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Il diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini

Nella fase post-adozione sorgono frequentemente, come detto in precedenza, elementi di difficoltà legati all’esigenza di creare un ambiente familiare ricco di affetti e di ridurre i traumi derivanti da questo importante cambiamento nella vita del minore.

Questione controversa di questa fase e oggetto di interventi legislativi e giurisprudenziali è l’accesso del minore alle informazioni sulle proprie origini.

L’adozione crea, attraverso un procedimento giurisdizionale, una famiglia giuridicamente equiparata in tutto alle famiglie biologiche ma, tra i due modelli di famiglia, permangono di fatto differenze problematiche che il giurista è tenuto a risolvere nell’ottica della tutela dell’interesse del minore229.

Nell’ambito della famiglia adottiva è, infatti, necessario contemperare interessi contrastanti relativi alle varie posizioni dei soggetti interessati:

228 Petrone, L. 4.5.1983, n. 184…, op. cit., 246. 229 Ghionni, Adozione internazionale…, op. cit., 172.

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da una parte i genitori adottivi possono temere che un eventuale riavvicinamento dell’adottato con i genitori biologici, possibile causa situazioni di ansia e incertezze, possa pregiudicare il legame familiare con il minore adottato; questo timore contribuisce anche a disincentivare l’adozione a favore del ricorso alla procreazione medicalmente assistita230. Vi è poi l’aspirazione del figlio adottivo alla conoscenza delle proprie origini, fondamento per la realizzazione del diritto all’identità personale e alla privacy, intesa quale dominio dei dati personali che lo concernono. Conoscere la propria storia è altresì necessario per il benessere psichico ed esistenziale dell’adottato231. La possibilità di conoscere le proprie origini risponde, infatti, non solo all’esigenza di identificazione formale della persona, ma anche alla realizzazione del sentimento di identità essenziale allo sviluppo della personalità dell’adottato232. Rileva, infine, la posizione della madre naturale la quale,

in base alla scelta del legislatore italiano, può decidere di rimanere anonima al momento del parto233.

La questione della possibilità di riconoscere all’adottato il diritto di accedere alle informazioni sulle proprie origini ha rappresentato uno degli interrogativi più complessi dagli anni settanta, quando la scienza psicologica ha evidenziato come tali informazioni siano importanti per lo

230 G. Galuppi, Brevi considerazioni su un decreto della Corte d’appello di Torino

relativo all’applicazione dell’art. 24 della l. n. 149 del 2001, in Dir. Famiglia, 2005, 931.

231 Morozzo della Rocca, L. 4.5.1983, n. 184…, op. cit., 142.

232 D. Gutmann, Le sentiment d’identité. Ètude de droit de personnes e de la famille,

LGDJ, 2000, 9.

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sviluppo armonioso della personalità del minore. Egli, infatti, potendo apprendere tutte le notizie relative alla propria origine, sarà in grado di colmare i vuoti del suo passato e ricostruire la propria “identità narrativa”234. La prima risposta circa la possibilità di riconoscere tale

diritto all’adottato si è avuta con l’affermazione da parte della Corte di Strasburgo dell’interesse vitale del figlio, che non conosce l’identità di uno o entrambi i genitori biologici, di ricercarla, interesse, questo, che assurge al rango di diritto fondamentale, discendente dall’art. 8, CEDU235.

La normativa italiana dedica alla conservazione e all’informazione sui dati personali e sulle origini biologiche dell’adottato l’art. 28, l. adoz., ampiamente modificato dall’art. 24, l. n. 149/2001 e dall’art. 177, co. 2, d.lg. n. 196/2003 che ha, infine, sostituito il comma 7236.

La norma distingue due diversi profili, uno interno alla famiglia adottiva, ed un altro di circolazione delle informazioni presso i terzi.

La novella legislativa ha accolto l’opinione espressa dalla riflessione socio-psicologica secondo la quale il silenzio sull’adozione può essere un fattore negativo per lo sviluppo della personalità dell’adottato, sia nel caso in cui quest’ultimo conservi il ricordo della famiglia d’origine, sia se giunga a conoscenza dell’adozione in modo inaspettato e traumatico, senza il filtro dei genitori237. È stato sancito, così, dalla modifica

234 M.G. Stanzione, Scelta della madre per l’anonimato e diritto dell’adottato di

conoscere le prorie origini, in NGCC, 3, 2017, 325.

