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Interventi di scavo intrapresi dall’Amministrazione francese a Roma negli anni 1812-1814 descritti nel resoconto di Simoncin

Dopo il risveglio d’interesse manifestato verso il Foro Traiano da parte degli artisti e ricercatori rinascimentali, bisogna attendere gli inizi dell’800 per assistere ad un primo scavo sistematico dell’area. Infatti fino a quel momento i reperti erano emersi casualmente nel corso di lavori di edilizia e non a seguito di mirati interventi sul campo. Pertanto l’attività svolta dagli artisti e antiquari nei secoli precedenti si limitava all’analisi e alla riproduzione grafica dei pezzi antichi ritrovati o al loro reimpiego per nuove costruzioni.

III.1.1 Digressione storico-archeologica sulla seconda fase dell’occupazione francese1 a Roma

Roma, dopo essere stata nuovamente2 occupata e sottomessa dalle truppe francesi

guidate dal generale Miollis, dovette subire la loro dominazione per un periodo di 5 anni (dal 1809 al 1814). Tra i primi settori di interesse di questo Governo rientrava l’attività urbanistica e archeologica nella città di Roma. Pertanto l’Amministrazione francese ritenne necessario stabilire al più presto nuovi Enti (ut infra III.6.1 p. 126) preposti sia alla stesura del Piano Regolatore della città sia alla Sovrintendenza dei Beni Archeologici. Tra i provvedimenti presi tempestivamente vi fu la creazione di

una Consulta Straordinaria3 per gli Stati Romani (17 maggio del 1809) che aveva

designato il barone De Gerando4 come Ministro responsabile degli Interni, Consulta

1 Per questo paragrafo ho attinto notizie da R.T. Ridley, The eagle and the spade. Archaeology in Rome during the Napoleonic era, Melbourne, 1992.

2 R.T. Ridley, op. cit., a p. 4 dice che la prima occupazione napoleonica della città di Roma ad opera delle

truppe guidate dal generale Louis-Alexandre Berthier si ebbe nel 1798-1799 subito dopo la Rivoluzione francese.

3 Id., op. cit., cap. 2, p. 48 e sgg., dove dice che la Consulta installata il 10 giugno del 1809, voluta da

Napoleone, rappresentava in realtà una misura temporanea per preparare Roma ad accogliere un nuovo governo e comprendeva vari membri. Uno dei suoi primi decreti stabiliva: “Si deve calibrare tra l’imperatore e il re la conservazione dei monumenti antichi e moderni e si formerà una commissione incaricata di ispezionare e conservare i monumenti antichi e moderni di Roma e degli stati romani”. Seguivano poi altri 3 articoli.

4 Ibid., Appendice II, Biografie, a p. 253 vengono riportate le principali cariche di De Gerando: insigne

filosofo, grande amministratore, filantropo, occupò con lode vari pubblici incarichi tra cui quello di consigliere di Stato e di pari, professore di diritto amministrativo, inoltre regolò e fondò case di pubblica carità a Parigi. Fece parte naturalmente della Consulta di cui era il membro più responsabile per le materie culturali e archeologiche.

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cui si dovette la proposta nel 1810 di un Piano Generale per gli abbellimenti di Roma.

Il 1809 fu in realtà un anno di transizione per l’Amministrazione delle Antichità e Belle Arti, come mostrano sia le prescrizioni alla base della successiva legislazione dello Stato Pontificio sia il carteggio tra il Segretario Generale del Ministero dell’Interno, De Gerando, e il Commissario delle Antichità, Carlo Fea. Il ruolo di

quest’ultimo5 non fu compromesso dagli interventi del Governo francese, ma rimase

intatto al punto che riuscì a dare un importante contributo ai nuovi regolamenti relativi alle Antichità6 (ut infra III.6.1 p. 126 sgg.). Infatti tra il 1809 e il 18107 il

dipartimento di Antichità e Belle Arti in Roma, sotto la direzione di Fea, promosse numerose opere di manutenzione e restauro di edifici e ruderi di cui si sarebbe occupata una Commissione per la tutela dei monumenti antichi e moderni inserita tra gli organi operativi all’interno della Consulta Straordinaria.

