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Il trasferimento del minore in Italia segna l’inizio della terza e ultima fase del procedimento di adozione internazionale. Questo è un momento molto significativo per l’intera vicenda adottiva, che sancisce l’inizio di una nuova vita di affetti ma anche l’abbandono definitivo del proprio ambiente d’origine166. Il cambiamento repentino dei riferimenti del minore rende necessaria la capacità di contemperare esigenze contrapposte: da una parte la volontà d’integrazione all’interno del nuovo nucleo familiare e il superamento delle problematiche del minore legate al passato di privazioni e abbandono, dall’altra il rispetto e la valorizzazione delle caratteristiche della persona del minore sviluppate nella sua cultura d’origine e necessarie per sostenere la fiducia in se stesso167. Per concretizzare tale difficile obiettivo, sia la Convenzione (art. 9, lett. c), sia la legge di ratifica (art. 34, co. 2) hanno previsto il sostegno della nuova famiglia da parte di professionisti. L’Autorità centrale ha, infatti, il compito di promuovere l’istituzione di servizi di consulenza e assistenza per la fase successiva all’ingresso del minore attraverso le attività di sostegno dei servizi socio-assistenziali e degli enti

166 A. Dell’Antonio, Integrazione familiare e sociale del bambino adottato in altro

Paese, in Studi urbinati, Urbino, 2003, 165 ss.

167 S. Borgogno, La valorizzazione della cultura del minore straniero adottato in Italia,

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autorizzati168. Questi soggetti posseggono le capacità di aiutare il nuovo nucleo familiare in quanto i primi, avendo acquisito all’inizio della procedura tutte le informazioni sulla coppia, sono in grado di assistere la famiglia a impostare nel modo più conveniente la gestione del nuovo rapporto e trovare il modo migliore per soddisfare le concrete esigenze dell’adottato; i secondi, rappresentando figure ponte tra la cultura d’origine del minore e quella dei genitori adottivi, possono aiutare ad adeguare e far coesistere le diverse esigenze e caratteristiche. Questo intervento di sostegno, tuttavia, secondo la previsione del nostro legislatore non è obbligatorio ma rimesso alla discrezionalità degli interessati e ciò fa sorgere dei dubbi circa la tutela del minore; questi, infatti, in relazione alla sua età, potrebbe avere difficoltà ad esprimere la propria esigenza di avere il suddetto aiuto e, in questo caso, non risulterebbe garantito il diritto ad essere assistiti previsto dalla norma. Sarebbe quindi più opportuna la previsione della facoltà di chiedere il sostegno in capo ai genitori adottivi, mentre tale aiuto dovrebbe essere obbligatorio nei confronti del minore169.

Diversamente dall’attività di sostegno, l’attività di controllo da parte dei servizi socio-assistenziali e degli enti autorizzati è prevista “in ogni caso”170, dovendo questi riferire al Tribunale per i minorenni notizie

sull’inserimento del minore e segnalare eventuali difficoltà riscontrate nella fase post-adozione.

168 Art. 9, Convenzione dell’Aja, 1993

169 B. Poletti di Teodoro, L’adozione internazionale, op. cit., 751. 170 Art. 34, 2 co., l. adoz.

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Ai sensi dell’art. 34, co. 1, l. adoz., con il suo ingresso in Italia, sia in base ad un provvedimento di adozione che di affidamento preadottivo, il minore straniero ottiene immediatamente tutti i diritti che la legge attribuisce al minore italiano in affidamento familiare. Tale disciplina, però, non convince del tutto considerando che le situazioni indicate sono diverse: nell’affidamento del minore italiano, infatti, gli affidatari devono conformarsi alle indicazioni dei genitori naturali con il fine del reinserimento nella famiglia d’origine; nella fattispecie dell’affidamento preadottivo del minore straniero, invece, il periodo di affidamento è previsto solamente come passaggio per formalizzare il nuovo legame familiare che si è già costituito all’estero e, in questo caso, gli affidatari- genitori adottivi sono loro stessi i protagonisti delle scelte relative al minore171.

Nella terza fase del procedimento il Tribunale per i minorenni verifica la regolarità del procedimento e ordina la trascrizione del provvedimento nei registri dello Stato Civile.

Il provvedimento straniero di adozione o di affidamento a scopo di adozione costituisce il punto focale di quest’ultima fase destinata a concludersi con l’attribuzione al minore dello status di figlio e di cittadino italiano.

