1. Conoscenza ed esperienza: teoria sociologica e
1.5 La tematizzazione come azione morale: il ruolo
La proposta gnoseologica illustrata nelle pagine precedenti non da solo una risposta al problema metodologico inerente al fatto irritante
della società, identificando un nuovo referente empirico per la
sociologia che non è né l’azione individuale, né la struttura sociale, ma che è la cultura, la tematizzazione intesa come dato relazionale prodotto da una relazione tematizzante. Attraverso la separazione tra dato e fonte del dato si propone anche una nuova lettura della questione inerente all’ordine sociale, al rapporto tra conoscenza ed esperienza, per cui tra scienziato e oggetto scientifico e anche tra
individuo e società. Come sarà trattato in modo dettagliato nei prossimi due capitoli, la proposta gnoseologica avanzata consente di vedere l’uomo quale essere in grado di generare nuova cultura piuttosto che vederlo come rappresentante o appartenente ad una cultura. Concepire l’uomo come essere naturalmente capace di generare cultura in relazione è estremamente diverso dal fatto di intenderlo come incluso o escluso da un determinata cultura, struttura condizionata dalla o condizionante la società. D’altra parte, come accennato, l’uscita dall’autoreferenzialità della scienza e della conoscenza non può non avere simili conseguenze di tipo morale.
Per una sociologia che si riconosce come parte di un processo che la precede e la segue, quale è l’esperienza del vissuto nel quale il sociologo viene chiamato in causa, la possibilità di contribuire bene o male al farsi della relazione non è, infatti, secondario. Diviene uno dei problemi fondamentali alla giustificazione di un suo intervento. È rilevante al proposito osservare che nella relazione tematizzante AGIL si genera un doppio rapporto morale in senso sociologico (cioè non etico): tra tutti i tematizzanti; e tra natura e cultura, ossia tra la relazione tematizzante e la cultura che emerge empiricamente dalla tematizzazione. Cominciando da quest’ultimo aspetto, la tematizzazione è azione morale poiché la cultura che genera non è neutrale, ma veicola una visione positiva o negativa del vissuto, della natura, rappresentandolo, si badi, come buono o come cattivo, indipendentemente dal fatto che esso sia tale. Ma soprattutto, e veniamo ai tematizzanti, la tematizzazione è morale poiché produce normalità10. In sintesi la tematizzazione è quell’azione doppiamente
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Sergio Belardinelli specifica al proposito che il concetto di normalità, lungi dal rappresentare e rimandare semplicemente ad una regolarità statistica, veicola anche una connotazione valutativa, normativa: «quando diciamo che qualcosa è normale, colleghiamo spesso alla parola una connotazione che non è mai soltanto descrittiva,
morale perché riconosce come buono o come cattivo e come identico o diverso.
Contrariamente alle teorie sistemiche, in particolare quella luhmaniana, divenendo fonte della sociologia la tematizzazione, si rende pienamente atto non solo del fatto che la società sia morale, ma anche che la sociologia, in quanto tematizzante e cultura, sia appunto morale. Lungi in sostanza dall’essere – per citare il titolo del testo di Sergio Belardinelli sulla sociologia di Niklas Luhmann – Una
sociologia senza qualità (1993).
La tematizzazione in quanto relazione dotata di proprietà emergente, è la fonte e il legame permanente tra cultura e natura e perciò stesso, nonostante la scienza sia e non possa non essere cultura, trova un limite nella natura. La sociologia e in generale ogni cultura, è inevitabilmente critica nei confronti delle culture diverse, precedenti o contemporanee. Le verità di cultura, rimangono cioè verità in relazione direbbe il grande sociologo Karl Mannheim11. Non solo in relazione alla precedente ed alla successiva cultura, bensì e soprattutto in relazione a ciò che cultura non è e che si definisce natura. Tutto ciò che la cultura può fare – ed è già tanto – è cogliere (nel senso di accogliere) la natura esimendosi dal volerla dominare. È in questi termini che sembra potersi parlare, citando nuovamente Sergio Belardinelli, di un ritorno della natura nella cultura contemporanea (2002) precisando con Robert Spaemann che: «la natura è quella normalità di base che, a differenza della normalità dipendente dalla
bensì anche valutativa; […] persino i dizionari ci dicono che la parola “normalità” ha a che fare con una normatività che viene non soltanto seguita e accettata, ma anche imposta (2002: 18)».
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Per Mannheim esiste una netta distinzione tra relativismo e relazionismo. Mentre il relativismo afferma che non esistono verità assolute, il relazionismo afferma che esistono dei veri in relazione. Per un’approfondimento del pensiero di Karl Mannheim si rimanda al testo di Gianfranco Morra: Introduzione alla sociologia del
cultura, è sottratta non solo di fatto ma anche di diritto alla problematizzazione discorsiva (2002: 33)».
