D) Il canone dell’interpretazione “conforme” o “adeguatrice” 1 Il canone dell’interpretazione conforme
3. Il concetto di interpretazione conforme a Costituzione.
Si può affermare che il criterio dell’interpretazione conforme si collochi <<alla frontiera fra il dominio dei criteri di composizione delle fonti in sistema e quello dei paradigmi di identificazione delle norme applicabili>>426, ossia dei criteri di interpretazione.
Infatti, l’interpretazione conforme, da un lato, in quanto appunto interpretazione, <<attiene ai contenuti normativi e non alla forma delle fonti>>; dall’altro, <<determinando un orientamento dell’interprete in ragione proprio della forma (del tipo) delle fonti, partecipa dei tratti propri dei criteri ordinatori visti prima, perché non avrebbe ragion d’essere in assenza di un pluralismo della nomopoiesi>>427. Quindi, da un lato, l’interpretazione conforme mette a confronto tra loro norme e non fonti, ma, dall’altro, l’interprete è tenuto a dare prevalenza a quelle norme ricavate dalle fonti che si trovano in rapporto di superiorità gerarchica (o di maggiore competenza), conformando perciò a queste ultime, in via interpretativa, le norme ricavate da fonti gerarchicamente inferiori (o incompetenti).
Detto in altri termini, il criterio dell’interpretazione conforme è ispirato dalle stesse esigenze che stanno alla base dei criteri ordinatori tra fonti, ossia garantire la supremazia della fonte superiore su quella inferiore (similmente al criterio gerarchico), la prevalenza della fonte successiva rispetto a
424R. Bin, L’applicazione diretta della costituzione, le sentenze interpretative, l’interpretazione conforme a
costituzione della legge, pagg. 11-12, http://www.robertobin.it/ARTICOLI/Roma06Definitiva.pdf
425 M. Luciani, Op. cit., §8. 426 Ibidem, §8
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quella anteriore (come il criterio cronologico), assicurare il rispetto delle attribuzioni assegnate a poteri od ordinamenti diversi (come il criterio di competenza), al fine, dunque, di prevenire possibili antinomie. Tuttavia, riferendosi a “contenuti normativi”, ossia ai risultati dell’interpretazione, e non agli atti formali oggetto d’interpretazione, l’interpretazione conforme non conduce all’annullamento, all’abrogazione o alla disapplicazione della norma considerata recessiva, ma ad un adeguamento del suo contenuto precettivo a quella proprio della norma ricavata dalla fonte superiore, successiva o maggiormente competente. Quindi, l’interpretazione conforme, pur essendo ispirata dalle medesime esigenze dei criteri ordinatori tra fonti, essa previene proprio quegli effetti ricollegati ai criteri ordinatori tra fonti (ossia, appunto, l’annullamento, l’abrogazione o la disapplicazione), e che portano ad incidere sulla vigenza o sulla operatività della fonte colpita.
Secondo M. Luciani, <<la complessità del fenomeno interpretativo/applicativo del diritto è tale che l’operatore giuridico segue concretamente un procedimento intellettuale nel quale non è visibile il transito dal dominio delle fonti (e cioè degli atti o dei fatti idonei a produrre, con la mediazione dell’interpretazione, norme giuridiche) a quello delle norme, sicché la loro distinzione è ricostruibile solo sul piano logico dell’analisi teorica (nella quale, unicamente, i singoli passaggi del procedimento interpretativo/applicativo sono astrattamente isolabili e scomponibili)>>428.
Di conseguenza, M. Luciani contesta la ricostruzione per cui l’interpretazione conforme <<serva a scegliere l’interpretazione “giusta” dopo aver allineato tutte quelle possibili, oppure che sia un criterio “nuovo” rispetto a quelli classici, o addirittura un “metacriterio”>>, ossia un canone (<<di secondo grado>>) di attribuzione di significato ad un testo, atto ad effettuare <<una selezione tra le proposte esegetiche sostenibili in base ai menzionati canoni comuni>>, ossia i “tradizionali” criteri di interpretazione della legge429.
Infatti, si distingue in dottrina tra canoni ermeneutici <<di primo grado>>, ossia canoni di individuazione o di produzione del significato normativo di una disposizione (o di un enunciato), e canoni <<di secondo grado>>, o di scelta tra i diversi significati (o norme) ottenuti dall’applicazione dei primi.
