel Chappuys: un’ambigua demistificazione della pazzia, in «Studi di Letteratura Francese», jan. 1, 19, 1993, pp. 185-197, p. 189.

125 all’incerta luce del senso, ora accecante ora opaca, attraverso le selve dell’esperienza e dei casi particolari.508

Torneremo più avanti sulle cause del peregrinare incerto dell’intelletto umano, ma possiamo già notare come la storia costituisca il modus scribendi più adeguato alla comunicazione della materia in oggetto509, poiché è la parte della scienza corrispondente alla memoria, una delle tre parti dell’intelletto umano.

Il legame tra memoria e storia, così come la tripartizione dei sapere e delle funzioni intellettive, è già abbozzato nel 1605; tuttavia, come fa notare Chantal Jaquet510, il sapere non è appare diviso in funzione degli oggetti delle diverse discipline, bensì rispetto alle loro fonti di produzione: «Le parti della scienza umana si riferiscono alle tre parti dell’intelletto umano, che è sede della scienza: la storia alla memoria, la poesia all’immaginazione, e la filosofia alla ragione»511.

La relazione tra discipline e rispettivi oggetti è articolata poco tempo dopo, nella Descriptio globi universalis. Nel primo capitolo di quest’opera inconclusa del 1612 infatti, Bacon espone la medesima ripartizione delle discipline in historia, poesis, philosophia legate rispettivamente alla memoria, alla phantasia e alla ratio512, ma specificando il loro ambito di interesse:

Historia proprie individuorum est; quorum impressiones sunt mentis humanæ primi & antiquissimi ospite; suntque instar primæ materiæ scientiarum. In his Individuis atque in hac materia, Mens humana assiduo se exercet, interdum ludit. Nam scientia omnis Mentis & exercitatio & opificium; Poesis ejusdem lusus censeri possit. In Philosophia Mens mancipatur rebus.513

Il tema degli individua tornerà poi nel De augmentis scientiarum in cui verrà definito in cosa essi consistano, e perché è legittimo affiancare lo studio della filosofia naturale – che dovrebbe avere le specie come oggetto – al metodo storico, recuperando la questione del mostro come segno dell’incapacità umana di concepire la singolarità di ogni singolo essere.

508 Id., La Grande Instaurazione. Parte Seconda – Nuovo Organo, cit., p. 21. Per il riferimento al saggio baconiano sui giardini, nella prospettiva di sistematizzazione della materia naturale, cfr. J. C. Briggs, Francis Bacon and the rhetoric of nature, London 1989, p. 13.

509 G. Giglioni, op. cit., p. 107.

510 C. Jaquet, Bacon et la promotion des savoirs, Paris 2010, p. 24. 511 F. Bacon, Sapere divino e umano, cit., p. 203.

512 «Partitionem doctrinae humanae eam deligimus, quae triplici facultati Intellectus respondeat. Tres itaque ejus partes a nobis consituuntur: Historia, Poesis, Philosophia. Historia ad memoriam refertur: Poesis ad phantasiam: Philosophia ad rationem». Id., Descriptio Globi Intellectualis, in The Oxford Francis Bacon, in G. Rees (ed.), The Oxford Francis Bacon, Oxford 1996, vol. VI, p. 96.

126 La storia si occupa esclusivamente delle cose individuali, che sono circoscritte nello spazio e nel tempo. E sebbene la storia naturale sembri trattare le specie, ciò accade, in molti casi, soltanto per la somiglianza che hanno l’una con l’altra le cose naturali comprese in una stessa specie; sicché una volta conosciuta una di queste cose, sono conosciute anche tutte le altre. E quando si trovano individui che sono unici nella loro specie, come il Sole o la Luna, o che dalla loro specie si allontanano per una notevole dissomiglianza, come i mostri, è giusto trattare anche questi nella storia naturale; come nella storia civile si deve trattare degli uomini singoli. Tutto ciò è opera della memoria.514