Come esempio del rapporto instaurato tra Fea e De Gerando si può ricordare una delle relazioni che il primo inviò al secondo nel 1809 dove Fea affrontò varie questioni in risposta ad una lista di punti che De Gerando gli aveva sottoposto, quali i doveri dei conservatori, le ragioni economiche alla base dell’impiego di condannati nei lavori pubblici, il reddito derivante dall’esportazione di opere d’arte, il resoconto sullo stato dei conti di quel momento, l’identità degli architetti e il luogo in cui operavano, gli scavi di cui si autorizzava la continuazione8, la regolamentazione

dell’esportazione mediante tassazione e infine il controllo sulle operazioni di scavo. Fu lo stesso De Gerando a rendere noto il modo di procedere della Commissione in

quella fase iniziale attraverso alcune sue lettere9. Un problema trattato

ricorrentemente nei suoi scritti riguardava l’organizzazione della forza-lavoro, costituita per lo più da prigionieri e che da quel momento in poi intendeva rivolgersi ai poveri e ai disoccupati, e le difficoltà connesse a quel tipo di scelta dettata anche da ragioni morali, non solo economiche. Un'altra grande difficoltà insita nel programma dei pubblici lavori riguardava i pagamenti.

Dalle molte corrispondenze che De Gerando intrattenne in quel periodo emerge il suo ruolo di intermediario tra il prefetto Tournon, suo superiore, e gli architetti preposti agli scavi, tra cui primeggiavano Valadier10 e Camporesi (ut infra III.1.2 p.

5 Ibid., cap. I, p. 31 e sgg., dove Ridley informa che Carlo Fea era divenuto membro della Commission des Monuments e consigliere di Miolllis, di J.M. De Gerando e del prefetto C. de Tournon. Con Valadier

sovrintese poi allo sgombero del Tempio di Vesta nel Foro Boario (1809-10) e della Domus Aurea (1810).

6 Ibid., cap. 2, p. 50 e sgg., dove l’autore ne riferisce la data di pubblicazione: il 20 dicembre 1809 e il 9 luglio

1810.

7 Ibid., cap. 2, p. 54, dove l’autore dice che il mese di novembre del 1810 è uno dei meglio documentati

nell’intera storia dei progetti francesi a Roma grazie a una raffica di lettere da tutte le parti su come l’ampia forza lavoro veniva organizzata e su tutti i tipi di problemi come il sorgere del lavoro semplice.

8 Ibid., cap. I, pp. 33-34, dove Ridley dice che, per quel che concerneva le costruzioni classiche, la prassi

prevedeva di interpellare la categoria degli antiquari sulla priorità dei lavori da portare avanti.

9 Ibid., cap. 2, a p. 78 dove Ridley sottolinea che sempre De Gerando informa uno dei suoi molteplici

interlocutori (Camuccini) dell’istituzione, nel febbraio del 1810, di una Commissione dei Monumenti per badare agli antichi monumenti e fornire consigli circa le esportazioni di opere d’arte.

10 Cfr. Simoncini, op. cit., cap. 6, a p. 199, nota 4 dice che Valadier inviò un curriculum a De Gerando, allora

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60 e sgg.). Era compito di Tournon inviare i piani, i disegni, i progetti dei lavori da intraprendere e le stime. Il prefetto inoltre cercò di tenere sempre informato il Ministro degli Interni, Montalivet, sui lavori intrapresi a Roma11, specie quelli per

la Piazza Traiana.