235 Corte Eur. Dir. Uomo, 7.2.2002, ric. 53176/99.

236 Morozzo della Rocca, L. 4.5.1983, n. 184…, op. cit., 140.

237 P. Serra, Segreto versus bugia: dall’esperienza clinica nuove indicazioni per

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legislativa, il passaggio da una logica del segreto ad una logica dell’informazione. Nell’esigenza di favorire l’integrazione del minore nella nuova famiglia e di valorizzare la verità dei rapporti e il rispetto dell’identità personale, si inserisce l’art. 28, co. 1, il quale sancisce il dovere dei genitori adottivi di informare il figlio della sua condizione di adottato nei modi e tempi che ritengono più opportuni238.

Non vi è però approvazione unanime circa l’effettiva rilevanza giuridica della nuova disposizione in quanto, secondo alcuni, si tratta di una mera indicazione di metodo pedagogico non coercibile239; secondo altri, invece, pur esprimendo un indirizzo educativo, la legge lo rende precettivo, prevedendo un diritto in capo al minore e il corrispettivo obbligo dei genitori, eventualmente coercibile ricorrendo all’art. 333 c.c., quando il giudice ritenga opportuno l’intervento di terzi qualificati per l’adempimento di tale obbligo240. Si tratta tuttavia di una precettibilità

limitata, in quanto i genitori adottivi hanno ampia discrezionalità nell’informare il minore del perché dell’abbandono e dell’adozione241.

Nel nuovo art. 28, l. adoz., permane il principio del segreto sull’adozione nei confronti dei “terzi estranei”, volto a tutelare l’interesse di tutti i componenti del nucleo familiare. Ai commi 2 e 3 si fa, infatti, divieto all’ufficiale di stato civile, all’ufficiale di anagrafe o qualsiasi altro ente

238 Stanzione, Scelta della madre…, op. cit., 326.

239 M. Dogliotti, Adozione di maggiorenni e minori, in Comm. Schlesinger, 2002, 1, 640. 240 M. Petrone, Il diritto dell’adottato alla conoscenza delle proprie origini, Messina,

2004, 20.

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pubblico o privato in possesso di tali informazioni di comunicarle a chiunque242.

L’aspetto più rilevante dell’attuale art. 28 è la nuova e articolata disciplina della conoscibilità delle origini dell’adottato da parte dello stesso, dei genitori adottivi e di terzi qualificati.

Come accennato, in questo ambito è necessario instaurare una corretta dialettica tra le esigenze opposte del minore, che desidera conoscere le proprie origini, e la madre naturale che ha dichiarato di voler rimanere anonima al momento del parto. Per raggiungere tale scopo è doverosa un’operazione di bilanciamento al fine di trovare il giusto equilibrio e adattarlo alle continue modifiche che interessano il diritto di famiglia243. Prima della riforma apportata dalla l. n. 149/2001, il nostro legislatore, seguendo la tradizione romanistica, riconosceva il diritto della madre a rimanere anonima come interesse superiore da tutelare, confermato anche con l’art. 30, D.P.R. n. 396/2000, che ha riconosciuto alla madre naturale il pieno diritto all’anonimato244. Tale diritto è stato, dapprima, fondato sulla protezione delle ragioni di riservatezza e sui diritti alla salute, all’integrità fisica e alla vita che prevalgono, alla luce dell’art. 2, Cost. sul diritto all’informazione. Successivamente la ratio è stata rinvenuta nell’esigenza di garantire il parto in situazioni idonee a tutela della salute, sia della madre che del nascituro, evitando il ricorso della donna al parto

242 Stanzione, op. loc. ult. cit.

243 Ghionni, Adozione internazionale…, op. cit., 174. 244 Ghionni, op. loc. ult. cit.

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in clandestinità per mantenere l’anonimato, come da sempre auspicato dal legislatore245.

Anche la giurisprudenza era costante nel negare il riconoscimento del diritto dell’adottato di accedere alle informazioni sui genitori biologici. A tal proposito è significativo citare una decisione del Tribunale per i minori di Torino del 1997, la quale, nel rigettare la domanda del minore di recuperare le informazioni e prendere contatti con i genitori biologici, affermò che ciò sarebbe stato in contrasto con il principio di mono- genitorialità del nostro ordinamento e avrebbe riconosciuto che un legame tra il figlio e la famiglia biologica esistesse ancora. Secondo i giudici, il recupero di tale rapporto non sarebbe stato conforme alla normativa vigente, né all’interesse della famiglia biologica, di quella adottiva e dell’adottato246.

La l. n. 149/2001, che ha novellato l’art. 28, l. n. 184/1983, ha notevolmente innovato il sistema rispetto alla normativa precedente, in ragione dell’opportunità di tutelare, oltre al sempre presente diritto della madre all’anonimato, anche la posizione dell’adottato che vuole conoscere le proprie origini.

