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Uno degli aspetti più problematici, per quanto concerne la disciplina dell'actio libera in causa, è quello che riguarda un'ipotesi particolare di aberratio delicti.

Quando si parla di aberratio delicti rispetto all'actio libera in causa, invero, sorge immediato un interrogativo: nel caso in cui il reato commesso in stato di incapacità preordinata è diverso da quello che era effettivamente voluto, qual è il titolo di imputazione del soggetto agente?

Il pieno rispetto del principio di colpevolezza, in effetti, implicherebbe la necessaria coincidenza tra fatto previsto e voluto, al quale lo stato di incapacità è preordinato, ed il fatto che poi materialmente viene realizzato in stato di incapacità.

Secondo attenta dottrina174, tuttavia, la coincidenza tra quanto

voluto in origine e quanto poi realizzato non risolve il problema, poiché può ben capitare che il fatto commesso effettivamente coincida con quello originariamente previsto e voluto dal soggetto agente soltanto per una mera casualità. Ed è proprio questa la ragione per cui Romano ritiene essere essenziale la sussistenza di una «corrispondenza guidata da intenzionalità»175, oppure per cui Mantovani richiede «una

continuità psicologica tra la deliberazione e la causazione»176.

La stessa Relazione al Re, peraltro, non aiuta a risolvere questo dilemma. Per quanto concerne detto aspetto, invero, anch'essa appare poco chiara, limitandosi ad affermare che tra le proposte della Commissione parlamentare, incaricata di esprimere un parere sul progetto definitivo di codice, vi fosse anche quella di specificare che l'aggravante prevista dall'art. 92, 2° comma c.p. non dovesse essere applicata in ipotesi di reato diverso da quello voluto con la preordinazione dell'incapacità177.

Alla luce di tali considerazioni, quindi, si capisce che, anche per quanto concerne detta problematica, è utile ricostruire il pensiero espresso dai diversi autori.

Innanzitutto, è interessante richiamare l'attenzione su due esponenti dottrinali, ovvero Davì e Dondina, che, prendendo le mosse dai suggerimenti della Commissione parlamentare, sono favorevoli alla non applicazione dell'aggravante di cui al 2° comma dell'art. 92 c.p..

Davì reputa non applicabile l'aggravante qualora il reato sia completamente diverso quanto a species rispetto a quello cui mirava la 174Cfr.: FIANDACA, MUSCO, Diritto penale. Parte generale, cit., p. 363.

175Cfr.: ROMANO, GRASSO, Commentario sistematico al codice penale, cit., vol. II, p. 29.

176Cfr.: MANTOVANI, Diritto penale, cit., p. 669.

177Cfr.: Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, Roma, 1930, voll. VI, p. 141; Relazione a S. M. il Re del Ministro Guardasigilli, presentata all'udienza del 19 ottobre 1930, Roma, 1930, vol. VII, p. 62.

preordinazione. Ad avviso di detto autore, in tale evenienza il soggetto risponderà soltanto a titolo di colpa, sempre che la modalità colposa sia contemplata dalla legge. Viceversa, nel caso in cui il reato diverso sia della stessa species rispetto a quello cui tendeva la preordinazione, tuttavia comporti un'offesa più grave, per esempio morte anziché lesioni, secondo questa impostazione, l'evento più grave deve essere posto a carico del soggetto agente a titolo di responsabilità oggettiva178;

pertanto, nell'esempio citato, secondo Davì, l'individuo deve essere chiamato a rispondere in base al combinato disposto degli artt. 87 e 584 c.p. (c.d. omicidio preterintenzionale)179.

Dondina, viceversa, innanzitutto, distingue le ipotesi in cui lo stato di incapacità derivi da intossicazione acuta da alcol o da stupefacenti dalle ipotesi in cui lo stato di incapacità derivi da sostanze diverse.

