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2. CAPITOLO 2 La città nella Mesopotamia antica e la capitale neo-assira

2.3 Il caso studio: la costruzione di Dūr-Šarrukīn

“(Io) Sargon II, re del mondo, re d’Assiria, ho costruito una città secondo il desiderio del mio libbu e le ho dato il nome Dūr-Šarrukīn. Al suo interno vi ho costruito un palazzo che soddisfa tutti i desideri e che non ha eguali nella quattro parti del mondo”48.

In termini generali, l’atto del fondare una nuova capitale si inserisce all’interno di un’ottica di monopolio e modellazione dello spazio circostante, sul quale il re assiro è autorizzato a intervenire per adempiere al proprio ruolo di civilizzatore e imporre la propria egemonia sia nel cuore dell’Assiria, sia sul piano universale: la sua capitale, di conseguenza, diventa un vero e proprio simbolo di dominio globale49.

Oltre a ciò, Dūr-Šarrukīn si concretizza come il frutto di un unico e immenso progetto concepito dalla mente sovrana e dai suoi più stretti collaboratori, affinché nella forma esterna

48 Iscrizione su mattone proveniente dalla sala del trono del palazzo di Khorsabad: mLUGAL.GI.NA šar4 ŠÚ

šar4 KUR aš-šurki // i-na bi-bil ŠÀ-ia5 ālu DÙ-[ma] // BÁD.m20.GI.NAki šùm-šú a[b-bi] // É.GAL ta-aṣ-ba-ti

šá i-na [kib-rat] // LÍMMU-i NU TUKU <<AŠ>> GABA.RI-šá [q]é-˹reb-šú [ab-ni] (Fuchs 1994: 287).

49 “If, on the one hand, the “new cities” per se, defy the application of univocal criteria, reflecting rather a distinct logic of growth or control of basic power in the various hegemonous reigns, on the other, each shows the result of a unique plan according to the primordial conception of the birth of a city as a divine act; that is, a “creation from nothing”: the foundation of a city is, therefore, by its very nature, the only tangible expression of this specific formulation of the cosmic theory” (Dolce 1997: 251).

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peculiare, nelle sue manifestazioni architettoniche e artistiche innovative, si rispecchiasse a tutti gli effetti l’idea rinnovata di regalità assira auspicata da Sargon II50.

L’organicità della forma urbana e il rigore con cui essa è pianificata sono documentati dalle parole del re, dirette e tonanti nel caso delle iscrizioni ufficiali, latenti ma perentorie nella corrispondenza emessa dai suoi ufficiali; in entrambi i casi, la città è testimonianza diretta di una convergenza di ragioni di natura diversa, tra fattori ideologici e politici, esigenze tecniche e motivazioni teologiche.

Pertanto, sembra necessario sottolineare l’unicità di una costruzione che si delinea come manifesto immanente di una nuova politica reale e di una rinnovata adesione alla religione tradizionale e nazionale: l’impianto planimetrico, la posizione sopraelevata dell’installazione palatina, il rapporto tra gli spazi dedicati alle funzioni istituzionali e le aree destinate al culto degli dèi, il programma decorativo tra narrazioni e simbologia sono solo alcuni degli elementi su cui Sargon II appone la sua personale firma, sottraendoli alle correnti tradizionali, nazionali ed estere, e rielaborandoli affinché divenissero l’emblema del suo regno.

Dūr-Šarrukīn diventa “l’affermazione esplicita e la realizzazione materiale di un originale progetto politico, il manifesto di un programma perseguito da Sargon II fin dagli inizi del suo regno e l’espressione simbolica di un disegno di rinnovamento dello stato”51.

Nel complesso palatino di Dūr-Šarrukīn vengono difatti accolti, rimaneggiati e riformulati gli elementi architettonici che, progressivamente, si sono radicati nella tradizione delle edificazioni urbane assire pregresse; essi vengono rielaborati e sintetizzati affinché si proceda verso la visione di un’architettura unitaria52. Simultaneamente, i costruttori di

Sargon II sono inclini ad accogliere e integrare elementi allogeni derivanti dalla tradizione edilizia occidentale, attuando perciò un monumentale processo di perfezionamento delle tecniche edilizie e decorative.