Nel novembre del 1810 Tournon indirizzò una relazione a De Gerando in cui prospettava il progetto di sistemazione della Piazza Traiana nel contesto del più ampio intervento che interessava l’intera area dei Fori12. Questa doveva essere una

delle maggiori imprese dei Francesi: la ripulitura su grande scala dell’area della Colonna ed un esteso scavo che avrebbe comportato enormi problemi di urbanistica13 (ut infra, § seguente III.1.2). Il disegno prevedeva poi l’inserimento di

un parco anche per risolvere l’inconveniente dell’irregolare disposizione di case attorno alla piazza, disponendo senza un ordine preciso lungo i tre fianchi di essa varie specie di piante che offrissero un riparo all’ombra da cui ammirare il monumento della Colonna, ma che al tempo stesso non la adombrassero troppo con la loro altezza, poiché l’intento era quello di convogliare i punti di vista sul monumento.

A differenza della posizione di subalternità rispetto a Tournon, De Gerando ebbe con Fea un rapporto alla pari a livello di competenze. Fea era quasi il suo interfaccia italiano, anche se non poteva scavalcare l’autorità di De Gerando, suo principale referente, cui doveva sempre sottoporre le proprie proposte.

Molti i monumenti di cui De Gerando si occupò: il Tempio di Vesta nel Foro Boario, che necessitava di ripulitura e restauro, il progetto di pubblici giardini attorno al Foro e al Colosseo, la Basilica di Massenzio, i lavori alla Domus Aurea, il Foro Romano e il portico di Ottavia, il Tempio di Antonino e Faustina e per finire il Tempio di Castore e Polluce.

1809), facendo riferimento all’attività precedentemente svolta per il Governo Pontificio con interventi di tipo più conservativo (controllo e manutenzione) che progettuale. Anche ora nell’ambito dell’amministrazione francese egli è chiamato a incarichi analoghi ed è nominato dalla stessa architetto del Foro insieme a Camporesi. Tuttavia in un documento del 16 luglio 1811 si fa la proposta di ridurre gli incaricati a tale ruolo ad un solo posto, pertanto Camporesi fu l’unico a rimanere mentre Valadier fu designato ispettore per i lavori della Piazza Traiana, incarico che però non comportò attività progettuali.

11 Vedi R.T. Ridley, The eagle and the spade, Melbourne, 1992, cap. III, p. 156.

12 Ibid., cap. 3, p. 139 e sgg., dove Ridley fa riferimento alla trasformazione dell’area dei Fori a giardino

pubblico, aspetto che rientrava tra i primi intenti del piano di “restauro dei monumenti antichi” di cui Tournon informa De Gerando in una lettera del 24 ottobre del 1810. Tournon vede nell’impianto di alberi una forma di recinzione delle rovine dell’area in grado di incorniciarla come un quadro ed esaltarla, evitando di ricorrere ad un recinto vero e proprio in muratura. “Questo parco - dice Tournon in un’altra relazione a De Gerando - avrebbe dovuto in seguito estendersi alla zona compresa tra il Campidoglio e il Colosseo. Il Prefetto continua dando suggerimenti sui monumenti sui quali intervenire, i criteri di abbellimento e il sistema viario di attraversamento.

13 Ibid., p. 154, dove l’autore aggiunge che l’intero progetto fece un ingresso appropriato nel decreto di

Napoleone firmato a S. Cloud il 27 luglio 1811, che istituì la Commissione degli Abbellimenti. Le imprese richiamate all’attenzione includevano la Piazza del Pantheon e quella Traiana.

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Ma quello in assoluto più rilevante fu il Tempio di Vesta14 in quanto simbolo

dell’Accademia Romana di Archeologia15 e pertanto il primo ad essere ripulito. Il

progetto si presentava importante sotto ogni aspetto, infatti rappresentò uno dei principali interventi di restauro di Valadier assieme al Colosseo e all’Arco di Tito. In definitiva la storia del periodo napoleonico a Roma si può sintetizzare nella serie di conflitti in seno all’Amministrazione, che coinvolsero uomini dal carattere forte come per esempio Tournon e De Gerando.

