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La società trans-moderna come società globale

2. La società nel suo farsi: paradigma relazionale e analis

2.4 La società trans-moderna come società globale

Paradossalmente, nonostante la società odierna sia fluida, questa sua caratteristica strutturale qualitativa dipende dalla presenza di una componente strutturale quantitativa fissa, stabile (Urry, 2004).

Gli eventi dell’11 settembre 2001, la SARS e il fenomeno della mucca pazza hanno dimostrato che il mondo è una realtà globale, che la mobilità non è opzionale bensì necessaria al funzionamento dell’attuale società e che lo Stato-nazione deve avere confini mobili: da innalzare per motivi di sicurezza e da abbassare per motivi economici e sociali.

Lo Stato-nazione diviene da fine a mezzo della società trans- moderna. Anche questo processo si inserisce a pieno titolo nello sviluppo della modernità come graduale declino della comunità rispetto al singolo. Non è un caso che Robert Putnam (2002) sostenga che, per far aumentare lo spirito comunitario in America, sarebbe sufficiente limitare l’utilizzo dell’automobile (Urry, 2004).

L’automobile ha infatti profondamente indebolito la vita comunitaria nella misura in cui ha reso possibile instaurare e mantenere relazioni, indipendentemente dal coinvolgimento del vicinato.

Il sistema automobile è stato probabilmente l’innovazione sociale più importante per l’umanità. Sin dalla sua istituzione nel 1914 con la produzione del Model T, questo sistema ha stravolto l’ordine sociale esistente, introducendo importanti mutamenti nella struttura familiare, economica e sociale della società. Basti pensare alla trasformazione della famiglia da tradizionale a nucleare a individuale;

all’introduzione del consumismo come possibilità da parte dei lavoratori di consumare i propri prodotti; al fenomeno dell’acquisto rateale; alla diffusione del turismo; e, soprattutto, alla nascita delle

leisure activities, al fianco delle attività domestiche e lavorative e alla

conseguente differenziazione degli spazi urbani di vita in ricreativi, residenziali e lavorativi.

I circa 700 milioni di automobili che popolano la terra hanno portato alla globalizzazione degli spazi di vita, a una diffusione grazie anche al cinema, alla televisione e a Internet, del modello di vita metropolitano. Qualsiasi uomo, spostato a random da una parte all’altra del pianeta, è in grado di classificare ogni spazio in base a questa semplice tipologia: spazi residenziali, spazi di scuola-lavoro, spazi ricreativi, luoghi incontaminati di salvaguardia ambientale e/o turistici, non-luoghi (Augé, 1992), ossia network di connessione.

Questi spazi sono standardizzati, al loro interno le caratteristiche particolari sono anch’esse un fenomeno globale, poiché a livello globale ne è prevista la presenza. Grazie ai mezzi di comunicazione di massa e ai mezzi di trasporto, è oggi possibile massimizzare l’unicità sociale cui si accennava nel paragrafo precedente. Le possibilità di lavorare in città e paesi differenti, di fare conoscenze diverse rispetto a familiari e amici, rendono socialmente unico ogni uomo. Affinché sia possibile il mantenimento e l’ulteriore sviluppo di questa unicità, e della mobilità associata, è necessario, a livello globale, lo sforzo per la conservazione di un network fisso di strade, autostrade, cavi, condotti per il trasferimento delle risorse energetiche, aeroporti, stazioni, aerei, auto, treni, navi.

La differenziazione degli spazi di vita introdotta dalla diffusione dell’automobile divenne principio assoluto di pianificazione del territorio nel 1933 con l’approvazione della Carta d’Atene (Canzler;

Knie, 1998), nella quale si sottolineò la necessità di concepire e pianificare la strada in funzione della circolazione. L’aumento delle autovetture permise e richiese al contempo lo sviluppo della città metropolitana. Si venne progressivamente a delineare un nuovo modello di vita quotidiana, basato sulla suddivisione delle attività e del tempo della giornata in tempo lavorativo, tempo per le attività domestiche e di sostentamento, tempo libero e, si potrebbe aggiungere, tempo connettivo (Balbo, 1991) cioè quello per spostarsi.

Gli studiosi del time budget hanno scoperto che, a livello aggregato, per attività, la nostra società è caratterizzata dal presentare una perfetta simmetria tra il tempo dedicato al lavoro e il tempo dedicato al tempo libero (Gershuny, 2001), quasi a conferma che, sotto questo punto di vista, il modello fordistico del five dollar a day è ancora funzionante e che la nostra società è ancora fortemente dipendente dal consumo di beni e servizi. Se consideriamo questi risultati delle ricerche sul tempo, diviene chiaramente comprensibile che la crescita della mobilità come fenomeno sociale totale negli stati occidentali o in generale per gli individui che per cittadinanza politica vi appartengono, dipende strettamente dalla possibilità di mantenere se non aumentare il loro tempo libero, senza diminuire il tempo lavorativo.

Per mantenere l’equivalenza tra tempo libero e tempo di lavoro la società della seconda modernità è costretta ad andare oltre i confini degli Stati-nazione, “inglobando” altri paesi o ricorrendo alla migrazione. Si spiega in questo modo come la crescita, in termini di ricchezza e di mobilità, dipenda dalla possibilità di importare immigrati o di spostare la produzione nei paesi dell’Est, primo fra tutti la Cina, opificio del mondo. Non è un caso che i trasporti tra paesi ad alto e basso reddito, a eccezione delle risorse energetiche, riguardino

sempre meno lo spostamento delle materie prime e sempre più quello di prodotti finiti a bassa qualità o semi-lavorati di alta qualità.

Il discorso è pressoché identico per quanto riguarda i servizi. Nel panorama dell’attuale riorganizzazione del welfare e dei diritti sociali, per poter mantenere in equilibrio il rapporto tra tempo lavorativo e tempo libero a livello societario, nelle regioni più sviluppate d’Italia, si fa ricorso al cosiddetto fenomeno delle badanti provenienti dai paesi dell’Est europeo.

La globalizzazione come interdipendenza economica, politica, ma anche sociale, seppur non societaria, è un’esigenza strutturale della nostra società, della società mobile e fluida, che può solo essere cosmopolita e multietnica.

Per quanto mobile e fluido sia strutturalmente il sociale, il sistema societario è dotato di leggi proprie e presenta l’esigenza di trovare un principio per dotarsi di un ordine. Questo non può più essere territoriale, né nazionale, né internazionale, né locale. Dovrà semmai essere globale nel senso perdita di importanza dei confini.