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La seconda fase del procedimento all’estero

La seconda fase del procedimento di adozione, di durata non predeterminabile, si svolge nel Paese straniero individuato dalla coppia e consiste nello svolgimento delle pratiche, in attuazione del progetto concordato tra l’ente e gli aspiranti genitori, per arrivare al provvedimento dell’Autorità straniera e all’ingresso del minore in Italia. Questa fase è stata definita “oscura” e ciò principalmente per due motivi: in primo luogo è necessariamente “oscura” poiché ogni Paese ha norme proprie in materia di assistenza dei minori e, come previsto dalla Convenzione agli artt. 16 e 17, è compito del Paese di origine dichiarare se un minore è adottabile. Secondariamente, è stata così definita per il timore che gli enti si sostituiscano agli aspiranti genitori nella ricerca dei minori adottabili, prendendo contatti diretti con i parenti dei bambini o con gli istituti in cui vivono156. L’oscurità di questa fase conduce, quindi, al rischio che il “fai da te” del previgente modello di adozione si ripresenti anche oggi157. Per recuperare la trasparenza della procedura e rendere concreta la qualificazione degli enti quali associazioni di tecnici esperti dell’adozione e non meri cercatori di bambini158, la soluzione è quella

della stipula di accordi bilaterali, soprattutto con i Paesi non firmatari,

156Poletti di Teodoro, L’adozione internazionale, op. cit., 745.

157 L. Sacchetti, Il nuovo sistema dell’adozione internazionale, Legge 31 dicembre

1998, n. 476, Santarcangelo di Romagna, 1999, 91.

158M. Scarpati, Enti autorizzati e tribunali per i minorenni: la strana storia dei decreti

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basati sui principi della Convenzione159. Come, infatti, affermato dal primo Presidente della CAI, Luigi Fadiga, al momento dell’insediamento della Commissione, è necessario che la Commissione stessa operi “perché le adozioni all’estero avvengano con modalità pienamente trasparenti ed eticamente accettabili, esclusivamente nel superiore interesse del minore”160.

In questa fase la coppia inizia la pratica con l’ente autorizzato prescelto e, attraverso un percorso articolato in più incontri sia singoli che con altre coppie finalizzati a dare informazioni sul Paese straniero, viene preparata ad accogliere un bambino proveniente da quella diversa realtà socio- culturale.

L’ente rappresenta alla coppia la propria metodologia e la informa, man mano che procede, sull’iter procedurale che svolge all’estero.

L’ente, per avviare la procedura all’estero, prima di tutto trasmette all’Autorità estera una domanda di adozione sottoscritta dai richiedenti con allegato il decreto di idoneità emesso dal Tribunale per i minorenni e tutta la documentazione richiesta dall’Autorità stessa per individuare il migliore abbinamento possibile in favore del minore abbandonato. Compito estremamente delicato è affidato all’ente che, data la sua professionalità e l’attribuzione di pubbliche funzioni, è tenuto a vigilare e concordare circa le iniziative dell’Autorità straniera per l’abbinamento

159M. Cavallo, Adozione internazionale: accordi bilaterali e interventi di cooperazione,

in Le nuove regole dell’adozione, a cura di P. Morozzo della Rocca, 2002, 149.

160 L. Fadiga, Relazione del Presidente Fadiga, Adozioni internazionali, L’attuazione

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del minore a quella coppia. La proposta di abbinamento, infatti, nonostante sia formalmente compito dell’Autorità straniera, nella realtà è spesso decisa dall’ente che, essendo in possesso della scheda relativa al minore e conoscendo la coppia, può meglio verificare, nell’interesse del minore, quale famiglia sia più adatta a lui e sulla base di questo proporre l’abbinamento più giusto161.

