• Non ci sono risultati.

4. PENSARE È SEMPRE PER IMMAGINI

4.2 Bacon, Giano bifronte

4.2.1 La mente è un lume molle

Da qui, il tema dell’immaginazione interviene prepotentemente, a partire dalla sua azione nella dimensione retorica, dove concorre all’inganno che è a fondamento dei metodi tradizionali delle scienze fino al ruolo dell’immaginazione come nuncius tra ragione e passioni nella fondazione del nuovo metodo scientifico, all’interno della dicotomia della verità come luce e luce riflessa.

In merito alla prima questione, Bacon individua l’azione dell’immaginazione nei tre distempers of learning – cioè nelle tre disfunzioni che Bacon individua negli studi tradizionali:

Ci sono tre tipi di vanità, negli studi, onde le lettere vengono calunniate. Vane giudichiamo infatti le cose false o inconsistenti, che non hanno verità né utilità alcuna; e vane diciamo le persone credule o curiose; e la curiosità riguarda le cose o le parole: così, tanto secondo ragione che per l’esperienza, risultano esservi tre disfunzioni, se così posso dire, del sapere: la prima il sapere immaginario [fantastical learning/doctrina fantastica], la seconda il sapere litigioso [contentius learning/doctrina litigiosa], e l’ultima il sapere ricercato [delicate learning/doctrina fucata et mollis]: vane fantasie, vane controversie, vane affettazioni [imaginations, altercations, vain affectations/vanae imaginationes, vanae altercationes, vanae affectationes].579

578 Id, La Grande Instaurazione. Parte Seconda – Nuovo Organo, cit., I, 49, p. 101. 579 Id., Sapere divino e umano, in Ivi, p. 153.

141 Le tre vanità hanno a che fare con tre utilizzi inadeguati dell’immaginazione. Per quanto riguarda il delicate learning, è già stato notato in questa sede come la questione rimandi al verbalismo del ciceronianesimo che si diffonde tra XV e XVI secolo: l’errore di questo tipo di conoscenza deriva dalla priorità data alle parole rispetto alle cose, che in questo senso, perdono di peso e divengono sterili, gonfie d’aria e insostanziali. Tuttavia è forse di qualche interesse riprendere la considerazione per cui l’espressione fiorita è da evitare in «è di qualche impaccio alla severa ricerca del vero e all’approfondimento della filosofia, troppo presto saziando l’animo dell’uomo e spegnendo il desiderio di ulteriore ricerca prima ancora che si sia giunti al punto giusto»580. La medesima nota sulla mente occupata dall’impressione dell’eloquenza sensibile, che qui determina la fallacia del sapere verboso perché leggero e vano, ritorna infatti nel Nuovo Organo quando Bacon analizza il metodo delle anticipazioni della natura – il procedimento immaturo e temerario che conclude erroneamente sulla natura, contrapposto a quello dell’interpretazione della natura – mettendo in evidenza il contesto persuasivo con cui ha a che fare il processo stesso dell’intelletto che ricerca, che già abbiamo avuto occasione di richiamare581.

La seconda disfunzione del sapere – la cavillosità contenziosa – rimanda all’approccio rappresentato dal ragno che costruisce senza limiti ragnatele mirabili, ma prive di sostanza e di utilità. Di nuovo la questione è di metodo, e di nuovo emerge il tema dell’affezione alla differenza minima che mina la risoluzione dei problemi. Bacon recupera qui la metafora dei libri delle creature e delle Scritture – God’s Words and God’s Works – per ribadire che l’errore deriva dalle immagini deformate proiettate su quello specchio incrostato che è la mente degli scolastici.

Nell’analisi del terzo tipo di disfunzione – tradimento e falsità (deceit and untruth) – Bacon sigla l’unione della verità dell’essere e della verità del conoscere, ricorrendo di nuovo alla metafora del raggio:

Il terzo vizio o malattia del sapere, che riguarda l’inganno o la falsità, è fra tutti il più turpe, in quanto distrugge la forma essenziale del conoscere, la quale altro non è che la rappresentazione del vero: ché la verità dell’essere e la verità del conoscere sono una cosa sola, e non differiscono più di quanto il raggio diretto differisca dal raggio riflesso.582

Gli errori di questo tipo di sapere sono due: da una parte la credenza storica (come dicono gli avvocati, su questioni di fatto), che infarcisce la storia ecclesiastica quanto quella naturale di materia favolosa; dall’altra la credenza in questioni d’arte e opinione, ed è

580 Ivi, p. 156.

581 Cfr. Id., La Grande Instaurazione. Parte Seconda – Nuovo Organo, cit., I, 28, cit., pp. 87-9. Vedi infra. 582 F. Bacone, Sapere divino e umano, in Id., Scritti filosofici, cit., p. 159

142 nell’identificazione di queste arti – alchimia astrologia e magia naturale – che Bacon esplicita il nesso con l’immaginazione, definendole come «scienze che hanno maggior vicinanza con l’immaginazione dell’uomo che non con la sua ragione»583.

