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Capitolo III Il Framework dello Sviluppo Umano

3.1 Il Capability Approach

3.1.4 Il contributo di Martha Nussbaum

All’interno del CA un posto di rilievo è occupato dal pensiero di Martha Nussbaum che, in maniera più esplicita di Sen, si è occupata di educazione(Nussbaum, 1998, 2011).

Nella formulazione del suo pensiero la filosofa articola il concetto di capability inizialmente formulato da Sen, fino a dargli un nuovo e diverso significato.

Nella sua accezione le capability vengono distinte in:

- Capacità di base, cioè quelle capacità innate in ogni soggetto, che gli consentono di svilupparsi e di crescere;

- Capacità interne, che si formano durante la vita di una persona, acquisite o sviluppate in interazione con i contesti di vita di un soggetto;

- Capacità combinate, frutto dell’incontro tra capacità interne e le condizioni socio-politiche- economiche attivanti, che conducono ai funzionamenti (ibidem, 2011).

Il compito delle istituzioni democratiche è quello di garantire che ogni cittadino possa sviluppare le capacità combinate che gli consentono il pieno fiorire, il flourishing, delle potenzialità umane; di queste capacità combinate Nussbaum declina un decalogo, considerato universale, intuitivamente evidente per tutti, anche in presenza di culture e tradizioni diverse e agli antipodi8.

La Nussbaum concorda con Sen sull’idea di capability quale possibilità di essere e fare (e della necessità che le risorse e i dispositivi sociali siano costruiti per sviluppare capability), mai due studiosi divergono, a cominciare dall’idea che le capability debbano essere declinate secondo una lista fondamentale e universale. Sen ha motivato che la scelta delle capability e l’ordine di priorità assegnato a ciascuna deve essere il frutto di una concertazione, del confronto e della scelta da parte dei cittadini a livello locale (Sen, 2004). Ciò che conta è che vi siano le condizioni per una libertà

8 Per la Nussbaum una vita orientata al benessere e allo sviluppo richiede la “salvaguardia” di 10 capability

imprescindibili: “1) una vita dignitosa e di normale durata, 2) una buona salute e 3) una buona integrità fisica, 4) la

possibilità di usare i propri sensi per pensare, ragionare e immaginare, 5) la possibilità di provare liberamente emozioni, 6) la possibilità di usare la ragione pratica per programmare la propria vita, 7) poter sperimentare l’appartenenza, 8) poter vivere con altre specie, 9) la possibilità di giocare, 10) poter controllare il proprio ambiente sia da un punto di vista politico che materiale” (ibidem, 2011).

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sostanziale del soggetto, la libertà di scegliere tra alternative fondate sul valore attribuito dalle persone; in questo senso un contesto sociale è tanto migliore quanto è capace di offrire a tutte le persone di avere le capacità per raggiungere i funzionamenti a cui attribuisce valore.

Il concetto di “vita buona”, l’eudemonia, che Sen ha in mente non ci consegna una volta per tutte l’elenco delle capability imprescindibili da cui le politiche pubbliche dovrebbero far discendere le proprie priorità di analisi e di intervento, come accade nel decalogo proposto dalla Nussbaum, ma consente di ragionare sulle esigenze e gli scopi di vita degli individui, sulla progettualità connaturata alle persone, senza riempirla di contenuti, ma flessibile e adatta a cogliere, nella maniera più vasta possibile, la varietà della condizione umana (Mocellin, 2006).

La Nussbaum sottolinea invece come la sua teoria sia una “thick vague theory of the good”, thick in quanto guarda ai fini delle sviluppo secondo una prospettiva che ha un valore più solido tanto del singolo giudizio individuale quanto dei parziali criteri di valutazione del bene che possono venire da una comunità, e vague in quanto il decalogo rimane aperto ad ulteriori specificazioni.

La scelta della Nussbaum la porta a dare un peso maggiore alle istituzioni e alle policy. Le politiche pubbliche a cui la Nussbaum si riferisce sono politiche che sostengono lo sviluppo umano con forza, che lo accompagnano e consentono tanto l’acquisizione di capability tanto l’espressione di queste sotto forma di capacità combinate, sono cioè “politiche abilitanti”; alle politiche pubbliche è demandata la responsabilità tanto dell’acquisizione che dell’espressione delle capability e ciò segna la differenza ulteriore tra la studiosa e Sen, per il quale la scelta rimane in ultimo una responsabilità individuale, una volta che vengano garantite le condizioni per l’espressione della libertà di agire di un soggetto (Mocellin, 2006).

