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Il caso Daily Mail and General Trust (causa C-81/87)

ANALISI DELL’EVOLUZIONE SOVRANAZIONALE IN TEMA DI TRASFERIMENTO DI RESIDENZA DELLE IMPRESE VERSO

3.3 Il caso Daily Mail and General Trust (causa C-81/87)

Il caso riguardava una società costituitasi secondo le norme di diritto britannico, che fino al 1984 si trovava residente nel Regno Unito.

In tale anno, la società ha provveduto alla presentazione di una richiesta al Ministero del Tesoro per il rilascio di un’autorizzazione, a norma dell’art. 482, paragrafo 1, lett. a) della Legge britannica del 1970 sull’imposta sul reddito e sulle società, in vista del compimento dell’operazione pianificata di trasferimento all’estero della sede dell’amministrazione centrale.

Successivamente, senza ottenere né attendere alcun riscontro da parte dell’autorità competente, essa ha proceduto con il trasferimento della sede dell’ufficio gestione degli investimenti nei Paesi Bassi, lasciando la sede legale in Gran Bretagna in maniera tale da continuare ad essere assoggettata alle norme britanniche.

In questo modo, in un tempo successivo, la società ha potuto realizzare attraverso un’operazione di vendita una quota dei titoli dell’attivo patrimoniale riscattando poi, con il ricavato dell’operazione, le proprie azioni, senza essere soggetta all’imposta britannica che colpiva il plusvalore generatosi e, allo stesso tempo, senza essere soggetta ad alcuna tassazione nel Paese di destinazione, competente solamente per i plusvalori generatisi dopo lo spostamento sul territorio nazionale. L’intenzione sottesa all’operazione era di mantenere il regime giuridico di costituzione modificando il solo regime fiscale. Nelle questioni pregiudiziali presentate dinanzi alla Corte veniva chiesto di conoscere se vi erano i presupposti per dichiarare una violazione degli artt. 52 e 58 del Trattato CEE (ad oggi artt. 49 e 54 del

T.F.U.E.) o, in alternativa, della Direttiva del Consiglio del 21 maggio 1973, n. 73/148 CEE 43.

La società sosteneva che la richiesta di autorizzazione per il solo trasferimento verso Paesi esteri costituisse un ostacolo al diritto di libertà di stabilimento, poiché condizionava la scelta imprenditoriale ad una valutazione dell’autorità nazionale del tutto scevra da ogni analisi di natura economica. Autorizzazione richiesta poi per i soli trasferimenti transfrontalieri.

La Corte respinse tale tesi in ragione del fatto che la questione dovesse risolversi secondo le regole del diritto interno proprie di ogni Stato. È la lex societatis che, occupandosi delle figure del diritto societario che crea e regola, ha la facoltà di attribuire e togliere la personalità giuridica, di decidere se il trasferimento della sede della direzione effettiva sia causa di scioglimento della società o di continuazione dell’applicazione del regime interno e di scegliere, in ultima battuta, le modalità con cui consentirlo44.

A maggior ragione per il fatto che il Trattato accettava le diversità nei criteri di collegamento e loro modificazioni, senza ricercare una loro armonizzazione.

Le società rappresentano modelli commerciali regolati da sistemi di norme che si occupano della disciplina dei rapporti interni ed esterni tra soggetti.

43 Si tratta della Direttiva relativa alla “Soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all'interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi”, ossia una normativa che assicura il diritto di cambiare domicilio alle sole persone fisiche. Difatti la Corte ha affermato che “la

Direttiva n. 73/148 dev’essere interpretata nel senso che essa non attribuisce ad una società il diritto di trasferire in un altro Stato membro la sede della direzione”,

confermando la sua applicazione limitatamente al campo delle persone fisiche. 44 Corte giust. com. eur., 27 settembre, causa C-81/87, Daily Mail and General Trust, punto 19; Corte giust. com. eur., 5 novembre 2002, causa C-208/00, Überseering.

Sono creazioni di ogni singolo ordinamento giuridico le quali, piuttosto che essere rette dalla legge, finiscono per confondersi nella stessa lex societatis.

