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Il calendario mensile

Nel documento Il rex sacrorum a Roma e nell'Italia antica (pagine 189-195)

DEL REX SACRORUM ROMANO

5.2. Il calendario mensile

Con la partecipazione alle cerimonie che sancivano i momenti significativi dell’arcaico ciclo annuale, il rex sacrorum aveva ereditato dal rex il compito di annunciare pubblicamente il calendario mese per mese: questa prassi era in uso ancora nel 304 a.C., quando Cn. Flavio divulgò per iscritto i fasti, così violando il carattere esclusivo del loro annuncio orale e periodico.40

37 Cfr. supra, Capp. 1.3 e 2.8.

38 Serv. ad Aen. X 228-229: si vedano a proposito De Francisci, Primordia, p. 729, e Martin, L’idée de royauté, vol. 1, p. 104.

39 Cfr. Serv. ad Aen. VII 603 e soprattutto ad Aen. VIII 3: i generali si recavano ovviamente nel sacrarium Martis (per la cui collocazione nella Regia cfr. supra, Cap. 2.8). Secondo la giusta interpretazione di Martínez-Pinna, Religiόn, pp. 32-33, l’unico generale dotato di imperium che potesse accedere alla Regia, in età monarchica, era il rex in persona; analogamente, laddove le fonti repubblicane e imperiali (Varro l.L. 6, 21; Fest. p. 439 L, s.v. Salias virgines) parlano di sacrifici compiuti nella Regia dal pontefice (massimo) e dalle Vestali, bisogna intendere che, in origine, al posto del pontefice ci fosse sempre il rex. Appare invece priva di appoggi nelle fonti l’affermazione di Scullard, Festivals, p. 105 – ripresa da Forsythe, A Critical History, pp. 88 e 136, e da Goldberg, Priests and Politicians, p. 340 – secondo cui il rex sacrorum avrebbe presieduto, alla presenza delle Vestali, la cerimonia dei Parilia del 21 aprile.

40 Le principali fonti antiche sono Cic. ad Att. 6, 1,8, Liv. 9, 46,5, Val. Max. 2, 5,2 e Plin. n.h. 33, 6,17. Il preciso significato dell’intervento di Cn. Flavio non è tuttavia chiaro: cfr. Michels, The Calendar, pp. 110-111, e J. Rüpke, Kalender und Öffentlichkeit. Die Geschichte der Repräsentation und religiösen Qualifikation von Zeit in Rom, Berlin-New York 1995, pp. 245-274, secondo cui la riforma flaviana corrispose in particolare alla fissazione del carattere fastus o nefastus dei giorni; inoltre M. Humm, Spazio e tempo civici: riforma delle tribù e riforma del calendario a Roma alla fine del IV secolo a.C., in The Roman Middle Republic. Politics, Religion,

a) La testimonianza di Macrobio è fondamentale per farsi un’idea del rituale seguito dal rex, a cominciare dalle Calende:

Priscis ergo temporibus, antequam fasti a Cn. Flavio scriba invitis patribus in omnium notitiam proderentur, pontifici minori haec provincia delegabatur, ut novae lunae primum observaret aspectum, visamque regi sacrificulo nuntiaret. Itaque sacrificio a rege et minore pontifice celebrato, idem pontifex, calata, id est vocata, in Capitolium plebe, iuxta curiam Calabram, quae casae Romuli proxima est, quot numero dies a Kalendis ad Nonas superessent pronuntiabat, et quintanas quidem dicto quinquies verbo “kalô”, septimanas repetito septies praedicabat. Verbum autem “kalô” Graecum est, id est voco, et hunc diem qui ex his diebus qui calarentur primus esset, placuit Kalendas vocari.41

Da qui risulta che il rex sacrorum incaricava un pontefice minore di osservare e poi di riferirgli la comparsa della luna nuova, a cui corrispondeva l’inizio del mese.42 A questo punto i due sacerdoti erano tenuti a compiere un sacrificio non

meglio precisato;43 quindi, nel luogo della Curia Calàbra sul Campidoglio,

dovevano essere convocati i comitia calata,44 nei quali il medesimo pontefice

avrebbe comunicato quanti giorni mancavano alle None, ripetendo il verbo kalô

and Historiography, c. 400 - 133 B.C., Rome 2000, pp. 91-120. Quanto al rex che, prima del rex sacrorum, aveva avuto il compito di discribere annum, cfr. Liv. 1, 19,6, su cui Martin, L’idée de royauté, vol. 1, p. 80.

