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3. CAPITOLO 3 Preludio alla costruzione di una città: le cause, la progettazione e la fondazione

3.1 Le cause: motivazioni politico-ideologiche, tecniche e fondamenti teologic

L’edificazione di un nuovo centro e il trasferimento di capitale devono essere state le risposte tempestive a una serie di esigenze concrete verificatesi nel clima politico di generale incertezza che segue la morte del suo predecessore, un evento imprevisto che, tuttavia, viene brevemente motivato da Sargon II nella cosiddetta Aššur Charter:

“Salmanassar, colui che non ha onorato il re dell’universo, ha condotto la sua mano a compiere sacrilegio nei confronti di questa città (Assur), e così ha posto […]. Egli ha imposto gravose corvée e lavoro forzato sulla sua gente, e li ha trattati come schiavi. […] Enlil tra gli dèi nell’ira del suo “cuore” rovesciò il suo regno. Ha eletto me, Sargon II, re legittimo. Ha lasciato che prendessi lo scettro, il trono e la corona”4.

3 Questa domanda non è secondaria allo studio del processo di costruzione, sebbene le risposte rimangano in gran parte speculative. Perché, quindi, trasferirsi? Prima di addentrarsi in un’indagine maggiormente pragmatica, E. Barbanes sostiene che la risposta potesse risiedere nel rapporto fra il re e la sua città; dai testi sappiamo che la regalità era intrinsecamente connessa alla città reale e la città era considerata la residenza terrena degli dèi. Pertanto, il gesto significativo di costruire una nuova città incoraggiava gli obiettivi reali, stabiliva la legittimità sul governo predominante e creava una nuova collocazione per la rappresentazione simbolica di potere, benessere e prestigio reali (Barbanes 2003: 16).

4 Sezione tradotta liberamente sulla base dell’edizione del testo riportata di seguito: md[SILIM-ma-nu-MAŠ] //

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Nonostante non vi sia alcun fondamento storico che convalidi queste azioni peccaminose perpetrate da Salmanassar V, esse vengono opportunamente rettificate mediante il provvidenziale avvento di Sargon II nell’esatto ordine in cui erano state elencate in precedenza. Il nuovo monarca si afferma sin da subito come il re giusto in grado di capovolgere in positivo tutti gli errori commessi dal suo predecessore e si impone come il re legittimo, scelto e nominato dagli dèi.

A causa della crescente espansione dell’impero assiro nel IX secolo a.C., la stabilità politica interna inizia a manifestare diverse incrinature causate principalmente dall’accresciuta autorità dei singoli alti funzionari, i quali costituivano un rischio per la monarchia stessa; la fase più difficile, infatti, era proprio il consolidamento della successione a seguito dell’ascesa al trono di un nuovo re5.

Così come l’ascesa al trono di Sargon II si configura come un evento enigmatico e tuttora al vaglio di molti studiosi, allo stesso modo le sue origini sono state oggetto delle più disparate speculazioni: se, in un primo momento, il suo nome era stato inteso come una volontà arbitraria di regolarizzare la propria posizione, giacché figlio illegittimo o usurpatore della corona, una più attenta lettura del suo nome6 e delle fonti ufficiali sembra confermare che

egli fosse pienamente integrato nella dinastia reale e, pertanto, un legittimo erede al trono. Una di queste iscrizioni, difatti, riporta la dicitura “Palazzo di Sargon II, re grande, re potente, re del mondo, re d’Assiria, figlio di Tiglatpileser, re d’Assiria”7, dimostrando in tal

modo che l’ipotesi di un’usurpazione sia ormai lontana dall’essere considerata una certezza inconfutabile.

