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Il comportamento antigiuridico La condotta

Oltre al rapporto di servizio appena esaminato, tra gli altri elementi costitutivi della responsabilità amministrativa vi rientra anche il comportamento antigiuridico.

Qualsiasi tipo di responsabilità,(civile, penale, disciplinare), presuppone sempre la commissione di un comportamento illecito dal quale deriva una lesione di tipo patrimoniale. È stato utilizzato il termine “illecito” non propriamente a caso, perché esso ci serve per fare un’importante distinzione: appunto tra comportamento illegittimo e comportamento illecito.

“Il comportamento illegittimo rappresenta una condotta riprovevole poiché contrapposta ad un obbligo. Manifesta, in altri termini, un comportamento materiale, difforme rispetto al precetto normativo, e per lo più riferibile all’adozione di provvedimenti. La condotta illecita, esprime invece, l’idoneità del comportamento alla produzione di un danno. Si tratta, dunque, di due approcci completamente diversi, ma soprattutto, di caratteri posti su piani qualitativi ben distinti”. Il primo approccio,(relativo al comportamento illegittimo), si riferisce più propriamente al rapporto tra l’autorità pubblica, la quale emette i provvedimenti di sua competenza, e coloro che sono destinatari

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di detti provvedimenti e cioè i cittadini; ovviamente riguarda anche il rapporto tra la stessa P.A. e i propri dipendenti, per l’ovvia ragione che l’esercizio dei pubblici poteri deve rispettare le norme e ad esse essere conforme. Il secondo approccio, (relativo invece alla condotta illecita), riguarda più propriamente l’attitudine del comportamento illegittimo ad infliggere un danno

ingiusto ad un soggetto passivo50. Per ciò che attiene nello

specifico la responsabilità amministrativo-contabile essa presuppone da sempre una condotta posta in essere in “violazione di obblighi” di servizio. In particolare il “codice di condotta” (d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62) dei pubblici dipendenti, afferma che la suddetta violazione integra comportamenti contrari ai

doveri di ufficio51. Dunque possiamo a questo punto dire in cosa

si sostanzia la condotta antigiuridica: per condotta antigiuridica si intende il comportamento commissivo od omissivo posto in essere in violazioni di obblighi (ovvero doveri) generici o specifici inerenti al rapporto di servizio ed all’esercizio delle

50 S. GIRELLA, Il processo di trasformazione della responsabilità dei pubblici

dipendenti. Op cit., pagg. 192-193.

51 P. SANTORO, E. SANTORO, Compendio di contabilità e finanza pubblica.

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proprie funzioni52. Quindi la condotta è sostanzialmente riferita

al comportamento di un soggetto che legato alla P.A. dal citato rapporto abbia utilizzato somme di danaro pubblico impropriamente oppure non abbia svolto al meglio le proprie

funzioni53. Per rendere al meglio l’idea di quanto affermato

possiamo citare quanto detto dalla Corte di Cassazione54: “Ai fini

della sussistenza della giurisdizione contabile, tra la pubblica amministrazione che eroga un contributo e il privato che lo riceve si instaura un rapporto di servizio, ne consegue che il percettore del contributo o del finanziamento, indipendentemente dalla provenienza comunitaria o meno delle somme erogate dalla P.A., risponde per danno erariale dinanzi la Corte dei Conti, qualora disponendo delle somme in modo diverso da quello programmato, frustri lo scopo perseguito dall’ente pubblico”. Quindi la condotta dannosa dalla quale origina una responsabilità amministrativa personale di colui che è legato alla Pubblica Amministrazione da un rapporto di servizio può essere sia attiva che omissiva. La condotta omissiva trova fondamento, non come si è ipotizzato, nella mancanza o diminuzione della

52 P. SANTORO, La responsabilità civile, penale ed amministrativa nei contratti

pubblici. GIUFFRE’ EDITORE, 2009, pag. 618.

53 S. BONGIOVANNI, Il recupero dei crediti nell’ambito della P.A. KEY EDITORE,

2016, pag. 152.

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professionalità del pubblico dipendente rispetto al passato, ma in una florida produzione normativa la quale ha comportato l’osservanza di una accresciuta serie di disposizioni, soprattutto in materia di sicurezza e lavoro, appalti etc. I soggetti ai quali solitamente si imputa la condotta omissiva, dalla quale originano i danni all’erario, sono quei soggetti ai quali vengono attribuiti specifici compiti e che essendo preposti ad attività di controllo, non svolgano una vigilanza adeguata, in tal modo cagionando o concorrendo alla causazione di un illecito. Le ipotesi in questione potrebbero riguardare per esempio: gli omessi riscontri in sede ispettiva, omessi annullamenti di atti illegittimi ed illeciti. Tra le condotte omissive dalle quali originano danni erariali abbiamo una ipotesi introdotta di recente dall’art. 1 comma 3 della legge n. 20 del 14 gennaio 1994, riguardante la responsabilità amministrativa per omessa denuncia alla Corte dei Conti di fatti dai quali possono verificarsi danni all’erario. L’articolo in questione afferma quanto segue: “Qualora la prescrizione del diritto al risarcimento sia maturata a causa di omissione o ritardo della denuncia del fatto, rispondono del danno erariale i soggetti che hanno omesso o ritardato la denuncia. In tali casi l’azione è proponibile entro cinque anni dalla data entro cui la