Secondo V. Boncinelli, gli argomenti o criteri interpretativi di primo grado (letterale, psicologico, evolutivo, storico, teleologico-soggettivo e oggettivo, e così via), <<hanno come scopo ultimo quello di giustificare una certa attribuzione di significato mediante la combinazione di elementi linguistici (come la costanza o l’incostanza terminologica, gli usi linguistici valevoli entro determinate coordinate di tempo e di spazio, ecc.), logico-giuridici (ad esempio, le indagini intorno alla ratio della norma e la dogmatica giuridica) e psicologico-fattuali (lo studio dei lavori preparatori, le ipotesi intorno alle intenzioni psicologiche dell’autore, ecc.)>>; quelli di <<secondo grado>>, invece, <<forniscono ragioni per scegliere, fra i vari significati possibili (sulla base delle regole linguistiche e dei canoni di primo grado), quello preferibile (o l’unico ammesso) in relazione ad un obiettivo o fine>>430: alla pari del brocardo <<in dubio pro reo>>, in base al quale nel caso di dubbio sull’interpretazione di una norma penale bisogna scegliere quella più favorevole all’imputato (in applicazione del principio di presunzione di non colpevolezza), così l’interpretazione adeguatrice
428 Ibidem, §8
429 v. ad esempio, V. Boncinelli, Interpretazione conforme a Costituzione e ragionevolezza: la prospettiva della
Corte costituzionale, in Interpretazione conforme e tecniche argomentative in Atti del convegno di Milano svoltosi il 6-7 giugno 2008. A cura di Marilisa D'Amico e Barbara Randazzo, pag. 458.
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prescrive all’interprete, in caso di dubbio sulla costituzionalità di una legge, di scegliere quella costituzionalmente conforme, per evitare l’antinomia e dunque l’annullamento (in base al principio di presunzione di legittimità costituzionale della legge).
M. Luciani, dunque, propone la seguente definizione del criterio dell’interpretazione conforme: esso consiste nell’<<obbligazione di desumere dalle norme di una fonte interpretazioni che siano in armonia con le interpretazioni desunte dalle norme di altra fonte, che stia con la prima in uno specifico rapporto condizionante>>431. Vi è da notare che questa definizione non segue (almeno dal punto di vista terminologico) la distinzione crisafulliana tra <<disposizione>> e <<norma>>, ma sostituisce ad essa quella tra <<norma>> e <<interpretazione>>.
Nell’interpretazione conforme, sostiene M. Luciani, le norme della fonte condizionante <<non sono assunte solo a “norme di controllo” (e cioè a paradigmi di legittimità), ma anche a “norme sostanziali” (e cioè a indicazioni capaci di modellare il contenuto della fonte condizionata)>>432. Per M. Luciani, pertanto, non è condivisibile la tesi che vede nell’interpretazione conforme <<più una tecnica di scelta tra una pluralità di significati che una tecnica interpretativa capace di estrapolare significati da significanti>>: infatti, <<si propone una costruzione affatto artificiosa se si immagina che l’interprete prima si eserciti impiegando gli altri criteri ermeneutici e poi, come se ne scoprisse solo
post festum l’esistenza, applichi quello dell’interpretazione conforme>>433. In realtà, il criterio dell’interpretazione conforme <<opera già nella fase dell’identificazione degli esiti interpretativi possibili, ma ovviamente entro il campo semanticamente definito dal tenore testuale della norma, che non può essere legittimamente scavalcato nemmeno facendo valere l’esigenza armonizzante sottesa all’interpretazione conforme>>434.
Quindi, per M. Luciani, l’interpretazione conforme può essere considerata come un criterio (<<di primo grado>>) volto alla identificazione dei possibili significati della disposizione (o della norma).
Contrario all’idea di un’interpretazione conforme quale “criterio di selezione” dei possibili significati riconducibili alla disposizione è anche O. Chessa, secondo il quale peraltro la stessa formula <<interpretazione adeguatrice>> o <<conforme>> <<rischia di essere fuorviante>>435: in primo luogo, infatti, la stessa sembrerebbe dare credito alla possibilità di tenere distinti l’oggetto dell’interpretazione (ossia la legge) e il criterio dell’interpretazione (ossia la Costituzione); in secondo luogo, significherebbe ammettere la possibilità logica di un’interpretazione <<non conforme a Costituzione>>, negando a quest’ultima quindi il carattere precettivo, ossia il suo valore di fonte del diritto. Ma la Costituzione è proprio la fonte normativa suprema dell’ordinamento. Infatti, come il giudice ha il dovere di preferire un’interpretazione della norma compatibile con il sistema, e correlativamente ha il dovere di scartare ogni interpretazione non coerente con le altre norme rilevanti per la comprensione del contenuto semantico della prima, così, a maggior ragione, il giudice ha il <<dovere deontologico>>, espresso da brocardo iura novit curia, di optare per quella lettura della norma legislativa che sia più coerente col contenuto delle norme costituzionali che siano alla
