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il dilemma della scialuppa e dei tre gorilla

In questo paragrafo vogliamo tentare un’analisi delle modalità e delle tempistiche attraver- so le quali lo specismo inizia a fare la sua comparsa nei bambini. Con specismo intendiamo un “pregiudizio o atteggiamento di prevenzione a favore degli interessi dei membri della propria specie, a sfavore di quelli dei membri di altre specie” (Singer, 2003)11. Lo studio si

basa sull’ipotesi, tutta da dimostrare, secondo la quale i bambini, posti di fronte a particola- ri dilemmi morali, non ragionerebbero secondo un criterio specista, ma esclusivamente uti- litarista. Questo fino a una certa età, raggiunta la quale comincerebbero invece a esporre giustificazioni speciste alle loro scelte morali. La sperimentazione in classe ha evidenziato cambiamenti significativi nel tono delle risposte fornite dai piccoli a seconda dell’età ana- grafica. L’esperimento condotto è una rivisitazione del classico dilemma dell’overcrowded lifeboat. Registrando la tipologia di risposte date da un consistente numero di bambini abbiamo riflettuto sulle decisioni da loro prese nel momento in cui venivano posti di fronte a un problema etico di tipo esistenziale, quale quello in oggetto. Il dilemma morale, inteso come conflitto interno alla mente (Ferretti, 2007)12 è sempre stato trattato dal punto di vista

dell’essere umano adulto e raramente dalla prospettiva di un bambino, che a noi invece in- teressava. Quattrocentonovantaquattro bambini (di età compresa tra i cinque e nove anni) hanno partecipato allo studio, che ha coinvolto venticinque classi tra scuola dell’infanzia e primaria ripartite in due Istituti Scolastici della Provincia di Pesaro-Urbino. Le classi in- teressate erano composte da maschi e femmine in maniera paritaria e non presentavano altre omogeneità rilevanti da segnalare. Al fine di illustrare graficamente gli esperimenti ai bambini ci siamo serviti della lavagna e di fogli prestampati per raccogliere le loro risposte. Al fine di creare, all’interno della classe, condizioni favorevoli al dialogo e al ragionamento, abbiamo utilizzato l’approccio filosofiacoibambini, del quale abbiamo abbondantemente parlato nei capitoli precedenti. Il test ha inizio quando lo sperimentatore riporta il dilemma morale e ogni passaggio del racconto viene disegnato alla lavagna.

Da una nave che sta affondando, un uomo porta in salvo su una piccola scia- luppa 6 individui. 3 di loro sono uomini: tutti feriti per via dell’incidente. Gli altri 3

sono gorilla e sono in perfetta salute. La scialuppa, però, non può contenere tutti e 6 i passeggeri. Qualcuno andrà lasciato in acqua in attesa dei soccorsi. Che fare?

a) Lasciare in acqua 3 persone

b) Lasciare in acqua 2 persone e 1 gorilla c) Lasciare in acqua 1 persona e 2 gorilla d) Lasciare in acqua 3 gorilla

Come si può vedere dal grafico, il 46.8% dei bambini getta in acqua i 3 gorilla salvando gli uomini. Tuttavia, sommando le altre risposte, comprese quelle che non obbligavano a schierarsi totalmente dalla parte “umana” o da quella “animale”, notiamo come non emer- ga una netta preferenza per l’uno o per l’altro schieramento. Il 53,2% dei bambini intervi- stati, infatti, sceglie di non buttare in acqua i gorilla o non solamente loro, ma senza farne una questione di specie. Su due punti in particolare vogliamo soffermarci:

e primo anno di scuola primaria) tendono a salvare gli umani o i gorilla indifferentemente seguendo un criterio che massimizzi il bene. Per loro la scelta non è dettata da un criterio specista, bensì utilitarista. L’opzione di lasciare in acqua i gorilla, infatti, è motivata su basi puramente pragmatiche come, ad esempio: “i gorilla pesano di più degli uomini”; “i gorilla sanno nuotare meglio”; “i gorilla potrebbero rivelarsi più aggressivi”; “i gorilla stanno bene, mentre gli uomini sono feriti”. Non capita che dicano (come invece accade sempre da una certa età in avanti): “i gorilla perché sono gorilla”; “i gorilla perché non sono persone come noi”; “i gorilla perché non sono uomini”, e così via.

2) La nostra tesi si scontra con le conclusioni sostenute da Lewis Petrinovich13 che vedono

l’uomo come naturalmente specista (humans are inherent speciesists). Le motivazioni ad- dotte dai bambini nel corso dell’esperimento che abbiamo discusso, infatti, ci spingono a pensare esattamente l’opposto. L’essere umano, insomma, non nascerebbe specista, ma lo “diventerebbe” col tempo. Ecco perché, in linea con quanto sostenuto, i bambini più pic- coli (5-6 anni) sono proprio quelli che argomentano le loro scelte morali esclusivamente in base a criteri utilitaristi, senza essere influenzati da pregiudizi che potrebbero precludergli delle possibilità di scelta. Pochi adulti si sognerebbero di dire, di fronte a un gruppo di per- sone, che preferirebbe salvare un gorilla al posto di una persona. Affermazioni impopolari come questa non sono facili da sostenere per la maggior parte di noi, ma i bambini, si sa, non tengono conto della popolarità delle loro affermazioni.

In questo paragrafo abbiamo voluto mostrare, anzitutto, come sia possibile mettere alla prova l’intuizione morale dei bambini, giocando con loro, in classe, senza doverli portare in laboratorio; testando l’efficacia di un approccio educativo sperimentale chiamato filoso- fiacoibambini, utile sia ai bambini che ai filosofi sperimentatori. In secondo luogo, abbiamo approfittato per presentare quelli che sono stati i risultati di un test teso a valutare la ten- denza specista nel ragionamento morale di un bambino posto di fronte a un dilemma. A partire dai risultati ottenuti la sensazione è che i bambini abbraccino un principio utilitarista per motivare le loro scelte. Tale principio, di massimizzazione del bene senza pregiudizi relativi alla specie, si rivela maggiormente nei bambini fra i cinque e i sei anni e tende a diminuire con l’avanzare dell’età. A partire dal settimo anno i bambini iniziano a salvare l’uomo perché, sempre più chiaramente, lo categorizzano come un essere appartenente alla propria specie e quindi meritevole di maggiori considerazioni e priorità. Il dilemma morale scelto ci è servito, dunque, come strumento per far ragionare i bambini e poter così analizzare i criteri con cui prendevano le decisioni, semplicemente chiedendo loro di motivare le proprie scelte. Non abbiamo preso in considerazioni variabili interessanti, non potendo che rimandarle a future occasioni di studio: differenze di genere nelle scelte, di cultura, di residenza, e così via.