Il ritorno della natura nella cultura, è invito a riflettere sul fatto che non esiste, come sostiene nel celebre testo Le forme del sapere e la
società (1926) Max Scheler, il solo sapere di dominio, quello tecnico-
scientifico, basato per così dire sui sensi, che porta empiricamente alla formulazione di discorsi. Esistono anche il sapere religioso, di contemplazione della verità e il sapere metafisico, che si basa sulla ragione e che mette logicamente in relazione sapere di dominio e sapere, spirituale e religioso12.
Tutte le culture, se lette in chiave gnoseologica sono vere, come vera è la relazione tematizzante da cui si generano, veri i pensieri e i sentimenti degli uomini, indipendentemente dalla loro tematizzazione, ossia dal loro riconoscimento o meno da parte della cultura. In una parola tutto è vero e negare l’esistenza di qualcosa è un errore logico oltre che morale (e religioso). La questione va semmai spostata sulla bontà o meno delle culture, nei confronti della natura. In questi termini si supera, è bene sottolinearlo, non solo ogni forma di relativismo, ma anche lo storicismo insito nel relazionismo di Mannheim e con essi le implicazioni che porterebbe con se la tendenza che Donati rileva nella sociologia attuale a percepire e descrivere la società globalizzata, trans-moderna «come una sorta di
12 Per un’approfondimento del pensierodi Max Scheler si rimanda al testo di
Gianfranco Morra: Introduzione alla sociologia del sapere (1990). Basti qui precisare che delle tre forme di sapere tracciate da Scheler (sapere religioso, sapere metafisico e sapere tecnico), il sapere religioso e quello metafisico sono attributi specificamente umani e dello spirito, condividendo gli uomini con gli animali il sapere tecnico. In particolare pertiene al sapere religioso e/o tecnico la possibilità della salvezza totale e definitiva in Dio, l'Essere Supremo; si tratta, perciò, di un sapere di salvezza. Al sapere metafisico spetta la signoria su verità e valore ed è, pertanto, un sapere di formazione. Il sapere tecnico ha per scopo l'affermazione del potere su natura, mondo e Dio ed è, quindi, un sapere di dominio.
“fine della società”, quasi per analogia con la “fine della storia”13. La quale cosa - in gergo sociologico – significa: fine di ogni possibilità di rappresentare “fare” società secondo modalità riconducibili alle dimensioni umane a noi note nel tempo storico (2005: 8-9)».
Il tempo storico, della relazione (Donati, 2005: 9), emerge empiricamente attraverso la tematizzazione, assieme alla cultura, divenendo tempo simbolico (Donati, 2005: 9). Empiricamente relativo rispetto a se stesso il tempo storico è tale poiché in relazione con l’assoluto, quale tempo della natura14.
La tematizzazione – questo è, infine, il secondo aspetto morale – implica moralmente l’integrazione sociale dei tematizzanti, veicola cioè inclusione o esclusione, premia o penalizza la persona quale uomo in relazione, ha il potere di isolare o integrare, definisce in una parola ciò che empiricamente esiste ed è normale. Non solo, infatti osserva la singola tematizzazione dell’individuo, ma anche quella della società nel suo complesso. Mette a confronto l’istituzione con il singolo, i reciproci valori e le reciproche aspettative. Osserva del singolo il grado di partecipazione e di condivisione della società a cui prende parte e da modo ai partecipanti di vedere quanto la società sia propensa ad ascoltarli e ad accoglierli. Mette a confronto società e culture passate rispetto a società e culture presenti; mette in relazione le tematizzazioni, il mediato, la cultura da una parte, con l’irrazionale, lo spirituale e l’immediato dall’altra. Apre l’immanente al trascendente, il relativo all’assoluto, potendo al fine permettersi se e 13
Donati si riferisce esplicitamente al celebre testo di Francis Fukuyama, del quale riporta il titolo, La fine della storia. (1992), specificando inoltre che l’espressione era già presente nell’opera di Karl Marx.
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Donati parla anche di tempo evenemenziale (Donati, 2005: 9), che in base alle precisazioni teoriche fatte, sarebbe il tempo inerente la relazione tematizzante. Sempre in base alle osservazioni teoriche avanzate, oltre ai registri di tempo utilizzati da Donati: interattivo o evenemenziale, storico relazionale e simbolico (Donati, 1994), si è ritenuto opportuno aggiungere il tempo assoluto.
laddove opportuno, di criticare l’esistente. Tutto ciò, fermo restando il fatto che la sociologia è empiricamente cultura che emerge dalla natura attraverso l’azione del tematizzare.
La società della relazione è quella in cui l’uomo, ogni singolo uomo, può fare la differenza, poiché la relazione non può fare a meno di lui, come lui non può fare a meno della relazione. In questa ottica nessun uomo vale meno di un altro uomo e la società è solo il precipitato di una relazione che lega generazioni presenti e passate a quelle future, in un progetto che è molto più grande del singolo individuo. La nostra cultura, la società attuale, né più né meno di quelle che l’anno preceduta e probabilmente di quelle che le sono compresenti e che la seguiranno, ha difetti ed errori che indipendentemente dalla loro tematizzazione, vanno perdonati; e pregi che vanno trattenuti. In ogni caso si tratta di capitale sociale alle generazioni future.