245V.Carbone, Genitorialità responsabile: abbandono, ripensamento e riconoscimento

del figlio prima della chiusura del procedimento di adozione, in Fam. e dir., 2014, 326 ss.

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Tale materia, contenuta interamente in questo articolo, però, è oggettivamente insufficiente, ambigua e ricca di contraddizioni247. In primo luogo, il diritto di ricercare le proprie origini non è riconosciuto all’adottato che è ancora minorenne, sminuendo, così, il principio del superiore interesse del minore sancito dalle convenzioni internazionali248. Nel caso del minore, infatti, è prevista solamente la possibilità per i genitori adottivi di accedere alle informazioni sulle origini biologiche, su autorizzazione del giudice minorile, se sussistono gravi e comprovati motivi relativi al minore249, non meglio precisati. Nulla impedisce, però, ai genitori adottivi di mettere il minore a conoscenza di quanto scoperto. La disposizione risulta ambigua anche per quanto riguarda la previsione in base alla quale le informazioni biologiche possono essere fornite, in caso di necessità ed urgenza e se sussiste grave pericolo per il minore, anche ai responsabili di strutture ospedaliere e presidi sanitari. La collocazione di tale affermazione nello stesso comma della disciplina dell’accesso alle informazioni sulle origini del minore e la mancanza di indicazioni più dettagliate portano l’interprete a considerare l’autorizzazione giudiziale come un presupposto necessario per ottenere le necessarie informazioni, sebbene non espressamente previsto250. Adottando questa interpretazione, però, si confonde il piano della

247 G. Lisella, Ragioni dei genitori adottivi, esigenze di anonimato dei procreatori e

accesso alle informazioni sulle origini biologiche dell’adottato nell’esegesi del nuovo testo dell’art. 28 l. 4 maggio 1983, n. 184, in Rassegna di diritto civile, 2004, 441.

248 Stanzione, op. loc. ult. cit. 249 Art. 28, co. 4, l. n. 184/1983

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conoscenza delle origini personali con il diverso piano della tutela della salute dell’adottato, in base al quale, anche prima della modifica del 2001, la giurisprudenza consentiva l’accesso diretto alle informazioni sui genitori di sangue da parte dei medici, in conformità alle garanzie costituzionali ex art. 32 Cost. e all’art. 23, l. n. 675/1996 sulla privacy251. La disposizione, poi, prevede una disciplina diversa per gli adottati maggiorenni a seconda che abbiano compiuto o meno i venticinque anni. L’adottato che ha tra i diciotto e i venticinque anni può richiedere autonomamente l’accesso alle informazioni sull’identità dei genitori biologici, ma in via subordinata all’esistenza di gravi e comprovati motivi relativi alla sua salute psico-fisica, quale condizione per ottenere l’autorizzazione dal Tribunale. In base a tale previsione, la maggiore età risulta una condizione necessaria ma non sufficiente per l’accesso alle informazioni sulle origini e la dottrina ha affermato al riguardo che la legge prevede, così, un’incapacità giuridica speciale e a termine del maggiorenne, rispetto al quale potrebbe parlarsi di maggiorenne minorato252.

Diversamente, l’adottato che abbia compiuto i venticinque anni può godere di un vero e proprio diritto all’accesso alle informazioni sulle proprie origini. La disposizione, però, non è chiara e fa emergere il dubbio circa la possibilità di rivolgersi direttamente all’amministrazione che conserva le informazioni. Prevedendo, infatti, che il Tribunale autorizzi l’accesso alle informazioni solo a condizione che ciò non

251 Stanzione, op. loc. ult. cit.

252 A. Renda, L’accertamento della maternità. Profili sistematici e prospettive evolutive,

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comporti un grave turbamento all’equilibrio psico-fisico del richiedente, sembra che la legge richieda che il maggiorenne proponga domanda giudiziale253.

È inoltre da rilevare che la valutazione sul “grave turbamento psico- fisico” è discrezionale e pone problemi applicativi. Per l’adottato che ha meno di venticinque anni, infatti, è previsto che l’accesso possa essere rifiutato solo se la domanda è fondata su motivi che non attengono alla sua salute psico-fisica. Per il maggiore di venticinque anni, invece, il rifiuto può essere fondato anche su altri motivi, a discrezione del giudice. I motivi della richiesta e del diniego risultano pertanto su criteri non sempre sicuri e ciò contrasta con l’interpretazione che viene riferita al diritto alla vita privata e familiare, secondo cui il diritto fondamentale dell’adottato di conoscere le proprie origini non tollera ingerenze da parte dell’autorità pubblica, se non per specifici motivi tassativi tra cui, però, non rientra la “protezione del maggiorenne capace contro se stesso” 254. Resta, infine, da analizzare il comma 7, che preclude l’accesso del figlio alle informazioni sulle proprie origini per un periodo di cento anni, qualora la madre biologica abbia esercitato il diritto all’anonimato ai sensi dell’art. 30, co.1, D.P.R. n. 396/2000. In base alla previsione dell’art. 93, co. 2, D.lgs. n. 196/2003, “Codice in materia di protezione dei dati personali”, il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica, ove comprensivi dei dati personali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata possono essere

