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La ricostruzione del Foro di Morey: punti di contatto e divergenze rispetto alle posizioni del predecessore

Nel 1835, a soli dieci anni di distanza dal lavoro di Lesueur, Morey145 fornì una

visione completa della planimetria generale del Foro e un quadro più particolareggiato della decorazione architettonica dei singoli monumenti. Per i suoi studi si avvalse sia dei risultati dei sondaggi del 1812-1814 sia di quelli più recenti posteriori al 1824. Per buona parte la pianta del Foro suggerita da Morey (fig. 46) non divergeva da quella del predecessore.

145 Anche per la ricostruzione di Morey si veda Virlouvet, op. cit.

Fig. 45. Planimetria generale del Foro secondo l’ipotesi di Lesueur. Da notare la visione ridotta del Tempio, tuttavia sufficiente per ricostruirne la pianta. (Da Lesueur, ut supra).

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III.4.1 Ingresso alla piazza e portici laterali

Anche Morey infatti localizzava l’ingresso sul lato sud-orientale dell’area e lo raffigurava come un arco trionfale. La sua collocazione in quel punto146 della piazza si basava sul fatto che alcuni resti erano venuti alla luce alla fine del XVI secolo nella zona opposta alla Basilica e in asse con essa147.

146 Al centro del lato di recinzione meridionale.

147 Virlouvet, Roma antiqua, 1985, a p. 166 consiglia di vedere F. Vacca, Memorie di varie antichità trovate in diversi luoghi della città di Roma, scritte da Flaminio Vacca nell’anno 1594, Roma, 1741, p. 218.

(Da Morey, “Il Foro Traiano”, in Roma Antiqua. L’area archeologica centrale).

Fig. 46. Pianta generale del Foro secondo Morey con visione completa del Tempio.

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L’aspetto del supposto arco148 rispecchiava l’immagine divulgata dalle monete149,

anche se queste ultime avrebbero potuto alludere all’intera facciata del muro di recinzione meridionale150.

Infine la decorazione dell’arco (fig. 47) sarebbe stata arricchita di sculture ricostruite grazie all’accostamento del medesimo ad altri simili: l’Arco di Traiano a Benevento151 e l’Arco di Tito a Roma.

Tuttavia l’iscrizione che riempiva l’attico, riferendosi ai titoli con cui Traiano veniva onorato nel 113-114 d.C., non collimava con la notizia di Cassio Dione, che menzionava un arco eretto dal Senato a Traiano per i suoi trionfi sui Daci152 nel 116.

La piazza del Foro mostrava, nella pianta di Morey, una forma quadrata, come già si era visto in quella di Lesueur e diversamente da quello che si ritiene oggi.

148 Loc. cit., si vede come su questo punto Morey sia in linea con quanto sostiene M. Pensa,“L’architettura

traianea attraverso le emissioni monetali coeve”, in AttiCItRom, 2, 1969-1970, pp. 275-279.

149 Loc. cit., Virlouvet suggerisce il cfr. con H. Cohen, Trajan, II, pp. 167-169; cfr. BMC, H. Mattingly, Coins of the Roman Empire in the British Museum, 3, Trajan, Londra, 1936, p. 102, nn. 509-510 e p. 128, n. 665;

cfr. H. Mattingly e E.A. Sydenham, The Roman Imperial Coinage, 2, Londra, 1926, pp. 255, 263.

150 Loc. cit., Virlouvet rinvia a H. Plommer, “Trajan’s Forum”, in Antiquity, 48, 1974, pp. 127-128, dove

Plommer interpreta l’architettura raffigurata come una rappresentazione del limite meridionale del Foro nel suo insieme. Una riprova verrebbe dalla legenda FORUM TRAIAN.

151 Virlouvet, 1985, a p. 167 sottolinea che l’iscrizione che Morey immagina sull’attico dell’Arco di Traiano

nel Foro è stata ripresa pari pari dall’arco di Benevento (CIL IX 1558=ILS 296).

