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Il Foro Traiano agli esordi del XX secolo

Fig 67 Pianta generale del Tempio e relativa

IV.1 Il Foro Traiano agli esordi del XX secolo

I primi lavori di un certo interesse che si registrano agli inizi del ‘900 (1902-1903) riguardano l’area presso Piazza Venezia dove si stava procedendo all’edificazione di Palazzo Torlonia1 (fig. 84).

1 Vedi LTUR, Supplementum II, “I Fori Imperiali”, p. 69. A proposito del Palazzo, sede delle Assicurazioni

Generali, cfr. R. Meneghini, “Templum Divi Traiani”, in BCom, XCVII, 1996, nota 50, dove dice: “Non è conosciuta una relazione complessiva ed esauriente sulle scoperte effettuate durante gli scavi per la fondazione del Palazzo delle Generali ma soltanto brevi resoconti riguardanti i materiali che si andavano via via rinvenendo dove è raccolta la relativa bibliografia”.

Fig. 84. Planimetria generale delle strutture emerse durante gli scavi del 1902-1904 per la realizzazione del Palazzo delle Assicurazioni Generali presso Piazza Venezia. Con il tratteggio in nero si indicano le strutture altomedievali riconosciute. I punti interrogativi sono relativi a strutture ipoteticamente altomedievali. I tracciati F-F evidenziano le zone in cui sono state ritrovate, al di sotto della strada selciata, le fistule plumbee databili al V sec. d.C. sulla base dei bolli laterizi. (Da R. Meneghini, “Roma - Strutture altomedievali e assetto urbano tra le regioni VII e VIII”, in AMediev, XXVII, 2000).

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Nel corso di quello scavo emerse il tratto di un’antica via2 di epoca romana, vari

resti architettonici e scultorei, epigrafi e resti murari in opera laterizia che sorgevano a poca distanza dal Tempio di Traiano. La ricostruzione grafica di Guglielmo Gatti riproduceva resti di insulae e le strade di un abitato risalente all’età adrianea3 nella zona in cui i ricercatori invece si aspettavano di trovare tracce del Tempio e della relativa recinzione. Tuttavia Gatti (fig. 85), volendo comunque salvare l’ipotizzata posizione del Tempio senza stravolgere la planimetria dell’area, lo trasformò in un

peripteros sine postico e lo inserì tra due ipotetici portici ad arco di cerchio dei quali

purtroppo non ci sono stati riscontri.

2 Vedi M. Serlorenzi, L. Saguì, “Roma, Piazza Venezia. L’indagine archeologica per la realizzazione della

metropolitana. Le fasi medievali e moderne”, in AMediev, XXXV, 2008, p. 196, dove le due autrici forniscono dati che fanno propendere per un generico basolato, in quanto non identificabile con precisione. Cfr. anche p. 178, note 9, 10.

3 Ibid., p. 181, dove Serlorenzi-Saguì affermano che la datazione è deducibile dai bolli laterizi rinvenuti.

Fig. 85. Rappresentazione planimetrica dell’area di indagine a nord- ovest del Foro dove la via Lata risulta spostata più a occidente rispetto alle planimetrie di Lanciani/Gatti. (Da M. Serlorenzi, L. Saguì, “Roma, Piazza Venezia. L’indagine archeologica per la realizzazione della metropolitana. Le fasi medievali e moderne”, in AMediev, XXXV, 2008).

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IV.1.1 Le ricerche di Giacomo Boni

Le indagini di Giacomo Boni4 nel Foro Traiano rappresentano il principale intervento degli inizi del XX secolo nell’area dei Fori imperiali.

Tra i monumenti del Foro fu soprattutto la Colonna Traiana ad attirare l’attenzione dell’archeologo5. Alla base di questo interesse, che lo spinse nel 1906 ad avviare

accurati saggi di scavo nell’area della Colonna, vi furono varie motivazioni, prima fra tutte il desiderio di riaprire al pubblico la cella sepolcrale posta all’interno del basamento, il cui ingresso era stato murato. Ma non si possono tralasciare gli altri aspetti che spronarono l’archeologo allo scavo: verificare la stabilità del basamento di marmo nella parte occidentale dove si era verificato uno strappo, controllare i danni riportati dalla Colonna a seguito di eventi naturali come le scosse di terremoto e dell’intervento maldestro degli operai e, una volta constatata la lacuna alla base del fusto e della cornice del basamento, individuarne la possibile causa. Boni pensò che a determinare questi ultimi deterioramenti fosse stato il crollo della statua bronzea di Traiano dalla sommità della Colonna.