41 Macr. Sat. 1, 15,9-11. La parentela linguistica tra lat. calare e gr. kalein è sottolineata anche da Plut. q.R. 24: cfr. Ernout-Meillet, Dictionnaire, p. 88.

42 L’osservazione della luna, puramente fittizia in età repubblicana, è comprensibile se rapportata ad una fase anteriore in cui il calendario si basava in effetti sul ciclo lunare: cfr. Michels, The Calendar, spec. p. 21.

43 Liou-Gille, Les Agonia, p. 45, non esclude che i due sacrificassero separatamente: in effetti, Macrobio (Sat. 1, 15,19) ricorda di nuovo il sacrificio compiuto dal pontifex minor in occasione delle Calende (ambientandolo nella Curia Calàbra e dicendolo rivolto a Giunone), ma tace sul rex sacrorum; in compenso parla di un parallelo sacrificio compiuto dalla regina sacrorum nella Regia, su cui avremo modo di ritornare. Ad ogni modo, tali sacrifici potevano essere tutti dedicati a Giunone, cui erano consacrate le Calende (cfr. infra, note 49 e 56): invece Schilling, Janus, p. 103, e Blaive, Rex Sacrorum, p. 134, pensano che il rex sacrorum sacrificasse a Giano, a cui pure erano consacrate le Calende.

44 Cfr. De Francisci, Primordia, pp. 494 e 728; Bayet, Histoire, p. 99; Michels, The Calendar, pp. 38 e 47; Pina Polo, Las contiones, pp. 56 e 58; Blaive, Rex Sacrorum, p. 135. Sulla Curia Calàbra, cfr. Varro lL 5, 13, Fest.-Paul. p. 42 L (s.v. Curia) e Serv. ad Aen. VIII 654; sulla localizzazione di questa Curia, che sarebbe stata casae Romuli proxima, cfr. De Francisci, Primordia, p. 728 nota 531.

cinque volte, se le None cadevano il giorno 5, o sette volte, se le None cadevano il 7.

La tradizione che sta alla base del passaggio macrobiano, rintracciabile anche in una breve didascalia dei Fasti Praenestini,45 è sostanzialmente degna di

fede, anche se contiene alcuni anacronismi. Innanzitutto, a scanso di equivoci lessicali, colui che viene definito pontifex minor era in realtà un semplice scriba del rex sacrorum:46 infatti, possiamo essere certi che gli scribi sacerdotali vennero

elevati al rango di pontifices minores solo a partire dal III secolo a.C., forse in concomitanza con l’accrescersi dell’autorità del pontifex maximus e la definizione del collegio da lui diretto.47 Inoltre, ammesso che fosse lo scriba/pontifex minor

ad annunciare il numero dei giorni compresi tra le Calende e le None, non bisogna tralasciare che ciò avveniva per delega e alla presenza del rex sacrorum, sotto la cui presidenza dovevano svolgersi in età alto-repubblicana i comitia calata.48

Alla fine della repubblica, l’annuncio delle None era una formalità ancora seguita, che Varrone ha ragione ad attribuire genericamente ai pontifices, in quanto il rex sacrorum era ormai un semplice membro del collegio pontificale e i suoi sacra potevano essere affidati a uno qualsiasi dei pontefici: Primi dies mensium nominati Kalendae, quod his diebus calantur eius mensis Nonae a pontificibus, quintanae an septimanae sint futurae, in Capitolio in curia Calabra sic: “die te quinti kalo Iuno Covella”, <aut> “septi<m>i die te kalo Iuno Covella”.49

45 Essi annotano a proposito del 1° gennaio (cfr. testo in Degrassi, Fasti, p. 111): Hae et [ceter]ae Calendae appellantur, quia [pri]mus is dies est quos pont[i]fex minor quo[libet] mense ad Nonas sin[gulas calat in Capi]tolio in Curia Cala[bra].

