CAPITOLO IV La Human Agency
4.2 Aprire la black box dell’agency: verso una definizione delle dimension
4.2.4 La partecipazione
Sen ha argomentato che la partecipazione democratica è il luogo della realizzazione della capacità agentica degli individui che permette, nella concertazione condivisa e attraverso la responsabilità del proprio agire, il perseguimento di obiettivi comuni che vanno oltre il mero esercizio dell’agency individuale per il perseguimento del benessere.
In linea con questa visione, la psicologia di comunità (Amerio Piero, Fedi Angela, & Tartaglia Stefano, 2003; Santinello, Dallago, & Vieno, 2009) individua nel concetto di partecipazione l’impegno e la responsabilità dell’individuo in un progettualità tesa al raggiungimento di un obiettivo collettivamente determinato, un processo i cui le persone prendono attivamente parte ai processi decisionali nei contesti a cui appartengono, insieme alle istituzioni e nei programmi stabiliti (Wandersman & Florin, 2000).
Amerio (2000) afferma che la dimensione della partecipazione da senso e direzione alle relazioni all’interno della comunità perché promuove il dialogo come strumento utile per costruire mondi possibili e condivisi, decisioni comuni e responsabilità.
Se la partecipazione connota le relazioni è anche vero il contrario, come abbiamo già osservato. La partecipazione, intesa come relazione, è fondativa della natura dell’agency stessa; non può esservi agency che non sia esercizio con gli altri poiché, come le teorie esternaliste hanno sottolineato, l’esistenza agentiva emerge sviluppandosi attraverso l’attività e l’interazione in contesti popolati da altri (Sugarman e Sokol, 2012).
La partecipazione è, a nostro parere, una dimensione costitutiva dell’agency, intesa come “capacità
di prendere decisioni e partecipare attivamente alle attività in cui si è coinvolti”, che segna il
passaggio da una dimensione volitivo-intenzionale ad una espressiva (Cauce & Gordon, 2012). L’accento sui processi decisionali implica l’idea che un soggetto abbia di fronte a se una pluralità di opzioni tra cui scegliere: una scelta obbligata, che non preveda alternative, non è una decisione. La decisione presuppone la libertà di scegliere. Questo può avvenire solo grazie a una partecipazione attiva al contesto del quale si valutano vincoli presenti e/o opportunità offerte.
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Introdurre a pieno titolo la partecipazione come dimensione costitutiva dell’agency ci porta ad affrontare direttamente una questione aperta all’interno del CA, ovvero se l’agency è una capability o un funzionamento. Tanto nella definizione seniana che nelle dimensioni di SE e SD il riferimento a una capacità agentica mette particolare risalto l’agency come risorsa potenziale per il raggiungimento di risultati.
La distinzione tra agency achievement e agency freedom in Sen, introdotta allo scopo di sottolineare che l’obiettivo dello sviluppo umano è garantire che la libertà ovvero le opportunità di agency siano garantite, mette in secondo piano l’aspetto di realizzazione dell’agency.
Ma ciò che Sen introduce e giustifica a livello normativo ha risvolti sul piano di una teoria esplicativa, che investe la processualità del farsi dell’agency, che ci proietta oltre.
Se infatti possiamo guardare alla agency come capacità di intervenire e controllare il corso di un’azione scelta in autonomia (quello che SE e SD ci dicono congiuntamente), ugualmente questa perderebbe di significato se non fosse agita nella realtà.
Come osservano Cauce e Gordon:
“we are not confident that human agency, outside of its expression, is sufficient to the type of
measurement that we envision being most useful. Perhaps even more important to note is our belief that the disposition to act upon the world is, in fact, an inherent part of human agency. In that sense, it is not a capacity or capability that one can have, without any active manifestation of it” (2012:5-
6).
Questo ci porta a dire che l’agency si configura in maniera più appropriata come una “capability in azione” e che una misura della partecipazione è necessaria se vogliamo guardare all’agency come capacità di agire e disposizione a farlo (ibidem, 2012).
Ma quali elementi identificano una vera partecipazione? Che cosa ci permette di dire che un soggetto ha agito la sua agency, ha preso decisioni e partecipato attivamente alla definizione di qualcosa?
Hart (1992), nel lavoro commissionatogli dall’UNICEF, definisce la partecipazione come un “processo
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processo non è scontato ed è pieno di insidie, poiché spesso ci troviamo davanti a situazioni che tuttalpiù sono di coinvolgimento e non di vera partecipazione19.
Raciti (2008) osserva che la vera partecipazione ha una componente etica fondamentale: alla base delle concrete decisioni da prendere vi è un’assunzione di responsabilità; assumere decisioni significa prendere su di sé e farsi carico della responsabilità di una scelta e delle sue conseguenze. Quello che giustamente rileva Raciti è che la responsabilità diviene l’ambito di costituzione della persona, perché assumere decisioni significa riconoscersi in quanto soggetto capace di intenzionare valori e perseguirli mediante un’azione responsabile.
Questo significa che se nei processi partecipativi non vengono create le condizioni perché il singolo o un gruppo possano crescere in una relazione generativa col proprio contesto, non si potrà parlare di partecipazione, ma, in maniera più riduttiva, di coinvolgimento o consultazione, come accade nelle politiche welfaristiche che delineano diritti e doveri di cittadinanza formali e non sostanziali. E il partecipare insieme, come già Amerio evidenziava, trasforma un insieme di individui in una comunità sociale che costruisce rappresentazioni e significati condivisi e innesta il cambiamento. La dimensione di partecipazione che andiamo a circoscrivere ha dunque la caratteristica di azione responsabile verso il perseguimento dei valori e degli obiettivi.
Ai tasselli dell’abilità, dell’autonomia, del dispiegarsi temporale, si aggiunge quello della responsabilità partecipativa agita e riconosciuta, perché anche rispetto a questa dimensione se il contesto non è capacitante, non favorisce lo sviluppo di una capacità agentica, assistiamo a un depauperamento della possibilità dello sviluppo umano.
19 Per chiarire come si possa valutare un’effettiva partecipazione Roger Hart ha ideato “la scala della partecipazione” che,
in modo molto schematico ma di immediato impatto, permette di individuare le possibili gradazioni nell’applicazione - e nella non applicazione - del diritto alla partecipazione. Dopo il gradino più basso, quello della manipolazione, i successivi gradi di “non partecipazione” sono la decorazione e la partecipazione simbolica: quando questo tipo di coinvolgimento viene proposto ai bambini ed agli adolescenti, l’attenzione ai loro diritti viene surclassata dalle necessità degli adulti. I gradini successivi indicano i diversi gradi di partecipazione: a partire dall’essere informati e investiti di un ruolo, passando per essere consultati, sino ad arrivare alla progettazione in proprio e la condivisione operativa, considerato il grado più alto. In quest’ultimo gradino gli adulti collaborano alla realizzazione di attività ideate dai bambini e dagli adolescenti (Hart, 1992).
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4.3 UN MODELLO DI AGENCY E ALCUNE QUESTIONI APERTE SULLA SUA