Come mette in luce Deneulin (Deneulin, 2013), concordare con la Nussbaum che i governi debbano creare le condizioni perché le persone vivano delle vite pienamente umane, non significa che le persone non abbiano scelta su come essi vivono; ogni elemento di una vita buona, mangiare, giocare, avere relazioni significative, stare bene in salute, è pervaso dalla scelta e dalla ragion pratica che, nell’accezione aristotelica, è una deliberazione congiunta su cosa costituisce la migliore decisione all’interno della cornice del bene comune.

Affidare alle istituzioni pubbliche la funzione di garante del raggiungimento delle capacità combinate necessarie ad essere individui pienamente liberi, che sono già fissate, e lasciare in secondo piano l’aspetto di scelta e deliberazione comune priva, per certi aspetti, l’individuo delle sua capacità di soggetto che sceglie in pienezza e responsabilità, di un soggetto agente.

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Non a caso il concetto di agency non trova spazio all’interno del modello sviluppato dalla Nussbaum. Quest’ultima non riconosce la distinzione tra agency e benessere posta da Sen, affermando che la distinzione tra capability e functioning è sufficiente a spiegare tutte le differenze esistenti.

Diversi autori hanno messo in evidenza come la Nussbaum non coglie il senso dell’agency nelle sue diverse manifestazioni (Menon, 2002; Crocker in Robeyns, 2005).

Robeyns (2005) nota che il concetto di ragion pratica della Nussbaum, nella sua dialettica col benessere, potrebbe comprendere quello di agency seniana, ma che anche in questo caso bisognerebbe approfondirne ulteriormente le caratteristiche e le differenze con il concetto di agency.

In merito alla lista di capability centrali Alkire (Alkire, 2005) sostiene che la metodologia di Nussbaum snatura un aspetto essenziale dell’approccio delle capacità, il cui tentativo è proprio quello di riformulare le teorie dello sviluppo da un focus riduttivo e limitato di indicatori della condizione umana a un resoconto olistico e ampio del benessere di tutti gli individui.

Malgrado le criticità rilevate ed espresse da più fronti, l’opera della Nussbaum ha il pregio di spiegare chiaramente che al centro dello sviluppo vi è la persona, ogni singola persona, con la sua propria unicità e specificità, che deve essere messa nelle condizioni di sviluppare le proprie capacità qualunque sia il proprio punto di partenza, avendo come orizzonte l’idea di un’esistenza degna della dignità di un essere umano.

Unicità e dignità di ogni persona divengono i valori verso cui far convergere le politiche sociali, economiche o educative, che vanno valutate per l’impatto che hanno sul concreto vivere dei singoli individui:

“In breve, noi ci dovremmo chiedere quali obiettivi dovrebbe perseguire la politica per ciascun cittadino individualmente, prima di approvare i cambiamenti economici” (Nussbaum, 2002: 47).

E più oltre:

“[...]ci basta notare che c’è un tipo di attenzione all’individualità personale come tale che non richiede alcuna tradizione metafisica particolare e nessun pregiudizio nei confronti dell’amore e delle cure affettuose. Essa nasce naturalmente dal fatto di riconoscere che ogni persona ha solo una vita da vivere, e nient’altro che quella; dal fatto che il cibo nel piatto di A non nutre magicamente lo stomaco di B; che il piacere del corpo di C non diminuisce il dolore che D avverte nel suo corpo; che il reddito generato dalle attività economiche di E non aiuta a sfamare F né a dargli un tetto; e in generale, che l’esorbitante felicità e libertà di una persona non ha il potere magico di renderne un’altra libera e felice.

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I programmi tesi a elevare il benessere generale o medio non migliorano la situazione dei meno privilegiati, se non vanno direttamente ad agire sul miglioramento della qualità della vita delle persona in questione” (ibidem: 75-76).