Naturalmente la visione della materia fiscale e societaria come prerogativa di ogni singolo Stato membro ha portato ad una proliferazione di discipline che nascono dalla condivisione della teoria dell’incorporazione piuttosto che da quella della sede reale, facendo sì che una lettura dell’operazione come di discontinuità ammetta in maniera legittima l’applicazione delle conseguenze giuridiche e fiscali dello scioglimento dell’ente.

In tale circostanza, l’avvocato generale nelle proprie conclusioni evidenziava che, a differenza di quanto statuito in molti altri ordinamenti nazionali, quello britannico non prevedeva lo scioglimento della società e la sua ricostituzione nello Stato di destinazione in occasione del trasferimento e che, per tale ragione, la disciplina societaria si conformava agli obiettivi comunitari in materia di libertà di stabilimento.

Porre tale Stato in una situazione fiscale di disfavore, per il solo fatto che esso esigeva la liquidazione di un’imposta sui plusvalori latenti, sarebbe stato paradossale in un tempo in cui uno dei principali obiettivi era, come d’altronde è tuttora, quello di creare un mercato unico. La Corte ha perciò avvallato l’amministrazione britannica affermando che la normativa, così come costruita, non determinava un ostacolo alla libertà di stabilimento, neppure nel momento in cui istituiva l’obbligo di richiede il rilascio di un’autorizzazione per quelle società che intendessero insediarsi in altri Paesi, conservando la qualità di società di diritto britannico45.

45 Corte giust. com. eur., 27 settembre, causa C-81/87, Daily Mail and General Trust, punto 18.

Il diritto comunitario nella sua formulazione non statuisce un generico diritto al trasferimento della sede amministrativa con contestuale conservazione dello status di società del Paese di uscita.

È facoltà del legislatore nazionale scegliere i criteri di collegamento al territorio che determinano lo scandirsi della vita societaria di un ente giuridico, senza che questo osti con la normativa comunitaria in materia di libertà di stabilimento e senza che questo crei alcuna problematica circa la compatibilità degli ordinamenti46.

Nel caso contrario, non mantenendo alcun legame giuridico con il Paese di origine in conseguenza all’esercizio della libertà di stabilimento primaria, non può essere autorizzata alcuna restrizione. Con tale sentenza la Corte ha riconosciuto il diritto alla libertà di stabilimento come possibilità di aprire in altri Stati agenzie, succursali e filiali a norma dell’art. 52 T.C.E., ma ha mantenuto la decisione in merito al quando e al come una società termini di essere regolata dal diritto interno come prerogativa nazionale, per via della stretta dipendenza dell’ente giuridico all’ordinamento interno.

La differenziazione delle normative che formano parte di un sistema non armonizzato ha fatto sì che la Corte evitasse di esprimere una propria valutazione circa l’idoneità, la necessità e la proporzionalità delle misure impositive.

La mancata censura della normativa interna ha statuito l’esclusione della pertinenza del trasferimento di sede rispetto alle libertà del diritto comunitario, in particolare con riferimento al momento e alle modalità con cui una società cessa di essere regolata dal diritto nazionale.

46 BALLARINO, T., Sulla mobilità delle società nella Comunità Europea, in Riv. Soc., 2003, II, pag. 673; Corte giust. com. eur., 27 settembre, causa C-81/87, Daily Mail and

General Trust, punto 23. In entrambe le fonti viene richiamata la posizione della

Corte di Giustizia la quale chiarisce che la risoluzione di una tale problematica dev’essere affidata ad iniziative legislative o pattizie, non rinvenibili cioè nell’ambito comunitario.

L’emigrazione perciò non veniva considerata una questione transfrontaliera, minando in maniera diretta la libertà di movimento delle persone giuridiche47.

47 WYMEERSCH, E., Op. cit., pag. 742; ROMANO, C., Sull’illegittimità delle imposizioni

fiscali connesse al trasferimento di residenza all’interno dell’Unione Europea, in Rass.

Trib., 2004, n. 4, pag. 1294; PELLECCHIA, M., Il trasferimento di residenza in Italia, in Rass. Trib., 2015, n. 6, pag. 1412. Si potrebbe anche dire che alle norme che sanciscono la libertà di stabilimento venne affidata un’interpretazione restrittiva, non riconoscendone la sovranazionalità