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3. CAPITOLO 3 Preludio alla costruzione di una città: le cause, la progettazione e la fondazione

3.2 La progettazione della città, tra realtà e ideologia

3.2.1 Il contesto religioso e ideologico per la fondazione

La fondazione della nuova città affonda le proprie radici in un terreno tutt’altro che uniforme e lineare, ossia un complesso contesto in cui sono miscelati motivi tradizionali, ideologia imperiale, esigenze cultuali e religiose derivanti non solo dall’ambiente prettamente assiro, ma anche babilonese e allogeno. Si dimostra così necessario schematizzare il resoconto di costruzione narrato nei cilindri62 che, più di tutte le altre

tipologie di iscrizioni, sembrano essere il ritratto di una personale forma mentis e, allo stesso tempo, descrivono con una maggiore quantità di dettagli il rapporto tra iniziativa individuale e la giustificazione teologica.

Nelle sue iscrizioni reali, Sargon II sottolinea di frequente il suo sentimento di partecipazione attiva e volontaria al progetto. Questo slancio verso una nuova forma di operosità e l’affermazione della sua individualità nella gestione del piano costruttivo lo distinguono considerevolmente dai re costruttori precedenti che, seppure intenzionati a realizzare opere di carattere esclusivo, hanno tuttavia privilegiato il mantenimento di un legame intimo con la tradizione; oppure, in base allo stato attuale delle nostre conoscenze, non hanno avvertito l’esigenza di esternare apertamente le loro intenzioni.

In questo contesto l’intervento di Sargon II si colloca in una prospettiva ancora più emblematica che identifica la peculiarità non tanto nella qualità dell’azione che il re è in procinto di compiere, tutt’altro che ordinaria, ma nel metodo utilizzato per giustificarla: quanto più forte è il desiderio di attuare un piano rischioso agli occhi di un pubblico divino, tanto più opportuno sarà motivarne le ragioni, le scelte e le modalità di azione. Allo stesso modo, quanto più innovativo e rivoluzionario si manifesta il suo progetto di costruzione, tanto più il re avvertirà l’esigenza di manifestare pubblicamente la sua legittimazione.

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La fondazione di Dūr-Šarrukīn simboleggia l’esatto principio in cui “la centralità del dio sta per cedere alla centralità del re il quale, pur continuando a operare nel suo nome, assurge a ruolo di protagonista con tutte le sue qualità umane”63.

Per far fronte alla necessità di regolarizzare il proprio intervento in un territorio mai edificato prima, Sargon II reclama l’attenzione di un numero considerevole di divinità dalle varie prerogative, in particolar modo le entità extraumane implicate nell’azione creativa e nell’amministrazione della giustizia, collettivamente richiamate nel corso del testo a legittimare il proprio operato ed elevare lo stesso re alle stregua di un re fondatore e creatore, all’interno di un contesto legalmente bilanciato e ineccepibile64.

L’assistenza e la legittimazione divine hanno inizio nelle linee successive alla descrizione allusiva dell’era idilliaca, l’età dell’oro di cui lui stesso è artefice dopo anni di incuria e negligenza da parte dei suoi antenati65.

In tal senso, “già in quanto idea, la nuova città viene presentata come culmine dell’attività del re, come luogo di giustizia sociale e di armonia tra uomini e dèi”66.

Testo 667

Iscrizione reale su cilindro. (linee 38; 43-49)68 38) LUGAL pe-et ḫa-si-si le-e’ i-ni ka-la-

ma šin-na-at NUN.ME ša i-na mil-ki né- me-qi ir-bu-ma i-na ta-šim-ti i-še-e-ḫu

(…)

38) Il re di mente aperta, esperto in ogni professione, al pari del saggio (apkallu) che è accresciuto in intelligenza e in saggezza e si è elevato in sagacia.

