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Il corpo umano nei musei scientifici. Da Ruysch a von Hagens

CONTESTUALIZZAZIONE STORICA. 7.1 Reliquie sacre e reliquie laiche

7.2 Il corpo umano nei musei scientifici. Da Ruysch a von Hagens

Per ben altre finalità i musei espongono il corpo umano. Come abbiamo visto diverse tipologie di musei ospitano resti umani, dai musei archeologici ai musei etnografici a quelli antropologici. Vogliamo qui focalizzare la nostra attenzione sulle collezioni che nascono con la precisa finalità di indagare la macchina del corpo umano: i musei dell’ambito medico scientifico. I musei di anatomia umana normale, anatomia patologica, anatomia comparata, ostetricia, istologia, odontoiatria presentano quasi sempre raccolte di resti umani e di campioni biologici che si sono formate al fianco delle scuole di medicina per diventare d’ausilio all’insegnamento, per permettere di rendere visibili e soprattutto tangibili i misteri del corpo umano.

Questo genere di raccolte va inserito nel giusto contesto: non vanno intese come insieme di resti macabri, ma come luoghi di studio e di ricerca, creati in epoche in cui non solo non esisteva la fotografia, ma non esistevano neanche i libri di testo, e se c’erano erano pochi ed estremamente costosi. Il museo era quindi il luogo della pratica, in cui trovavano una concreta applicazione i principi base dell’Illuminismo prima e del Positivismo poi.

Fin dall’antichità gli studiosi e gli indagatori della natura si erano adoperati per studiare i più profondi segreti del corpo, scontrandosi con la difficile reperibilità dei cadaveri e con una mentalità ostile. Era così difficile lo studio del corpo che Ippocrate consigliava di andare in Egitto, ad Alessandria, poiché era l’unico luogo dove poter studiare uno scheletro conservato integralmente o dove poter osservare la sezione, a volte anche la vivisezione, dei corpi. Molti secoli dopo lo stesso Vesalio, il primo grande illustratore dell’anatomia, per la realizzazione della sua opera De humani corporis fabrica, edita nel 1543, si avvalse solamente di sei corpi. I corpi per l’anatomia appartenevano a individui ai limiti della società, che ne erano stati esclusi perché avevano violato le leggi, oppure perché non battezzati: «criminali, barbari, nemici, schiavi, corpi insepolti e sbranati dalle fiere, bambini esposti».

Per sopperire a questa necessità si cercarono per secoli metodi di conservazione del corpo per ottenere dei pezzi anatomici utili ai fini di studio. Proprio queste ricerche furono alla base della nascita dei musei anatomici che cominciarono a diffondersi nel Seicento. A voler fare un passo indietro e ricercando con attenzione tra le collezioni museali rinascimentali, alcuni preparati anatomici già facevano mostra di sé, come nella Galleria della grotta di Mantova, raccolta da Isabella d’Este, dove insieme a pezzi quali l’immancabile corno d’unicorno, o il “vitello marino”, a coralli e minerali, si potevano vedere «un feto, o aborto, con una grande testa a quattro occhi e due bocche...un cuore umano, di cui si vedono ancora le vene e la struttura carnosa, tramutato in pietra dura».71 In questi casi la finalità di conservazione era però certo più legata alla volontà di stupire e meravigliare, che a qualunque necessità di ricerca e studio medico. È curioso come inoltre i pezzi conservati spesso consistessero in aborti e feti, o corpi di delinquenti, quindi sempre di quel mondo di “esclusi” che permettevano di non far considerare sacrilega la loro esposizione.

71 J. FURTEMBACH, Newes Itinerarium Italiae, Ulm, Saur, 1627, da La Scienza a Corte, Bulzoni 1979.

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È nelle collezioni naturalistiche del primo Seicento che si cominciarono a formare piccoli nuclei di preparati anatomici,72 come nella collezione di Ole Worme dove nel catalogo erano enumerati alcuni pezzi umani, anche se ancora in numero limitato rispetto alla consistenza della collezione: su quattrocento pagine di volume solo tre sono dedicate all’anatomia umana e tutti i preparati citati appartenevano all’osteologia.73

Fu infatti questo il periodo aureo dell’anatomia, che vide scoperte quali la circolazione del sangue, il sistema dei vasi linfatici e la struttura cerebrale, in cui si perfezionarono i metodi per la conservazione, ottenendo così dei preparati che permisero di far diventare il corpo umano oggetto di un continuo studio sopperendo, quando non era possibile, all’osservazione diretta sul cadavere. La prima importante novità fu l’immersione del pezzo anatomico umano o animale in liquidi conservanti come l’acquavite, il brandy e lo spirito di vino, gettando le basi per i grandi progressi sia nelle scienze mediche sia naturali. La seconda e sensazionale innovazione fu il raffinamento delle tecniche di iniezione, con l’inoculazione di particolari liquidi come la cera colorata o il sego, il grasso animale, nelle vene e nelle arterie, che fu utilizzata tra i primi da Règnier De Graaf (1641-1673) e dal microscopista olandese Jan Swammerdam (1637-1680).

Frederik Ruysch (1638-1731), noto in tutta Europa per l’abilità nel conservare i cadaveri, perfezionò la tecnica di iniezione a cera liquida dei vasi sanguigni riuscendo a evidenziarne le più fini ramificazioni e creando anche quelle “mummie” rese celebri in Italia dalle Operette Morali di Giacomo Leopardi nel

Dialogo di Federico Rujsch e le sue mummie del 1824.74 La collezione Ruysch concedeva ampio spazio all’anatomia, con una scelta di preparati ricca e importante, sia per la consistenza e per la raffinatezza delle tecniche, sia per la cura nell’esposizione, come si può ancora ammirare nelle incisioni presenti nel

Thesaurus Anatomicus del 1701, catalogo nel quale descrive i preparati delle

collezioni dividendoli per armadi. Molti dei preparati erano presentati in composizioni, con una tecnica d’esposizione che voleva rendere a suo modo più gradevole ed elegante un soggetto di per sé macabro (fig.9) unendo alla intenzione coreografica una esplicita funzione moraleggiante, sottolineata anche da motti e commenti dell’autore, divenendo modello per tutti i musei successivi, tanto da trovarne ancora reminiscenze nelle modalità di esposizione del didattico e illuminista museo anatomico dell’Università di Pavia75 (fig.10).

72 Per una panoramica sulla nascita nei musei anatomici, soprattutto inglesi, si confronti J.J. EDWARDS, Medical Museum Technology, London, Oxford University Press, 1959.

73 Musaei Wormiani Catalogus, e Musaeum Wormianum.

74 Giacomo Leopardi, Operette morali, edizione critica di Ottavio Besoni, Milano, Mondadori, 1979, pp. 239-49

75 Confrontando la posa e il metodo d’esposizione degli scheletri dei feti esposti presso il Museo per la Storia dell’Università di Pavia si nota con evidenza come il riferimento culturale abbia ancora le sue radici nelle modalità seicentesche, che probabilmente Scarpa ben conosceva per aver visto i testi di Ruysh di riferimento.

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Fig. 9 - Tavola che riproduce una delle composizioni anatomiche della collezione Ruysch in Frederik Ruysch, Thesaurus anatomicus primus, Leida, 1701 – Tav. I.

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Fig. 10 – A. Scarpa, Statua umana e scheletri di feti atteggiati (XVIII secolo). Museo per la Storia dell’Università, Pavia.

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