152 Ibid., p. 166, dove Virlouvet rimanda al cfr. con Dione Cassio, LXVIII, 29.

Fig. 47. Presunto arco d’ingresso al Foro in cui appare una ricca decorazione architettonico-scultorea. (Da Morey, ut supra).

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Altro punto in comune con Lesueur era la delimitazione della piazza mediante portici153 doppi sui lati, aspetto che gli studi moderni avrebbero confutato. Di

questi154 Morey riportava parti di trabeazione, in seguito ritrovate, tra cui un blocco

composto di architrave e fregio a motivi vegetali. Inoltre rinvenne un frammento di cornice a sé stante rispetto al blocco appena ricordato.

III.4.2 Basilica

Anche l’articolazione interna della Basilica, con due navate minori ai lati di quella centrale e lo sviluppo su due piani, era analoga a quella proposta da Lesueur. Ma, a differenza di quest’ultimo, Morey poneva a chiusura laterale della Basilica due absidi, non una sola e, per asserire questo, si basava sull’interpretazione di un frammento della Forma Urbis. In realtà il medesimo era finito nelle mani di Lesueur che ne aveva dato una lettura diversa, fuorviante.

Il frammento (fig. 48) non era costituito da un pezzo unico, ma si componeva, per l’esattezza, di due elementi staccati e giustapposti. Nel primo lacerto, di maggiori dimensioni, si leggeva l’iscrizione BASIL, che rendeva certi che l’edificio raffigurato nel frammento fosse una Basilica. Per quanto riguarda il secondo, esisteva la duplice alternativa di accostare al frammento BASIL quello che riportava la scritta EMILI oppure quello che recava la denominazione ULPIA: Lesueur scelse la prima opzione, Morey la seconda, ritenuta da lui più attendibile155.

153 Per le esedre dei portici ut infra, p. 98.

154 Virlouvet, op. cit., a p. 167 dice che Morey, sulla base del ritrovamento di basi e frammenti di statue,

immagina a ridosso del muro di fondo del porticato la collocazione di statue di generali, membri della famiglia imperiale e loc. cit. rimanda al cfr. con Script. Hist. Aug., Marc. Aur., XXII, 8.

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Morey ebbe la fortuna di avere a disposizione disegni dovuti ad un anonimo copista cinquecentesco, che integravano la planimetria della Basilica con l’aggiunta degli edifici circostanti. L’architetto credeva che questi, riprodotti nel disegno, si riferissero ad una delle due Biblioteche e alle costruzioni ai piedi del Quirinale: di conseguenza, appoggiando questa interpretazione, sarebbe risultato logico identificare l’abside della raffigurazione con quella orientale, rivolta verso il Quirinale.

È bene sottolineare la rilevanza di tale supposizione, perché risulterà esatta, confermando l’idea di due absidi all’estremità della Basilica, dato che la presenza di

Fig. 48. Rappresentazione grafica dei frammenti della Forma Urbis pertinenti alla Basilica Ulpia con l’integrazione delle parti mancanti tratta dal disegno di un anonimo copista rinascimentale. (Da Morey, ut supra).

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quella156 ad occidente non sembrava essere in discussione. Infatti sul versante

capitolino la scoperta di una conduttura ad un livello superiore rispetto a quello del suolo avrebbe comprovato l’esistenza di un’abside da questo lato, facendo escludere la presenza di un ingresso alla Basilica. A ulteriore conferma della teoria della presenza di absidi alle due estremità Virlouvet ricordava il principio di simmetria, spesso rispettato nell’architettura romana. È proprio tenendo conto di questa regola dell’arte antica che Morey, a differenza di Lesueur, suppose un’esedra anche dietro il portico sud-occidentale della piazza, in posizione speculare a quella sud-orientale, che aveva alle spalle i Mercati Traianei. Anche in questo caso l’ipotesi dell’esedra occidentale poggiava sul ritrovamento sul suo sito di resti di antiche costruzioni all’interno di cantine di abitazioni moderne. Morey procedette ad indagini che Lesueur non aveva fatto. L’evidenza più illuminante, messa in luce da questa esplorazione, fu constatare l’andamento curvilineo dei resti antichi della zona (fig. 49): non si poteva trovare migliore riprova dell’esistenza di un’esedra simile a quella dei Mercati, che sorgeva sul lato opposto della piazza.