šik-ku mar-ṣi-iš [UŠ-m]a i[m-t]a-ni ERÍNmeš ḫup-šiš i-[x x x x] // dEN-LÍL DINGIRmeš ina ug-gat ŠÁ-šú BALA-[š]ú i[s-kip i]a-a-ti mLUGAL-GI-NA MAN [kuraš-šur] šá-[i-im] // ul-la-a SAG-ia gišGIDRI gišGU.ZA AGA ú-šat-me-ḫa-an-[ni x x x x x x x x x] (Vera Chamaza 1992: 23-25; cfr. Saggs 1975: 14-15).

5 Cancik-Kirschbaum 1995: 17.

6 “Sargon II has gone down in the secondary literature as an “usurper”, an opinion that is based on the programmatically assumed name Šarru-kēnu and on the silence of the sources on his origins. In fact, nowadays, this assumption must not be viewed without doubt. This personal name could find quite probably explanation as a phonetic reproduction of the contracted pronunciation Šarru-ukīn to Šarrukīn; so that it should be interpreted not as “legitimate/just king” but as “the king has obtained/established order” (Vera Chamaza 1992: 31-32).

7 É.GAL mMAN-ú-ki-in MAN GAL MAN dan-nu MAN ŠÚ MAN KUR aš-šur A mtukul-ti-A-é-šár-ra MAN KUR aš-šur-ma (Thomas 1993: 165-166).

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Sulla base di queste evidenze, pertanto, Sargon II è figlio di Tiglatpileser III, legittimo re di Assiria, e fratello di Salmanassar V, suo predecessore; a causa di ciò, sembra evidente che Sargon II non fosse a tutti gli effetti il fondatore di una nuova dinastia, bensì il regolare erede della casa regnante assira, e che il suo obiettivo non fosse dunque quello di legittimare sé stesso agli occhi della corte assira, ma quello di ristabilire l’ordine che era stato precedentemente intaccato e corroso dalla precedente amministrazione8.

Sebbene siano state avanzate molte ipotesi in merito alle origini di Sargon II e alla scelta del nome, è verosimile pensare che la decisione sia stata tutt’altro che casuale, poiché determina difatti un’associazione diretta fra la sua ascesa al trono9; le sue decisioni politiche e le sue

scelte strategiche con quelle compiute dal suo omonimo ad Akkad più di 1500 anni prima10.

Le disposizioni del nuovo re appaiono complessivamente incentrate sulla proclamazione di un nuovo ordine, un’idea più compatta e universale di impero assiro, una gestione più diretta e capillare delle province esterne e la definizione di una solida rete di alleanze con i collaboratori più stretti.

L’atto decisionale di trasferire la capitale a una distanza tanto significativa da Kalḫu, e altrettanto notevole da Assur, sembra contribuire parzialmente all’ipotesi che Sargon II volesse allontanarsi, idealmente e fisicamente, dagli interessi che si erano costituiti non solo ad Assur, ma anche a Kalḫu nel corso del tempo, sebbene le tempistiche con cui tali operazioni avevano avuto luogo non agevolano una simile interpretazione dei fatti11: se, da 8 La successione da Salmanassar V a Sargon II è documentata dalle Cronache babilonesi: MU 5 šul-man-a-šá-

red ina itiṭebēti šīmātimeš // 5 MUmeš šul-man-a-šá-red šarru-ut kurakkadîki u kuraš-šur īpuš // itiṭebētu UD 12kám

šarru-kîn ina kuraš-šur ina kússê ittašabab “Il quinto anno; Salmanassar (V) è morto nel mese di Ṭebētu // per cinque anni Salmanassar (V) ha governato su Akkad e sull’Assiria. Nel quinto giorno del mese di Ṭebētu Sargon (II) è asceso al trono d’Assiria” (Grayson 1975: 73).