46 Similmente Seguin, Remarques, p. 416, e Rüpke, Kalender, p. 211. Altri sostengono invece che con l’espressione pontifex minor Macrobio alludesse ad un pontefice ordinario, diverso da quello massimo: cfr. Bleicken, Oberpontifex, p. 363.

47 Per la storia dei pontefici minori, cfr. supra, Cap. 3.1.

48 Discuteremo dello svolgimento e della presidenza dei comitia calata nel Cap. 5.3.

49 Varro lL 6, 27, secondo la lezione accettata da Michels, The Calendar, p. 19 nota 27, e Liou-Gille, Les Agonia, p. 45 nota 28. Si noti dunque che i giorni intercorrenti tra le Calende e le None erano proclamati, secondo Varrone, da due formule specifiche, secondo Macrobio, invece, dalla ripetizione (5 o 7 volte) della semplice invocazione “kalô”. Le due modalità rispecchiano forse diverse fasi storiche: quanto all’invocazione alla Giunone delle Calende, “kalo Iuno Covella”, essa costituisce un verso saturnio ed è presumibilmente molto antica.

b) Una volta giunte le None, era il rex in persona ad annunciare al popolo i giorni delle feste che si sarebbero svolte durante il mese, fino alle Calende successive. Varrone ne è per noi la primaria fonte di informazione:

Eodem die [enim] in urbe<m> <qui> in agris ad regem conveniebat populus. Harum rerum vestigia apparent in sacris Nonalibus in arce, quod tunc ferias primas menstruas, quae futurae sint eo mense, rex edicit populo.50

In questo caso, è chiaro che l’annuncio spettava al rex, ma ne sono incerte le modalità: Van Haeperen, da ultima, si è limitata a suggerire che il rex sacrorum parlasse al popolo in una contio, emanando conseguentemente un editto;51

tuttavia, la menzione esplicita dei sacra Nonalia in arce, fa pensare che il popolo si riunisse proprio nei comitia calata, sul Campidoglio, come già doveva avvenire alle Calende.52 Più interessante è invece osservare che, di nuovo, Varrone parla

della procedura al presente, lasciando intendere che si trattasse di un fatto ancora attuale nel I secolo a.C., per quanto solo formale. In effetti, se da tempo il popolo non accorreva più dalla campagna per ascoltare gli annunci calendariali, è probabile che il compito del rex sacrorum si limitasse ormai ad una breve apparizione rituale, sul Campidoglio, a cui faceva seguito la pubblicazione di un editto scritto.53

Alle informazioni fin qui analizzate si unisce un dettaglio fornito da Macrobio, secondo cui la riforma cesariana del calendario, pur avendo aumentato il numero dei giorni dei mesi, mantenne identica la data delle None e delle Idi,

50 Varro lL 6, 28: è incerto se i sacra Nonalia si aprissero con un sacrificio, visto che le None non erano consacrate ad alcuna divinità (cfr. Ovid. fast. 1, 57). Il ruolo avutovi dal rex sacrorum è comunque confermato dai più brevi passi di Macr. Sat. 1, 15,12: ...post novam lunam oportebat Nonarum die populares qui in agris essent confluere in urbem, accepturos causas feriarum a rege sacrorum sciturosque quid esset eo mense faciendum; e di Serv. ad Aen. VIII 654: A rege sacrificulo idem fiebat ut, quoniam adhuc fasti non erant, ludorum et sacrificiorum praenoscerent dies. Si sottolinei che il rex proclamava solo le feste fisse e solenni (feriae statae sollemnes) del mese, che appunto cadevano dopo le None, mentre le feste mobili (feriae conceptivae) erano proclamate dai magistrati o dai sacerdoti che ne avevano la responsabilità. Sull’espressione varroniana feriae primae, cfr. Michels, The Calendar, pp. 19-20.