La legge italiana prevede che il Tribunale per i minorenni controlli il provvedimento straniero ma non dà indicazioni circa il momento in cui questa verifica debba essere esperita172. La dottrina, però, è concorde nel

171 Poletti di Teodoro, L’adozione internazionale, op. cit., 752. 172 Art. 35, l. n. 184/1983

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ritenere che il provvedimento venga esaminato nei giorni immediatamente successivi all’ingresso del minore in Italia, affinché l’iter adottivo e la connessa situazione giuridica siano definiti al più presto173.

La legge contempla tre ipotesi di provvedimenti stranieri, distinguendo il caso del minore proveniente da uno Stato che ha ratificato la Convenzione dell’Aja o che ha stipulato accordi bilaterali nello spirito della Convenzione stessa, oppure da un Paese che non ne è parte, o, infine, il caso dell’adozione pronunciata dall’Autorità di un Paese straniero su richiesta di cittadini italiani che vi abbiano stabilito la loro residenza da almeno due anni174.

Relativamente ai minori provenienti da Paesi firmatari della Convenzione o di accordi bilaterali, è necessario il riferimento all’art. 23 della Convenzione, che prevede che l’adozione certificata, conforme ai principi di questa dall’Autorità che l’ha pronunciata, è riconosciuta di pieno diritto negli altri Stati contraenti. Nonostante tale principio di automatico riconoscimento del provvedimento di adozione, il nostro legislatore attribuisce al Tribunale per i minorenni il compito di controllarlo, al fine di garantire la non contrarietà del provvedimento stesso ai principi fondamentali che regolano il diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore interesse del minore175.

Verificata quindi la sussistenza delle condizioni previste dalla

173 Cristiani, sub. art. 35, in Commentario alla legge 4 maggio 1983, n. 184, come

modificata dalla legge 31 dicembre 1998, n, 476, a cura di Bianca e Rossi Carleo, in Nuove leggi civ. comm. 2002, 848.

174 Art. 36, l. n. 184/1983

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Convenzione, la certificazione di conformità dell’adozione alla stessa, la rispondenza ai principi del nostro ordinamento e la regolarità degli adempimenti della CAI, il Tribunale ordina la trascrizione del provvedimento di adozione.

Con riferimento al principio dell’efficacia diretta in Italia del provvedimento straniero, a due anni dall’entrata in vigore della legge di ratifica della Convenzione, il Tribunale dell’Aquila chiedeva alla Corte Costituzionale di dichiarare l’illegittimità degli artt. 34 e 35 poiché tali norme non prevedevano l’affidamento preadottivo per il minore straniero adottato come, al contrario, è previsto per l’adozione di minori italiani. Il tribunale sosteneva che tale previsione violasse il principio di uguaglianza sancito dall’art 3 della nostra Costituzione. I giudici della Consulta, con ordinanza n. 415 del 31 luglio 2002, hanno dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale affermando, secondo un orientamento qualificabile come “internazionalismo adottivo”, che l’adozione nazionale e quella internazionale possono avere discipline diverse e che l’affidamento preadottivo non integra un principio fondamentale del diritto italiano di famiglia e dei minori. La sua previsione, perciò, non è obbligatoria e la normativa in materia di adozione internazionale può legittimamente ometterla, prediligendo una disciplina che possa realizzare in concreto gli obiettivi di solidarietà e cooperazione tra i Paesi sanciti dalla Convenzione176.

176 Poletti di Teodoro, L’adozione internazionale tra tradizione e innovazione, op. cit.,

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Qualora lo Stato di provenienza del minore emetta, invece, un provvedimento che prevede che l’adozione debba essere perfezionata in Italia dopo l’arrivo del minore, il Tribunale per i minorenni riconosce tale provvedimento come affidamento preadottivo, sempre che sia conforme ai principi regolatori del diritto di famiglia e dei minori. In questo caso non si ha una “delibazione” in senso tecnico di un provvedimento straniero, dato che il Tribunale emette un autonomo provvedimento applicando a questo la disciplina italiana177. L’affidamento preadottivo ha la durata di un anno dal momento dell’inserimento del minore nella famiglia affidataria. Trascorso tale periodo e nel caso di esito positivo dell’affidamento, il Tribunale per i minorenni pronuncerà la sentenza di adozione che sarà poi trascritta nei registri dello Stato Civile. Durante il periodo dell’affidamento preadottivo, i servizi socio-assistenziali e gli enti autorizzati hanno il compito di controllarne lo svolgimento e, nel caso in cui vengano rilevate difficoltà, segnalarle al Tribunale per i minorenni. Qualora i problemi sorti siano insuperabili e possa essere pregiudicato l’interesse del minore, il tribunale procederà alla revoca del provvedimento, anche prima della conclusione del periodo di affidamento, e all’applicazione di misure di protezione del minore178. Debitamente informata l’Autorità del Paese di origine, ma indipendentemente dai pareri da questa avanzati179, il minore viene provvisoriamente collocato in un ambiente idoneo e poi affidato ad una