9 Galter 2006: 279-302.

10 “In this conceivably consistent pattern, Sargon II’s otherwise puzzling decision to build at virgin Khorsabad rather than at Nineveh is probably best explained by his wish to emulate the actions of the earlier Sargon II, who chose to found the entirely new city Agade instead of dignifying adjacent, time-honored Kish as capital” (Stronach 1997: 310); Sargon II di Akkad e Sargon II d’Assiria hanno chiaramente qualcosa in comune: il nome reale. Per M. Van de Mieroop 1999: 329 è fondamentale sottolineare che l’atto di attribuire un nome non è affatto accidentale nella Mesopotamia antica, bensì un’azione cruciale, poiché contribuiva all’identificazione di una persona, un oggetto o un luogo.

11 K. Radner afferma che senza ombra di dubbio la decisione di trasferire la corte e l’amministrazione centrale fosse stata motivata “by the lack of the acceptance and the active and fierce resistance his rule had met with in

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una parte, l’ascesa turbolenta aveva indotto Sargon II a cercare soluzioni alternative alla permanenza nella città di Kalḫu, d’altra parte il rinnovo delle concessioni e dei privilegi ai cittadini di Assur, così come il considerevole intervallo di tempo che sussiste tra la presa di potere e l’anno di fondazione della città, dimostra che la situazione politica di convivenza tra la vecchia e la nuova amministrazione non fosse poi così insostenibile.

In questo modo, la fondazione di una nuova capitale potrebbe aver contribuito, dopo anni di riflessione e progettazione, alla creazione di un luogo in cui gli unici privilegi concessi erano quelli da lui emanati; questa decisione, difatti, si riflette nella struttura stessa del palazzo reale e nella collocazione mirata delle residenze dei principali membri della corte, tutte edificate in forte prossimità con la casa del re12. Pertanto, il desiderio di regolamentazione e

di rimodernamento si riflette in modo sensibile nell’atto di costruzione di una città ex nihilo e nella conformazione peculiare della stessa: nella mente del grande sovrano, la pianta ortogonale e approssimativamente geometrica13 della nuova fondazione avrebbe incarnato

l’ordine perfetto non solo dello stato da lui rifondato nell’esatta misura in cui intendeva ristabilire le relazioni di potere fra le gerarchie più influenti, ma quello del cosmo intero14. the Assyrian heartland” (Radner 2011a: 325). Tale ipotesi viene tuttavia smentita da altri studiosi come S. Melville, la quale sostiene che la lunga permanenza nella vecchia capitale, sebbene in un’ottica puramente temporanea nell’attesa del completamento della nuova città, entrasse in conflitto con l’idea che Sargon II si sentisse minacciato dalle élite residenti in Kalhu e Assur (Melville 2016: 90). Cfr. Levine 1986: 4; cfr. Stronach 1997: 310; Fales 2001: 320.

12 “Non si può escludere che l’operazione di fondazione e costruzione di una nuova città fosse vista come una sorta di premiazione e gratificazione per l’aristocrazia assira e i grandi reggenti del regno, con i quali il sovrano instaura un rapporto molto stretto e intimo” (Nadali 2018: 119). Rinnovare i privilegi di Assur, esattamente come avevano fatto i governanti prima di lui, è un’usanza che viene ottemperata anche da Sargon II. Sebbene i rapporti fra l’antica città e il nuovo re appaiano ordinari, il tradizionale vincolo che da secoli li legava subisce un’incrinatura tale da sollecitare un notevole allontanamento fisico. È probabile che Sargon II, dopo aver adempiuto ai suoi doveri nei confronti di Assur e assicuratosi in tal modo il supporto della città, avesse percepito una forma di limitazione causata dalla priorità di intervenire finanziariamente e materialmente al rinnovo e al miglioramento delle antiche città piuttosto che dedicarsi liberamente ai propri progetti; cfr. Russell 1999: 240.