III.1.2 Progetti e provvedimenti nell’area della Piazza Traiana

L’attività di scavo ottocentesca fu preceduta dal progetto di risistemazione della

piazza della Colonna Traiana16, promosso nel 1811 dal Governo francese presente a

Roma.

Obiettivo del piano fu la messa in risalto del monumento, la cui vista era fortemente ostacolata dagli edifici limitrofi.

Vi era poi un altro fattore che ne impediva la piena visibilità, in particolare del basamento: il piano su cui poggiava la Colonna si poneva ad un livello notevolmente inferiore rispetto al piano di calpestio del tempo.

Il progetto17 poteva essere suddiviso in tre fasi.

La prima era legata alle personalità di Giuseppe Camporesi e Giuseppe Valadier. I due architetti prospettarono tre diverse opzioni, che rappresentavano l’una la variante dell’altra, tutte orientate su una forma a circo18 con le due estremità a

emiciclo ed entrate sui lati lunghi19.

In questa pianta la Colonna avrebbe occupato lo spazio all’interno di uno dei due emicicli (fig. 28a-b-c-d) in modo da lasciar libera la parte opposta ad essa e alle chiese del SS. Nome di Maria e di S. Maria di Loreto. Scegliendo la soluzione di concentrare gli scavi in un’area più lontana rispetto al sito della Colonna e delle sue

14 Ibid., cap. I, p. 44 e sgg, dove per quanto concerne il tempio Ridley riporta una relazione di Fea a De

Gerando relativa ai lavori iniziali di ripulitura e restauro. A p. 284, nota 141 si sottolinea che non si conosce l’esatta datazione della relazione, comunque anteriore al 24 febbraio del 1810. Grande fu l’attenzione dell’amministrazione francese e di Fea verso questo tempio.

15 Ibid., cap. 3, p. 216, dove l’autore dice che è da lui rifondata il 4 ottobre del 1810 e che dalla stessa fu

accolto come uno dei soci fondatori.

16 Per questa parte si veda “Gli scavi del Foro e della Piazza Traiana”, in G. Simoncini, La Colonna Traiana e gli artisti francesi da Luigi XIV a Napoleone I. Catalogo della mostra (Villa Medici, 12 aprile-12 giugno

1988), Roma, 1988.

17 R.T. Ridley, The eagle and the spade, Melbourne, 1992, cap. III, p. 156, dove dice che il prefetto Tournon

dichiarò che si trattava del progetto più difficile a Roma perché l’antico livello era 5,25 m al di sotto del moderno. La piazza doveva essere su due livelli visto che non si potevano spianare le costruzioni moderne poste sul livello più alto. Uno dei due si sarebbe trovato 4 m più in basso dell’altro e sarebbe stato congiunto ad esso mediante gradini.

18 Simoncini, op. cit., a p. 205 dice che l’idea trae spunto senz’altro dalla tradizione francese, basti ricordare

il suo prevalente impiego nei grand prix e nei prix d’émulation degli anni Ottanta, dove nei paraggi comparivano colonne simili alla traianea; ma un’ulteriore ispirazione viene offerta da un apparato di tale aspetto che avrebbe dovuto ospitare la Festa della Federazione svoltasi a Roma il 14 luglio 1790.

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adiacenze, le due chiese nelle immediate vicinanze della Colonna non sarebbero state intaccate20.

20 Loc. cit., Ridley afferma che in realtà Tournon non considerava queste chiese di grande pregio, ma troppo

onerosa sarebbe risultata la loro demolizione che tra l’altro avrebbe lasciato un vuoto, molto costoso da riempire. A p. 164 Ridley dice che alla fine Tournon era orgoglioso dei risultati dei Francesi nel Foro Traiano. Quando fu assunta la nuova amministrazione il famoso monumento della Colonna era quasi nascosto tra una massa di moderne costruzioni. Certo la soluzione più naturale sarebbe stata quella di creare un’ampia piazza, ma ciò era impossibile per la presenza nelle vicinanze di due chiese importanti. A p. 303, nota 216 l’autore dice che questo è in contrasto con le sue ingrate osservazioni a Montalivet, ut supra, nota 17 con rif a p. 156 all’interno dello stesso libro.