Empirici e razionali hanno così in comune lo stesso difetto: da pochi casi dall’esperienza, costruiscono filosofie vane di cui tentano di salvare la coerenza e la costanza quando gli si presenta un exemplum o un caso contrario: lungi dall’indagare le differenze vere che le cose naturali propongono, si assottigliano verbalmente per darne spiegazione:

Mi sembra che gli uomini si comportino come se osservassero e contemplassero la natura da una lontana ed altissima torre dalla quale vedono una certa immagine della natura o piuttosto un vapore simile a quest’immagine, perché le differenze delle cose (e a esse sono affidate la pratica e le fortune degli uomini) appaiono confuse e nascoste a causa della loro stessa piccolezza e dell’intervallo della distanza. E tuttavia gli uomini si affaticano e persistono e sforzano gli occhi della mente, fissano lo sguardo in lunghe meditazioni e lo rendono più acuto facendole funzionare, ricorrono infine alle arti dell’argomentazione, come a specchi artificiali, per poter comprendere e impadronirsi delle sottili differenze della natura. Darebbe certamente prova di ridicola ingenuità e di intelligenza mal diretta se, per vedere più distintamente e perfettamente, qualcuno salisse sulla torre, sistemasse delle lenti e vi applicasse gli occhi mentre potrebbe, senza tutte queste complicate macchinazioni e laboriose fatiche, raggiungere il risultato a cui mira per una via più facile e di molto superiore nel risultato e nel successo: discendendo dalla torre e avvicinandosi di più alle cose.584

La pochezza delle esperienze su cui da una parte si cancellano le sfumature, e dall’altra si costruisce il sistema di sottigliezze è dovuta sia alla mancanza della conoscenza dell’ampiezza della varietà dei casi, sia alla debolezza della sensibilità umana. .

L’immaginazione perciò essendo quel lume molle che crea le scienze come uno le desidera, sottrae all’intelletto quella capacità di unire e separare le cose secondo l’unione e separatezza che hanno in natura. Da qui, Bacon può svelare l’illusione proveniente dalla costanza degli eventi, la quale suggerisce un ordine delle cose errato, immaginato dalla mente a partire dalle poche esperienze la colpiscono:

L’intelletto umano è mosso soprattutto dalle cose che, e all’improvviso, possono colpire la mente penetrandovi e che di solito riempiono e gonfiano la fantasia. Esso poi suppone e immagina [fingit] che tutto il resto si presenti nel medesimo modo, benché non percepibile, in cui si presentano quelle poche cose dalle quali la mente è assediata.585

583 Ivi, p. 161.

584 Id., La confutazione delle filosofie, in Id., Scritti filosofici, cit., p. 433.

143 L’intelletto immagina così stabili le cose mutevoli (fingit costantia) e costruisce parallelismi, corrispondenze e relazioni che non esistono e, se anche evita il sapere dei razionali e degli empirici, conserva la tendenza ad accettare l’affermazione e a rifiutare la negazione: a questo proposito Bacon riporta l’esempio, tratto dal De natura deorum, dei dipinti al tempio raffiguranti i superstiti che, avendo fatto voto si sono salvati dal naufragio, al contrario di coloro che, avendo egualmente fatto il voto, non sono sopravvissuti.586

La centralità del metodo è ribadita proprio nella sua capacità di supplire alle mancanze e fallacie del senso, e di mitigare i poteri della mente riscaldata e ammollata negli idola: il problema non consiste nelle fallacie umane più o meno arginabili – attinenti alla specie o al sapere che deriva da questo intelletto imperfetto – ma nella via seguita.

Dal lato teoretico, tuttavia, l’intelletto necessita sempre dell’immagine – le impressiones «primæ materiæ scientiarum»: l’intelletto umano funziona secondo le attività di combinazione e distinzione delle immagini già viziate dagli idola nella loro costituzione e proiettate su questo specchio incrostato che è la mente umana. Bacon, valorizza l’immaginazione come facoltà messaggera, definendola come Giano Bifronte perché si volge, ora all’intelletto e alla ragione, ora alla volontà, all’appetito e agli affetti, sottolineandone l’implicazione sia nella logica che nell’etica. La connessione tra passioni e ragione, inscindibili nella facoltà fantastica, è il motivo della necessità dell’immagine per il processo conoscitivo stesso. L’immaginazione, come capacità di unire e dividere senza contatto con la materia perché lasciata libera, perde la connessione con le cose portando la mente a dipingere – fingere – nessi e distinzioni che possono essere errati.

Il metodo diviene allora centrale dal momento che quanto più la mente è potente, tanto più sarà portata a creare una conoscenza priva di ancoraggio con il reale: per riutilizzare un’espressione cara a Montaigne, una ragione che zoppica, ha bisogno di puntelli capaci di sostenerla al fine di evitarle il destino di Fetonte che, con mani umane, ha voluto guidare il cocchio del padre divino.

586 Ivi, I, 46, p. 99.

144