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L’elemento psicologico Dolo o colpa grave

Ai fini dell’affermazione della responsabilità amministrativa è necessario un elemento psicologico, consistente nel dolo o nella colpa grave. Tale previsione è stata introdotta dall’art. 1 legge n. 20 del 1994, come modificato dall’art 3 legge 639 del 1996. Prima delle riforme del ’94 e del ’96 il regime era diverso, in

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quanto sussisteva responsabilità amministrativa solo nei casi di colpa lieve, fatta eccezione per le ipotesi di addetti alla conduzione di autoveicoli o di altri mezzi meccanici e per gli

amministratori e dipendenti degli enti locali115. Lo scopo

precipuo di questa normativa è stato quello di attenuare le preoccupazioni dei pubblici dipendenti in merito al loro operato e di evitare il verificarsi del c.d. fenomeno della “paura della firma”, che ovviamente paralizzerebbe l’attività della P.A. e che quindi si porrebbe in evidente contrasto con una sempre crescente efficienza e managerialità richieste dai cittadini agli apparati della stessa Amministrazione. L’ulteriore motivo per il quale il legislatore è intervenuto statuendo la responsabilità amministrativa nei soli casi di dolo o colpa grave, risiede nel fatto cha ad oggi i pubblici dipendenti, soprattutto nell’ambito degli uffici giudiziari e finanziari, devono fare i conti con una grande mole di lavoro e che (situazione non meno gravosa) si trovano ad operare in contesti in cui vi è una forte carenza di

risorse umane ed economiche116. Per ciò che concerne l’elemento

del dolo, anche se siamo in ambito di responsabilità contabile,

115 C. E. GALLO, La responsabilità amministrativa e contabile e la giurisdizione, in C.

E. GALLO, M. V. LUPO’ AVAGLIANO, M. GIUSTI, L. SAMBUCCI, M. L. SEGUITI, Contabilità di Stato e degli enti pubblici, op cit., pagg. 187-188.

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esso viene fatto coincidere con l’art. 43 del c.p., pertanto esso consiste nell’intenzionalità e nella volontà cosciente dell’agente di porre in essere un determinato comportamento foriero di un determinato evento. La colpa in generale invece si riferisce a dei comportamenti che prescindono dall’intenzionalità, essa presuppone degli atteggiamenti antidoverosi o negligenti. In buona sostanza le conseguenze dannose non si producono per “volontà” del soggetto agente. Nel caso specifico della responsabilità amministrativa quello che rileva, come abbiamo già detto, è l’elemento della “colpa grave”: è necessario cioè che al soggetto agente sia imputabile un comportamento di negligenza particolarmente accentuato, non conforme cioè alla

diligenza media117. Dunque la colpa grave rileva in quelle ipotesi

nelle quali non c’è una precisa volontà di determinazione del danno, ma il soggetto agisce trascurando gli accorgimenti dettati dalla prudenza, dall’esperienza e dall’osservanza di norme. Quindi limitando la responsabilità ai soli elementi del dolo o colpa grave, e non come in passato anche per colpa lieve, si assicura al dipendente pubblico una sorta di tutela minima, che se

117 S. MINIERI, Compendio di contabilità di Stato e degli enti pubblici. La gestione del

bilancio e l’attività negoziale delle pubbliche amministrazioni. MAGGIOLI EDITORE, 2012, pag. 352.

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manca, il timore della responsabilità lo indurrebbe a inerzie o rallentamenti nello svolgimento della propria attività

amministrativa118. La sussistenza della colpa grave deve essere

attentamente valutata dal giudice contabile e proprio per questo vi sono delle ipotesi in cui la colpevolezza viene esclusa: ad esempio nel caso in cui si provi che il dipendente abbia agito in stato di necessità, oppure per caso fortuito, o ancora nel caso di forza maggiore o quando fosse incapace di intendere e di volere. Inoltre, come abbiamo detto all’inizio di questo secondo capitolo, il pubblico dipendente è legato all’amministrazione da un rapporto di servizio e conseguentemente la colpevolezza va esclusa anche nel caso in cui egli stesso debba dare esecuzione ad un ordine o più ordini impartiti dal superiore gerarchico, nei cui confronti è obbligato ad un dovere di obbedienza. Però se il dipendente ritiene l’ordine palesemente illegittimo ha il potere- dovere di esercitare il diritto di rimostranza e quindi deve fare la sua segnalazione, ed eseguire l’ordine solamente se confermato per iscritto. Non deve ovviamente eseguirlo se si tratta di un

ordine che integra un illecito penale o amministrativo119. Infine

118 S. BIANCARDI, L’economo comunale. Guida operativa alla gestione del servizio

economato-provveditorato. MAGGIOLI EDITORE, 2012, pag. 54.