(…)69

63 Xella 2011: 35.

64 Vd. Tab.5, infra, § 3.2.1.

65 Vd. Testo 6, linee 43-49; vd. infra, § 3.2.1. 66 Pezzoli-Olgiati 2002: 70.

67 Fuchs 1994: 37-39.

68 Le linee di testo mancanti in traslitterazione e traduzione all’interno delle singole tabelle sono intenzionalmente omesse con relativa indicazione, al fine di ricostruire nel modo più fedele possibile il processo di fondazione e costruzione della città. Esse verranno progressivamente riportate nel corso del manoscritto in un’ottica di conformità alle tematiche trattate.

105 43) ur-ru ú mu-šu a-na e-peš URU šá-a-

šu ak-pu-ud si-ma-ak dUTU

DI.KUD.GAL DINGIRmeš GALmeš mu-

šak-šid er-nit-ti-ia qer-bu-uš-šu šu-ub-nu- u aq-bi-ma

44) uruma-ag-ga-nu-ub-ba ša i-na GIRII kurmu-uṣ-ri KUR-e? i-na UGU nam-ba-’i ù

re-bit uruni-na-a ki-i-ma di-im-ti na-du-ú 45) ša 3 ME 50 ÀM mal-ke la-bi-ru-te ša

el-la-mu-u-a be-lu-ut KUR aš-šurki e-pu-

šu-ma il-ta-nap-pa-ru ba-’u-lat den-líl 46) a-a-um-ma i-na lìb-bi-šú-nu a-šar-šú

ul ú-maš-ši-i-ma šu-šu-ub-šu ul i-de-ma ḫe-re-e ÍD-šu ul iz-ku-ur

47) i-na mé-re-ši-ia pal-ki ša i-na qí-bit dLUGAL-ZU.AB EN né-me-qi ta-šim-ta

su-un-nu-nu-ma ma-lu-ú nik-la-ti

48) ù ḫi-is-sa-at uz-ni-ia pal-ka-a-te ša UGU LUGALmeš-ni ADmeš-ia dnin-men-

an-na ba-nit DINGIRmeš ú-šá-te-ru ḫa-si-

si

49) a-na šu-šu-ub URU šá-a-šú zuq-qú-ur BÁRA.MAḪ-ḫi at-ma-an DINGIRmeš GALmeš ù É.GALmeš šu-bat be-lu-ti-ia ur-

ra u mu-šá ak-pu-ud aṣ-rim-ma e-pe-su aq-bi

43 – 49) Giorno e notte ho pianificato questa città. Ho ordinato che vi fosse costruito un santuario per Šamaš, il grande giudice degli dèi, che mi ha permesso di raggiungere il trionfo, la città di Magganubba, ai piedi del monte Muṣri, una montagna sopra le fonti d’acqua e l’area coltivata di Ninive (eretta) come una torre, che nessuno dei 350 antichi principi che governarono l’Assiria prima di me e che a loro volta governavano i sudditi di Enlil, ha riconosciuto (questo) posto né sapeva come popolarlo, né ordinò di scavare un canale.

Nella mia ampia saggezza che, per ordine del dio Ea, signore dell’apsû, è stata arricchita da doti conoscitive e colmata di abilità tecnica, e la mia grande apertura di mente che Ninmena, madre (creatrice) degli dèi, ha reso superiore rispetto a quella dei miei predecessori. Ho pianificato intensamente notte e giorno per costruire questa città, per elevare i nobili santuari, templi dei grandi dèi e i palazzi, sede della mia regalità, e ho ordinato che fosse costruita.

Le iscrizioni su supporto mobile, come appunto i cilindri, sono le uniche nel complesso della documentazione ufficiale a riportare una descrizione tanto dettagliata dell’approvazione divina del progetto: tale placet viene espresso mediante il richiamo esplicito a quelle entità extraumane il cui sostegno, nell’ambito di un pantheon ricco ed eterogeneo come quello neo- assiro dell’epoca sargonide, è considerato fondamentale affinché l’atto di fondazione acquisisca la regolare validità.

