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ANALISI DELL’EVOLUZIONE SOVRANAZIONALE IN TEMA DI TRASFERIMENTO DI RESIDENZA DELLE IMPRESE VERSO

3.9 Il caso Vale Èpìtèsi (causa C-378/10)

La sentenza in oggetto si occupa del particolare caso di trasferimento della residenza all’estero che si verifica mediante la costruzione di un’operazione di trasformazione transfrontaliera che, determinando la perdita dei collegamenti con il territorio nazionale, porta a considerare il soggetto giuridico non più residente ai fini dell’imposte sui redditi. Il caso muove dalla domanda di rinvio alla Corte di Giustizia presentata da parte del giudice di rinvio ungherese che si trovava a dover decidere in merito alla trasformazione transfrontaliera posta in essere dalla società Vale Costruzioni s.r.l..

Quest’ultima, con l’intenzione di spostare l’esercizio della propria attività d’impresa all’interno dei confini del territorio ungherese, ha proceduto con la sua cancellazione dal registro delle imprese italiano e la successiva costituzione di una società a responsabilità limitata di diritto ungherese, la VALE Èpìtèsi kft. Al momento della presentazione alla Corte di Budapest della domanda di registrazione della società, l’autorità ungherese rigettò l’istanza.

Le ragioni fondamentali risiedevano nella costruzione della disciplina atta a regolare le ipotesi di trasformazione, la quale contemplava la sola casistica di trasformazione interna, ovvero tra società che avevano la propria sede all’interno dei confini nazionali.

In tal modo, essendo il dante causa indicato un soggetto italiano la richiesta veniva rifiutata.

Si deve necessariamente osservare come una tale costruzione introduceva una chiara disparità di trattamento che discriminava le operazioni transfrontaliere rispetto a quelle interne.

In relazione a quanto già detto sopra, un tale effetto rappresentava una misura restrittiva della libertà di stabilimento, dal momento che le

società risiedenti in altri Paesi membri venivano dissuase dallo spostare l’insediamento effettivo e, in maniera indiretta, dallo svolgere un’attività economica in altro Paese membro così come previsto dagli artt. 49 e 54 del T.F.U.E..

Come già precedentemente sottolineato nella causa Cartesio, dev’essere rispettata la distinzione tra un trasferimento internazionale, che avviene senza il conseguente cambiamento del diritto nazionale applicabile, rispetto ad una trasformazione transnazionale.

La ricostituzione transfrontaliera, determinando il cambiamento della legge applicabile e la cancellazione dell’ente giuridico dal Paese di origine, non può essere sottoposta ad alcun tipo di restrizione121.

Ancora una volta, eventuali misure restrittive potevano però esistere legittimamente, alla condizione che le stesse rispondessero necessariamente alla tutela di ragioni imperative di interesse generale. Sul punto venne richiamata la sentenza SEVIC, causa C-411/03122, nel

cui procedimento si ritrova un’altra tipologia di operazione

121 Come osservato nelle Conclusioni dell’Avvocato generale, 15 dicembre 2011, par. 72 e 73, “il principio di non discriminazione [impone] allo Stato membro ospitante di

consentire in linea di massima la ricostituzione transfrontaliera di una società” e

ancora “lo Stato ospitante […] non può applicare norme interne che potrebbero

impedire la ricostituzione transfrontaliera per il solo motivo che il diritto nazionale delle società non ha previsto una siffatta operazione transfrontaliera”. In aggiunta,

doveva essere assegnata rilevanza a due distinti principi: quello di equivalenza secondo cui “se la normativa di uno Stato membro prevede, nell’ambito di una

trasformazione interna, una stretta continuità giuridica ed economica tra la società dante casa […] e la società avente causa trasformata, tale requisito può essere imposto anche nell’ambito di una trasformazione transfrontaliera” e quello di

effettività, per il quale si deve mantenere “il collegamento indispensabile tra il

procedimento di registrazione nello Stato membro d’origine e quello nello Stato membro ospitante”; così Assonime, 20 febbraio 2014, circolare n. 5, Il trasferimento all’estero della residenza delle società: l’analisi del decreto attuativo del comma 2- quater dell’arti. 166 del T.U.I.R. alla luce dei principi comunitari, pag. 19.

122 La società SEVIC System AG, mediante un contratto di fusione, acquisiva nel corso del 2002 la società SVC con trasmissione universale del patrimonio e senza procedere preventivamente con la liquidazione societaria. Una volta compiuta l’operazione, la domanda di iscrizione nel registro delle imprese tedesco fu respinta a causa della diversa nazionalità delle imprese che avevano preso parte all’operazione di fusione, appunto transfrontaliera.

transfrontaliera, la fusione, la quale si trascinava le medesime problematiche interpretative.

Entrambi i casi potevano essere considerati come tecniche di trasformazione societaria che consentivano di esercitare una data attività in forme nuove e senza soluzione di continuità123,

presupponendo l’applicazione consecutiva di due differenti ordinamenti nazionali i quali, come già evidenziato soprattutto con riferimento all’ambito delle imposte dirette, presentano considerevoli elementi di eterogeneità.

Questo determinava l’insorgere di un’esigenza di coordinamento che meglio avrebbe trovato risposta in un intervento di armonizzazione, non ancora presente nel contesto comunitario.

Inoltre, vennero portati all’attenzione della Corte anche gli interessi di tutela nei confronti di soggetti terzi alla società, quali creditori e lavoratori, nonché la tutela dei controlli fiscali e la lealtà nei rapporti commerciali124.

La questione è stata risolta da un lato assumendo che la mancanza di norme comunitarie volte all’armonizzazione delle disposizioni nazionali non possa essere considerata quale ragione a fondamento della non attuazione o del non rispetto del diritto alla libertà di stabilimento e, dall’altro lato, che le giustificazioni presentate alle restrizioni delle libertà fondamentali non integrano la fattispecie della ragione imperativa di interesse generale, dal momento che eccedono quanto necessario per raggiungere l’obiettivo prefissato.

Difatti, la normativa ungherese, così come formulata, non consentiva la registrazione dell’operazione nemmeno nella situazione in cui gli interessi di terzi, siano essi creditori o amministrazione finanziaria, non venissero lesi o anche solo minacciati.

123 Corte giust. com. eur., 13 dicembre 2005, C-411/03, Sevic, punto 21. 124 Ibidem, punto 24.

In conclusione, lo Stato ospite ha l’obbligo di consentire l’operazione di ricostituzione transfrontaliera in accordo con il principio secondo cui sono vietate le restrizioni in uscita quanto quelle in entrata: “rientrano nell’ambito di applicazione del diritto di stabilimento tutte quelle misure che permettono o anche solo facilitano l’accesso ad un altro Stato e/o lo svolgimento di attività economiche in tale Stato”125

garantendo le medesime condizioni degli operatori domestici.

125 Ibidem, punto 18.