119 G. FESTA, Contabilità degli enti locali e contrattualistica pubblica. GIUFFRE’

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circa la individuazione di alcune ipotesi di colpa grave è possibile fare riferimento non solo alla ormai consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, ma anche a quella della Corte dei Conti e soprattutto all’indirizzo di coordinamento 19 ottobre 1996, n. I.C./6 della Procura Generale della medesima Corte che ravvisa proprio tale elemento psicologico nei casi di errore professionale inescusabile, il quale si configura in queste tre ipotesi: a) anzitutto nel caso di erronea percezione di una realtà di diritto o di fatto che in base a dati obiettivi risulti che non poteva così essere intesa per carenza di elementi di dubbio ( es. finanziamenti erogati in caso di inequivoco dato normativo): per converso da questo punto di vista non esisterebbe dolo o colpa grave nell’ipotesi di errore interpretativo scusabile;

b) in secondo luogo si configura “errore professionale inescusabile” quando la percezione stessa sia stata frutto di una propria opinione, senza avere riguardo di istruzioni, indirizzi, prassi e pronunce esistenti. È proprio in questa ipotesi che rileva maggiormente la colpa grave, perché c’è stata una palese inerzia nell’attivazione dell’attiva conoscitiva che avrebbe evitato il dannoso errore professionale: ad esempio l’aver proposto appello

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contro una sentenza del tutto fondata, con conseguente condanna al pagamento delle spese di lite;

c) infine quando il comportamento origina dal non aver acquisito le succitate istruzioni, indirizzi e prassi, il che rileva ad esempio quando si prende la decisione di adottare una scelta gestionale dannosa sulla base di un precedente giurisprudenziale datato e isolato, superato dal successivo e univoco indirizzo della

magistratura120.

4.1 La culpa in vigilando del dirigente.

Il comma 1-bis dell’art. 21 D. Lgs. 165 del 2001, inserito dal D. Lgs. 150/2009, ci dice che la c.d. culpa in vigilando consiste nella “colpevole” violazione del dovere di vigilanza nei confronti di soggetti assegnati a determinati uffici della pubblica amministrazione, i quali non hanno provveduto al rispetto degli standard quantitativi e qualitativi fissati dalla stessa Amministrazione. Ed è proprio in queste situazioni che entra in gioco l’elemento psicologico della colpa, posto che si dovrà procedere ad una attenta valutazione circa la sua sussistenza ed intensità, soprattutto ai fini dell’entità della decurtazione. In buona sostanza quello che si dovrà valutare è l’atteggiamento

120 V. TENORE, L. PALAMARA, B. MARZOCCHI BURATTI, Le cinque

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poco diligente del dirigente121. In capo al dirigente sorge un

duplice obbligo: a) prevenire situazioni che potrebbero portare ad un non corretto svolgimento dell’attività lavorativa;

b) porre in essere dei controlli sull’efficienza dell’attività amministrativa nel suo complesso, e quindi segnalare eventuali

difformità dagli indicatori di produttività previsti122. Come detto

più sopra, il principale riferimento normativo per ciò che concerne l’ “obbligo di vigilanza” è il D. Lgs. n. 165 del 2001, il quale al suo art. 16 comma 1, lett. e), ribadisce che i dirigenti di uffici dirigenziali generali “dirigono, coordinano e controllano, l’attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con potere sostitutivo in caso di inerzia, e propongono l’adozione, nei confronti dei dirigenti, delle misure previste dall’art. 21”. Ugualmente, il successivo art. 17 comma 1 lett. d), del succitato D. Lgs. 165 afferma che i dirigenti, ma questa volta di uffici dirigenziali non generali, “dirigono, coordinano e controllano l’attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi,

121 L. OLIVERI, Il nuovo ordinamento del lavoro pubblico. Il D. L.gs. 150/2009 dopo la

Manovra Monti commentato articolo per articolo. MAGGIOLI EDITORE, 2012, pag. 238.

122 L. LAPERUTA, Il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.

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anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia.”123. Tuttavia in

tema di culpa è stato chiarito da parte della Corte dei conti124, che

la responsabilità amministrativa soggetta alla sua giurisdizione non ha carattere oggettivo, perché ai sensi del già citato art. 52 r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, essa è personale per cui, la responsabilità del dirigente (per culpa in vigilando), non deriva automaticamente dai singoli atti di servizio posti in essere anche colposamente dai dipendenti, posto che su di esso non incombe un generalizzato controllo delle pratiche di ufficio. Semmai la responsabilità degli organi apicali attiene maggiormente

all’andamento delle attività gestionali del servizio125. In

particolare vi sono delle ipotesi specifiche nelle quali la culpa in vigilando è stata esclusa: a) anzitutto quando il dirigente tenuto alla vigilanza venga investito della direzione di altri apparati della P.A. di nuova istituzione, trovandosi così nella situazione di dovere fronteggiare una mole di impieghi gravosi e cogenti con organici decisamente incompleti ed inadeguati;

b) in secondo luogo quando il dirigente di un ufficio di grandi dimensioni non poteva avere cognizione di un errore di un

123 D. Lgs. 30 marzo n. 165/2001.

124 Corte Conti, sez. I, 06/07/1993, n. 103, in Riv. Corte conti, fasc. 4, 69.

125 V. TENORE, L. PALAMARA, B. MARZOCCHI BURATTI, Le cinque

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proprio subordinato, se non valutando pratica per pratica, tutto il lavoro svolto dall’intero ufficio;

c) in terzo luogo nell’ipotesi in cui la condotta per danno all’erario, posta in essere dal dipendente subordinato, sia stata bene celata in modo tale da non poter essere agevolmente riscontrata dal dirigente;

c) qualora infine il dirigente con funzioni di vigilanza abbia da

poco assunto l’incarico126.