L’attestazione del beneplacito divino, la cui singolarità si esprime proprio nel fatto di essere riscontrato con una tale ricchezza di riferimenti solo sui cilindri, presuppone una precisa

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volontà di rendere quanto più ampia possibile la ricezione di tale messaggio anche nelle propaggini più remote dell’impero, laddove le iscrizioni palatine non assolvono allo stesso scopo con la medesima efficacia, giacché esse mantengono un profilo molto più moderato in relazione alla partecipazione attiva delle singole divinità. Pertanto, è possibile ipotizzare che Sargon II abbia privilegiato una simile redazione, di carattere più marcatamente propagandistico, proprio per garantire agli occhi dei suoi immediati sottoposti – tra cui i governatori provinciali – l’indubbia validità delle sue azioni; al contrario, le iscrizioni celebrative palatine, che erano destinate a un tipo di audience composta principalmente dai suoi più stretti collaboratori, non necessitavano di una forma tanto loquace di riconoscimento da parte delle divinità.

La sezione dedicata al fondamento teologico dell’atto di costruzione implica una serie di richiami alle più varie entità extraumane, ognuno indirizzato a tutelare un atto pratico del sovrano: difatti, ogni riferimento a tali entità viene reiteratamente corrisposto dall’intervento concreto del re, il quale non cessa di pianificare giorno e notte.

In prima istanza, il sovrano fonda un motivo che verrà ripetutamente impiegato anche dai suoi successori e che pone l’immagine del re al pari dell’apkallu70, l’entità anti-diluviana

tramandata dalla mitologia sumerica e prodotta dal dio Enki/Ea; esso è la fonte di ogni forma ed espressione di saggezza, latore di civiltà e, in quanto frutto di Enki/Ea, un creatore e un costruttore71.

Tale riferimento non si manifesta solamente come una richiesta di legalizzazione dell’atto di Sargon II o come una supplica per il raggiungimento dell’ideale massimo di saggezza, bensì come una vera e propria assimilazione tra le due figure (šin-na-at NUN.ME “uguale all’apkallu”), il re e il saggio extra-umano per eccellenza.

L’equiparazione del termine apkallu, riportato nella scrittura logografica NUN.ME, con il saggio Adapa72 è stata accettata dalla maggior parte degli studiosi, sebbene tale supposizione

necessita di essere integrata dai seguenti chiarimenti circa la resa convenzionale del lemma NUN.ME = Adapa: nelle fonti in lingua accadica il sostantivo apkallu73 è sovente utilizzato

70 Lenzi 2008: 103-120.

71 Per il riferimento ai sette saggi in qualità di entità costruttrici nella versione standard dell’epopea di Gilgameš si rimanda alla Nota 8, supra, § 2.1.

72 Liverani 2004a: 3-23.

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come epiteto per indicare il dio Ea o il dio Marduk74, benché entrambe le interpretazioni

appaiano assai inappropriate per il caso in questione; mentre la cancelleria di Sargon II predilige la scrittura NUN.ME, i suoi successori accoglieranno il motivo della sovrapposizione fra regalità immanente e saggezza extraumana con una modalità di scrittura più estesa ed esaustiva, che si traduce nell’espressione šinnat apkal (ABGAL) adapa, “al pari del saggio Adapa”75; sulla base delle attestazioni immediatamente successive, pertanto,

è verosimile ipotizzare che anche Sargon II intendesse Adapa come figura di saggio per eccellenza, esattamente come era stato tramandato dalla tradizione letteraria e mitica. Tuttavia, una lettera di Marduk-šumu-uṣur ad Assurbanipal riporta una chiara distinzione tra l’immagine del saggio, rappresentata dalla forma di scrittura NUN.ME, e il personaggio di Adapa, il cui nome è trascritto fedelmente con caratteri logografici:

“Il dio Assur (AN.ŠÁR), in sogno, ha nominato il padre del padre del re, mio signore, un saggio: il re, signore dei re, è discendente di un saggio (NUN.ME) e di Adapa (A.DA.PÀ): tu hai superato la saggezza dell’apsû e di ogni forma artistica”76.