Nel caso in cui l'incapacità derivi dall'assunzione di alcol o di stupefacenti, a giudizio di detto autore, l'aggravante deve essere applicata laddove lo scopo sia stato raggiunto anche soltanto parzialmente (per esempio lesioni anziché morte), poiché in tale evenienza, a prescindere dal risultato diverso raggiunto, il soggetto ha cercato in ogni modo di realizzare il proprio intento criminoso. Al contrario, nel caso in cui il reato integrato è più grave rispetto a quello originariamente voluto (ad esempio morte anziché lesioni), secondo questa impostazione, non si deve applicare l'aggravante, ma non si 178Cfr.: DAVÌ, Le actiones liberae in causa nel nuovo codice penale, cit., p. 67.

179L'omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.) deve essere mantenuto distinto dalla fattispecie di cui all'art. 586 c.p., ovvero c.d. morte o lesioni come conseguenza di altro delitto. La differenza tra queste due fattispecie risiede nel fatto che: mentre nell'art. 584 c.p. a cagionare la morte è un delitto di lesioni o percosse, nell'art. 586 c.p. l'evento morte (non voluto) è conseguenza di un qualsiasi altro delitto diverso dalla lesione personale e dalle percosse. Secondo la dottrina maggioritaria, inoltre, l'art. 586 c.p. è un'ipotesi particolare di aberratio delicti che punisce (con un aumento di pena rispetto all'omicidio e alle lesioni colpose) il caso in cui da un fatto previsto come delitto colposo derivi, come conseguenza non voluta dal reo, la morte o la lesione di una persona. Cfr.: MANTOVANI, Op. cit., pp. 395-396.

deve neppure applicare la disciplina più favorevole della preterintenzione, in quanto si ritiene sufficiente l'applicazione della norma di cui all'art. 92, 1° comma c.p..

Rispetto, invece, alle ipotesi di incapacità derivata da sostanze diverse da alcol o da stupefacenti, innanzitutto, Dondina ritiene rientrino nella disciplina dell'art. 87 c.p.; quindi, egli è dell'idea di non richiedere ai fini della loro punibilità che il reato originariamente voluto sia integrato almeno in parte, poiché è dell'avviso che per questa strada si correrebbe il rischio di affermare l'impunità del soggetto incapace per causa diversa dall'intossicazione acuta laddove quest'ultimo compia un fatto diverso da quello voluto.

Secondo detto giurista, invero, anche in assenza del nesso causale tra la volontà generica di porsi in stato di incapacità al fine di delinquere e la volontà specifica di procurarsi l'incapacità per commettere un determinato reato, il fatto diverso commesso deve comunque considerarsi imputabile a titolo di dolo poiché il soggetto agente in ogni caso voleva delinquere.

In altri termini, la coincidenza tra voluto e realizzato, per Dondina, non è un elemento essenziale per la sussistenza o meno dell'actio libera in causa; piuttosto essa è un elemento che influisce sul grado di responsabilità del soggetto agente180.

Oltre a questi due giuristi, anche altri esponenti dottrinali si sono espressi sulla problematica de qua.

Innanzitutto, Corsonello distingue tra le diverse ipotesi. Nell'eventualità di reato diverso da quello voluto, invero, detto autore perviene a conclusioni diverse a seconda della situazione di riferimento.

180Cfr.: DONDINA, Le actiones liberae in causa e la loro sistemazione nel nuovo

Nell'ipotesi di ubriachezza volontaria o colposa, secondo detta impostazione, non si rientra nella struttura dell'actio libera in causa e nel caso di reato diverso da quello voluto deve farsi applicazione dell'art. 92, 1° comma.

Viceversa, nelle ipotesi di vera e propria actio libera in causa, vale a dire ove sussiste preordinazione, per Corsonello, nel caso di reato diverso da quello voluto, non trovano applicazione gli artt. 87 e 92, 2° comma c.p., ma riprende vigore la regola generale sull'imputabilità e conseguente responsabilità e, dal momento che in ogni caso il porsi in stato di incapacità al fine di commettere un reato costituisce un'imprudenza, a giudizio di detto autore, il soggetto agente deve rispondere a titolo di colpa.

