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Il Foro Traiano. Per una storia dei ritrovamenti e delle ipotesi ricostruttive.

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Academic year: 2021

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Università degli studi di Pisa

Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Corso di Laurea in Lettere

Tesi di Laurea in Archeologia e Storia dell’Arte Romana

Il Foro Traiano. Per una storia dei ritrovamenti e

delle ipotesi ricostruttive

Candidata: Paola Caldi

Relatore: Prof.ssa Lucia Faedo

Correlatore: Prof.ssa Giovanna

Tedeschi

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INDICE GENERALE

INTRODUZIONE VI

CAPITOLO I

LE SORTI DELL’AREA DALL’ETÀ POST-ANTICA ALL’ETÀ

TARDO-MEDIEVALE 1

I.1 Il Foro nell’età tardo-antica 1

I.1.1 Breve cenno sulle funzioni e trasformazioni del Foro Traiano in età

imperiale nell’ottica di Meneghini 1

I.1.2 Lo stato del Foro nel periodo tardo-imperiale 2

I.2 Il passaggio dall’epoca tardo-romana all’Alto Medioevo 7 I.2.1 Fine della fase alto-medievale e inizio di quella basso-medievale 22

CAPITOLO II

RASSEGNA DEI RITROVAMENTI DEL FORO IN EPOCA RINASCIMENTALE CON RAPIDI RIFERIMENTI AD ALCUNE SCOPERTE DATABILI TRA LA FINE DEL ‘700 E L’INIZIO

DELL’800 41

CAPITOLO III

ESPLORAZIONI E RICOSTRUZIONI OTTOCENTESCHE 57

III.1 Interventi di scavo intrapresi dall’Amministrazione francese a Roma negli anni 1812-1814 descritti nel resoconto di Simoncini 57

III.1.1 Digressione storico-archeologica sulla seconda fase dell’occupazione

francese a Roma 57

III.1.2 Progetti e provvedimenti nell’area della Piazza Traiana 60

III.2 Studi immediatamente successivi al periodo del Governo francese: l’ipotesi ricostruttiva del Foro Traiano dell’archeologo e antiquario

Angelo Uggeri 73

III.2.1 Basilica Ulpia: reperti e ipotesi ricostruttive 73

III.2.2 Area della piazza 80

III.2.3 Lato meridionale della piazza 81

III.2.4 Biblioteche 82

III.2.5 Atrio della Colonna 83

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III.2.6 Tempio del divo Traiano 84

III.3 Le ricerche condotte sul Foro Traiano dai principali esponenti

dell’Accademia di Francia a Roma analizzate nel resoconto di Virlouvet 86

III.3.1 Il lavoro di Lesueur 86

III.3.2 Ricostruzione della Basilica 88

III.3.3 Piazza forense 93

III.3.4 Biblioteche e Tempio 93

III.4 La ricostruzione del Foro di Morey: punti di contatto e divergenze

rispetto alle posizioni del predecessore 94

III.4.1 Ingresso alla piazza e portici laterali 95

III.4.2 Basilica 97

III.4.3 Reperti e ricostruzione delle Biblioteche 103

III.4.4 Tempio 106

III.5 Le ipotesi dell’ultimo grande membro dell’Accademia di Francia:

Guadet 110

III.5.1 Lato meridionale della piazza 110

III.5.2 Portici laterali 113

III.5.3 Basilica 113

III.5.4 Biblioteche 119

III.5.5 Tempio del divo Traiano 120

III.6 Il contributo di altri studiosi ottocenteschi alla complessa ricostruzione della pianta e dei monumenti del Foro Traiano: Fea,

Richter e Canina 123

III.6.1 Le fasi salienti della biografia e dell’attività di Carlo Fea nel

panorama storico del periodo 123

III.6.2 L’interesse di Carlo Fea per il Foro di Traiano 129 III.6.3 Lo studio e la ricostruzione grafica del Foro Traiano di Fjodor