51 Van Haeperen, Le collège pontifical, p. 217.

52 Si noti, peraltro, che i comitia calata equivalevano nella funzione a una contio: cfr. Gell. n.A. 13, 16,2-3 e 15, 27,3, su cui torneremo infra, nel Cap. 5.3. In generale, sono favorevoli all’idea dei comitia calata alle None: Wissowa, Religion, p. 512; Michels, The Calendar, p. 38; Szemler, s.v. Pontifex, col. 363. In questo senso cfr. anche L.R. Taylor, Roman Voting Assemblies. From the Hannibalic War to the Dictatorship of Caesar, Ann Arbor 1966, p. 5.

per evitare che fosse violata l’indictio feriarum, l’annuncio festivo da parte del rex.54 È dunque ragionevole dire che, anche dopo l’intervento di Cesare, il

calendario non poté essere proclamato una volta per tutte, ma continuò ad essere annunciato formalmente per mezzo del rex sacrorum, con riguardo per i momenti caratteristici dei vecchi mesi lunari: Calende (giorno della luna nuova), None (primo quarto) e Idi (luna piena).55 Del resto, l’importanza di questi tre giorni era

segnata da specifiche celebrazioni che continuarono a coinvolgere altri antichi sacerdozi: infatti, oltre ai riti compiuti dal rex sacrorum il giorno delle Calende (insieme allo scriba/pontifex minor) e delle None (apparentemente da solo), sappiamo che, alle Calende, toccava alla regina sacrorum sacrificare una scrofa o una pecora nella Regia.56 Il giorno delle Idi, invece, non è attestato alcun

intervento pubblico del rex sacrorum o della sua sposa, ma è certo che il flamen Dialis – il secondo membro per importanza dell’ordo sacerdotum, votato al culto di Giove – doveva sacrificare un ariete sul Campidoglio.57

c) Si pone infine il problema dell’intercalazione, che veniva inserita solo periodicamente nel mese di febbraio (dopo i Terminalia del giorno 23) e pertanto doveva richiedere un preventivo annuncio pubblico.

Com’è noto, le fonti sono concordi nel riferire che, in età repubblicana, le decisioni in materia erano demandate ai pontifices, ma non dicono chi e in che

54 Macr. Sat. 1, 14,8-9: Caesar quos addidit dies neque ante Nonas neque ante Idus inserere voluit, ne Nonarum aut Iduum religionem, quae stato erat die, novella comperendinatione corrumperet. Sed nec post Idus mox voluit inserere, ne feriarum quarumque violaretur indictio, su cui cfr. Rüpke, Kalender, pp. 376-377. Nello stesso senso è da intendersi il più sintetico Cens. 20,9: eosque dies extremis partibus mensum [sc. Caesar] adposuit, ne scilicet religiones sui cuiusque mensis a loco summoverentur, su cui da ultimo cfr. Polverini, Il calendario, p. 248.

55 Su Calende, None e Idi, come «dividing days» del mese, cfr. Michels, The Calendar, spec. pp. 18-9, da integrare oggi con Rüpke, Kalender, pp. 209-221.

56 Le Calende erano sacre a Giunone (Ovid. fast. 1, 55), cui era dedicato il sacrificio compiuto dalla regina. Macr. Sat. 1, 15,19 infatti dice: Romae quoque Kalendis omnibus, [...] etiam regina sacrorum, id est regis uxor, porcam vel agnam in Regia Iunoni immolat.

57 Il giorno delle Idi era infatti sacro a Giove (cfr. Ovid. fast. 1, 56 e Macr. Sat. 1, 15,15) ed era probabilmente scandito dai sacrifici di diversi sacerdoti, come sembra confermare Fest. p. 372 L: SACRAM VIAM quidam appellatam esse existimant, quod in ea foedus ictum sit inter Romulum et

Tatium: quidam, quod eo itinere utantur sacerdotes Idulium sacrorum conficiendorum causa. Cfr. A. Brelich, Iuppiter e le Idus, in Ex Orbe Religionum. Studia G. Widengren, Leiden 1972, pp. 299-306.