177 Ghionni, Adozione internazionale…, op. cit., 124. 178 Art. 21, Convenzione dell’Aja, 1993

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nuova famiglia per l’adozione. Il ritorno del minore nello Stato di origine è contemplato come ipotesi residuale quando sia l’unica forma di tutela più rispondente al suo interesse180. L’individuazione della soluzione migliore per il minore in caso di fallimento dell’affidamento preadottivo passa attraverso la partecipazione di questo al procedimento, esplicandosi così il diritto del minore ad essere ascoltato sancito dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo181.

Anche per le ipotesi di adozioni effettuate in Paesi non firmatari della Convenzione o di accordi bilaterali, il legislatore italiano ha mantenuto come modello di riferimento la Convenzione, potendo così garantire anche a tutti i minori la tutela dei loro interessi come elemento fondamentale dell’adozione182. Ai sensi dell’art. 36, co. 2, l. adoz., i provvedimenti di adozione o affidamento preadottivo emanati da tali Paesi possono essere dichiarati efficaci in Italia solamente all’esito di un procedimento in cui il Tribunale per i minorenni accerta ex novo la sussistenza di tutte le condizioni richieste dalla normativa sull’adozione internazionale183.

L’ultimo tipo di provvedimento straniero disciplinato dalla legge italiana è quello che dichiara l’adozione di minori stranieri da parte di cittadini residenti all’estero da almeno due anni184. In questo caso il provvedimento è ottenuto attraverso un percorso adottivo notevolmente semplificato e quindi in deroga al rigoroso iter previsto per le precedenti

180 Petrone, L.4.5.1983, n. 184…, op. cit., 205. 181 Vedi capitolo 1, § 3.

182 Poletti di Teodoro, L’adozione internazionale, op. cit., 760. 183 Ghionni, Adozione internazionale…, op. cit., 125.

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ipotesi. Tale procedura adottiva è di competenza esclusiva dell’Autorità straniera, necessaria per poter ottenere il riconoscimento ad ogni effetto del provvedimento in Italia. Non è quindi previsto l’obbligo di procurarsi il decreto di idoneità ricorrendo all’autorità giudiziaria italiana, né di rivolgersi all’ente autorizzato per l’attività di intermediazione. Affinché l’Autorità straniera possa direttamente valutare l’idoneità all’adozione e procedere con la stessa è, però, necessario che la coppia dimostri di aver soggiornato continuativamente e aver stabilito la propria residenza nel Paese straniero da almeno due anni. Al Tribunale per i minorenni, destinatario della richiesta di riconoscimento in Italia degli effetti dell’adozione dichiarata all’estero, spetta il compito fare dei controlli sul provvedimento prima di dichiararne l’efficacia nel nostro Stato. Al fine di scongiurare il timore espresso dalla dottrina circa l’aggiramento della più rigida normativa italiana attraverso uno spostamento fittizio della residenza185, sul piano formale deve essere verificata l’effettiva residenza non occasionale e per un minimo di due anni dei genitori adottivi nel paese estero186; dal punto di vista sostanziale, invece, deve essere accertata la conformità ai principi sanciti dalla Convenzione dell’Aja. In caso di esito positivo dei controlli, il Tribunale per i minorenni dichiara il provvedimento di adozione efficace in Italia con effetti legittimanti. In questa ipotesi si ha, dunque, il riconoscimento di un’adozione interna al Paese di residenza dei coniugi, ottenuta secondo la disciplina in esso vigente. Tale previsione ha sollevato, sia in dottrina che in giurisprudenza, interrogativi circa la possibilità di riconoscere adozioni

185 Petrone, L. 4.5.1983, n. 184…, op. cit., 212.

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pronunciate all’estero a favore di soggetti, quali i single e gli omosessuali che, secondo la normativa italiana, non potrebbero essere dichiarati idonei all’adozione con effetti pieni. Il tema, di attuale interesse e oggetto di recenti pronunce, sarà approfondito nel prossimo capitolo.