È quindi possibile che Sargon II, nelle sue iscrizioni, alludesse più al concetto di saggezza in sé – giacché il sostantivo apkallu rappresenta la figura del saggio già nella più antica letteratura accadica –77 che alla figura mitica di Adapa, l’uomo saggio di Eridu, o nel

74 Un esempio di questo tipo può essere rintracciato in un’iscrizione di Tiglatpileser III, all’interno della quale il logogramma ABGAL viene utilizzato come epiteto per il dio Ea: i-na uz-ni ni-kil-ti ḫa-sis-si pal-ke-e ša iš-

ru-ka ABGAL DINGIRmeš NUN dnu-dím-mud É.GAL giš˹EREN˺ […ana mu-šab EN-ti-ia] “Con la profonda comprensione (e) l’ampia conoscenza che il saggio degli dèi, il principe, il dio Nudimmud, mi ha concesso, ho costruito un palazzo in cedro a Kalhu” (TPIII; RINAP 4, 47: v. 17’) .

75dnin-ši-kù id-di-na Kār-šu rit-pa-šú šin-na-at ABGAL a-da-pà “Ninšiku mi ha dato ampio intelletto, uguale al saggio Adapa” (Senn.; RINAP 3, 43: 4; cfr. Esh.; RINAP 4, 77: 45); ˹ši˺-pir ap-ka-li a-da-pà a-ḫu-uz ṣir-tú

ka-tim-tú kul-lat ṭup-šar-ru-tú “Ho imparato l’arte del saggio Adapa, il segreto nascosto di tutte le arti scribali”

(Asb.; RINAP 5, 002: r. i 13’).

76 AN.ŠÀR ina MÀŠ.MI a-na AD-AD-šú ša LUGAL EN-ia NUN.ME iq-ṭi-˹ba˺-[áš-šú] LUGAL EN LUGALmeš ŠÀ-bi-ŠÀ-bi ša NUN.ME u A.DA.PÀ ˹šu˺-[u] tu-šá.tir né-me-qé ZU.AB ù gi-mir um-ma-nu-[ti] (SAA 10 174: r.7-9).

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particolare a uno dei sette saggi anti-diluviani, come invece è stato più volte espresso nelle interpretazioni fornite nella letteratura secondaria78.

La posizione centrale e preminente di questo tema dimostra che Sargon II considerasse fondamentale tale connessione, affinché le allusioni alle altre divinità conducessero a risultati fausti per la nuova costruzione. Inoltre, la saggezza di un apkallu, premessa alla narrazione del processo di costruzione, si dimostra un accorgimento efficace per presentare sé stesso sia come civilizzatore, ossia come il saggio che “ha portato la civilizzazione ai Babilonesi”79, sia come re costruttore, ovvero “colui che performa l’atto primordiale, una

ripetizione di ciò che Marduk ha fatto durante l’originaria reazione dell’universo”80.

Così facendo, Sargon II rinnova quel motivo del re sapiente che verrà accolto con sempre maggior enfasi dai suoi successori, in particolar modo da Assurbanipal, inquadrando così l’intero lignaggio dei sargonidi in una discendenza diretta di sovrani illuminati dalla saggezza del dio Ea.