253 Renda, op. loc. ult. cit.

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rilasciati in copia integrale a chi vi abbia interesse, in conformità alla legge, decorsi cento anni dalla formazione del documento.

Nel 2005 la Corte costituzionale, investita, in riferimento agli artt. 2, 3, 32 Cost., circa l’incostituzionalità della norma nella parte in cui esclude la possibilità di autorizzare l’adottato all’accesso alle proprie origini senza la previa verifica, da parte del giudice, della persistenza della volontà della madre biologica di non essere nominata, giudicò la questione infondata. Il diritto del figlio incontra qui un limite invalicabile fondato, secondo la Corte Costituzionale, non tanto sulla tutela della riservatezza della donna, quanto piuttosto sulla garanzia dell’interesse pubblicistico circa l’impedimento di abbandoni, aborti e infanticidi e sulla tutela del diritto alla vita della madre e del nascituro255.

L’orientamento della Consulta del 2005 risulta, però, incompatibile con l’art. 8, CEDU che qualifica come assoluto il diritto dell’adottato di conoscere le proprie origini, in quanto interesse vitale dell’individuo al rispetto della propria identità personale256.

Significativa, per inquadrare la posizione europea, è la decisione Odièvre c. Francia, nella quale la Corte EDU ha ritenuto il sistema francese idoneo a realizzare un ragionevole bilanciamento tra gli interessi in causa e perciò coerente con i principi CEDU257. Questo prevede, infatti, la possibilità che, su istanza del figlio dato in adozione volta a conoscere l’identità della madre biologica anonima, si possa convocare la donna per

255 Corte cost., 25 novembre 2005, n. 425, in Familia, 2006, 155. 256 Corte Eur. Dir. Uomo, 7.2.2002, ric. 53176/99.

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chiederle se, davanti a quella richiesta, abbia intenzione di derogare all’anonimato oppure di mantenerlo. È stato mostrato, inoltre, particolare apprezzamento da parte della Corte per l’introduzione in tale sistema di un organo, il Consiglio nazionale per l’accesso alle origini, deputato a rimuovere, con l’accordo della madre il segreto sulle proprie origini258. Il suddetto orientamento ha indotto, poi, la stessa Corte a condannare l’Italia al versamento di una sanzione pecuniaria alla ricorrente, nella controversia Godelli c. Italia. La Corte, prendendo come parametro il sistema francese, giunge a tale decisione non tanto per la previsione della facoltà della madre di partorire nell’anonimato, quanto per l’irrevocabilità della dichiarazione della madre di rimanere anonima che rende preminente l’interesse di questa, senza prevedere meccanismi di bilanciamento tra questo e l’interesse del figlio. Il sistema italiano fa così venir meno il principio di ragionevolezza che dovrebbe, invece, sovrintendere al rapporto tra due diversi diritti entrambi tutelati a livello costituzionale259.

Tale importante decisione ha condotto i giudici costituzionali italiani a mutare il loro orientamento rispetto alla precedente pronuncia del 2005. Con la sentenza 278/2013 la Consulta ha, infatti, dichiarato l’incostituzionalità del comma 7, art. 28, l. adoz., nella parte in cui non prevede, per mezzo di un procedimento che garantisca la massima riservatezza, la possibilità per il Tribunale di interpellare la madre, su

258 Ghionni, Adozione internazionale…, op. cit., 184.

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istanza del figlio, al fine di una eventuale revoca della dichiarazione di anonimato260. Con questa pronuncia la Corte costituzionale ha riconosciuto la necessità di realizzare un bilanciamento tra i due diritti di pari rango costituzionale, in ossequio al criterio di ragionevolezza di cui all’art. 3. Cost.261.

Sebbene il legislatore non sia ancora intervenuto per adeguare la disciplina positiva alla pronuncia della Corte costituzionale, questa ha esercitato una notevole influenza sull’orientamento della giurisprudenza262.