È da sottolineare tuttavia che la Descriptio e il De augmentis non si limitano a identificare l’oggetto della storia – gli individua – e a definire in cosa consistano le cose individuali – l’essere circoscritti nello spazio e nel tempo. Le due opere aggiungono e sviluppano la posizione che gli individua hanno nel processo teoretico e, conseguentemente il ruolo ricoperto dalla storia nell’itinerario epistemologico: le impressioni che essi esercitano sulla mente sono infatti i primi et antiquissimi ospite e la primae materiae scientiarum515. E nel De augmentis:

Questa ripartizione è confermata dalla origine delle cognizioni dell’intelletto. Solo gli individui colpiscono il senso, che è la porta dell’intelletto. Le immagini di questi individui, o le impressioni ricevute dal senso, si stampano nella memoria, e penetrano in essa dapprima intatte, come sono quando si presentano al senso. L’anima umana, poi, le ripensa e rielabora, o semplicemente enumerandole, o imitandole quasi per giuoco, o raggruppandole e dividendole. (…) noi consideriamo la storia e l’esperienza come una sola e medesima cosa, e lo stesso dicasi anche per la filosofia e le scienze.516

La sfida della riforma del metodo, che coinvolge come abbiamo visto l’ordine di insegnamento delle discipline, consiste nel ricucire quel «divorzio tra invenzione e memoria»517 causato dall’apprendimento precoce di logica e retorica «le quali si convengono più a laureati che non a ragazzi e matricole»:

Queste due, rettamente intese sono infatti le scienze più gravi, essendo le arti delle arti, l’una intesa al giudizio e l’altra all’ornamento. Sono le regole e indicazioni sul modo di esporre e trattare la materia, che non abbia ancora raccolto quel che Cicerone chiama “Selva” e “Suppellettile”, cioè la sostanza e la varietà delle cose, cominciare da quelle arti (come se si volesse imparare a pesare, o misurare, o dipingere il vento) non ha altro effetto che di rendere

514

Id., Della dignità e del progresso delle scienze, cit., II, 1, p. 87. 515 Id., Descriptio globi universalis, cit., p. 96.

516 Id., Della dignità e del progresso delle scienze, cit., II, 1, p. 88. 517 Id., Sapere divino e umano, cit., p. 199.

127 quasi spregevole e far degenerare in puerili sofisticherie e ridicole affettazioni la sapienza contenuta in quelle arti, che invece è grande e universale.518

La costruzione del discorso retorico e di quello scientifico si ricongiungono sulla nota di metodo per cui, prima della parola è necessario comporre la grammatica della materia: quella dell’orazione o della composizione retorica – gli argomenti – e quella del sapere – l’esperienza. L’itinerario epistemologico ha un corrispettivo in quello teoretico per cui gli individua rappresentano per la mente, così come l’historia per il metodo scientifico, il primo passo verso la conoscenza. Costruire un tipo di narrazione storica che non è la mera raccolta di fatti e avvenimenti, ma la loro disposizione in senso induttivo, significa stabilire la loro funzione di fondamento della filosofia – morale così come quella naturale519. E infatti nella parte del De augmentis in cui si tratta della storia naturale nella sua distinzione tra “narrativa” e “induttiva” – dove la prima si riferisce «alla conoscenza di quelle cose che formano il contenuto della storia», mentre la seconda «costituisce la materia prima della filosofia» – ritorna l’espressione ciceroniana già presente nella trattazione dell’arte retorica:

La prima, che è tanto dilettevole per la bellezza dei racconti che contiene e tanto per l’uso degli esperimenti, resta, proprio per i fini di diletto e di profitto per i quali è ricercata, molto inferiore all’altra, che costituisce la selva e la suppellettile [silva atque suppelex] dell’induzione vera e legittima e fornisce il primo latte alla filosofia.520

