• Non ci sono risultati.

La società trans-moderna come società mobile, fluida

2. La società nel suo farsi: paradigma relazionale e analis

2.3 La società trans-moderna come società mobile, fluida

Il consolidamento della rivoluzione mobiletica a seguito della diffusione di Internet e dell’aumento degli spostamenti complessivi registrati negli ultimi anni, assieme alla fine della guerra fredda e alla crescente globalizzazione economica, hanno profondamente modificato quello che, dalla fine del XVIII secolo, era stato il principio organizzativo e di legittimazione politica e morale degli Stati-nazione: la coincidenza tra il popolo – o la collettività storica, l’etnia – e l’organizzazione politica (E. Gellner, 1983). Eppure, «nonostante la crescita spettacolare delle interdipendenze a livello planetario e della stessa mobilità umana verificatasi negli ultimi decenni, il nostro continua a essere un mondo diviso in Stati, ciascuno dei quali esercita la propria sovranità su un territorio e una popolazione (Zanfrini, 2004: 129)».

Per spiegare questo fenomeno apparentemente contraddittorio, è utile introdurre il concetto di sistema societario proposto da Pierpaolo Donati (1993) per riferirsi al sistema sociale nazionale. Adottando lo schema AGIL di Talcott Parsons (1965), Donati scompone analiticamente il sistema societario nazionale in quattro sistemi sociali: politico, economico, terzo settore e familiare. A differenza di Parsons, tuttavia, la società non è la nazione, ma la relazione.

La lettura in chiave relazionale della società rende lo schema relazionale AGIL estremamente utile all’analisi di ogni realtà sociale, indipendentemente dal fatto che la sua rilevanza pubblica si verifichi e sedimenti simbolicamente nello spazio politico (territorio locale, nazionale, transnazionale), nello spazio economico o ecologico (ambiente globale/ universo), nello spazio del terzo settore e della famiglia (reale: urbano, rurale, turistico, naturale; virtuale).

Nella società fluida, lo spazio pubblico del sistema societario si è altamente differenziato. Il sistema politico funziona in base a meccanismi legati alla rappresentanza nazionale: si continua a lavorare in nome della nazione e per il popolo nazionale. Il sistema economico opera a livello globale sia nel generare il profitto, sia nel rendicontare la propria attività attraverso i bilanci ambientali e sociali. Il terzo settore e la famiglia riescono a svolgere la propria funzione integratrice, socializzante, identitaria e affettiva anche a lunga distanza, quando non negli spazi virtuali.

Tutto ciò ha notevoli ripercussioni per la società trans-moderna, che a differenza di quella moderna – dello stato-nazione – non si realizza in un unico spazio, quello sul quale il cittadino residente è anche sovrano. Con particolare riferimento alla questione multietnica – altro tema caratteristico della società trans-moderna – Giuseppe Scidà sottolinea, a proposito della rilevanza della dimensione spaziale

e pubblica dell’attività umana, come vi sia «normalmente una forte relazione tra cultura del gruppo etnico e il suo spazio ecologico. L’uomo, infatti, ogni qualvolta opera nel suo ambiente (costituito concretamente dal proprio territorio), finisce con interpretare quest’ultimo, dargli un significato, segnarlo di valenze simboliche. Da ciò deriva, una volta che lo spazio sociale di un territorio sia abitato da un particolare gruppo umano, la notevole difficoltà e problematicità a che si accolga nel proprio ambiente i portatori di un’altra cultura consentendo loro di esprimerla pubblicamente (Scidà, 2000: 11)». Questa definizione, tuttavia, riguarderebbe prevalentemente l’aspetto politico, della cittadinanza e meno quello civile e sociale.

Afferma Laura Zanfrini, a proposito dei migranti, che «secondo il noto modello di Thomas H. Marshall (1964), esiste una progressione nell’ottenimento dei diritti di cittadinanza: dapprima quelli civili – il principio d’uguaglianza davanti alla legge e la protezione nei confronti dei possibili arbitrii del potere; quindi quelli politici – il principio del suffragio universale; infine, grazie a questi ultimi, i diritti sociali – ossia l’accesso ai benefici e alle protezioni di welfare».