La verifica del rispetto dei requisiti per l’adozione è oggetto del controllo, in un momento successivo, della Commissione e del Tribunale per i minorenni; ciononostante, prima di procedere con l’accordo sull’abbinamento con l’Autorità straniera, considerato quale atto determinante l’adozione internazionale, l’ente autorizzato deve verificare la sussistenza delle condizioni richieste dall’art. 4 della Convenzione162. Deve constatare quindi la presenza della dichiarazione di adottabilità sul presupposto dell’accertamento dello stato di abbandono del minore, l’impossibilità di soluzioni alternative all’adozione e la rispondenza di quest’ultima al superiore interesse del minore, cioè il rispetto del principio di sussidiarietà, e controllare che i consensi siano prestati in piena libertà e consapevolezza dell’effetto di cessazione dei legami con la con la famiglia d’origine.

Relativamente a queste attività di verifica, al momento della proposta di abbinamento, l’ente deve informare la coppia di tutte le notizie circa la situazione del minore, cioè le cause dell’abbandono, le sue abitudini di vita e se è affetto da malattie o ha subito traumi, sempre nell’ottica di

161Scarpati, Enti autorizzati e tribunali per i minorenni…, op. cit., 36.

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preparare al meglio la coppia all’incontro. Tutte le informazioni vengono raccolte in una scheda che, oltre ai genitori adottivi, viene trasmessa al Tribunale per i minorenni e alla Commissione con la documentazione per l’autorizzazione all’ingresso.

Insieme a tutte le informazioni, l’ente inoltra la proposta di abbinamento alla coppia la quale, per procedere all’incontro, deve dare il suo consenso scritto all’abbinamento.

Si arriva a questo punto alla fase dell’incontro tra il minore e gli adottanti, che si svolge sempre con l’assistenza e il sostegno dell’ente. Gli aspiranti genitori si recano nel Paese straniero per conoscere il bambino e vi rimangono per un periodo di tempo che, se la legge interna del paese non dispone diversamente prevedendo un periodo più lungo, non può essere minore di dieci giorni per un bambino che non superi i cinque anni e di venti giorni per un bambino più grande, come prescritto nelle Linee Guida della CAI. L’incontro è finalizzato all’instaurazione del legame sul quale porre i nuovi punti di riferimento affettivo del bambino e che sarà il punto di partenza della sua nuova vita familiare163.

Dopo gli incontri, l’ente e l’Autorità straniera devono procedere alla valutazione degli stessi e decidere circa l’opportunità di procedere con l’adozione. La previsione di questa valutazione, però, non è immune da critiche164 nella parte in cui stabilisce il potere di concordare l’adozione in termini di “opportunità”, reputando, invece, necessaria una

163Poletti di Teodoro, L’adozione internazionale, op. cit., 748. 164 E. Bellisario, Art. 31, l. n. 184/83, in Leggi civ. comm., 2002, 805.

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considerazione sulla conformità dell’abbinamento con le indicazioni del decreto di idoneità, le quali individuano gli elementi essenziali per un abbinamento effettivamente in linea con l’interesse del minore.

Può capitare che, per ragioni ascrivibili all’Autorità straniera o all’ente, questi non raggiungano un accordo sull’opportunità di procedere all’adozione; nella fattispecie la Commissione deve essere immediatamente avvertita dall’ente e, ove non approvi la sua posizione, può sostituirsi a questo o delegare ad altro ente per raggiungere l’accordo165.

Diversamente, se viene raggiunto l’accordo, l’ente informa senza ritardo, trasmettendo tutta la documentazione riferita al bambino insieme al provvedimento di adozione o di affidamento dell’autorità straniera e l’attestazione del suo passaggio in cosa giudicata, il Tribunale per i minorenni, i servizi locali e la Commissione, alla quale chiede l’autorizzazione all’ingresso del minore in Italia. La Commissione sottopone il rilascio di tale autorizzazione ad un controllo formale e finale della documentazione e della sussistenza di tutti gli elementi necessari per l’adozione.

Ricevuta l’autorizzazione all’ingresso e alla residenza permanente in Italia, gli uffici consolari all’estero rilasciano al minore adottato il visto d’ingresso.

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Si giunge, così, alla partenza del minore dal Paese d’origine e all’arrivo in Italia presso la sua nuova famiglia.