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Il capitale sociale secondo l’approccio relazionale

3. Teoria sociologica e capitale sociale

3.6 Il capitale sociale secondo l’approccio relazionale

A questo punto l’analisi di Tosini che è stata sommariamente ripresa nei paragrafi precedenti deve essere interrotta, se non altro, perché, come specificato, la finalità per la quale essa è utile all’interno di questo lavoro, è completamente diversa da quella per la quale l’autore l’ha realizzata. Ciò che infatti Tosini vuole sostenere è una

linea di continuità che deve essere mantenuta tra teorie del capitale sociale e teoria sociologica classica. E anzi, se c’è qualcosa che viene criticato in autori come La Valle e Lin sono proprio quegli aspetti che consentono di uscire dall’impianto sistemico proprio alla teoria dei media di Parsons e Luhmann.

Nonostante sia indubbio che in termini di condizionamento reciproco della persona e della società queste teorie non apportino nulla di nuovo, non si può tuttavia affermare lo stesso per ciò che riguarda l’oggetto della sociologia. Le teorie sul capitale sociale sono costrette, rispetto a quelle precedenti a riconoscere che esiste una dimensione intangibile della società e che questa non è propria ai medium simbolici, né agli individui, ma alle relazioni tra le persone. La considerazione o la reputazione, quali elementi che La Valle e Lin considerano emblematici per il capitale sociale, non sono propri ad un sistema e non sono propri ad un individuo, necessitano per la loro emergenza, il loro mantenimento e la loro funzionalità, di essere confermati e messi, per così dire, in circolo.

Il fatto è che l’individuo a sé e la società a sé, o anche messi in relazione l’uno all’altra, non consentono di spiegare il funzionamento del capitale sociale e dei fenomeni intangibili che ad esso vengono associati. Ma ciò non significa che questo oggetto indefinito non esista. L’analisi di Tosini considera solo l’aspetto della negentropia senza considerare le differenze a livello ontologico tra gli approcci e le teorie prese in esame.

E laddove la questione inerente all’ordine sociale non trova una nuova risposta nelle teorie analizzate, presentandosi una soluzione in linea di continuità, la stessa cosa non si può dire con riferimento alla questione ontologica: l’oggetto delle teorie analizzate non è lo stesso. In particolare vi sono teorie per le quali l’intangibilità del fenomeno

sociale è maggiormente rilevante. E non si tratta delle teorie dei media, ma di quelle sul capitale sociale.

In ogni caso rimane indubbio che nessuna delle teorie analizzate riesce né a rispondere in maniera efficace alla questione metodologica inerente al fatto irritante della società, tanto meno a fornire una valida alternativa all’ordine sociale che vede il rapporto tra persona e società in termini di condizionamento reciproco indipendentemente dall’approccio adottato, sia esso micro o macro. In sostanza come sottolineato più volte, si finisce per cadere dentro ad un approccio di tipo olistico o individualistico, non in grado di rendere conto della natura relazionale della società. Serve come ribadito più volte nelle pagine e nei capitoli precedenti, un approccio relazionale, in grado di vedere e leggere la società come relazione e di proporre una nuova interpretazione dell’ordine sociale.

La teoria relazionale di Pierpaolo Donati, integrata con la proposta gnoseologica per la quale il dato della sociologia è un dato relazionale che dipende da una fonte, definita come relazione tematizzante, è in grado di rispondere in maniera originale ad entrambe le questioni: quella metodologica e quella inerente all’ordine sociale.

É nell’ottica del passaggio da una lettura moderna della società quale medium comunicativo tra individui – citoyen atomizzati – ad una visione della stessa quale relazione di persone che occorre interpretare ed eventualmente specificare il concetto di capitale sociale se non si vuole cadere nella banalità scientifica e morale propria a molte teorie e ricerche empiriche, che finiscono per fornire una descrizione del capitale sociale quale struttura reticolare individuale o simbolica funzionale al successo individuale o sociale.

Per la teoria relazionale, il capitale sociale non è un attributo degli individui o delle strutture sociali, è una proprietà delle relazioni

sociali, laddove per relazione non si intende il medium istituzionale o comunicativo tra due individui, tanto meno l’azione tra ego e alter. Le persone non sono il principio della relazione. La relazione tematizzante è il principio, è essa che unisce le persone nell’atto del generare cultura. Il simbolismo prodotto nella relazione, può valorizzare o meno la relazione tematizzante, derivandone l’importante conseguenza scientifica e morale per cui, i sistemi sociali (relazionali), lungi dall’avere proprietà generative, produttive del capitale sociale. Il capitale sociale, in quanto proprietà della relazione, esiste indipendentemente dalla e precede la società. L’emergenza simbolica può tuttavia valorizzare o meno la relazione stessa. È evidente che l’emergenza di una società sistemica, disconosce, piuttosto che riconoscere la relazione come capitale sociale della società. Ne sono un esempio emblematico il sistema economico – mercato – e il sistema politico amministrativo – Stato – i quali emergono attraverso automatismi che difficilmente possono riconoscere la relazione e i suoi elementi intangibili.