431 Luciani, ult. Op. cit. § 9. 432 Ibidem.
433 Ibidem. 434 Ibidem.
435 Omar Chessa, I giudici del diritto. Problemi teorici della giustizia costituzionale, Franco Angeli, Milano, 2014,
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prima materialmente ricollegabili436. Quindi, l’Autore, con evidente richiamo al <<sillogismo di Marshall>>, afferma che <<se la costituzione è diritto e se i giudici applicano il diritto, ne consegue che i giudici, tutti i giudici, applicano la costituzione, passando il testimone al giudice costituzionale solo quando non riescono a elaborare una regola del caso che sia compatibile a un tempo con la legge e con la costituzione>>437: di conseguenza, l’interpretazione conforme non è che un’applicazione dell’interpretazione sistematica, la cui osservanza da parte del giudice è <<logicamente doverosa>>. Dunque, per O. Chessa non si può distinguere tra <<oggetto>> dell’interpretazione (la legge) e <<criterio>> dell’interpretazione (la Costituzione): come afferma in un altro scritto, i ruoli tra le due fonti <<sono invero interscambiabili, potendo talvolta pure la legge orientare la lettura del dettato costituzionale>>438. L’Autore aggiunge poi che <<la Costituzione, lungi dall’essere un criterio interpretativo, è anch’essa un testo da interpretare, suscettibile pertanto di esprimere più norme possibili>>439: corollario di ciò è che <<il giudice sempre elabora, o deve elaborare, una regola del caso che soddisfi contemporaneamente sia il testo legislativo che quello costituzionale e che sia quindi una sorta di “saldatura” tra le potenzialità normogenetiche di entrambi>>440.
Secondo l’Autore, di conseguenza, <<sul piano logico non è possibile isolare l’interpretazione conforme da quella non conforme: la regola del caso deve sempre essere costruita sulla base di tutte le fonti vigenti non invalide (che siano ovviamente pertinenti al caso), ivi comprese le fonti costituzionali, atteso che queste sono fonti del diritto>>: pertanto, <<un’interpretazione non conforme o è un’interpretazione scorretta, perché tradisce il dovere deontologico del giudice espresso dal brocardo iura novit curia; o è un’interpretazione che – secondo me altrettanto scorrettamente – muove dalla premessa che la Costituzione e le altre leggi costituzionali non siano fonti del diritto>>.
3.1 Il canone dell’interpretazione conforme come criterio <<nuovo>> <<diverso>> rispetto a quelli tradizionali
F. Modugno sostiene invece la tesi secondo la quale il canone dell’interpretazione conforme rappresenta un criterio <<nuovo>> rispetto a quelli <<comuni>>, e abbia dunque una sua autonomia concettuale: egli afferma, infatti, che l’interpretazione conforme è <<un canone nuovo e diverso>> rispetto a quelli tradizionali, previsti dall’art. 12 delle Preleggi: lo stesso, infatti, <<segue e non
travolge gli altri argomenti ermeneutici>>441. Afferma l’Autore che <<se l’interpretazione della legislazione fosse condotta con i tradizionali canoni ermeneutici, il giudizio di costituzionalità potrebbe metter capo alla dichiarazione di illegittimità costituzionale. Invece, l’uso del canone di conformità o di adeguazione può condurre all’esito opposto, alla “salvezza” della normativa ordinaria>>442. Dunque, <<il canone di conformità può essere inteso come un aspetto o una variante
436 Ibidem. 437 Ibidem.
438 Omar Chessa, Non manifesta infondatezza versus interpretazione adeguatrice?, in Interpretazione conforme
e tecniche argomentative, op. cit., pag. 271; sul tema dell’inversione del “verso” dell’interpretazione v. infra
439 Ibidem, pag. 272. 440 Ibidem.
441 F. Modugno, Sull’interpretazione costituzionalmente conforme, in Il diritto fra interpretazione e storia. Liber
amicorum in onore di Angel Antonio Cervati, II, Roma, 2010 (Rivista telematica transnazionale, quaderno monografico 2010), pag. 316.
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dell’interpretazione sistematica. È però altrettanto indiscutibile che qui la legislazione ordinaria non fa sistema in sé medesima, bensì con la normativa costituzionale>>443.