13 Battini 2000.

14 Gli studi inerenti alla conformazione della pianta cittadina hanno sottolineato le similitudini con l’impianto ortogonale, più o meno regolare, di altre città siro-mesopotamiche (Margueron 2010: 222). L’analogia più solida sembra tuttavia quella proposta da S. Parpola, che associa la pianta e l’orientamento di Dūr-Šarrukīn alle città di Babilonia, Borsippa e Kalḫu (Parpola 1995: 69): posto che la città di Kalhu costituisse il luogo più

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Nella storia dell’edilizia mesopotamica, le motivazioni che incoraggiavano un determinato sovrano a intraprendere operazioni di costruzione o ricostruzione erano principalmente legate alla natura all’operato di un predecessore che aveva lasciato incompleta l’opera o, in alternativa, alle inevitabili evoluzioni sociali che sancivano la necessità di miglioramenti e adattamenti tecnici. Oltre a ciò, la causa prioritaria dell’intervento su un edificio era dettata dal suo prevedibile degrado, di modo che il sovrano ponesse rimedio, attraverso il restauro, al lento e inesorabile processo di deterioramento del materiale argilloso che, per natura, è deperibile e passibile alla ferocia dei fenomeni atmosferici, così come all’usura del tempo15:

i resoconti edili dei re mesopotamici, difatti, descrivono con un interesse ossessivo il tipo di danno inferto alla struttura, l’arco di tempo trascorso fra un restauro e l’altro e l’esigenza di intervenire sugli edifici in maniera tempestiva e attraverso una manutenzione accurata. Pertanto, sebbene il degrado naturale o la negligenza degli antenati contribuiscano a motivare – realmente o artificiosamente in base al contesto – l’atto di costruzione di un sovrano, il caso di Dūr-Šarrukīn, così come quello di Kār-Tukulti-Ninurta prima di lui, si astrae completamente dall’ordinaria sequenza di azioni che avevano precedentemente fondato la tradizione di costruzione a partire dal periodo sumerico: l’edificazione della città non emerge precipuamente come un atto unico ed eccezionale per via delle dimensioni,

familiare alla persona di Sargon II giacché ospitava la residenza ufficiale del re in attesa del completamento dei lavori nella futura capitale e, quindi, rappresentava il fattore di maggiore ascendenza per la configurazione della città e dell’impianto palatino, i piani di Babilonia e Borsippa potrebbero aver contribuito alla visione urbanistica di Sargon II per ragioni politiche e ideologiche, connesse alla volontà di ristabilire un contatto profondo con la tradizione mesopotamica meridionale, in quanto rispettivamente sedi del dio Marduk e di Nabû, entrambi fortemente richiamati nelle parole e negli atti del primo sargonide.

15 Il tipico processo di degrado di un edificio, descritto con espressioni nette e tramite il rimando a immagini efficaci della natura del deperimento (anāḫu “essere/diventare decadente”; ṣalālu “giacere in rovina”, letteralmente “sdraiarsi”; ana tīle u karme târu “trasformarsi in una collina di macerie”), viene illustrato da Assurnaṣirpal II per giustificare universalmente la sua attività di restauro – e ricostruzione – della città di Kalhu: URU kal-ḫu maḫ-ra šá mdšùl-ma-nu-SAG MAN KUR aš-šur NUN a-lik pa-ni-a DÙ-uš // URU šu-ú e-na-aḫ-

ma iṣ-lal ana DU6 u kar-me GUR URU šú-ú ana eš-šú-te ab-ni “La vecchia città di Kalhu, che Salmanassar (II), re d’Assiria, il principe che mi ha preceduto, ha costruito, questa città è diventata fatiscente, giace in rovina (letteralmente, “dormiente”) e si è trasformata in cumuli di rovine; io ho ricostruito nuovamente queste città ” (Asn.II.; RIMA 2: 222). In altre occasioni, la descrizione può rivelarsi ancora più articolata e dettagliata: “Elles décrivent toutes le même processus mais à des étapes différented et elles peuvent donc se combiner: devenir vétuste, c’est s’affaiblir, se délabrer, puoi s’écrouler et devenir un amas de décombres gisant à l’abandon” (Lackenbacher 1990: 36).