Nei frammenti della Forma Urbis riportati sul disegno della Basilica Virlouvet notava che in quello maggiore, trasversalmente alla scritta BASIL, compariva il

156 Virlouvet, 1985, a p. 163 dice che Morey chiama l’abside chalcidicum, denominazione impropria e a p.

166 specifica che si ignora l’esatto significato del termine che talvolta indica un vestibolo.

Fig. 49. Vista “aerea” della pianta del Foro in cui vengono marcati in neretto il perimetro dell’emiciclo orientale della piazza e le fondazioni di quello occidentale che accennano una curva. (Da Morey, ut supra).

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termine LIBERTATIS157, per Morey indizio dello svolgimento nella Basilica della

funzione un tempo propria dell’Atrium libertatis158. Le mansioni di quest’ultimo,

una volta sbancata la sella tra il Campidoglio e il Quirinale159 su cui esso sorgeva,

sarebbero state ereditate dalla Basilica160.

Un elemento di divergenza tra Lesueur161 e Morey riguardava la sistemazione delle

scale, che permettevano di salire al livello della galleria superiore della Basilica e alle terrazze delle Biblioteche. Morey posizionò queste scale perpendicolarmente alla Basilica, lungo i muri di fondo delle Biblioteche e questa era, senz’altro, la disposizione più logica.

Morey, anche a proposito della facciata (fig. 50), si spinse oltre rispetto a Lesueur, tentandone una ricostruzione.

Della facciata della Basilica egli individuò quattro livelli sovrapposti:

-primo livello: Morey ricostruì una parete intervallata da paraste che si susseguivano a distanza regolare terminante, in alto, con un fregio a sottolineare la fine di questo livello e l’inizio del successivo. Ai due estremi della facciata si sarebbero ricavate

doppie porte162 che, secondo l’ipotesi di Morey, avrebbero permesso di proseguire

il percorso di attraversamento del Foro passando dalla Basilica ai portici laterali senza incontrare interruzioni. Agli accessi laterali andavano aggiunti tre ingressi monumentali, ognuno provvisto di tre porte e di un protiro tetrastilo; non è stato assolutamente dimostrato l’assunto di Morey circa le maggiori proporzioni dell’ingresso centrale rispetto ai laterali. Comunque a ornamento della parete interposta tra un ingresso e l’altro sarebbero state inserite coppie di statue su piedistalli163.

157 Ibid., Virlouvet precisa: “in realtà l’iscrizione è conservata solo parzialmente nella forma BERTAI, dove

l’ultima lettera non è una I, ma il tratto verticale superstite di una T; comunque, nonostante la lacunosità dell’epigrafe, non sembrano esservi dubbi sull’integrazione delle lettere e quindi sull’interpretazione della parola”.

158 M.G. Ercolino, op. cit., a p. 33, nota 14 fa riferimento, per maggiori informazioni sull’edificio, a F.

Castagnoli, “Atrium Libertatis”, in RendLinc, 1946, pp. 247-291, dove l’autore dice: “L’Atrium Libertatis era un edificio di grandi dimensioni, comprendente due biblioteche, il Tabularium dei censori e, forse, una basilica. La fabbrica primitiva fu ricostruita da C. Asinius Pollio all’inizio dell’età augustea e scomparve con lo sbancamento della collina”. Sempre in Ercolino, loc. cit., si invita a vedere anche E.M. Steinby (a cura di),

Lexicon topographicum urbis Romae, Roma, 1993-2000, vol. I, pp. 133-135.