L’obiettivo del suo lavoro era garantire la buona conservazione del monumento. A tale scopo lo studioso per prima cosa sostituì i moderni tasselli con pietrisco marmoreo e i “gangheri” di ferro con armature di rame6. In secondo luogo

l’archeologo provvide a drenare da eventuali acque di ristagno il terreno che si trovava ai piedi della Colonna. Preferì poi al moderno portone d’ingresso del basamento una porta in legno a due ante, più simile all’originale in bronzo. Da ultimo programmò un’ispezione geologica del Forum Ulpium.

Boni ritenne utile innanzitutto calcolare la misura complessiva della Colonna, basamento incluso7 (fig. 86).

4 Dell’attività di Boni siamo informati dal rendiconto delle Notizie degli Scavi. Cfr. G. Boni, “Roma.

Esplorazione del Forum Ulpium”, in NSc, anno 1907, fascicolo 7, p. 361 sgg.

5 Ricordiamo che la posizione della Colonna al limite del complesso e la sua notevole altezza permettevano

di abbracciare, con lo sguardo, i vari monumenti del Foro.

6 G. Boni, art. cit., dice che la scelta di ricorrere al rame avrebbe evitato la lacerazione dei massi dovuta al

processo di ossidazione del ferro.

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Il basamento era formato non solo dalla cella sepolcrale, ma anche da un vestibolo e un atrio sul lato sinistro. Su quello destro si sviluppava invece la scala interna che partiva a rampanti e da un certo punto in poi diventava a chiocciola (fig. 87a-b-c).

Fig. 87a. Pianta della struttura interna del basamento della Colonna in cui si vedono le suddivisioni interne e sul lato destro le scale. (Da G. Boni, ut supra).

Fig. 86. Diagramma altimetrico che corrisponde al dislivello tra la sommità del Quirinale e il fondovalle ai piedi del colle Capitolino dove sorgeva la Colonna. Il grafico è un valido punto di partenza per stabilire lo sviluppo in altezza del monumento. (Da G. Boni, “Esplorazione del Forum Ulpium”, in NSc, 1907, fascicolo 7).

155 Fig. 87c. Ricostruzione grafica completa

del basamento della Colonna. Grazie alle integrazioni è possibile farsi un’idea dell’aspetto originario della base della Colonna. (Da G. Boni, ut supra).

Fig. 87b. Sezione del basamento della Colonna in cui sono riprodotte le diverse stratificazioni del terreno sottostante. (Da G. Boni, ut supra).

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Boni ritenne prudente mantenere le strutture moderne a sostegno dei riempimenti di cemento, posti tra la parte superiore della muratura e il soffitto della cella8, per

evitare di peggiorare lo stato di degrado degli angoli esterni e del nucleo centrale del basamento.

Durante i lavori all’interno della cella l’archeologo scoprì il profilo di un bancone marmoreo. Nella parete di fondo scorse dei fori forse destinati a contenere urne e sempre all’interno vennero riconosciuti dei graffiti da cui trasse calchi che inviò al bibliotecario della Casanatense. A questi aggiunse delle indicazioni scritte affinché il bibliotecario fosse in grado di interpretare lo stemma presente nella cella, probabilmente riferibile ad una prestigiosa famiglia romana9 (fig. 88).

Sia lo stemma sia le lettere del graffito rinviavano al XV o XVI secolo. Il dato cronologico non era in contrasto con il presunto periodo di chiusura della cella: infatti l’iscrizione, posta sull’architrave della porta interna, datava questo provvedimento alla metà del XVIII secolo.

Per quanto riguarda l’esterno del basamento in alcuni casi Boni utilizzò lo stesso tipo di restauro usato per l’interno e un altro tipo di intervento laddove vi erano i danni maggiori (fig. 89).

8 Ibid., dove Boni parla delle intercapedini che si erano venute a formare nel soffitto.

9 Ibid., dove, a titolo di esempio, l’archeologo fa il nome di alcune delle più illustri, come la famiglia Capi di

Roma o forse le famiglie Calori e Clementini.