modo comunicasse ufficialmente l’entrata in vigore del periodo intercalare.58

D’altra parte, proprio per il carattere irregolare dell’intercalazione,59 un simile

annuncio doveva essere di fatto più importante rispetto a quello delle feste fisse del mese: anzi, quanto più quest’ultimo divenne una prassi formale dopo la pubblicazione scritta del calendario, tanto più l’altro fu decisivo, in una Roma in costante espansione, per la corretta amministrazione delle province e la determinazione della durata degli incarichi magistratuali.60 È allora

comprensibile come gli stessi magistrati, e soprattutto quelli operanti lontano da Roma, aspettassero con ansia la decisione dei pontefici e tentassero in alcuni casi di fare pressione sugli stessi. Cicerone lo conferma in alcune lettere risalenti al suo proconsolato in Cilicia (anni 51/50): in alcune di esse, databili al 51, l’oratore dichiarava la speranza che non venisse introdotto il mese intercalare nel febbraio successivo, in vista di un suo più rapido rientro a Roma, e chiedeva ai suoi amici di adoperarsi in tal senso.61 La decisione pontificale non era però molto

tempestiva, se è vero che Cicerone, addirittura il 13 febbraio 50, scriveva ad Attico per avere avviso dell’eventuale intercalazione di quell’anno, e di lì a pochi giorni gli si rivolgeva di nuovo lamentando di non conoscere ancora la fine del suo incarico.62 Da questi testi, uniti a un passaggio di Plutarco in cui si lamenta la

totale discrezionalità della scelta pontificale, emerge che l’intercalazione a febbraio non era mai scontata, almeno negli anni turbolenti della tarda repubblica, e veniva annunciata pochi giorni prima della sua entrata in vigore, intorno alla metà di febbraio.63

58 Cfr. Solin. 1,43; Cens. 20,6, e Amm. 26, 1,12, su cui cfr. il commento di V. Warrior, Intercalation and the Action of M’. Acilius Glabrio (cos. 191 B.C.), in Studies in Latin Literature and Roman History VI, Bruxelles 1992, pp. 123-127, dove si dimostra che la facoltà di intercalare spettò ai pontifices sin dagli inizi del IV sec. a.C., ben prima cioè che fosse varata l’oscura lex Acilia de intercalando del 191. Per il silenzio che le fonti mostrano a proposito delle modalità di annuncio dell’intercalazione, cfr. invece Van Haeperen, Le collège pontifical, p. 219.

59 È noto l’abuso che i pontefici fecero dell’intercalazione nella tarda repubblica, prima della riforma giuliana del calendario: cfr. Cic. leg. 2, 29; ad Att. 5, 9,2; 5, 13,3; 5, 21,14; 6, 1,12; ad fam. 7, 2,4 e 8, 6,5; Suet. Caes. 40,1; Solin. 1,43-44; Cens. 20,7; Amm. 26, 1,12; Macr. Sat. 1, 14,1.

60 Cfr. Warrior, Intercalation, pp. 127-129. 61 Cfr. Cic. fam. 7, 2,4; ad Att. 5, 9,2 e 5, 13,3.

62 Sono rispettivamente Cic. ad Att. 5, 21,14 e 6, 1,12.

63 Plut. Caes. 59,2: ἀλλὰ καὶ περὶ τὴν τότε οὖσαν ἡλιακὴν οἱ μὲν ἄλλοι παντάπασι τούτων ἀσυλλογίστως εἶχον, οἱ δὲ ἱερεῖς μόνοι τὸν καιρὸν εἰδότες ἐξαίφνης καὶ προῃσθημένου μηδενὸς τὸν ἐμβόλιμον προσέγραφον μῆνα. Commento in Warrior, Intercalation, p. 128.

Ad ogni modo, quando i pontifices, vale a dire il collegio pontificale, decidevano a favore dell’intercalazione, l’annuncio era dato probabilmente dal rex sacrorum.64 In effetti, dato il suo ruolo di garante del calendario, non poteva che

essere lui a provvedere a questa comunicazione ufficiale, magari rivolgendosi ancora una volta al popolo riunito nei comitia calata.65 Inoltre, se consideriamo

che la riforma cesariana del calendario non modificò, per espressa affermazione di Macrobio, la validità dell’indictio delle feste mensili, possiamo credere che anche l’intercalazione – pur ridotta dallo stesso Cesare a un solo giorno da inserirsi nel mese di febbraio ogni quattro anni – continuasse a richiedere un annuncio formale, durante l’ultimo scorcio della repubblica e persino sotto l’impero.

Nel documento Il rex sacrorum a Roma e nell'Italia antica (pagine 189-195)