Fig. 28c. Disegno del progetto di sistemazione della Piazza Traiana e del relativo piano di scavo proposto da Giuseppe Camporesi e Giuseppe Valadier e approvato dalla Commissione degli Abbellimenti di Roma il 14 gennaio 1812. (Da G. Simoncini, ut supra).

Fig. 28a-b. Pianta che riproduce i piani elaborati da Giuseppe Camporesi e Giuseppe Valadier per la sistemazione della Piazza Traiana a Roma nel 1812 (Roma, Accademia di San Luca).

(Da G. Simoncini, “Gli scavi del Foro e della Piazza Traiana”, in La Colonna Traiana e gli artisti francesi da Luigi XIV a Napoleone I. Catalogo della mostra,Villa Medici, 12 aprile-2 giugno 1988, Roma, 1988).

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Inoltre la decisione21 di sistemare una fontana all’estremità opposta rispetto alla

Colonna avrebbe controbilanciato il monumento.

La commissione italiana preposta a valutare ed approvare simili progetti fu

denominata “degli Abbellimenti di Roma”22. Il piano presentato incontrò l’ostilità

di Parigi che pretese da Valadier una revisione del progetto23, che però non piacque.

21 Loc. cit., Ridley dice che il provvedimento era stato suggerito da Tournon. Nella relazione a Montalivet

concludeva speranzoso che gli antiquari consideravano quest’area come la più ricca a Roma di possibili resti di monumenti e opere d’arte, in quanto non era stata scavata. Perciò si attendeva il lavoro con impazienza.

22 Simoncini, op. cit., a p. 198, nota 3 dice: “Le indicazioni fornite da questo piano (approvato il 27 luglio

1811) relativamente a questo intervento sono definite di “agrandissement et embellissement”. Al titolo I, art. I, la sistemazione della Piazza Traiana è indicata fra le operazioni di interesse prioritario; al titolo II, art. 4, se ne precisa l’importo di spesa per l’esercizio 1812 in franchi 50000 (su un totale di fr. 1.000.000 per i lavori dei bâtiments civils; al titolo III, art. 6, essa risulta uno dei pochi interventi per i quali si richiede di elaborare il progetto nel tempo più breve possibile (insieme alla Piazza del Pantheon e a due mattatoi), (Paris, AN, AF. IV 570). Questa priorità viene contrastata dalla Commissione degli Abbellimenti di Roma, la quale tende a favorire un sistema di interventi non selezionati ma “a pioggia”, come risulta dall’ “Estratto delle risoluzioni prese nell’adunanza della Commissione degli Abbellimenti di Roma, tenuta il dì 17 settembre 1811” (Roma, AS, Comm. Abbell., Inv. 146, vol. 6). Al di là delle intenzioni delle autorità municipali saranno tuttavia le autorità francesi a determinare, attraverso il meccanismo dei finanziamenti, la sorte dei vari interventi: in questa logica la sistemazione della Piazza Traiana sarà fra quei pochi lavori per i quali verrà iniziata una concreta attività. In particolare si rammenta che i finanziamenti riguarderanno, oltre la Piazza Traiana, anche quella di Trevi e del Pantheon cui vanno aggiunte due importanti sistemazioni a parco (Giardino del grande Cesare sulle pendici del Pincio e Giardino del Campidoglio), l’orto botanico e taluni progetti edilizi (mercato delle frutta, pescheria, mercato coperto delle verdure). Infine si rilevi che tra i progetti propriamente “urbanistici” quello per la Piazza Traiana sarà l’unico effettivamente messo in cantiere.