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prescrizione è maturata”55. La responsabilità amministrativa,

come sappiamo, può essere invocata o dal Procuratore regionale della Corte dei conti che agisce autonomamente, o in caso di denuncia, o in caso di rapporto. Si prevede che la denuncia debba essere presentata dai funzionari di vertice dell’amministrazione che, appunto, vengono a conoscenza di fatti che possano comportare danni erariali, pertanto essi debbono presentare una

denuncia specifica e circostanziata56. Va ricordato che ai fini

della imputazione della responsabilità amministrativa non rileva soltanto l’omissione della denuncia, ma anche il fatto di aver denunciato in ritardo, in modo tale da non consentire di azionare la pretesa per il risarcimento, o di porre in essere gli atti dai quali

può seguire un effetto interruttivo della prescrizione57. È

necessario infine rilevare che la responsabilità non può essere invocata se la condotta dannosa deriva dall’aver eseguito un ordine del superiore gerarchico competente. Nel momento in cui risulta che l’ordine proveniente da un soggetto gerarchicamente superiore sia palesemente illegittimo, il subordinato ha il diritto

55 V. TENORE, L. PALAMARA, B. MARZOCCHI BURATTI, Le cinque responsabilità

del pubblico dipendente, op cit., pagg. 292-293.

56 E. CASETTA, Compendio di diritto amministrativo. GIUFFRE’ EDITORE, 2010, pag.

514.

57 F. GARRI, I giudizi innanzi alla Corte dei Conti. Responsabilità, conti, pensioni.

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di esercitare il c.d. dovere di rimostranza58: esso è in sostanza il

dovere di un pubblico impiegato, disciplinato dall’art. 17 del D.P.R. 10 gennaio n. 3 del 1957, di presentare motivata e immediata contestazione al soggetto che ha impartito l’ordine. Se l’ordine è stato impartito per iscritto questo deve comunque essere eseguito, salvo che esso integri un’ipotesi di reato. Se il subordinato non esercita tale diritto-dovere, allora incorrerà in responsabilità amministrativa perché ha dato esecuzione ad un ordine palesemente illegittimo, dal quale origina un danno

erariale59.

2.1 L’insindacabilità delle scelte discrezionali.

Relativamente all’elemento “strutturale” della condotta, va ricordato un importante principio sancito dal novellato art. 1 comma 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20: il principio della

insindacabilità delle scelte discrezionali60. L’articolo in

questione afferma che: “La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, ferma restando

58“Dovere di rimostranza ad ordini illegittimi del superiore gerarchico”, in

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59 V. TENORE, L. PALAMARA, B. MARZOCCHI BURATTI, Le cinque responsabilità

del pubblico dipendente, op cit., pag. 295.

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l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali”. Cosa si intende per “insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali”? Tale disposizione trova il proprio fondamento nel principio della separazione dei poteri dello Stato ideato a suo tempo da Montesquie, e consiste sostanzialmente nell’evitare la paralisi della Pubblica Amministrazione a causa della presenza di un sindacato che si estenda al merito delle scelte discrezionali e

degli strumenti utilizzati per perseguire l’interesse pubblico61. Va

comunque tenuto presente, sulla base di una pronuncia della

Corte dei Conti62, che al giudice contabile è riconosciuto un

potere sindacatorio in merito alle scelte discrezionali della P.A., ma per impedire effetti dirompenti e lesivi dei principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, oltretutto garantiti costituzionalmente, dovendosi però evitare che il giudice contabile possa sostituire le sue scelte a quelle operate dall’autorità amministrativa nell’ambito dell’esercizio del potere discrezionale. In questo modo infatti il giudice contabile non diverrebbe altro che un “amministratore”, quando invece la sua posizione dovrebbe essere quella di “operatore della giustizia”. In

61 M. ATELLI, La responsabilità per danno erariale. Organi politici, personale

dipendente ed in rapporto di servizio. GIUFFRE’ EDITORE, 2006, pag. 6.

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sostanza il giudice contabile, ha la possibilità ed anche il dovere di accertare che le scelte compiute dall’amministrazione siano rispondenti ai fini pubblici, ma deve farlo senza travalicare i confini esterni del suo potere giurisdizionale. Una cioè volta accertata questa rispondenza, il giudice contabile non può estendere il proprio sindacato al merito delle scelte amministrative operate dal pubblico amministratore, laddove appunto si tratti di scelte discrezionali insindacabili per legge, egli può solamente intervenire nel momento in cui i mezzi utilizzati dalla Pubblica Amministrazione non siano compatibili

rispetto ai fini pubblici63. Pertanto alla luce della legge n. 20 non

risultano sindacabili dalla Corte dei Conti e nemmeno ad essa vanno denunciate scelte discrezionali che violano regole non scritte di opportunità e convenienza, ma solo quelle contrarie alle norme espresse o principi giuridici (atti contra legem), principi che come abbiamo visto più sopra sono quelli della imparzialità e buon andamento dell’amministrazione. Il suddetto principio trova applicazione in quelle scelte discrezionali denominate “transattive” operate dalla Pubblica Amministrazione. Ad esempio “Costituisce atto che esprime discrezionalità di merito

63 M. A. MAZZOLA, Responsabilità processuale e danno da lite temeraria. GIUFFRE’

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ed è, comunque esente da colpa grave, la stipula di una transazione effettuata dal direttore amministrativo di una

università su conforme parere dell’Avvocatura dello Stato”64; ma

anche per ciò che concerne le spese di rappresentanza, per donativi, per contributi a manifestazioni culturali o gemellaggio etc65.