159 R. Meneghini, “Gli scavi dei Fori Imperiali. Bilancio di un ventennio di indagini (1986-2008)”, in StRom,

56, 2008c, pp. 64-108, in particolare p. 68, nota 11, quando parla della sella che collegava il Campidoglio al Quirinale suggerisce il cfr. con G. De Angelis D’Ossat, “La sella fra il Campidoglio ed il Quirinale”, in Capitolium, 21, 1946, p. 17 sgg.; F. Marra, C. Rosa, “Stratigrafia e assetto geologico dell’area romana”, in La geologia di Roma. Il centro storico, in Memorie Descrittive della Carta Geologica d’Italia, L, Roma, 1995, pp. 49-112.

160 Virlouvet, op. cit., a p. 164 fa capire che, stando alla ricostruzione di Morey, sarebbe stata l’abside orientale

nella fattispecie a ereditare tale ruolo.

161Per la ricostruzione di questo aspetto si veda il § precedente III.3.2, p. 92-93.

162 Virlouvet, 1985, a p. 168 sottolinea che gli accessi laterali della Basilica sarebbero stati duplici a

prescindere dal fatto che i portici della piazza fossero singoli o doppi.

163 Loc. cit., Virlouvet dice che di questi piedistalli tre erano emersi negli scavi del 1812-13 e suggerisce il

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Anche Morey quindi, come Lesueur, immaginava la facciata della Basilica caratterizzata dai tre avancorpi dei protiri d’ingresso, dando vita ad una regolare alternanza di sporgenze e rientranze, che contribuivano a movimentare la parete. Morey, rispetto a Lesueur, indugiava più a lungo sulla descrizione architettonica e decorativa dei protiri: queste strutture avrebbero sostenuto un attico a pannelli figurati. Le lastre che illustravano scene inerenti le imprese belliche dell’imperatore Traiano164, a loro volta, dovevano incorniciare una lastra centrale in cui sarebbe stata

riportata una lunga iscrizione dedicatoria, pare inventata da Morey e databile, in base alla titolatura imperiale, al 111 d.C. Come elemento divisorio tra un pannello e l’altro si doveva trovare una statua di prigioniero dace165. Avevano sicuramente una

funzione portante queste statue che ipoteticamente avrebbero sostenuto la trabeazione che correva al di sopra a coronamento166 del primo piano: in essa, tra un

tratto decorato e l’altro, si sarebbe letto il nome delle varie legioni imperiali. La fascia decorata proseguiva poi nelle parti rientranti del settore centrale della facciata, tra un protiro e l’altro, mentre i tratti di muri che chiudevano all’estremità la facciata, da una parte e dall’altra dei due protiri laterali, sarebbero stati sormontati da un attico liscio scandito solo da lesene. A dire il vero, questa fascia poteva già rientrare nel secondo livello, in cui si articolava la facciata dell’edificio.

-Secondo livello: secondo Morey si sviluppava al di sopra dell’attico e presentava una parete “ritmata” da una serie di paraste corinzie alternate a finestre; il piano

164 Loc. cit., Virlouvet dice che le decorazioni delle lastre sono state riprese da varie fonti, quali i rilievi

traianei dell’Arco di Costantino per la parte di fregio compresa fra l’ingresso centrale e quello di destra.

165 Ibid., p. 165, dove l’autore sottolinea che poiché non sembra sia stata trovata qui questa particolare statua

di Dace, probabilmente Morey riproduce uno dei busti di prigionieri esistenti tuttora nell’area del Foro e vedi

loc. cit., dove l’autore rimanda a tal proposito a P. Zanker, “Das Trajansforum in Rom”, in JdI, 85, 1970, p.

504, fig. 14. Secondo Virlouvet si può essere certi dell’etnia del personaggio rappresentato dai particolari della capigliatura, della barba e della veste.