Tra le più recenti pronunce263 in materia è importante citare la sentenza n. 1946/2017 della Corte di Cassazione. Le Sezioni Unite hanno affermato che, per effetto della pronuncia n. 278/2013 della Corte costituzionale, malgrado l’inerzia del legislatore nell’introdurre la disciplina procedimentale attuativa, il giudice può, su richiesta del figlio dato in adozione, interpellare la madre dichiaratasi anonima al momento del parto, al fine di un’eventuale revoca dell’anonimato. Le modalità procedimentali, non regolate dalla legge, possono essere comunque tratte dal quadro normativo e dai criteri-guida forniti dalla suddetta sentenza del 2013, in modo da realizzare un procedimento idoneo ad assicurare la massima riservatezza e il più assoluto rispetto della dignità della donna.

260 Corte cost., 22 novembre 2013, n. 278, in Corriere giuridico, 2014, 4, 471. 261 Ghionni, op. loc. ult. cit.

262 M.N. Bugetti, Sul difficile equilibrio tra anonimato materno e diritto alla conoscenza

delle proprie origini: l’intervento delle Sezioni Unite, in Corriere giuridico, 2017, 5, 631.

263 Trib. Min. Trieste, 5 marzo 2015; App. Catania, 5 dicembre 2014; Trib. Min. Firenze,

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Ciononostante è da tenere presente che il diritto del figlio all’accesso alle informazioni sulla madre trova un limite insuperabile allorché, in seguito all’interpello, persista il volere della donna di non svelare la propria identità264.

Sempre in tema di parto anonimo è, inoltre, rilevante la pronuncia n. 22838/2016 della Corte di Cassazione con la quale viene affermato che il diritto dell’adottato, nato da donna che abbia dichiarato di voler rimanere anonima, di accedere alle informazioni sulla propria origine e sull’identità della madre, sussiste e può essere esercitato anche qualora la donna sia morta e sia impossibile procedere alla verifica della persistente attualità della volontà di rimanere anonima. Nella fattispecie, secondo la Corte, non rileva il mancato decorso del termine di cento anni dalla formazione del certificato di assistenza al parto o della cartella clinica di cui all’art. 93, co. 2 e 3, d. lgs. n. 196/2003, salvo il trattamento lecito e non lesivo dei diritti di terzi dei dati personali conosciuti265.

L’art. 28, l. adoz., dispone, infine, che l’autorizzazione del giudice non sarà necessaria per l’adottato maggiorenne quando i genitori adottivi siano deceduti oppure irreperibili. Con questa previsione il legislatore ha annullato, tra gli interessi da bilanciare, la tutela della privacy dei terzi coinvolti riconoscendo, invece, carattere decisivo alla sopravvenuta assenza di un controinteresse alla conoscenza delle origini da parte dei genitori adottivi266. Questa impostazione è stata criticata da parte della

264 Cass. civ., sez. un., 25 gennaio 2017, n. 1946, in Corriere giuridico, 2017, 5, 618. 265 Cass. civ., I sez., 9 novembre 2016, n. 22838, in NGCC, 2017, 3, 319.

266 C. Restivo, L’art. 28 L. Ad., tra nuovo modello di adozione e diritto all’identità

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dottrina sottolineando l’incoerenza con le finalità di tutela dell’equilibrio psicofisico dell’adottato e di garanzia della privacy dei terzi coinvolti, fissate nei commi precedenti dell’art. 28, che non si estinguono con la morte o l’irreperibilità degli adottanti267.

In considerazione dell’evoluzione del sistema italiano in tema di parto anonimo e diritto dell’adottato a ricercare e proprie origini, dimostrata dalle importanti pronunce della giurisprudenza, nonostante la mancata modifica della disciplina positiva, dovuta anche al delicato settore in cui il problema si inserisce, ovvero il diritto di famiglia, nel quale è difficile ben conciliare la rigidità delle previsioni normative con il mutevole scenario socio-culturale, si può concludere che esista oggi nel nostro ordinamento il diritto dell’adottato nato da parto anonimo a conoscere le proprie origini, con il solo limite dell’accertata persistenza della volontà della madre di mantenere il segreto268.

267 E. Palmerini, Art. 28, II, in La nuova disciplina dell’adozione, a cura di C.M. Bianca

e L. Rossi Carleo, in Leggi civ. comm., 2002, 1024.

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CAPITOLO 3

ADOZIONE INTERNAZIONALE DA PARTE DI

SINGLE E COPPIE OMOSESSUALI.

CRITICITA’ E NUOVE PROSPETTIVE

3.1 ADOZIONE E NUOVI MODELLI DI FAMIGLIA

Tra i temi più dibattuti in materia di adozione e in particolare di adozione