La società in quanto cultura può di fatto solo valorizzare il capitale sociale, per generare capitale sociale occorrono infatti le relazioni. Ma non tutte le relazioni, solo quelle che generano i beni relazionali. Si tratta di quelle relazioni di tipo emotivo/affettivo o di tipo volontaristico-comuniatario che non prevedono una relazionalità di ruolo, civico-ascrittiva e neppure una relazionalità competitiva. Il capitale sociale è una qualità relazionale, se si vuole “comunitaria” che si origina in una propria sfera, distinta dallo Stato e dal mercato. Il capitale sociale si origina nel sistema delle famiglie e nel sistema delle associazioni civili, e più precisamente nelle loro reciproche interazioni (Donati, 2003: 95).

Si comprende quindi come per Donati, lo Stato e il mercato, quali mediatori tra individui astratti, non possano né in quanto istituzioni valorizzare il capitale sociale, né in quanto medium generare capitale sociale. Possono esclusivamente consumarlo seguendo le proprie logiche, non importa se in quanto strutture che mantengono una funzione, o funzioni che mantengono una struttura.

Il capitale sociale può essere valorizzato e generato solo in quelle

istituzioni della società in cui è la persona a fare la differenza: la

famiglia in primo luogo e il privato sociale. Ciò porta a distinguere tra capitale primario (relazioni che valorizzano i beni relazionali primari, operando con criteri largamente o più informali) e capitale secondario (relazioni che valorizzano i beni relazionali secondari, di cultura civica o civile, operando con criteri largamente o più formali) (Donati, 2003: 38).

Il capitale sociale primario ha come ambito di relazione la famiglia e le reti informali primarie (tra familiari, parenti, vicini, amici); consiste nella fiducia primaria (face-to-face e intersoggettiva) e nella reciprocità interpersonale come scambio simbolico (ovvero dono come atto in un circuito di scambi reciproci di dare-ricevere- contraccambiare senza equivalenti monetari).

Il capitale sociale secondario ha come ambito di relazione l’associazionismo di società civile (le associazioni o reti civiche di individui e/o famiglie); consiste nella fiducia secondaria (verso gli individui che hanno in comune solo l’appartenenza ad una associazione o comunità civile o politica) e nella reciprocità sociale allargata (estensione dello scambio simbolico a coloro che appartengono ad una stessa associazione o comunità civile o politica) (Donati, 2003: 52-54).

Come sarà descritto nel prossimo capitolo, oggetto specifico della ricerca empirica che si descriverà nei prossimi capitoli è il capitale sociale secondario, o anche definibile come capitale sociale

comunitario allargato (Ferrucci; Stanzani, 2006). Questo capitale

verrà analizzato nelle sue tre dimensioni bonding, bridging e linking, che saranno più dettagliatamente descritte nel capitolo quarto.

La ricerca è volta non solo a studiare in che termini un’organizzazione di privato sociale/terzo settore, quale appunto il Collegio Universitario Alma Mater, riesce a valorizzare il capitale sociale in quanto relazione tematizzante, ma anche in che modo riesce a generarlo. Se la valorizzazione dipende dalla cultura che emerge dal collegio, la generazione dipende dalla capacità del collegio di favorire e gestire la relazionalità interna. Come detto, la generazione del capitale sociale dipende essenzialmente dalla quantità e qualità del vissuto relazionale del collegio. Non si genera capitale sociale se non si producono beni relazionali e questi sono prodotti e generati solo nelle relazioni. Se non si riscontra all’interno del collegio una consistente relazionalità, difficilmente si potrà parlare di generazione di capitale sociale.

Ciò premesso, il problema centrale alla presente ricerca non è quello di valutare se il capitale sociale agevoli o meno la società o l’individuo nel raggiungere le proprie finalità. Questo, come argomentato, è noto da tempo (Donati, 2003). Compito della sociologia non è tanto definire se un individuo o un istituzione siano l’uno adatto all’altra in termini di finalità della prima o del secondo. Parimenti l’esclusione e l’inclusione sociale, se limitati al semplice funzionalismo, non apportano nulla di nuovo alla conoscenza sociologica e tanto meno alla società. Ciò che occorre alla sociologia è una nuova prospettiva che le permetta in primo luogo di comprendere

i fenomeni emergenti nell’attuale società e in secondo luogo di agevolare i processi sociali di gestione del capitale sociale, alla base delle relazioni tematizzanti ed eventualmente di favorire la relazionalità, in particolare in quei contesti della società che come il privato sociale, si caratterizzano per il fatto che l’appartenenza delle persone è volontaristico-comunitaria, è cioè partecipazione.

Nell’attuale società mobile, oltre che globale e relazionale, la relazione, ossia il capitale sociale, comunque presente e dato, non va identificato, scoperto, usato, va gestito nella sua formazione e valorizzato. Alla società spetta questo compito di gestione del proprio capitale. E l’esclusione o inclusione delle persone, per quanto possa essere funzionale ai medium simbolici e alla società sistemica, nuoce all’uomo e alla relazione, consuma, invece che generare e valorizzare, il capitale sociale.

4.

Collegi universitari e formazione del