166 Loc. cit., Virlouvet dice che esiste nel Foro una trabeazione (per la quale si rimanda a M.E. Bertoldi, Ricerche sulla decorazione architettonica del Foro Traiano, Roma, 1962, tav. XXIII, 2) uguale a quella

disegnata da Morey e considerata prima di lui da Uggeri (v. A. Uggeri, Journées pittoresque, 23. Édifices de

Rome antique déblayés et réparés depuis l’an 1814 jusqu’en 1816, Roma, 1817, tav. XXVI) e in seguito da

Richter (F. Richter e A. Grifi, Ristauro del Foro Traiano, Roma, 1839, tav. IV, E) e da Canina (L. Canina,

Gli edifizi di Roma antica, Roma, 1848, 1, pp. 279-288, tav. CXX) come sostegno di statue.

Fig. 50. Restituzione di Morey dell’alzato della facciata meridionale esterna della Basilica Ulpia. (Da Morey, ut supra).

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terminava con una successione di aquile poste sopra la trabeazione, ognuna in corrispondenza di una parasta.

-Terzo livello: lo studioso immaginava l’ultimo livello, in ordine di altezza, di lunghezza inferiore ai precedenti, pari allo sviluppo longitudinale della navata centrale. Per tutta la sua lunghezza sarebbe stato percorso da ampie finestre che diffondevano una buona illuminazione nell’interno: anche in questo piano le finestre

sarebbero state inframezzate da statue167 rappresentanti le province sottomesse da

Traiano.

Dato che all’inizio di questa sezione relativa alla facciata della Basilica ho parlato di una sua suddivisione in quattro livelli, mentre ne sono stati elencati e descritti solamente tre, verrebbe da pensare ad un equivoco. In realtà l’incongruenza si risolve facilmente, pensando che dipende da come si considera l’attico decorato posto tra il primo e il secondo ordine. Se lo riteniamo come la continuazione e conclusione del pianterreno, otterremo alla fine tre livelli sovrapposti. Se, al contrario, percepiamo questa fascia come un elemento a sé stante rispetto al primo livello, nulla vieta di identificarlo come un secondo livello della facciata esterna della Basilica. In tal modo la somma dei livelli ammonterebbe a quattro.

Virlouvet passa ora alla descrizione dell’interno della Basilica (figg. 51-52).

Morey attribuì all’ordine inferiore interno il ritrovamento di elementi di trabeazione e di due colonne di granito.

167 Loc. cit., l’autore fa riferimento a statue che ricordano le cariatidi.

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Il muro di fondo, confinante con le Biblioteche, secondo la sua visione, doveva mostrare paraste anche dal lato interno. Le porte potevano essere sei, ma solo in apparenza perché due di esse in realtà dovevano essere finte. A questo muro sarebbero state accostate delle statue su alti piedistalli con funzione ornamentale. Al piano superiore immaginò numerose finestre, per compensare la totale chiusura muraria di quello inferiore. Infine al terzo livello vi sarebbero state altre finestre, più basse di quelle sottostanti, separate da “cariatidi”.

Come già Lesueur, anche Morey sosteneva che l’ordine superiore girasse anche sui lati brevi della Basilica, seppur a discapito della visibilità dell’abside. L’architetto, inoltre, congetturando168 un ordine superiore distribuito su ambedue le navate

laterali, doveva ricostruire, al piano sottostante, una struttura di sostegno adeguata: immaginava a separazione delle gallerie inferiori un imponente muro che fosse in grado di reggere la fila di colonne del piano superiore.

III.4.3 Reperti e ricostruzione delle Biblioteche

Alle spalle della Basilica, a ridosso di essa, trovavano posto le due Biblioteche, che restituivano solo un tratto di muro e alcune colonne dei portici esterni. Nel corso degli scavi effettuati nell’area del portico della Colonna erano stati rinvenuti solo

168 Virlouvet, 1985, a p. 167 dice che su questo punto Morey si mostra in contrasto con la posizione sostenuta

da Lesueur che invece è in linea con la recente ricostruzione di C.M. Amici, Foro di Traiano. Basilica Ulpia

e Biblioteche, Roma, 1982, tav. IV.

Fig. 52. Particolare dell’estremità orientale della Basilica con messa in evidenza dello spazio interno mediante l’ingrandimento di questa porzione dell’edificio. (Da Morey, ut supra).