Riprendendo il discorso precedente, sembrerebbe in atto una tendenza per cui la cittadinanza civile diviene sempre meno una

questione nazionale e sempre più universale per via

dell’interdipendenza del sistema degli Stati-nazione, mentre i diritti politici rimangono prerogativa di ogni singolo sistema nazionale. I diritti sociali, sia per i migranti, sia per i nazionali, divengono sempre più una questione fluida, sia nella loro definizione sia nel loro godimento. La crisi dei sistemi di welfare, la globalizzazione dell’economia, la possibilità di interagire a livello comunicativo (scritturale e audio-visuale) raggiungendo con un click, uno squillo o un sms quasi tutti i luoghi del mondo; la possibilità di creare identità

fittizie e partecipare ad eventi, sia corporalmente sia in qualità di spettatori, rende possibile la costruzione del benessere economico e relazionale, a tutti i livelli spaziali.

In tal senso, il sociale che emerge dall’azione e dall’interazione, in una parola dalla relazione tra gli uomini, giustifica qualsiasi discorso sia sulla cittadinanza politica, civile, sociale e culturale (Zanfrini, 2004: 6), sia sulla doppia cittadinanza, sia sulla cittadinanza mondiale, sino all’assurdo di una cittadinanza senza nazione, ma non per questo apolide.

Va da sé che in un simile contesto in cui lo Stato-nazione esiste ma il sociale non si esaurisce più all’interno dei suoi confini, il discorso sulla società e sulla cittadinanza societaria muta di significato essendo il sociale basato su relazioni che hanno rilevanza pubblica su territori e spazi diversi, non sempre coincidenti col territorio nazionale. In sostanza, la crescente mobilità delle persone mette in discussione la stabilità della società dello Stato-nazione. La costruzione dell’identità personale e della società, non si realizzano più all’interno dei confini dello Stato.

In questi termini l’integrazione nella società, globale, trans- moderna non è più esclusivamente descrivibile come appartenenza e assimilazione, divengono sempre più importanti i concetti di partecipazione e presenza. Nella dinamica in-group e out-group che caratterizza i rapporti tra i gruppi, le caratteristiche statiche ascrittive si sommano ed interagiscono con le possibilità e le modalità contingenti della partecipazione e dell’esserci corporalmente, o comunicativamente.

E’ importante notare la differenza sostanziale dell’esserci nella società fluida, mobile della trans-modernità, rispetto all’esserci nella

società moderna dello Stato-nazione. In quest’ultima l’esserci è ancora principalmente legato all’appartenenza ad un gruppo stabile, organizzato politicamente, economicamente, socialmente e dotato di una cultura che ha la pretesa di essere unica. L’agire sociale si espleta, per così dire all’interno di una struttura sociale. Si vive in un presente legato a un passato e a un futuro da legami sociali e societari relativamente stabili. L’esserci nel territorio non è sensoriale, ma ideale o valoriale18.

L’esserci della società fluida, trans-moderna è socialmente poliedrico, residualmente ideale e sempre più “sensoriale”, basato cioè sui sensi che definiscono la realtà degli spazi e la loro rilevanza politica, sociale e culturale. Il rilievo dei singoli individui assume uguale importanza (e a volte supera) quella dei gruppi di appartenenza in un rapporto che non vincola necessariamente l’uno all’altro, nel bene come nel male. Ogni uomo è membro di una famiglia, di un gruppo, di una nazione, ma è socialmente in grado di esprimere la propria unicità, la propria differenza. La singolarità sociale, ossia relazionale, in termini di merci consumate, persone conosciute, interazioni avute e soprattutto la possibilità di manifestare o elaborare la propria differenza, è una realtà che rende il sociale fluido, mobile, contingente. Allo stesso modo, la permeabilità e la differenziazione interna ai gruppi rendono l’appartenenza un fenomeno anch’esso contingente.

L’appello di John Urry e Ulrich Beck rispettivamente all’adozione di un nuovo paradigma della mobilità e di un metodo cosmopolita a sostituzione di quello nazionalista è valido nella misura in cui si cerca di promuovere una sociologia che vada oltre lo Stato-nazione e 18

Per un approfondimento relativo alla differenza tra la condizione di vita nell’attuale società, e dell’esistenza in riferimento alle tipologie del sapere, si veda G. Morra (1984), Introduzione alla sociologia del sapere, Brescia, La Scuola.

l’esigenza dello stesso di generare un ordine interno finalizzato al proprio mantenimento.