Quindi, F. Modugno considera il canone dell’interpretazione conforme <<nuovo e diverso>> rispetto al mero canone sistematico. La diversità consiste, per l’Autore, essenzialmente nel fatto che la prevalenza del primo è imposta all’interprete dal <<principio di supremazia costituzionale>>444, mentre il secondo è basato sulla necessità di assicurare la coerenza tra testi normativi non necessariamente legati da un rapporto formale di condizionamento di validità. Infatti, i principi costituzionali, ai quali il significato delle disposizioni di legge deve essere adeguato, condizionano altresì la validità delle seconde, trovandosi queste ultime su un piano gerarchico inferiore rispetto ai primi. Invece, l’interpretazione sistematica è basata sui <<principi non costituzionali>>, ossia sui <<principi generali del diritto>> (art. 12 delle Preleggi), <<ricavati dalle disposizioni normative di un determinato ordinamento di riferimento>>, i quali principi pertanto non si trovano in posizione formalmente superiore rispetto alle disposizioni di legge da cui sono ricavati: la loro superiorità è di tipo assiologico e dipende dal valore che ad essi è assegnato dagli interpreti445.
F. Modugno cita come caso esemplare di applicazione del canone dell’interpretazione conforme quale <<esplicazione-applicazione del principio di supremazia costituzionale>>, la sentenza della Corte costituzionale n. 113/2000, secondo la quale <<eventuali residue incertezze di lettura sono del resto destinate a dissolversi una volta che si sia adottato, quale canone ermeneutico preminente, il principio di supremazia costituzionale, il quale “impone… all’interprete di optare, tra più soluzioni astrattamente possibili, per quella che renda la disposizione conforme a Costituzione: nella specie conforme al principio del giusto processo”>>446.
A ben vedere, in base a questo passaggio, sembrerebbe che il canone dell’interpretazione conforme possa effettivamente essere configurato come criterio di scelta tra significati, prodotti in base ai canoni di primo grado, più che come mezzo di produzione degli stessi.
Infatti, lo stesso Autore afferma che si tratta di un canone per la <<selezione dei comuni argomenti interpretativi adoprati per l’interpretazione dei testi normativi alla luce della (possibile) conformità ai testi della Costituzione>>447.
Come afferma M. Ruotolo, <<la soluzione ermeneutica sarà il frutto di una selezione compiuta mediante la confutazione degli argomenti non applicabili o non preferibili in base ai principi desumibili dai testi legislativi e costituzionali>>. Il canone dell’interpretazione conforme a Costituzione, quale criterio di selezione del significato, opera dunque in una duplice direzione: <<in negativo, portando ad escludere, a confutare, le soluzioni che si pongano in contrasto con la Costituzione; in positivo, inducendo ad individuare come possibili norme ricavabili dal testo quelle conformi a Costituzione>>. L’applicazione del canone può perciò portare a diversi esiti: <<a) se sono stati ricavati tre possibili significati (A, B, C), due dei quali (B e C) si rivelano non conformi a Costituzione, la scelta cadrà sull’unica norma che l’interprete ha ritenuto compatibile con i precetti
443 Ibidem.
444 Idem, Metodi ermeneutici e diritto costituzionale, in Scritti sull’interpretazione costituzionale, Napoli, pag.
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445 Idem, Modugno, In difesa dell’interpretazione conforme, par. 2, http://www.rivistaaic.it/in-difesa-dell-
interpretazione-conforme-a costituzione.html, 2014.
446 Idem, Sull’interpretazione costituzionalmente conforme, pagg. 316 e ss. 447 Ibidem, pag. 346.
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costituzionali (A); b) se, viceversa, due dei tre significati si rivelano conformi a Costituzione (A, B), la selezione dovrà essere compiuta privilegiando quello che meglio si accorda con il sistema nel quale il testo si trova ad operare o, a parità di compatibilità sistematica, con quello che appare “più pianamente” ricavabile dalla “lettera”; c) se tutti e tre i significati non si rivelano conformi a Costituzione, l’interpretazione conforme o adeguatrice “cederà necessariamente il passo alla interpretazione costituzionale decisoria, ma residuale, della Corte costituzionale”. Ovviamente, l’ipotesi sub c) presuppone che l’operatore-interprete sia un giudice chiamato a risolvere una concreta controversia, il quale è abilitato dall’ordinamento a sollevare la questione di costituzionalità. Se la Corte verificherà che l’interpretazione adeguatrice si è effettivamente “rilevata insufficiente ad eliminare le incompatibilità tra disciplina legislativa di una fattispecie e i principi costituzionali”, per la “resistenza insuperabile” della “lettera” o per il formarsi di un diritto vivente incostituzionale, allora ad essa spetterà l’”interpretazione decisoria”, “la c.d. ultima parola”>>448.