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alcuni elementi appartenenti alla trabeazione dell’ordine inferiore: tratti di cornice e architrave e una porzione del fregio169 a Grifi tra candelabri e vasi (fig. 53).

Il pensionnaire, sulla base degli scarsi reperti venuti alla luce e integrando i dati mancanti con l’immaginazione, tentò la ricomposizione degli edifici.

Collocò, prima della facciata della Biblioteca orientale, un colonnato a due ordini170, che avrebbe consentito di salire ad un livello più alto, offrendo un migliore punto di osservazione dei rilievi della Colonna. Invece il portico a un piano, posto a nord- ovest della Biblioteca, avrebbe dato la possibilità di fare una passeggiata al coperto. Tenendo conto che non abbiamo tracce di alcun portico su questo lato, ci troviamo di fronte ad un’invenzione frutto della fantasia di Morey.

169 Virlouvet, 1985, a p. 165 dice che un resto maggiore e meglio conservato dello stesso fregio è custodito

al Louvre e suggerisce di vedere P. Gusman, L’art décoratif de Rome …”, Parigi, 1909, tav. 46, 2.

170 Ibid., p. 167, dove Virlouvet dice che in Lesueur non abbiamo traccia di questa loggia al piano superiore,

mentre la ritroveremo in Guadet, tavv. XVI-XXXI del suo envoi.

Fig. 53. Biblioteche. Dettaglio del motivo decorativo a Grifi tra candelabri presente nel fregio che correva nell’ordine inferiore della trabeazione esterna. (Da Morey, ut supra).

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Tuttavia uno dei punti più contestati della ricostruzione del Foro di Morey fu proprio il primo piano della facciata171 della Biblioteca.

Virlouvet si concentra poi sull’interno delle due costruzioni (fig. 54).

Secondo quanto ipotizzato da Morey pare che le Biblioteche prevedessero due livelli: al primo si sarebbero susseguite, lungo le pareti, nicchie racchiuse da colonne, destinate a contenere gli armadi per i libri. Il lato di fondo della sala avrebbe ospitato, all’interno di una nicchia più ampia, una grande statua seduta, probabilmente di Minerva172. Al secondo livello vi sarebbe stata una successione

alterna di finestre e riquadri. Agli angoli di questo secondo livello sarebbero state realizzate due porte per accedere alla terrazza, da cui si poteva godere, da una diversa prospettiva, della vista dei fregi della Colonna. Infine, a rimarcare la distinzione tra un livello e l’altro, sarebbero stati posti dei busti173, poggianti su dadi, retti a loro

volta dalle colonne.

171 Ibid., p. 164, dove l’autore dice che sulla facciata del primo piano delle Biblioteche si può dire ben poco

data la scarsità di ritrovamenti.

172 La cui presenza nelle Biblioteche è ricorrente e non sorprende se si pensa che era considerata simbolo e

garante dell’ingegno e più in generale della cultura.

173 Intesi come una sorta di marcapiano.

Fig. 54. Raffigurazione sommaria della facciata esterna di una delle Biblioteche. (Da Morey, ut supra).

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III.4.4 Tempio

Morey era convinto di aver individuato il sito del Tempio del divo Traiano (fig. 55) nell’area retrostante la Basilica Ulpia e lo ricostruì174 come octastilo periptero175

racchiuso da un recinto rettangolare176.

Nel 1835 venne a conoscenza di parte di una fondazione177 in asse con il Foro, che

poteva rappresentare un resto dell’altare del Tempio del divo Traiano178. Altro

aspetto, ripreso da Lesueur, fu il transito di una strada tra il Tempio e il resto del Foro, determinando così un isolamento dell’edificio sacro, che in realtà non avrebbe avuto alcuna ragionevole spiegazione.

174 Virlouvet, op. cit., a p. 169 indica le monete come base della ricostruzione delle caratteristiche del Tempio

e consiglia di vedere BMC 3, p. 79, n. 354; pp. 181-182, nn. 857-862; p. 193, nn. 915-916; p. 201, nn. 955-