Inevitabilmente il tema della storia incrocia quello della relazione tra memoria e scrittura, che Rossi ha così puntualmente approfondito nell’indagine delle forme di mnemotecnica da cui Bacon trae buona parte della sua riflessione521. Così, la critica riguarda certamente il modo in cui l’arte della memoria viene utilizzata dal sapere unicamente mnemonico, ma non secondo «l’obiezione ordinaria» per cui l’arte della memoria distruggerebbe «la memoria naturale sovraccaricandola di dati»: la questione è piuttosto l’uso piuttosto inutile della tecnica che aiuta davvero a potenziare le capacità intellettive umane, le quali finiscono però per essere ammirate allo stesso modo «dell’agilità dei funamboli o dei lazzi dei buffoni (…) nel primo caso si fa abuso delle forze dell’animo, nel secondo delle forze del corpo»522. Di fronte alla varietà infinita la memoria, perché sia funzionale e utile, necessita che la selva sia trasformata in una riserva, in modo che la caccia sia guidata e non casuale523. Perciò dalla tradizione dell’arte della memoria Bacon recupera la distinzione tra memoria naturale e

518 Ibidem.

519 C. Jaquet, op. cit., p. 35. 520

Id., Della dignità e del progresso delle scienze, cit., II, 3, p. 95 (corsivo mio). 521 P. Rossi, Francesco Bacone. Dalla magia alla scienza, cit., pp. 397-401. 522 F. Bacon, Della dignità e del progresso delle scienze, cit., V, 5, p. 283. 523 Ibidem.

128 memoria artificiale, e suddivide in due parti l’arte di ricordare e di conservare la conoscenza, e cioè in

scienza dei sussidi della reminiscenza e scienza della memoria stessa. Sussidio della memoria è la scrittura, e si tenga sempre presente che, senza questo soccorso, la memoria è inadeguata agli argomenti che richiedono maggiore prolissità e maggiore accuratezza. Ciò che non è scritto non deve essere accolto per nessuna ragione; come si vede specialmente nella filosofia induttiva e nell’interpretazione della natura, perché pretendere che all’interpretazione della natura basti la forza naturale e nuda del pensiero e della memoria, val quanto dire che uno possa con l’aiuto della memoria pura e semplici fare tutti i calcoli di un libro di effemeridi. La memoria non può niente senza l’aiuto di tavole ben ordinate.524

Questo tipo di memoria artificiale si inserisce pienamente nella tradizione da cui Bacon recupera la costruzione figurativa della topica, l’utilizzo delle immagini come ulteriori sussidi e il rapporto tra memoria e immaginazione. Infatti il medesimo capitolo del De augmentis si conclude con il ruolo delle prenozioni e dei simboli, gli strumenti di lavoro che permettono di trasformare la selva in un giardino:

la prenozione è la prima parte della memoria artificiale, nella quale abbiamo i luoghi che sono già preparati e distribuiti; all’istante noi creiamo quelle immagini che sono richieste dalla cosa; ed allora interviene la prenozione che l’immagine deve avere qualche rapporto con il luogo; e questo stuzzica la memoria e la guida in qualche modo alla ricerca della cosa richiesta. Il simbolo rende sensibili le cose intellettuali; perché ciò che è sensibile colpisce più fortemente la memoria e vi s’imprime più fortemente di ciò che è intellettuale.525

L’intervento dell’immagine come primo protagonista nell’avvio del processo teoretico ci introduce al tema del rapporto tra immaginazione e memoria, nel quadro della tripartizione delle facoltà dell’intelletto individuate già nella Descriptio.

La mente dell’uomo ha bisogno dell’immagine par avviare il processo teoretico: Etenim Individuorum imagines excipiuntur à Sensu, & in memoria figuntur. Abeunt autem in memoriam tanquam integræ, eodem quo occurrunt modo. Has cursus retrahit & recolit Mens; atque (quod officium ejus proprium est) portiones earum componit, & dividit. Habet enim Individua singula aliquid inter se commune, atque aliquid rursum diversum & multiplex. Ea vero compositio atque divisio vel pro arbitrio Mentis fit, vel proac invenitur in rebus.526

Bacon abbozza la questione del processo mentale che combina e distingue. Il punto di partenza è sempre l’immagine, sia che si tratti della historia, della poesis o della philosophia. Sulle impressiones che competono alla prima questo la mente si esercita,

524 Ivi, p. 281. 525 Ivi, p. 284. 526 Ibidem.

129 producendo philosophia, e si ricrea, nell’attività della poetica: quando la mente si scioglie dalle regole della materia e della natura, unisce e separa gli individua in modo arbitrario, mentre se osserva in modo metodico le similitudini e le differenze riscontrate

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