Non dissimile appare la posizione di G. Amoroso, il quale afferma che <<vanamente si cercherebbe la nozione di interpretazione adeguatrice nell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale del codice civile>>: l’interpretazione adeguatrice, secondo l’Autore, <<è quella che ricostruisce la disposizione in modo da attribuirle un significato normativo (tra i plurimi astrattamente possibili) che non sia in contrasto con parametri costituzionali e che quindi esoneri il giudice dall’obbligo di sollevare l’incidente di costituzionalità>> (in quanto previene l’antinomia). Ad avviso dell’Autore, <<si tratta pertanto di un canone interpretativo ulteriore, frutto di elaborazione giurisprudenziale, che non è previsto dall’art. 12 cit., né poteva esserlo perché implica una Costituzione rigida (e quindi l’esistenza di valori di rango superiore idonei a condizionare la legittimità della normativa primaria ordinaria, mentre all’epoca del codice civile tale idoneità non avevano le disposizioni dello Statuto albertino) ed un controllo accentrato di costituzionalità, ma che è riferibile al principio generale della conservazione degli atti giuridici>>. L’Autore lo definisce, dunque, come <<un autonomo canone ermeneutico>>449.
3.2. Il canone dell’interpretazione conforme come <<criterio di scelta>> o argomento decisorio.
Altri Autori qualificano diversamente il canone dell’interpretazione conforme. A. Longo, ad esempio, sostiene la tesi in base alla quale l’interpretazione conforme, nella sua specificità, corrisponda ad un criterio <<di secondo grado>>, che serve a decidere quale, tra i possibili significati ricavati da una disposizione attraverso i criteri <<di primo grado>> (di identificazione o produzione di significato), debba essere preferito450.
Afferma l’Autore, che l’interpretazione sistematica e l’interpretazione conforme hanno in comune di essere “interpretazioni intertestuali”, poiché in entrambe il prodotto interpretativo è il risultato di un confronto tra la singola disposizione e <<le altre disposizioni rilevanti per il caso>>, appartenenti ad un dato sistema (o a sistemi tra loro collegati)451. Senonché, egli poi sostiene che nell’interpretazione conforme, propriamente detta, non vi è soltanto un mero raffronto sistematico tra due testi giuridici, ma uno dei due testi, cioè quello propriamente oggetto di interpretazione,
448 M. Ruotolo, L’incidenza della Costituzione repubblicana sulla lettura dell’art. 12 delle preleggi, in
Interpretare. Nel segno della Costituzione, Napoli, 2014; disponibile online su gruppodipisa.it.
449 G. Amoroso, L'interpretazione «adeguatrice» nella giurisprudenza costituzionale tra canone ermeneutico e
tecnica di sindacato di costituzionalità, in Foro italiano, vol. 121, no. 2 (febbraio 1998), pp. 90-91
450 A. Longo, Spunti di riflessione, op. cit., pag. 20. 451 Ibidem. Pag. 10.
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subisce <<una torsione in quello che si presume essere il suo significato originale o […] precedentemente condiviso>>452.
Detto in altri termini, secondo A. Longo, la somiglianza tra i due criteri consiste nel fatto che entrambi richiedono od impongono la messa a confronto di due o più testi, per estrapolare da essi un significato compatibile o coerente con tutti; la differenza consiste nel fatto che mentre l’interpretazione sistematica è indifferente alla posizione gerarchica delle diverse fonti messe a confronto, richiedendo una coerenza formale tra di esse, nell’interpretazione conforme le fonti messe a confronto appartengono a piani gerarchici differenti, per cui la fonte gerarchicamente superiore (condizionante) tende a “modellare” il significato di quella gerarchicamente inferiore (condizionata). E il fine di quest’attività è, non solo quello di assicurare la supremazia della fonte condizionante, ma anche conservare la validità e l’efficacia della fonte condizionata, evitare quindi una sua esclusione dall’ordinamento giuridico tramite l’annullamento: effetto che deriverebbe dall’applicazione pura e semplice del criterio gerarchico.
L’Autore afferma che <<all’interno di ogni vicenda interpretativa (soprattutto nei casi controversi) esiste un livello decisionale (che si conclude probabilmente con la scelta degli argomenti prevalenti) ed uno strettamente ermeneutico (nel quale tali argomenti sono utilizzati per produrre effettivamente uno dei possibili significati normativi)>>453. Secondo A. Longo, prendendo in considerazione <<il complesso della vicenda interpretativa>>, l’interpretazione conforme trova la sua peculiarità <<non nella fase strettamente ermeneutica ma in quella decisionale, non nel momento del