23 Ibid., a p. 200 Simoncini sottolinea un dubbio circa la presentazione del nuovo progetto e di conseguenza

la sua presa in esame da parte della Commissione.

Fig. 28d. Pianta dell’area di scavo con la messa in evidenza delle zone da demolire per la realizzazione del progetto della Piazza Traiana dovuto a Camporesi-Valadier e approvato il 14 gennaio 1812. Paris, Archives Nationales (N III Rome 9 (2). (Da G. Simoncini, ut supra).

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Nel 1813 infatti la medesima commissione affidò l’incarico dei lavori all’architetto Guy de Gisors24 sia nell’area del Foro sia nella Piazza Traiana25.

La seconda fase del progetto coincise con il periodo di assegnazione dei lavori a Gisors.

Tra il progetto di Gisors e quello di Camporesi e Valadier non c’era una differenza

di impianto, l’unica divergenza consisteva nel maggior rigore geometrico26 e nella

convenienza economica27 del primo (fig. 29).

24 Ibid., alla nota 5 Simoncini parla del ruolo di De Gisors come progettista, dicendo che il documento del 12

dicembre 1812, cui si fa riferimento nel testo, è la minuta della lettera indirizzata a Berthault - architetto “paesaggista”- con cui lo si incarica di vari progetti riguardanti il piano di abbellimento di Roma fra cui la sistemazione a parco dell’area dei Fori. Anche in questo caso si attribuisce a Gisors un ruolo progettuale. Ad esempio si precisa che Berthault dovrà fare riferimento a lui per quanto concerne la scelta dei monumenti e il modo di attuare la loro valorizzazione con piante e scavi (Paris, AN, F. 17 1568 A.).

25 J.E. Packer, Il Foro di Traiano a Roma. Breve studio dei monumenti, Roma, 2001, a p. 13 dice: “Nel 1536

papa Paolo III fece rimuovere le macerie intorno alla base del monumento. Nove anni più tardi lo stesso pontefice fece isolare completamente la Colonna facendo demolire la piccola chiesa di S. Nicola che usava la Colonna come campanile. Da quel momento, libera dagli accumuli dei detriti, la Colonna rimase al centro di una cavità quadrata. Per portare a termine il progetto Paolo III fece demolire numerose abitazioni adiacenti, facendo sì che si creasse una piccola piazza intorno alla Colonna. A nord la piazza confinava con la chiesa di S. Maria di Loreto e la chiesetta di S. Bernardo, separate da abitazioni private, a sud con il monastero di S. Spirito, a est e a ovest con case private”.

26 Simoncini, op. cit., a p. 201, nota 7 riporta il progetto della Piazza Traiana ad opera di G. De Gisors e G.

Valadier nella variante del febbraio-giugno 1813: “Quando Gisors giunge a Roma nel febbraio 1813 lo scavo a forma di circo progettato da Camporesi e Valadier doveva essere già in fase di avanzata esecuzione ed inoltre era stato realizzato un ampio tratto del muro di contenimento in corrispondenza dell’emiciclo della parte della Colonna. In questa situazione si comprende come egli non alteri l’impostazione a circo dello scavo, pur introducendo importanti modifiche di progetto quali l’accorciamento del circo di dieci metri dalla parte opposta a quella della Colonna, la realizzazione di più semplici rampe di accesso alla zona bassa della piazza ed infine la sistemazione del fondo del circo a prato. Tali modifiche sono proposte ed argomentate nella relazione che egli sottopone alla Commissione degli Abbellimenti di Roma il 23 febbraio (Paris, AN, F. 13 1568. A). Si rammenta che la Commissione era composta dal prefetto di Roma, Tournon, dal barone Daru, intendente della Corona, dal duca Braschi, maire della città, dallo stesso Gisors in quanto Inspecteur Général