La garanzia di agire sotto la benedizione degli dèi e con la sapienza da loro infusa è uno degli aspetti programmatici più celebrati, in quanto evoca direttamente le singole divinità insistendo sui loro campi d’azione, affinché ogni atto compiuto nella realtà possa assumere una sua giustificazione cosmica e, contestualmente, pragmatica ed evenemenziale. Il richiamo al saggio apkallu, infatti, sembra volutamente anticipare la descrizione del paese di Assur governato da un re saggio e illuminato in grado di far fronte a una serie di miglioramenti ambientali e sociali tanto profondi da restituire la descrizione fedele di un’età mitica e di “un ordine primigenio, equilibrato e immutabile”81. Pertanto, la saggezza ottenuta 78 Per approfondimenti sull’equiparazione fra Sargon II e il saggio Adapa e, più in generale, fra i sargonidi e il concetto di saggezza, si rimanda a Foster 1974: 344 ss.; Matthiae 1994, Van de Mieroop 1997: 61, Pongratz- Leisten 2015: 188-189 e 456 ss; Inoltre, per un’analisi più accurata della figura di Adapa nel mito, si rinvia a Liverani 2004: 3-23.

79 Van de Mieroop 1999: 338. 80 Van de Mieroop 1999: 338.

81 Matthiae 1994: 88; “Per nutrire con il cibo l’ampia terra di Assur e per far scorrere il tillenû (verosimilmente un tipo di birra; Fuchs 1994: 292-293) nei canali (tradotto “gole” dalla maggior parte degli editori; cfr. con la traduzione di W. Von Soden “Rinne” AHw IIb rāṭu: 963), benessere del libbu (e) degno della regalità, per salvare l’umanità dalla carestia e dalla fame, perché lo storpio non sia abbandonato durante la vendemmia, perché il malato abbia ciò che desidera il suo libbu, perché l’olio, benessere dell’umanità, che allevia le

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dall’equiparazione con l’apkallu consente al re di attivarsi materialmente nella gestione del territorio, adducendo a miglioramenti quotidiani per sfamare la popolazione, ristabilire i prezzi delle materie prime più importanti e provvedere regolarmente e abbondantemente al pasto dei suoi sudditi.

La legittimazione teologica prosegue incessante tramite il limpido richiamo a Šamaš, dio della giustizia: una volta ottenuto il favore più importante sul piano legale e giuridico, Sargon II è in grado di identificare la località geografica sulla quale edificherà la propria capitale e nella quale erigerà un tempio dedicato al grande giudice degli dèi (dUTU DI.KUD.GAL

DINGIRmeš GALmeš). Oltre a questo, l’allusione al dio della giustizia è una condizione

necessaria affinché venga tutelata la pratica di espropriazione dei territori di Magganubba, che Sargon II perpetra nei confronti dei legittimi proprietari delle aree poste a cultura. I principi di saggezza e di giustizia sono i fondamenti sui quali si basa l’attività del sovrano e, quindi, si dimostrano imprescindibili acciocché qualsiasi atto raggiunga le finalità auspicate.

Inoltre, le attività di fondazione e costruzione a cui il re sta intensamente aspirando sono concepite come un atto puro di creazione, un gesto instabile che necessita di attenzioni rituali e ratifiche puntuali. Per questa ragione, il rimando alle divinità creatrici per eccellenza, Ea e la dea madre, si inserisce perfettamente nel contesto di redazione del testo ufficiale: l’apkallu conferisce a Sargon II ampio intelletto ed estesa conoscenza perché si attivi sul territorio attorno a sé, agisca come una fiaccola di civiltà in uno spazio disordinato a cui deve riportare materialmente l’ordine e adempia a tutte le funzioni che contraddistinguono un buon governatore agli occhi dei suoi sudditi.

L’atto di ristabilire l’ordine sul caos non è solo la mansione vincolante del buon sovrano, ma anche un’operazione indispensabile dal momento che precede l’individuazione del luogo ideale di costruzione e consiste in una sequenza di manovre poste sotto la giurisdizione del dio della giustizia, Šamaš, l’unico in grado di determinare la legittimità del luogo prescelto e delle azioni svolte su di esso. Il passaggio seguente conclude, su piano ideologico e teologico, il processo di pianificazione del sito urbano di Sargon II: la benedizione degli dèi preposti alla creazione del cosmo e di ogni cosa che dimori in esso conferiscono

membra, non diventi costoso nel mio paese e il sesamo possa essere acquistato al prezzo del grano, perché il pasto sia così abbondante da essere degno della tavola di un dio o un re, perché il paese (…)” (Fuchs 1994: 38).

