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Il fondamento della responsabilità dell'ubriachezza volontaria

In relazione alla problematica del fondamento della responsabilità dell'ubriachezza volontaria o colposa si possono registrare almeno tre linee di pensiero.

In primo luogo, Militello ha manifestato l'idea secondo la quale l'art. 92, 1° comma c.p. introdurrebbe una eccezione al principio della corrispondenza temporale tra l'elemento soggettivo e l'elemento oggettivo della condotta illecita, disposto dall'art. 85 c.p.209.

In secondo luogo, a giudizio di altra impostazione210,

l'ubriachezza volontaria o colposa, di cui al 1° comma art. 92 c.p., sarebbe un'ipotesi di presunzione assoluta, ovvero essa raggiungerebbe il risultato di prescindere dall'accertamento dell'effettiva capacità di intendere e di volere del soggetto agente al momento della commissione del reato, ricorrendo, appunto, allo schema della presunzione.

Infine, vi è un terzo orientamento dottrinale, che come anticipato è al giorno d'oggi prevalente, e che, al contrario dei precedenti, definisce la situazione descritta dalla norma de qua in termini di vera e propria fictio211. In particolare, secondo quest'ultima linea di pensiero, il legislatore, animato da evidenti ragioni di politica criminale, avrebbe voluto perseguire in ogni caso il soggetto ubriaco 209Cfr.: MILITELLO, Modelli di responsabilità penale per incapacità procurata e

principio di colpevolezza, in STILE (a cura di), Responsabilità oggettiva e giudizio

di colpevolezza, Napoli, 1989, p. 483.

210Cfr.: AMATO, Teoria e pratica degli stupefacenti, Roma, 1996, p. 18; MIRTO, La

responsabilità oggettiva e l'art. 116 c.p., in Giustizia penale, 1935, col. 668; MUSOTTO, La dottrina della colpevolezza, Palermo, 1939, p. 162; PANNAIN, Dell'ubriachezza non accidentale e non preordinata, Foggia, 1935, p. 7.

211Cfr.: BRICOLA, Finzione di imputabilità ed elemento soggettivo nell'art. 92

comma 1 c.p., in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1961, pp. 486 e ss.; ROMANO-GRASSO, Commentario sistematico al codice penale, Milano, 2012, vol.

che delinque; pertanto, si sarebbe utilizzato lo strumento della finzione in maniera tale che detto soggetto, pur naturalisticamente incapace, viene invece reputato alla stessa stregua del soggetto imputabile e quindi capace di intendere e di volere.

Coloro che seguono questa prospettiva, peraltro, criticano la teoria che considera l'ubriachezza volontaria o colposa come un'ipotesi di presunzione assoluta.

Secondo Bricola, invero, tale dottrina sarebbe erronea e incompleta212. Erronea, perché, quando si parla di presunzione,

solitamente ci si riferisce allo strumento processuale al quale talvolta ricorre il legislatore per «desumere da un fatto noto un fatto ignoto sulla base di un rapporto di verosimiglianza» e niente di tutto questo, a giudizio di detto autore, si verifica nel caso che si sta analizzando. Incompleta, perché non precisa se con l'art. 92, 1° comma c.p. il legislatore abbia voluto considerare il soggetto agente pienamente imputabile con riferimento al solo momento della commissione del fatto illecito oppure anche con riguardo al momento in cui quest'ultimo si pone in stato di ubriachezza; ma è proprio questo, ad avviso del giurista citato, l'aspetto fondamentale circa l'esegesi della disposizione de qua.

In definitiva, quindi, per Bricola, l'ipotesi di cui all'art. 92, 1° comma c.p. consiste in una finzione, perché costituisce uno «strumento utilizzato dalla tecnica legislativa al fine di creare determinate categorie giuridiche (valori giuridici puri) ovvero di ampliare il contenuto di categorie già esistenti tramite l'inserimento di una realtà esclusivamente legale. Ciò è quanto si verifica con la norma in discussione(...)»213 .

