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La responsabilità dei pubblici dipendenti,

Il legislatore, prima dell’entrata in vigore della nostra Carta Costituzionale, non si è era occupato nello specifico della responsabilità della P.A., né di quella civile dei suoi dipendenti e funzionari nei confronti dei terzi. Fu proprio con la Costituzione,

e segnatamente con il suo art. 28141, che venne effettivamente

stabilita una tutela dei cittadini nei confronti della stessa amministrazione. La disposizione costituzionale risultò però alquanto equivoca e fece sorgere accesi dibattiti in relazione al fatto che essa in realtà non regolamentava specificamente la responsabilità della Pubblica Amministrazione, ma si poneva piuttosto come una norma alla quale la legislazione ordinaria avrebbe dovuto ispirarsi, prevendendo quindi solo un principio

programmatico142. Tra gli aspetti ritenuti più problematici, che

come si diceva poc’anzi hanno reso tale norma ambigua, spicca

140 A. BAX, La Corte dei Conti. Le funzioni di controllo, giurisdizionali e consultive, op

cit., pag. 24-25.

141 L’art. 28 Cost., infatti, recita che: “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti

pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione dei diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato ed agli enti pubblici”.

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sicuramente il rapporto tra la disciplina in vigore prima della Costituzione, la quale prevedeva la sola responsabilità della P.A. e non del pubblico dipendente, e che trovava sicuro fondamento nella c.d. teoria della “immedesimazione organica”, secondo la

quale l’attività posta in essere dal pubblico dipendente143 era

direttamente riferibile all’ente pubblico e non a colui che materialmente aveva provocato con la propria condotta illecita un danno nei confronti dei terzi, e quella propria della disposizione costituzionale. In effetti sulla base della disciplina anteriore al periodo costituzionale si era affermata, in un primo tempo, in dottrina la tesi di una “doppia responsabilità diretta”, dell’ente pubblico e del dipendente o funzionario. Tale impostazione era stata criticata da altra parte della dottrina, in quanto, quest’ultima aveva cercato di differenziare le responsabilità dei due soggetti in questione: da un lato imputando il c.d. “fatto d’ufficio” all’ente, e dall’altro ponendo a carico l’attività materialmente lesiva al funzionario o dipendente che ha posto in essere la condotta illecita foriera di danno. Nonostante le perplessità e ambiguità della disposizione costituzionale alcuni punti fermi possono

143 Salvo che ricorra un’ipotesi di dolo, poiché in questo caso verrebbe a rompersi il

rapporto di identificazione tra il soggetto agente e l’ente pubblico, e questo vale ad escludere la riferibilità dell’atto alla pubblica amministrazione, con conseguente imputazione personale e responsabilità diretta dell’agente.

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comunque essere ravvisati. Non bisogna infatti dimenticare che l’art. 28 della Costituzione è stato collocato all’interno del Titolo I (“Rapporti civili”), Parte I (“Diritti e doveri dei cittadini”), e per ciò stesso presenta una precisa ratio: rafforzare, cioè, la tutela dei privati cittadini eliminando la possibilità di un trattamento di favore per il funzionario. In buona sostanza i Padri costituenti hanno voluto “chiamare personalmente i pubblici funzionari ed impiegati dei danni prodotti ai terzi con l’attività di ufficio, al fine di influire sulla loro attenzione e diligenza nell’esercizio

della medesima”144. La giurisprudenza prevalente ha quindi

ritenuto che tale disposizione non volesse “snaturare la responsabilità diretta della pubblica amministrazione per i fatti illeciti dei suoi funzionari e dipendenti, che abbiano agito nell’ambito dei compiti loro affidati e non per fini propri, per affermare il principio della responsabilità indiretta di essa, ma si è voluto soltanto sancire, accanto alla responsabilità dell’ente, anche quella del funzionario o dipendente autore del fatto dannoso, che in passato era ritenuta assorbita dalla

responsabilità dell’amministrazione”145.

144 F. TIGANO, Corte dei conti e attività amministrativa. G. GIAPPICHELLI EDITORE,

2008, pag. 35-36.

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Orbene da ultimo bisogna osservare come parte della dottrina, per confermare la responsabilità diretta della pubblica amministrazione unitamente a quella ex art. 28 Cost. dei pubblici dipendenti, abbia fatto riferimento anche ad altre norme della Costituzione, in particolare l’art. 103 comma 1 e l’art. 113 Cost. Soltanto che ai fini meramente pratici questo dibattito circa la responsabilità diretta o indiretta della responsabilità, nel corso del tempo, è risultato di poco conto: questo perché se si verificano situazioni dalle quali originano delle responsabilità in capo ai pubblici dipendenti, il terzo danneggiato può direttamente rivolgersi alla stessa Amministrazione, citandola in giudizio per

l’ottenimento del risarcimento del danno146. Quindi anche se non

simmetriche, le due responsabilità dell’ente pubblico e dei suoi dipendenti, sono quantomeno concorrenti. Ciò è dato dal fatto che l’ente pubblico risponde dei danni arrecati anche per colpa lieve, mentre come abbiamo già avuto modo di rilevare trattando dell’elemento psicologico, il pubblico dipendente in base all’art. 1 legge n. 20 del 1994, come modificato dall’art 3 legge 639 del 1996, risponde solamente per colpa grave. Quindi s’intuisce, a

146 D. D’ORSOGNA, La responsabilità della pubblica amministrazione, in F. G.

SCOCA, C. CACCAVILLANI, M. C. CAVALLARO, M. D’ORSOGNA, F. FIGORILLI, E. FOLLIERI, L. GIANI, M. IMMORDINO, N. PAOLANTONIO, A. POLICE, M. R. SPASIANO, F. VETRO’, A. ZITO, S. S. SCOSA, Diritto amministrativo. G. GIAPPICHELLI EDITORE, 4 lug, 2017, pag. 554.

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questo punto, come sia più conveniente per il soggetto danneggiato, ai fini della solvibilità, citare l’ente pubblico e non il funzionario o dipendente per l’ottenimento del risarcimento del danno. In seguito, nel momento in cui l’amministrazione venga condannata a risarcire il danno cagionato ad un terzo a causa di un comportamento illecito posto in essere da un suo dipendente, quest’ultimo risponderà innanzi alla Corte dei conti, secondo i principi della responsabilità amministrativa per il danno indiretto che ha provocato all’ente pubblico. Sono state comunque previste, dal legislatore, delle forti limitazioni di responsabilità: si pensi alla posizione dei magistrati (anch’essi dipendenti pubblici) nell’esercizio delle loro funzioni giudiziarie. In questi casi si riconosce al soggetto danneggiato la possibilità di azionare la pretesa risarcitoria esclusivamente nei confronti dello Stato, anziché contro la persona del magistrato, salvo ovviamente il caso in cui il danno non sia stato provocato da un reato

commesso dal magistrato nell’esercizio delle sue funzioni147.