Il nuovo centro urbano si staglia, concettualmente e visivamente al tempo stesso, come il simbolo del nuovo ordine mondiale concepito dal potenziale fondatore di una nuova dinastia, realizzato su misura del sovrano e della sua amministrazione: analogamente, l’edificio palatino campeggia in posizione di preminenza all’interno del paesaggio urbano, sul quale

50 Fuchs 2009: 51-61. 51 Matthiae 1994: 32. 52 Matthiae 1994: 37.

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si erge come la proiezione architettonica di un potere reale che tende gradualmente a commisurarsi con quello divino, in modo tale che l’assimilazione dell’intera città in una sfera pressoché mitica sia accentuata dall’idea che sono proprio i palazzi a forgiare la forma della città53.

Rispetto all’evidenza del dato archeologico, la fonte epigrafica sembra descrivere un proposito diverso, giacché viene appositamente redatta per ristabilire agli occhi del pubblico quell’ordine universale che il re aveva intaccato in modo razionale e meditato, annunciando come la prima cura del sovrano fosse quella di stabilire i templi delle principali divinità – Sin, Ningal, Šamaš, Nabû, Adad, Ninurta e le rispettive paredre – e, solo successivamente, ragionare sull’edificazione del palazzo come sede del governo e residenza.

Simili rimandi alla priorità dell’elemento teologico possono essere individuati nella zelante descrizione dell’ingresso degli dèi nei templi, evento che precede di gran lunga l’inaugurazione ufficiale della città, e nella priorità loro riservata nella cerimonia inaugurale. In realtà, il complesso palatino si inserisce in un chiaro proposito di monumentalizzazione del potere temporale del sovrano, attraverso gli espedienti architettonici di un corpo sopraelevato, difatti posizionato su una terrazza artificiale appositamente costruita per innalzare gli edifici ufficiali, e aggettante verso l’esterno, oltrepassando di gran lunga l’ipotetica traiettoria lineare delle mura cittadine54.

L’opera di edificazione di Dūr-Šarrukīn, pertanto, si materializza nella visione universalistica del potere assiro di fronte a un panorama mondiale ormai esteso e variegato. Contestualmente, essa diviene l’affermazione categorica di un nuovo sovrano che si interpone fra la tradizione e l’innovazione, il quale stabilisce la propria figura e le proprie idee come fondamento di uno stato unitario, autorevole e ben organizzato, dal centro alle province più periferiche.

Khorsabad vuole diventare la capitale assira la cui localizzazione non sembra possedere ovvi meriti pratici, ma che viene verosimilmente fondata come un ideale, come un’affermazione concettuale di un re che aveva conquistato per sé la corona e che aveva intenzione di presentarsi al mondo come sovrano unico e universale55.

53 “Daꞵ gerade die Paläste - und nur sie, nicht die Kultbauten - die klare, geometrische Form der Stadt sprengten und so dem gesetzten Rahmen der irdischen Welt geradezu entrückt ware” (Novak 1997: 188).

54 Vd. Tav. 4, Cap. 10. 55 Reade 2011: 118.

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La città di Dūr-Šarrukīn (urudūr-šarru-ukīn / urudūr-šarru-kēn letteralmente “il forte

di Sargon II”) viene realizzata su desiderio di Sargon II in una località di nome Magganubba, occupata da un piccolo insediamento agricolo, a circa diciotto chilometri a nord-est di Ninive e poco meno di cinquanta a nord di Nimrud56. Con il moderno nome di Khorsabad, la città

viene fondata ex nihilo57 nel 717 a.C. e viene inaugurata nel 705 a.C., sebbene tale cerimonia

non sancisca in modo definitivo il termine dei lavori, che rimarranno incompiuti a causa della morte improvvisa del fondatore; difatti, pochi mesi dopo l’inaugurazione ufficiale del centro urbano, Sargon II perisce durante la campagna militare di Tabāl, in Anatolia, lasciando le redini del comando al figlio Sennacherib, il quale trasferisce senza indugio la capitale a Ninive e rendendo quindi la nuova fondazione “un guscio vuoto per il resto della vicenda imperiale, senza subire, di conseguenza, alterazioni successive o distruzioni violente”58.

La prova che i lavori non fossero stati terminati è fornita dai resoconti di scavo, principalmente quelli redatti dall’Oriental Institute di Chicago, che individuano nell’incompiutezza del repertorio decorativo il chiaro segnale di un abbandono forzato delle operazioni59.

Malgrado il repentino allontanamento di Sennacherib dalla città di recente fondazione e, di conseguenza, la privazione di qualsiasi funzione amministrativa e politica – ruoli che, difatti, non aveva mai pienamente assunto – è plausibile ipotizzare sulla base delle testimonianze cuneiformi che la città fosse rimasta attiva come centro residenziale, verosimilmente occupata dal governatore della regione, almeno per l’intervallo di tempo che intercorre fra il suo abbandono e la caduta dell’impero assiro.