212Cfr.: BRICOLA, Finzione di imputabilità ed elemento soggettivo nell'art. 92

comma 1 c.p.,cit., pp. 486-487.

La tesi dell'ubriachezza volontaria o colposa come ipotesi di finzione di imputabilità, a ben vedere, ci consente di comprendere appieno anche i tratti comuni e le differenze tra il 1° comma (ubriachezza volontaria o colposa) ed il 2° comma (ubriachezza preordinata) dell'art. 92 c.p..

Secondo Bricola, in primo luogo, le due fattispecie, stando al disposto normativo, presuppongono chiaramente un soggetto che, al momento di procurarsi lo stato di ubriachezza, sia perfettamente capace di intendere e di volere e quindi imputabile214.

In secondo luogo, a giudizio di detto autore, in entrambe le ipotesi di cui all'art. 92 c.p., l'ubriachezza rileva come fenomeno transitorio e non vi rientrano i casi in cui essa diventa una vera e propria infermità tale da escludere o far scemare grandemente la capacità di intendere e di volere215.

Altro elemento comune alle due fattispecie, poi, ad avviso del giurista citato, è la circostanza che il soggetto agente, al momento della commissione del reato, è naturalisticamente incapace di intendere e di volere. Tuttavia, per Bricola, con riferimento a questo profilo le due ipotesi non sono identiche. Mentre, invero, nel caso di cui al 1° comma, nonostante di fatto al momento della perpetrazione del reato il soggetto è naturalisticamente incapace, per scelta legislativa216 egli è

considerato capace di intendere e di volere; secondo l'autore, viceversa, non è così nel caso di cui al 2° comma poichè, essendo un'ipotesi di actio libera in causa, ciò che la caraterizza è proprio il fatto che l'agente, nel momento della commissione del reato, si trova in stato di incapacità, ma è reputato imputabile, avendo sancito il legislatore una 214Così: BRICOLA, Finzione di imputabilità ed elemento soggettivo nell'art. 92

comma 1 c.p., cit., p. 488.

215Così: BRICOLA, Ibidem, cit., p. 489.

216L'art. 92, 1° comma letteralmente dispone: «L'ubriachezza non derivata da caso fortuito o da forza maggiore non esclude né diminuisce l'imputabilità».

deroga espressa al c.d. principio di coincidenza di cui all'art. 85 c.p.. In sostanza, Bricola ritiene che, nella situazione descritta all'art. 92, 1° comma c.p., il legislatore ha previsto uno “scollamento” tra la situazione naturalistica, di incapacità di intendere e di volere, e quella giuridica, per cui il soggetto viene considerato capace217.

Le due fattispecie, infine, ad avviso di detto giurista, differiscono chiaramente anche per quanto concerne l'elemento psicologico relativo al fatto di ubriacarsi, che è meramente colposo o volontario nell'ipotesi di cui al 1° comma e preordinato nell'ipotesi di cui al 2° comma, ma anche per quanto attiene alla proiezione psicologica rispetto al reato commesso successivamente in stato di incapacità. Invero, secondo Bricola, mentre, nel caso di cui al 1° comma c.p., il fatto di ubriacarsi e l'illecito, che in tale condizione viene realizzato, appaiono come fatti perfettamente autonomi e “scollegati”, tant'è vero che l'ubriachezza volontaria o colposa stessa è la ragione che fonda la finzione di imputabilità da cui deriva la possibile responsabilità per il reato commesso in detto stato; nel caso dell'ubriachezza preordinata, al contrario, il fatto di porsi in stato di incapacità è considerato dal soggetto agente come «lo stadio iniziale di un comportamento unitario e di una fattispecie autonoma, la quale si integra con la realizzazione del reato ed è globalmente qualificata, sul piano della colpevolezza, dal fine criminoso che contrassegna il primo stadio»218.

217Cfr.: BRICOLA, Ibidem, cit., pp. 489.