Richter nella relazione di Packer 136

III.6.4 Le due restituzioni della Basilica di Luigi Canina nel resoconto di

Packer 140

III.7 La situazione archeologica al volgere del secolo tratta dal Lexicon

Topographicum Urbis Romae 148

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CAPITOLO IV

ANALISI DEGLI SCAVI DAI PRIMI DEL NOVECENTO FINO AGLI

ANNI TRENTA DEL SECOLO SCORSO 151

IV.1 Il Foro Traiano agli esordi del XX secolo 151

IV.1.1 Le ricerche di Giacomo Boni 153

IV. 2 Gli anni del Governatorato (1926-1944) 163

IV.2.1 Quadro storico-politico del periodo 163

IV.2.2 Premesse alla prima redazione del Piano Urbanistico di Roma del 1931 e alla successiva revisione dello stesso in due varianti. Attuazione del progetto: i saggi di scavo condotti da Corrado Ricci ricordati da autori vari 165

IV.2.3. Il contesto archeologico 167

IV.3 Periodo di transizione tra le azioni di intervento del Governo fascista

e i sondaggi della fine del ‘900 185

IV.4 Excursus delle ricognizioni archeologiche dagli ultimi anni del secolo

scorso ai primi del nostro secolo 186

IV.4.1 Dagli scavi giubilari ai più recenti sondaggi nella trattazione di

Meneghini 195

CAPITOLO V

ESAME ED ESPOSIZIONE DI MENEGHINI DELLA RESTITUZIONE IPOTETICA DEI SINGOLI MONUMENTI CHE COMPONGONO IL FORO ALLA LUCE DELLE RICERCHE E DEI RITROVAMENTI PIÙ

RECENTI 197

V.1 Lato meridionale della piazza 197

V.2 Area Fori ed Equus Traiani 208

V.2.1 Equus Traiani: scoperta delle fondazioni da parte di Meneghini 209

V.2.2 La ricostruzione del gruppo scultoreo 210

V.3 Portici laterali 212

V.4 Basilica Ulpia: storia degli scavi e ricostruzione dell’edificio 227

V.4.1 La vicenda degli scavi 227

V.4.2 Ricostruzione dell’edificio 228

V.5 Biblioteche: approfondimenti e interpretazione dei dati ad opera di

C.M. Amici 254

V.5.1 I resti materiali 255

V.5.2 Ricostruzione dei due edifici 257

(8)

V.5.3 Ricerche e restituzione degli edifici delle Biblioteche da parte di R.

Meneghini 259

V.5.4 Le recenti teorie sulle Biblioteche nate dalla ricerca congiunta di

Elisabetta Bianchi e Roberto Meneghini, riportate da Packer 275

V.6 Cortile della Colonna Traiana nella trattazione della Amici 280

V.7 La diversa lettura del basamento della Colonna Traiana nella visione

di Sandro Stucchi 292

V 8 Nuove argomentazioni sul monumento della Colonna in seguito ai

recenti sondaggi 296

CAPITOLO VI

STORIA DI PALAZZO VALENTINI E RICERCHE RELATIVE AL

TEMPIO DI TRAIANO 315

VI.1 Successioni di proprietà e rinvenimenti tra la fine del ‘500 e la fine

dell’800 315

VI.1.1 Indagini a Palazzo Valentini dagli ultimi anni del secolo scorso al

primo decennio inoltrato del XXI secolo. 349

VI.2 Tempio del divo Traiano: varie ipotesi ricostruttive 363 VI.2.1 Packer ripercorre la ricostruzione dell’edificio e dell’area limitrofa

secondo Meneghini 363

VI.2.2 Conclusioni 372

VI.3 Rivisitazione da parte di Packer del tentativo ricostruttivo dell’area

nord del Foro compiuto da Meneghini 373

VI.4 Il Tempio nella restituzione di J. Burge riportata da Packer 386

VI.5 Le conclusioni sul Tempio di Paola Baldassarri 393

VI.6 Sintesi delle ultime operazioni di scavo nell’area settentrionale

dell’antico Foro: 2005-2013 394

APPENDICE I

IL RUOLO DELLA FIGURA DEL GOVERNATORE FRANCESCO BONCOMPAGNI LUDOVISI NELLE OPERE DI CARATTERE

URBANISTICO NELL’AREA DEL QUARTIERE ALESSANDRINO 397

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APPENDICE II

IL GRAN FREGIO TRAIANEO: LE CONGETTURE DI SANDRO STUCCHI SULL’ORIGINARIA COLLOCAZIONE DEL FREGIO NEL FORO TRAIANO PRIMA DEL SUO REIMPIEGO NELL’ARCO

DI COSTANTINO 407

BIBLIOGRAFIA 413

-Per le abbreviazioni dei periodici si rimanda alle sigle della Archäologische Bibliographie-

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Introduzione

Questo lavoro presenta la storia del Foro di Traiano, dalla sua fruizione in epoca medievale ai ritrovamenti in età moderna, alle ipotesi ricostruttive avanzate dal XIX secolo ad oggi.