56 Vd. Tav. 2, Cap. 10.

57 In base alla definizione elaborata da R. Dolce e convenzionalmente adottata dagli studiosi, la costruzione della città verrà definita ex nihilo: “Se dunque la “città ideale” è già, nei termini qui preposti, un concetto arcaico, allora la differenza fra città ex-nihilo e città ex-novo trova una sua ricomposizione ideologica: nel primo caso, le città ex-nihilo esprimono la capacità in un dato e unico momento di tradurre l’idea in progetto; nel secondo, le città ex-novo mirano a ricondurre sullo stesso piano progettuale la forma urbana, determinata dalla raison d’être della nuova fondazione” (Dolce 1994: 134).

58 Fales 2001: 147; cfr. Albenda 2003: 7. 59 Loud – Altman 1938.

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Tutti questi eventi tendono a convergere nella spiacevole visione di una città mai realmente nata, l’immagine di uno scheletro urbano privato della possibilità di rivestire quel ruolo ufficiale per cui era stato programmato, se non idealmente nella percezione utopistica del re che ne concesse la fondazione. L’ignominia del fato di Sargon II, il grande conquistatore, segnò anche il destino della sua città: essa non divenne mai la capitale dell’Assiria, ma fu condannata ad appassire sotto l’ombra di Ninive, determinando pertanto un epilogo assai beffardo rispetto al futuro glorioso per cui era stata pianificata60.

Durante il suo regno, Sargon II trascorre gli intervalli di tempo fra una campagna militare e l’altra nel palazzo di Assurnaṣirpal II a Kalḫu, le cui architettura e decorazioni saranno – per Sargon II e per i suoi artigiani – fonte di ispirazione per la costruzione del palazzo a Dūr- Šarrukīn: la fondazione e la costruzione di una nuova città, realizzata su terreno vergine, viene quindi intrapresa mentre il sovrano, di fatto, governa dalla dimora di un suo predecessore del IX secolo a.C.61.

La scelta del luogo di costruzione è sempre stato oggetto di dibattito da parte degli studiosi, in quanto la città risulta edificata in una posizione decentrata e decisamente meno strategica rispetto ad Assur, Ninive e Kalḫu: in apparenza, la dislocazione del nuovo centro urbano in un luogo privo di particolare interesse politico ed economico appare come una risoluzione criptica e ingiustificata, soprattutto se paragonata alle posizioni ragionate degli altri centri nel cuore dell’Assiria.

Per cercare di superare questa situazione di inevitabile perplessità, è essenziale ricondurre tutte le possibili interpretazioni sul caso alle poche parole spese da Sargon II all’interno delle sue iscrizioni, che solo brevemente accennano alle condizioni del territorio sul quale è in procinto di edificare, ma che tuttavia dimostrano come tale posizione rispondesse ai requisiti di un piano ambientale ben congegnato dalla mente reale. Difatti, la presenza di villaggi agricoli preesistenti all’edificazione del centro urbano, in aggiunta a quelli di recente scomparsa descritti nei resoconti dei primi pionieri giunti sul sito di Khorsabad, attestano che la regione fosse ben irrigata e, quindi, adatta a una riforma del territorio circostante per

60 Parpola 1994: 68. 61 Nadali 2018: 132.

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un incremento della produzione agricola tale da soddisfare le esigenze di una nuova capitale62.

Oltre a ciò, le tumultuose circostanze politiche che anticipano l’ascesa al trono del re legittimo, il cui nome formale – šarru-kēn / šarru-ukīn “il re è stabilito, legittimo / il re ha stabilito (l’ordine)” – 63 appare emblematico se contestualizzato all’interno degli eventi che

si avvicendano in questo periodo storico, costituiscono un movente importante per i successivi provvedimenti reali, incluso lo spostamento coatto della capitale e della corte centrale. I lavori per la costruzione della nuova città vengono intrapresi a distanza di alcuni anni dall’ascesa al trono, delineando pertanto un arco di tempo di circa cinque anni in cui il nuovo re avrebbe in primis raccolto gli strumenti necessari per stabilizzare la propria corona e, in secundis, dedicato i propri sforzi alla pianificazione della città ideale64 in un territorio

altrettanto ottimale.