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planimetria e disposizione degli edifici, ma per la volontà del suo fondatore di sottolinearne il carattere innovativo e personale, in una posizione di netta divergenza dall’operato dei suoi predecessori, che erano stati spinti ad agire dal solo principio di continuità. Non sono, quindi, l’atto materiale di costruzione e il prodotto finale a determinare la straordinarietà della figura di Sargon II, bensì come egli avesse concepito e percepito tale atto sin dall’inizio, ossia come un gesto di rinnovamento per sé e per l’immagine reale, un’azione destinata ad avere risonanza nel futuro dell’Assiria piuttosto che uniformarsi a una rigida consuetudine millenaria16.

Dal momento che Sargon II si manifesta, nel nome proprio così come nelle scelte politiche, come promotore di un rimodernamento ideologico e fautore di un nuovo ordine imperiale, la città da lui progettata e costruita doveva parimenti costituire l’asse di rotazione di tale ordinamento. La funzione primaria di gestione e di rappresentazione imperiale che questa città avrebbe ottemperato una volta terminati i lavori di edificazione alimenta ancor’oggi i dibattiti circa la sua collocazione geografica17.

Oltre all’ordinaria titolatura regia iniziale, elemento che caratterizza i documenti ufficiali di tutti i sovrani assiri con quantità e ampiezza di epiteti variabili, l’iscrizione su cilindro di Sargon II riporta una descrizione accurata di sé stesso nel ruolo di sovrano civilizzatore e propagatore di benessere, nella cui figura convergono tutta una serie di attività indirizzate a migliorare la qualità del territorio, ampliare i terreni destinati all’attività agricola riducendo le aree incolte, realizzare opere pubbliche extraurbane per fruire al meglio delle risorse naturali presenti nel cuore dell’Assiria e, contestualmente, rispettare l’assetto naturale del paesaggio:

16 “In other words, Sargon II built the city both to demonstrate that he had something spectacularly different to offer and to improve his subjects’ standard of living, which may have suffered as a result of Tiglath-pileser’s relentless expansion” (Melville 2016: 91).

17 “The reason for this move is unclear because Dur Šarrukin’s location is inferior to Kalhu and Nineveh both strategically and for ease of communication. Sargon II’s texts say nothing about his reasons for building a new capital except that he did it at the decree of the gods and because he wished to do so” (Russell 1999: 234).

84 Testo 118

Iscrizione reale su cilindro. (linee 34-37) 34) LUGAL it-pe-e-šu muš-ta-bil a-mat

SIG5-TIM a-na šu-šu-ub na-me-e na-du-te

ù pe-te-e ki-šub-bé-e za-qáp ṣip-pa-a-te iš-ku-nu ú-zu-un-šu

35) ú-ḫu-um-mi zaq-ru-ti ša ul-tu ul-la-a

i-na qer-bi-šu-un ur-qi-tu la šu-ṣa-at bil- tu šu-uš-še-e ṣur-ru-uš uš-ta-bil-ma

36) ki-gal-lum šu-uḫ-ru-ub-tu ša i-na LUGALmeš-ni maḫ-ru-te gišAPIN la i-du-ú

šèr-’i šu-zu-zi-im-ma šul-se-e a-la-la lìb- ba-šú ub-lam-ma

37) inni ta-mer-ti la ku-up-pi ka-ra-at-tu

pe-te-e-ma ki-i gi-piš e-di-i Ameš nu-uḫ-ši

šu-uš.qí-i e-liš ù šap-liš

Il re esperto, il buon consigliere (letteralmente: colui che porta la buona parola), colui che rivolge la sua attenzione all’insediamento delle steppe desolate, alla coltivazione delle terre incolte, alla piantagione degli orti, che dedica il suo intelletto ad incrementare i raccolti su pendii ripidi dove la vegetazione non era mai cresciuta, il cui libbu ha indotto a seminare terreni abbandonati che non avevano conosciuto l’aratro tra i precedenti sovrani e a far risuonare l’alāla (canzone del lavoro sui campi), ad aprire una sorgente dove non vi erano pozzi come un karattu e con la massa delle acque irrigare da cima a fondo.