Fig. 88. Spaccato in prospettiva angolare dello spazio interno del basamento della Colonna con tentativo di ricostruzione degli ambienti e degli elementi che lo caratterizzavano. La valutazione complessiva dei dati fa pensare ad una destinazione sepolcrale della camera, dove si poteva custodire l’urna cineraria dell’imperatore, ma non si esclude neppure un utilizzo rituale dell’ambiente. (Da G. Grassigli, “Sed triumphare, quia viceris …”, in Ostraka, anno XII, n. 2, 2003).

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Il basamento presentava anche connessure e fratture provocate da una serie di piante nate nel terrapieno che Boni si adoperò ad ostruire mediante colature di cemento, dal momento che l’umidità, che si formava all’interno del basamento a causa del passaggio dell’acqua, avrebbe indebolito la struttura.

Un interessante ritrovamento avvenne lungo il lato nord del basamento. A mezzo metro di profondità dalla colmata di terriccio furono individuate schegge marmoree di grandi proporzioni, caratterizzate da grande finezza esecutiva: i pezzi riproducevano foglie di alloro, motivo decorativo riscontrato nella base della Colonna. Era possibile giustificarne la presenza in quel punto immaginando che la caduta dall’alto della statua bronzea10 avesse causato il distacco di parte della base

medesima (fig. 90a-b)

10 Ibid., dove Boni indica la posizione originaria della statua collocandola sulla sommità del monumento.

Fig. 89. Lato sud di accesso al basamento della Colonna dove si scorgono le fratture concentrate soprattutto sul lato occidentale. (Da G. Boni, “Esplorazione del Forum Ulpium”, in NSc, fascicolo 7, 1907).

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La circostanza che permise poi la conservazione di quei frammenti fu la loro

sepoltura nel terreno che li protesse dagli agenti esterni. Dopo aver ritrovato vari resti, i maggiori dei quali visti presso la solea del basamento (fig. 90c), fu possibile procedere ad un’integrazione del toro della base.

Fig. 90a. Scheggioni della base della Colonna trovati lungo il lato nord del basamento, a mezzo metro di profondità dalla colmata di terriccio. (Da G. Boni, ut supra).

Fig. 90b. Restauro e ricomposizione dei singoli scheggioni che componevano il frammento asportato dalla base della Colonna. (Da G. Boni, ut supra).

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Tra i resti furono riconosciuti inoltre elementi del fregio del basamento, ornato con un motivo a trofei (fig. 91).

Fig. 91. Riproduzione grafica della fronte del basamento della Colonna dove si vede la porta d’ingresso inquadrata ai lati da pannelli decorati con fregi d’armi e sormontata dal pannello contenente l’iscrizione dedicatoria retto da Vittorie alate. (Da R. Meneghini, I Fori Imperiali e i Mercati di Traiano, 2009).

Fig. 90c. Base e solea della Colonna visti dall’alto. (Da G. Boni, ut supra).

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Dopo aver rimosso alcune lastre in travertino della solea, Boni passò ad indagare la sostruzione.

La maggior parte dei reperti presenti nello strato superficiale della colmata era costituito da frammenti vascolari di vario tipo. Ma la scoperta più singolare avvenne nel corso dei sondaggi al di sotto11 del basamento della Colonna. Infatti nella

sostruzione, ad una profondità di 70 cm dal piano della solea, apparve una grotta12

contenente scheletri umani (v. cap. I.2, fig. 4, p. figg. 5-6, p. 11) vicini gli uni agli altri e in posizione supina. Fu naturale pensare che questo vano servisse da fossa di sepoltura, in un secondo tempo riadattato a ossario. Nella fossa però non vennero rintracciati né indumenti né oggetti, ma soltanto qualche terracotta e maiolica. Alla lunga lista delle ceramiche si aggiunsero anche vari resti animali, tessere musive, frammenti di lamina in bronzo e ferro e pezzi vitrei13.

Nelle adiacenze della Colonna affiorò una via basolata in poligoni di selce dell’epoca antecedente la Colonna. Questa assieme ad altri fattori impedì il proseguimento degli scavi. La strada, diretta verso Magnanapoli, costituiva lo strato sottostante la colmata che sosteneva il cortile delle Biblioteche, in parte interrotta dall'edificazione della Colonna14.