Effettuati i controlli previsti per il tipo di provvedimento sottoposto all’esame del Tribunale per i minorenni e ottenuti risultati positivi, il Tribunale stesso ne ordina la trascrizione nei registri dello Stato Civile187. Una questione problematica si solleva in relazione all’individuazione dell’atto di nascita che deve essere acquisito negli archivi dello stato civile italiano188. Tale problema, relativo a tutti i provvedimenti stranieri di adozione, si è manifestato allorché due circolari ministeriali sono state emanate, quasi contemporaneamente, prevedendo criteri contrastanti di identificazione dell’atto di nascita da trascrivere: la circolare del 3 luglio 2001 del Ministero della giustizia, prescrive che, a seguito dell’attivazione della procedura giudiziale, l’atto di nascita del bambino straniero adottato con provvedimento estero debba essere formato in Italia quando tale atto non sia stato formato all’estero, oppure quando, secondo la normativa straniera, debbano essere indicati i genitori adottivi quali genitori naturali del minore, o, infine, quando la data e il luogo di nascita dell’atto originario siano difformi dalla realtà. La seconda circolare, invece, del Ministero dell’interno del 2 agosto 2001, indica come trascrivibile solamente il nuovo atto di nascita formato, a seguito della pronuncia di adozione, dall’Autorità straniera secondo le proprie

187 Art. 35, l. n. 184/1983

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disposizioni. Una volta dichiarata l’adozione, infatti, l’originario atto di nascita non è più disponibile presso gli uffici dello stato civile del Paese d’origine e l’unico atto valido e utilizzabile anche in Italia è quello nuovo. Secondo la posizione presa in tale seconda circolare, solo così si opera coerentemente con la legge dello Stato di origine, la sola che può essere applicata all’atto di nascita.

Poiché in molti Paesi stranieri vige la regola secondo cui, dichiarata l’adozione, deve essere formato un nuovo atto di nascita con l’indicazione dei genitori adottivi e un luogo di nascita diverso da quello di origine, seguendo i criteri della prima circolare, si dovrebbero attivare numerose procedure per la formazione di tali atti che appesantirebbero la fase finale del procedimento di adozione internazionale. In base all’analisi delle prassi seguite dai tribunali per i minorenni e degli ufficiali dello stato civile emerge, quindi, la preferenza dell’indirizzo sancito dalla circolare del Ministero dell’interno189.

La questione della formazione dell’atto di nascita si è posta, a causa delle differenti normative nazionali, anche per le nascite in seguito a maternità surrogata190. Il ricorso alla maternità surrogata, previsto in taluni paesi tra i quali USA, Canada, Russia e Ucraina, è vietato nell’ordinamento italiano dall’art. 12, co. 6, l. n. 40/2004.

Pertanto, il minore, sebbene provvisto di un certificato di nascita redatto all’estero, quando è privo di legami biologici con i genitori committenti,

189 Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva su adozioni e affidamenti,

approvato il 27 ottobre 2004 dalla Commissione parlamentare bicamerale per l’infanzia, in Dir. fam., 2005, 393.

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sarebbe adottabile. Così è stato deciso dalla Suprema Corte in relazione ad un ricorso presentato da una coppia che si era vista rifiutata la trascrizione in Italia dell’atto di nascita del bambino avuto per mezzo della suddetta tecnica di procreazione. I giudici del merito avevano, infatti, dichiarato l’atto di nascita contrario all’ordine pubblico nazionale, considerato il divieto fissato dalla l. n. 40/2004. Conseguentemente il minore non avrebbe mai ottenuto lo status di figlio e doveva essere considerato in stato di abbandono.

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha confermato la posizione dei precedenti gradi di giudizio, affermando che, al contrario di quanto sostenuto dalla coppia, l’ordine pubblico rilevante non attiene solamente ai valori condivisi a livello internazionale, ma comprende anche i principi nazionali, purché fondamentali e quindi indeclinabili. Il divieto della pratica di maternità surrogata, a detta della Corte, è sicuramente di ordine pubblico, in quanto tutela, attraverso la previsione di una sanzione penale, due beni giuridici primari consistenti nella dignità umana della gestante e nell’istituto dell’adozione, “oggettivamente in conflitto” con la pratica in esame. Solamente all’adozione, infatti, il nostro sistema attribuisce la possibilità di creare rapporti familiari giuridicamente rilevanti anche in assenza di legami biologici con il minore. L’interesse del minore si consegue, dunque, o con l’affidamento alla madre biologica, o ricorrendo all’adozione, in base ai criteri previsti dalla legge, senza che il giudice possa avere discrezionalità in merito191. Tale sentenza, per quanto giuridicamente impeccabile, ha però causato la

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separazione del minore da quelli che sono stati i suoi genitori per tre anni. Le conseguenze che nei fatti si sono realizzate verso la famiglia e il bambino hanno evidenziato la necessità di una rivalutazione del tema in esame192.