In questa porzione di iscrizione, Sargon II si presenta come šarru itpēšu19, ovvero il re

esperto, saggio e fattivo in grado di decidere sulla sorte dell’ambiente in suo possesso. Le attività ivi elencate sono quelle che caratterizzano il sovrano nel ruolo di colui che provvede all’abbondanza del paese, anch’esso un topos letterario ben radicato all’interno del genere

18 Fuchs 1994: 37; le traduzioni in italiano sono da ascrivere sempre all’autrice del presente lavoro.

19 Il termine itpēšu (>epēšu) viene utilizzato in ambito ufficiale, insieme a un’ampia serie di altri termini ed espressioni, per definire l’immagine di re saggio. Sebbene tale aggettivo venga comunemente tradotto con “saggio” oppure “esperto” (cfr. CAD I, itpēšu: 299) è particolarmente significativo se analizzato nel suo significato letterale che afferisce alla sfera semantica dell’attività pratica, della fattività (come anche gli aggettivi eppešu, muštēpišu), ossia il “re fattivo” (Liverani 1994: 376), determinando in tal modo un collegamento concreto fra il concetto di saggezza e la percezione dell’attività pratica, pragmatica, manuale: in base a tale ragionamento, sembra plausibile affermare che il re è saggio perché agisce e, analogamente, agisce perché è saggio. Per uno studio sul concetto di saggezza e sulla relativa terminologia che ne esprime le diverse sfumature e accezioni, si rimanda a Sweet 1990: 45-65.

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dell’iscrizione reale sia nella definizione del sovrano parlante, sia come augurio inoltrato ai futuri regnanti20.

Come riconosce I.J. Winter, il contesto da cui provengono queste espressioni dimostra chiaramente come esse fossero specificatamente associate all’abbondanza di acqua per la produzione agricola o con la produzione agricola stessa, piuttosto che alla ricchezza dei beni materiali21. Inoltre, per la loro collocazione preliminare al resoconto di costruzione, questi

motivi rappresentano il preambolo che introduce alla descrizione di un’epoca d’oro e l’evocazione di un paesaggio dalle sembianze naturali perfette, ancestrali, mitiche22.

Benché tutti i re neo-assiri dimostrassero un’attenzione particolare nei confronti del territorio e dell’ambiente interno ed esterno alla propria capitale, questa percezione si amplifica sotto Sargon II e Sennacherib, entrambi profondamente attivi non solo nell’edificazione urbana, ma anche nella realizzazione di infrastrutture extraurbane necessarie all’approvvigionamento di acqua per la città e per la produzione agricola23.

La politica del primo sargonide era, difatti, indirizzata a regolarizzare e ripopolare il cuore del territorio assiro e, pertanto, la decisione di collocare la città lontano dal percorso dei principali fiumi che scorrono nella Mesopotamia settentrionale, prediligendo piuttosto la vicinanza con un corso d’acqua minore, il fiume Ḫosr, era indubbiamente parte integrante di questo piano di sistematizzazione territoriale su ampia scala.

L’esigenza di assicurare alla nuova città una condizione ambientale ottimale, affinché la creazione di impianti artificiali di irrigazione potessero soddisfare i bisogni di una nuova

20 mukammir (participio D da kamāru) ṭuḫdi nuḫši u ḫegalli “colui che accumula abbondanza, prosperità e ricchezza” oppure nuḫšu ṭuḫdu u ḫegallu ina mātišu lukīn “che possa stabilire abbondanza, prosperità e ricchezza” (Winter 2010: 163); la diffusione di queste formule ha principio sotto Ḫammurabi (1792-1750 a.C.), il cui “codice di leggi” riporta la dicitura: mukammēr nuḫšim ū ṭuḫdim (CH § i, 54).