Sebbene le iscrizioni ufficiali e la corrispondenza non facciano direttamente riferimento alle operazioni di pianificazione della città, nel primo caso perché la voce del re tende a semplificare le operazioni attraverso l’artificio letterario dell’illuminazione divina, mentre le lettere riportano le comunicazioni di una costruzione già in atto, sembra evidente che il processo di edificazione abbia preso vita a seguito di una scelta attenta e minuziosa del terreno, materie prime, lavoratori e manodopera.

I terreni di Magganubba, precedentemente abitati da famiglie di proprietari terrieri e agricoltori, vengono legalmente espropriati affinché il territorio fosse predisposto alle 62 Le possibili ragioni che hanno addotto alla costruzione di Dūr-Šarrukīn verranno opportunamente

identificate e commentate nel paragrafo dedicato alla progettazione della città: vd. infra, § 3.1.

63 Sia che Sargon II avesse deciso di adottare il nome šarru-ukīn, sia che l’avesse ricevuto alla nascita, egli era indubbiamente convinto che il suo nome riflettesse il suo ruolo reale e, potenzialmente, credeva che questo avrebbe stabilito un contatto con il suo famoso omonimo, Sargon II di Akkad, il sovrano imperialista per eccellenza. (Frahm 2005: 48); per ulteriori discussioni inerenti alla pronuncia e al significato del suo nome sulla base della lettura dei segni, si rimanda a Vera Chamaza 1992 ed Elayi 2017: 13-23. La scelta del nome, in base all’analogia intenzionale con Sargon II di Akkad, viene altresì analizzata e commentata in un brillante articolo dal titolo Literature and Political Discourse, all’interno del quale l’autore cerca di fare chiarezza sulla

Geografia di Sargon II e la Cronaca Weidner, due testimoni che hanno stimolato un acceso dibattito non solo

riguardo al periodo della loro stesura, ma anche sulle modalità con cui i re antichi e le loro gesta fossero stati percepiti in epoca tarda (Van de Mieroop 1999).

64 Nelle iscrizioni ricorre una formula che anticipa il resoconto di costruzione e che determina una fondamentale volontà di personalizzazione del progetto edilizio: ur-ru ù mu-šu a-na e-peš āli šá-a-šu ak-pu-ud “notte e giorno ho pianificato la costruzione di questa città” (Fuchs 1994: 293).

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operazioni di edificazione. Pertanto, dopo anni di pianificazione, Sargon II intraprende i lavori di costruzione di una città che, terminata nei suoi elementi fondamentali, raggiungerà un’estensione di 300 ettari e troverà nelle mura, nella terrazza artificiale e nell’apparato decorativo palatino i suoi massimi punti di espressione e di monumentalità.

La città si contraddistingue per un’ampia cinta muraria che le conferisce una forma regolare (trapezoidale e non quadrangolare, come inizialmente era riportato nelle planimetrie dei primi resoconti di scavo)65: le mura sono realizzate con fondamenta in pietra e alzati in

mattone crudo, la cui altezza massima doveva aggirarsi attorno ai dodici metri, ed erano incorniciate a intervalli regolari da un alto numero di torri aggettanti; la complessiva regolarità del perimetro murario viene interrotta nel settore nord-ovest dall’imponente terrazza artificiale, aggettante a sua volta verso l’esterno, sulla quale si estende il solenne palazzo reale insieme ai santuari e alla torre astronomica. Al di sotto di essa si sviluppa il resto della cittadella, circondata da una seconda cinta di mura e provvista dei principali edifici pubblici e residenziali, ovvero il tempio dedicato a Nabû e le residenze secondarie, una delle quali attribuita a Sīn-aḫu-uṣur, fratello di Sargon II e sukkallu (“Residenza L”). Con una simile conformazione viene edificato anche il palazzo dell’arsenale, nella porzione sud-ovest della città. Sebbene il centro urbano, nella sua interezza e nella forma fortemente marcata dall’imponente cinta muraria, rispecchi già di per sé il simbolo di un dominio universale e di un’autorità pienamente affermata su piano immanente e cosmico, la cittadella e la terrazza palatina riflettono con enfasi ancor maggiore l’innovazione ideologica di Sargon II: gli edifici più importanti per la gestione dello stato, difatti, sono eretti in modo tale da risultare visibili, sia dal punto di vista di un cittadino, sia da quello di uno spettatore esterno alle mura; in più, la politica interna del sargonide emerge apertamente nella distribuzione degli spazi dedicati alle funzioni pubbliche, dalle residenze dei membri di corte ai principali santuari cittadini, intenzionalmente posizionati alle propaggini del suo palazzo e, nel caso delle residenze private e del tempio di Nabû, vistosamente controllati dall’alto nonostante il dislivello generato dal terrazzamento.