In linea con tale esigenza, in una pronuncia del 2016, la Corte di Cassazione ha cambiato orientamento in materia affermando che, qualora la pratica si svolga in un Paese dove tale attività è possibile, essa non integra fattispecie di reato per il nostro ordinamento. In particolare, per quanto riguarda l’atto di nascita, è dichiarata lecita, nell’interesse del minore, la trascrizione in Italia del certificato redatto dai pubblici ufficiali del Paese straniero, che indica i soggetti a favore dei quali è avvenuta la maternità surrogata, come genitori del bambino193.

Ulteriormente, recenti pronunce della Corte Costituzionale194 hanno evidenziato come, a seguito dell’ammissione in Italia della procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo195 e con il ricorso alla maternità surrogata nei Paesi dove è consentita, l’adozione non costituisce più l’unico istituto che legittimamente può instaurare il legame di filiazione anche in assenza del vincolo biologico196. La pratica della gestazione per altri, tuttavia, continua ad essere vietata in Italia anche in seguito agli interventi della Consulta che hanno conservato, nella l. n. 40/2004,

192 G. Mattiello, Utero in affitto: pratica vietata in Italia, il minore è adottabile, in

www.altalex.com, 2014.

193 Cass. penale, 4 maggio 2016, n. 13525.

194194 Corte Cost., sent. 9 aprile- 10 giugno 2014, n.162, in Nuova giur. civ. comm., 2014,

802; Corte Cost. 14 maggio- 5 giugno 2015, n. 96, con nota di Murgo C., La Corte costituzionale ammette alla PMA le coppie fertili portatrici di patologie geneticamente trasmissibili, approfondimento del 13 ottobre 2015, in Giustiziacivile.com, 1 ss.

195 Corte Cost., sent. 10 giugno 2014, n. 162.

196 C. Murgo, Dall’impossibilità di affidamento preadottivo verso l’unicità dell’istituto

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soltanto questo divieto, pertanto la questione del riconoscimento del legame familiare si è posta per i nati all’estero da maternità surrogata. Il tema del riconoscimento del rapporto di filiazione costituito all’estero in base a normative diverse e talvolta contrastanti con quella italiana è di attuale interesse di dottrina e giurisprudenza, in particolar modo per quanto riguarda la possibile violazione dell’ordine pubblico.

A conferma del recente orientamento giurisprudenziale che attribuisce sempre maggiore rilievo al legame affettivo instauratosi e all’esigenza di continuità dello status di figlio a garanzia dell’interesse del minore, possono essere citate due recentissime pronunce in tema di status familiari e ordine pubblico: l’ordinanza della Corte d’Appello di Trento del 23 febbraio 2017197, che ha riconosciuto efficacia al provvedimento del giudice USA attributivo della co-genitorialità al compagno del padre biologico di bambini avuti mediante ricorso alla tecnica della gestazione per altri, e il decreto del Tribunale per i minori di Firenze dell’8 marzo 2017198, il quale ha autorizzato la trascrizione nei registri italiani dello stato civile del provvedimento di adozione di minori emesso da un giudice inglese a favore di una coppia di uomini. Va precisato che, sebbene entrambe le decisioni affrontano la questione del rapporto di filiazione, si tratta comunque dell’instaurarsi di tale legame in seguito a fattispecie diverse e soltanto nel secondo caso è intervenuto un provvedimento di adozione. Dette pronunce, tuttavia, fanno entrambe applicazione dei principi enunciati dalla Suprema Corte199 sul

197 App. Trento, 23 febbraio 2017, ord.

198 Trib. Min. Firenze, sez. adozioni, 7 marzo 2017, decr.; vedi Capitolo 3, §6. 199 Cass. 30 settembre 2016, n. 19599, in Corr. Giur., 2, 2017, 181.

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riconoscimento dello status di figlio costituito da provvedimento straniero. Secondo la Cassazione deve essere data rilevanza preminente