Premessa necessaria per poter comprendere come si è giunti alle attuali posizioni è passare in rassegna un lasso di tempo molto ampio che si estende dall’età tardo-antica ad oggi.

Il criterio seguito è quello diacronico e la struttura si articola in sei capitoli: i primi due si occupano rispettivamente dell’epoca tardo-imperiale e medievale, presentando un taglio più storico che archeologico, e possono essere intesi come propedeutici al raggiungimento di una visione completa delle vicende del Foro Traiano.

Il terzo affronta le esplorazioni più significative dell’Ottocento, mettendo in risalto l’innovativa modalità di approccio ai resti antichi nata in questo periodo storico. Non dimentichiamo che alcune acquisizioni dell’epoca risultano corrette e attuali ancora ai giorni nostri.

Il quarto prende avvio dai saggi esplorativi di inizio Novecento e termina con le indagini compiute dai ricercatori moderni alla fine del secolo.

Il quinto prende in esame le ipotetiche restituzioni dei monumenti forensi secondo le scoperte più recenti.

Il sesto ed ultimo capitolo si occupa dei recenti sondaggi sotto Palazzo Valentini, i cui reperti sono stati messi in relazione con il Tempio.

L’aspetto architettonico-ornamentale delle strutture del Foro sarà analizzato solo attraverso brevi cenni contenuti nelle ricostruzioni, mentre la simbologia sottesa alle decorazioni non verrà presa in esame.

Il primo capitolo espone lo stato del Foro nell’epoca post-traianea, caratterizzata dai primi mutamenti, con uno sguardo retroattivo all’età imperiale, utile alla conoscenza degli eventi che nel corso dei secoli hanno caratterizzato il sito in questione. Prosegue poi con l’analisi del complesso nell’Alto e nel Basso Medioevo sia dal punto di vista paesaggistico-urbanistico sia da quello delle scoperte e di eventuali reimpieghi dei reperti degli antichi monumenti.

La documentazione a disposizione per il Medioevo, specie per l’Alto Medioevo, seppur di carattere prevalentemente letterario e storico-archivistico, risulta abbondante dal momento che il Foro era annoverato tra i Mirabilia di Roma e rappresentava una tappa obbligata di ogni visitatore dell’Urbe.

Il secondo capitolo verte sul Cinquecento, secolo in cui si riscopre il valore dell’antico. Quello che ci è giunto però non va oltre lo schematico riferimento, nei resoconti di scavo, dei resti architettonici rinvenuti nelle aree di Roma corrispondenti a quelle dell’antico Foro. Tutt’al più, in alcuni casi, è possibile

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avvalersi di disegni che corredano lo studio dei monumenti, agevolando la creazione di utili repertori di modelli. Questa sezione, oltre ad una panoramica dei ritrovamenti, delinea la topografia e l’assetto urbanistico dell’area che vede la nascita del cosiddetto “quartiere Alessandrino”, argomento che verrà ripreso nel paragrafo, dedicato agli anni Trenta del secolo scorso, del quarto capitolo.

Nell’800, tema del terzo capitolo, gli scavi vengono svolti con un metodo diverso: perdono la connotazione “fortuita” e adottano un modo di procedere più scientifico e sistematico. In questo senso questo secolo rappresenta una svolta decisiva nella disciplina archeologica. La prima parte del capitolo esamina dettagliatamente gli interventi sull’area forense ad opera dell’Amministrazione napoleonica di Roma, le ricerche sul campo e le teorie sulla restituzione dei monumenti del Foro dei principali esponenti dell’École des Beaux Arts: Lesueur, Morey e Guadet. L’ultima parte invece accenna più concisamente alle proposte interpretative dei successivi ricercatori ottocenteschi.