Il contributo innovativo della percezione urbana di Sargon II si riflette in modo chiaro proprio nella disposizione della cittadella, in quanto si allontana moderatamente dalla visione tradizionale e si appressa a una proiezione architettonica più compatta e unitaria:

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“La fondazione muove da una diversa concezione del monumento architettonico e celebrativo, inteso come sfondo maestoso e scenograficamente incomparabile alla ormai consolidata coscienza dell’unità dell’impero. L’unità dell’Assiria, trasferita nei volumi del palazzo di Sargon II, presiede dall’alto della terrazza su cui si erge la fabbrica dell’ordine cosmico ormai stabilito e circoscritto nelle mura fortificate della cittadella, ove si estendono i templi di Nabû e di altre divinità, i palazzi del principe ereditario e dei governatori dell’impero”66.

La politica interna di Sargon II, collocata tra l’impulso all’innovazione e la volontà di riordinare una tradizione millenaria, si riflette deliberatamente nella sua concezione di città ideale: la forma della città, la predilezione per le formulazioni monumentali della cinta muraria, i rapporti geometrici fra gli spazi, la solennità delle porte di accesso, la volontà di stabilire nuovi rapporti gerarchici nell’immanente e nel trascendente.

Sebbene, di norma, nelle altre città assire il complesso templare venisse istituito nei pressi del palazzo reale, ma sempre in condizione di autonomia spaziale rispetto ai suoi ambienti, a Dūr-Šarrukīn la distinzione fisica tra residenza del re e casa degli dèi sembra essere stata volutamente evitata e oltrepassata, prediligendo una soluzione di continuità architettonica tra le facciate e adducendo a una nuova relazione fra istituzione religiosa e istituzione reale che si concretizza in un’unità coerente67.

Dal punto di vista di un visitatore esterno, così come quello di un abitante locale, il centro urbano doveva apparire esattamente nel modo in cui era stato concepito e realizzato: una città ideale pianificata nei minimi dettagli dalla mente del re, costruita dalle sapienti mani degli artigiani e benedetta dagli dèi del pantheon assiro. I suoi elementi costituenti, latori di messaggi programmatici e simboli di maestà, non sono mai evasivi né celati; al contrario, vengono creati per essere percepiti e intenzionalmente posizionati in luoghi strategici, affinché fossero ammirati.

Il dato archeologico, la cui interpretazione è indubbiamente agevolata dal fatto che la città si colloca come un sito a una sola fase edilizia, sembra concordare con quello epigrafico nelle intenzioni finali del suo creatore, il quale aveva elaborato un complesso sistema

66 Dolce 1995: 84.

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organizzativo basato sulle più diverse figure artigianali e professionali cosicché si potesse dar vita a un’unità di concetto e di produzione68, un merito ancora più rimarchevole dal

momento che lo stesso Sargon II predispone il proprio palazzo alle influenze architettoniche e artistiche provenienti dalle regioni siro-anatoliche e, verosimilmente, si avvale di abili maestranze straniere provenienti da quei territori.

Il proposito di convogliare gli elementi appartenenti a un mondo extra-assiro all’interno del nuovo centro urbano si inserisce pienamente nel desiderio reale di controllo universale: non solo le figure artigianali straniere, ma anche gruppi di uomini deportati dai territori conquistati e dalle province più esterne affinché lavorassero per la corona e, infine, risiedessero nel nuovo centro urbano come sudditi assiri.

In aggiunta al trasferimento coatto di masse umane, il re si fa promotore di un afflusso forzato di materie prime (pietra, legname, etc.) e tutto ciò che la periferia può fornirgli ai fini di un’innovazione architettonica, una decorazione palatina e, in termini ideologici, per un personale sentimento di collezionismo selettivo.

L’ingente corrispondenza è in grado di confermare come l’organizzazione dei lavori, dalla progettazione all’inaugurazione della capitale, avesse coinvolto tutti i sudditi del re assiro, dai suoi più stretti collaboratori ai governatori delle province periferiche, dagli ufficiali di alto grado alla popolazione, le cui precise responsabilità erano direttamente proporzionali allo status e alla carica istituzionale che ricoprivano.

In conclusione, la città di Dūr-Šarrukīn è una città complessa, frutto di una pianificazione altrettanto elaborata e di un coordinamento di forze, interamente progettata prima della sua costruzione ed edificata su un terreno vergine senza il contrasto di strutture preesistenti, il cui scopo è quello di divenire un instrumentum regni e il compimento concreto del cosmos69.