Infine, nell'ipotesi di ubriachezza preordinata, secondo questa dottrina, nel caso di reato diverso da quello voluto, il soggetto deve rispondere a titolo di colpa e si applicherà anche l'aggravante prevista dell'art. 92, 2° comma c.p.181.

Anche il Frosali nel caso di reato diverso da quello voluto reputa inapplicabili sia l'art. 87 c.p. sia l'art. 92, 2° comma c.p.. Al contrario, nell'ipotesi di ubriachezza volontaria o colposa egli ritiene che il soggetto possa rispondere a titolo di dolo anche nell'eventualità di reato diverso da quello voluto, senza però che si faccia applicazione di alcuna aggravante182.

Manzini, invece, in generale è dell'idea che il reato, per essere imputato a titolo di dolo, debba coincidere con quello che il soggetto agente si era prefissato e voleva nel momento in cui era capace di intendere e di volere. Secondo questo autore, tuttavia, rispetto a questa 181Cfr.: CORSONELLO, Actiones liberae in causa, cit., pp. 121-125.

182Cfr.: FROSALI, L'errore nella teoria del diritto penale, cit., p. 480. Questo autore,

inoltre, nel caso di reato diverso e più grave di quello voluto (esempio morte anziché lesioni), è favorevole ad applicare la disciplina della preterintenzione.

regola generale fanno eccezione i casi dell'omicidio preterintenzionale e quelli dell'ubriachezza volontaria o colposa183.

Infine, Venditti ritiene che, nel caso di reato diverso da quello voluto, sia opportuno distinguere l'ipotesi dell'errore nell'esecuzione dei mezzi dall'ipotesi dell'errore dovuto ad altra causa.

Nel caso di errore nell'esecuzione dei mezzi, ad avviso di detto giurista, trova applicazione l'art. 83 c.p., conseguentemente, il soggetto agente deve rispondere a titolo di colpa, sempre che il fatto sia previsto dalla legge come fattispecie colposa. Inoltre, secondo questa impostazione, qualora vengano integrate due fattispecie, una coincidente con l'originario intento criminoso, anche soltanto nella forma del tentativo, ed una diversa, ci si trova dinanzi ad un'ipotesi di concorso di reati; di conseguenza il soggetto agente deve rispondere: nel primo caso (reato congruente con l'originario proposito) a titolo di dolo; mentre nel secondo caso (reato diverso da quello voluto) a titolo di colpa184.

Differente, viceversa, è il caso in cui il fatto diverso è integrato non per un errore nei mezzi di esecuzione. In particolare, secondo Venditti, qualora il soggetto agente, in stato di incapacità, commette un reato diverso da quello preordinato, non per un errore nei mezzi di esecuzione, ma perchè nella sua psiche alterata cambia realmente proposito e voglia effettivamente commettere un reato diverso, detto mutamento di intenzione non ha alcuna rilevanza giuridica poiché ciò che rileva è il dolo sussistente nel momento in cui il soggetto si 183Cfr.: MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, cit., vol. I, p. 772. Anche

secondo il Manzini nel caso in cui il soggetto si procuri l'incapacità allo scopo di commettere delle semplici lesioni, ma invece si verifica la morte della vittima, c'è spazio per l'applicazione, ai sensi dell'art. 87 c.p., della fattispecie dell'omicidio preterintenzionale.

184Secondo Venditti, al contrario, non occorre fare ricorso all'art. 83 c.p. nell'ipotesi di delitto preterintenzionale poiché in questa evenienza il fatto più grave verrebbe imputato in base alle regole di cui agli artt. 42 e 43 c.p..

procura lo stato di incapacità. Ad avviso di detto giurista, pertanto, anche con riferimento a questa situazione la soluzione si ricava dal testo dell'art. 83 c.p., nella parte in cui disciplina l'ipotesi di aberratio delicti dovuta «ad altra causa», essendo questa proprio un caso di aberratio dovuta «ad altra causa», poiché il soggetto agente ha fatto erroneo affidamento sulla propria capacità di mantenere inalterato il proprio intento criminoso anche nello stato di incapacità185.

14. Le cause di giustificazione nell'actio libera in