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l’autorizzazione definitiva perché il re si possa ergere al pari di un’entità creatrice, la quale agisce nel tempo storico e, mediante la sapienza del dio Ea82, edifica lo spazio e nello spazio.

La linea 49 dell’iscrizione sui cilindri83 stabilisce il limite fra la legittimazione

teorico-ideale da quella pratico-fattiva: se, da una parte, le entità extraumane opportunamente interrogate nel corso delle precedenti linee, sono chiamate a intercedere di modo che la nozione di città trovi fondamento negli ideali di giustizia e saggezza, allo stesso tempo esse autorizzano il re fondatore a creare il contesto in cui andrà a operare concretamente.

La saggezza dell’apkallu fornisce al sovrano le doti necessarie per intervenire sul territorio, non limitando il suo campo d’azione al mero miglioramento del contesto ambientale, ma attribuendo alla sua figura le virtù necessarie perché sia possibile giungere a risultati eccellenti, esemplari e perfetti.

Nell’ambito della legittimazione ideale si sollecita l’intervento di Šamaš, ossia colui che approva e garantisce la validità dell’atto: mediante la sua intercessione, che si materializza come una mediazione necessaria per tutelare la regolarità delle disposizioni promulgate dalla corona, tra cui la scelta del terreno di costruzione e l’acquisizione dei terreni, il re è formalmente autorizzato a oltrepassare il limite ideale verso l’atto pratico di costruzione. Questa sequenza raggiunge il suo culmine mediante l’interposizione di Ea e della dea madre, entrambi evocati non solo per infondere una generica sapienza ed esperienza empirica, ma per conferire al re costruttore la saggezza necessaria per agire nell’immanente così come loro hanno agito nel tempo del mito e, pertanto, la licenza di costruire/creare. Da una parte, l’aspetto della conoscenza trasmessa dal dio Ea non ha ragione di essere sottovalutato in modo alcuno, poiché la trasmissione di saggezza dal dio all’uomo è un motivo attestato sovente nella letteratura della Mesopotamia antica, così come si dimostra perfettamente

82 In un contesto che richiama alla creazione di un oggetto, un edificio o, ancor di più, una città, l’intervento diretto o indiretto del dio Enki è essenziale, in quanto è “colui che custodisce tutte le arti, esperto nelle decisioni, degno di approvazione, ma anche signore dell’ordine indiscutibile, al rango più elevato dell’universo (…) Dotato di sommo ingegno, in possesso di illimitate conoscenze, riflessivo e accorto, immaginoso e creativo, eloquente e raffinato nei discorsi così come prudente e astuto nei consigli; Enki/Ea eccelle nell’ideazione, nella progettazione e nell’esecuzione delle sue opere, attività nelle quali non ha rivali tra gli dèi, e di questi ultimi quelli che presiedono le arti sono suoi seguaci, suoi delegati, sue emanazioni” (Matthiae 1994: 131).

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compatibile con le motivazioni del re sargonide; d’altra parte, la concessione del privilegio di costruire (e, pertanto, di creare) al governante potrebbe apparire come una componente meno manifesta.

Malgrado questa apparente incertezza, l’ordine e il contesto di invocazione alle singole divinità non può essere considerato casuale: l’apparizione di Ea, ossia un’entità che patrocina la sapienza e che, allo tempo stesso, primeggia tra tutte come la divinità creatrice per eccellenza, congiuntamente al richiamo alla dea madre, anch’essa divinità creatrice, mette in luce la condizione precipua in cui il re si impegna a ottenere il permesso di costruire ex