Spostando l’indagine al cortile delle Biblioteche fu individuato, ad una certa profondità della platea del portico, l’angolo nord-ovest di quella occidentale (fig. 92). Dalla composizione del terreno venne dedotto che in quel punto doveva trovarsi la sostruzione del pilone nord-occidentale della costruzione. Osservandone la posizione era possibile ricostruire l’andamento del portico della Biblioteca, traendo la conclusione che terminava sul fianco della Basilica.

11 Ibid., dove Boni dice di aver visto durante il sondaggio che a sorreggere la sostruzione vi era terra di riporto

contenuta entro cassoni a palizzata.

12 Ibid., dove Boni ricorda che essa era stata scavata in epoca medievale.

13 Ibid., dove l’archeologo sottolinea che tra i rinvenimenti rintracciati nel sottosuolo della Colonna,

precisamente all’interno della cavità della fondazione del basamento, comparvero parti di una transenna risalente all’VIII/IX secolo, su cui era impressa una croce latina racchiusa entro un arco tra due palme.

14 Ibid., dove Boni aggiunge che nei paraggi della sostruzione, sotto il livello della strada, si rinvenne un

blocco di muratura staccatosi da una cloaca che tagliava trasversalmente la strada basolata e formava, a partire dalle abitazioni lì vicine, un angolo retto con il piano di scolo integro. All’interno della cloaca e nello spazio compreso tra essa e il muro di fortificazione, dato da una sostruzione a palizzata che correva parallela alla fronte ovest del portico della Biblioteca, erano stati rintracciati numerosi reperti ceramici di vario tipo.

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Ai primi del ‘900 risalgono altre ricognizioni, seppur di minor entità, effettuate da Boni nell’area settentrionale del Foro Traiano. Questi scavi avevano per oggetto la Basilica Ulpia e in modo particolare le sue sostruzioni15. Al di sotto della

pavimentazione, più o meno a metà della navata centrale, affiorarono due massicciate che facevano pensare ad un pavimento stratificato.

Boni orientò l’ultima sua ricerca verso la zona dell’emiciclo orientale o meglio sulla caratteristica facciata dei Mercati (fig. 93).

15 Ibid., dove, secondo Boni, la sostruzione di questa costruzione era composta da un impasto di tegole e

peperino mescolate a calce che determinava la massicciata della Basilica, lavorata a mano, e pensava di averne trovato la dimostrazione in un sondaggio al di sotto del basamento di una colonna della navata centrale. Al livello del sottosuolo, nello spazio dell’intercolumnio tra la colonna oggetto di indagine e un’altra, rintracciò un blocco di peperino.

Fig. 92. Rappresentazione grafica della sezione e pianta del settore nord-ovest della Biblioteca occidentale indagato da Boni. (Da G. Boni, ut supra).

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Un ultimo dato rilevante fu la scoperta, al di sotto della pavimentazione del piano stradale, di un’irregolare massicciata di fondazione di età pre-traianea16.

Passiamo al primo progetto di isolamento dell’area dei Fori Imperiali, nato nel 1911 dalla volontà di agevolare le indagini in quella zona e attribuito a Corrado Ricci, direttore delle Antichità e Belle Arti dell’epoca. Nel ventennio successivo vennero installati nell’area diversi cantieri ed eseguite varie demolizioni. Tuttavia è difficile proporre una corretta datazione delle varie fasi di lavoro17 che hanno caratterizzato

quegli anni.

16 Ibid., Boni sostiene che essa si componeva di un impasto, già riscontrato altre volte, costituito da pozzolana

rossa, tufo e scaglie di travertino. Questa massicciata subì un taglio per consentire la costruzione del Foro Traiano e non risultava pari, ma inclinata verso l’esterno. In quella occasione, tra la massicciata e i gradoni della facciata al pianterreno, apparvero altri oggetti come parti varie di anfore e tre tessere da gioco.

17 L. Cardilli, Gli anni del Governatorato (1926-1944). Interventi urbanistici, scoperte archeologiche, arredo urbano, restauri, Roma, 1995, a p. 52, nota 2 dice: “Restano validi strumenti di ricerca, invece, i quaderni di

scavo redatti da A.M. Colini, studioso di rara cultura umanistica e di enorme preparazione archeologica, che costituiscono certamente ancora oggi la base della ricerca sul terreno sconvolto di via dei Fori Imperiali”.

Fig. 93. Riproduzione grafica di parte dell’emiciclo orientale del Foro che coincide con la facciata dei Mercati, coll. Albani a Windsor. (Da G. Boni, ut supra).

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