Il capitolo quarto si apre con gli studi di Giacomo Boni, attratto soprattutto dall’unico monumento superstite del Foro: la Colonna. L’archeologo pone l’accento sull’urgenza di compiere opere di ripristino e manutenzione per preservare per le generazioni future il monumento ampiamente deteriorato. Fa parte di questa sezione anche il progetto di scavo nell’area dei Fori Imperiali, elaborato da Corrado Ricci, che anticipa le estese demolizioni promosse dal Governo fascista negli anni ’30 del XIX secolo. Il principale risultato di questa amministrazione fu la realizzazione della via dei Fori Imperiali, inaugurata nel 1932. Rispetto agli scavi ottocenteschi le ricerche del periodo fascista hanno portato alla luce zone fino ad allora tralasciate come quella della Biblioteca occidentale.

L’ultima parte di questo capitolo è dedicata agli studi e sondaggi più recenti condotti sul Foro Traiano dagli anni ’80 del secolo scorso fino alle scoperte risalenti a qualche anno fa.

Il quinto capitolo passa in rassegna uno ad uno i monumenti del complesso seguendo un orientamento sud-nord e riporta le conclusioni di alcuni archeologi quali Amici, Milella, Meneghini, Packer ed altri.

Un grande problema posto dal Foro Traiano e discusso sempre nel quinto capitolo è stato risalire all’esatta conformazione e funzione del lato meridionale della piazza. Ma il focus della trattazione ricade sulla spinosa questione del Tempio del divo Traiano e in particolar modo della sua ubicazione, il cui dibattito è ripreso in seguito ai saggi di scavo eseguiti in occasione del grande Giubileo del 2000. Il tema è talmente complesso e rilevante che occupa per intero il sesto capitolo ed è collocato alla fine della tesi a costo di interrompere la sequenza cronologica seguita in tutto il lavoro.

A differenza degli altri Fori Imperiali in quello traianeo la lettura dei reperti frammentari giunti in nostro possesso ha comportato maggiori difficoltà, tanto che

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si è assistito negli ultimi decenni ad una diatriba tra gli studiosi circa l’orientamento planimetrico del Foro, strettamente connesso all’interpretazione delle strutture presenti alle due estremità settentrionale e meridionale del complesso. Nei secoli è stata più volte tentata la restituzione dell’area alla luce dei mezzi e dei dati a disposizione senza mai arrivare ad un’immagine definitiva del Foro antico, data la complessa articolazione di questa zona archeologica. Solo il prosieguo delle indagini consentirà di confermare o smentire le diverse ipotesi qui prospettate, di delineare con certezza la realtà storica ed archeologica del sito, in modo tale da aggiungere un nuovo tassello alla comprensione di uno dei punti cruciali della topografia di Roma antica.

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Capitolo I

Le sorti dell’area dall’età post-antica all’età tardo-medievale I.1 Il Foro nell’età tardo-antica

I.1.1 Breve cenno sulle funzioni e trasformazioni del Foro Traiano in età imperiale nell’ottica di Meneghini

Secondo questo studioso, prima di affrontare l’età tardo-antica, era necessario volgere lo sguardo alla precedente epoca imperiale, considerando le funzioni del complesso forense in quel periodo. Solo cogliendo i mutamenti a cui il Foro era andato soggetto nel corso del tempo si poteva avere un’immagine attendibile del medesimo in età tardo imperiale1. In realtà, dal momento che su questo aspetto

manca un riscontro diretto sul campo, la trattazione verte su alcune deduzioni basate su fonti indirette: testi letterari, epigrafici e lacerti di strutture.

Come per i precedenti Fori Imperiali, anche per quello di Traiano era plausibile una destinazione essenzialmente giudiziaria2. In esso si svolgevano attività pretorie

civili, quali la manomissione degli schiavi e la redazione di atti ufficiali, esercizio quest’ultimo confermato dall’esistenza di un ampio archivio all’interno della Biblioteca Ulpia.

L’autore ipotizzava inoltre che il Foro fosse adibito alle attività penali, comprovate dalla presenza di tribunali criminali, di un tribunale senatorio per la gestione della giustizia ad un livello più alto e forse di un tribunale imperiale.3 Questi tribunali di

norma si riunivano nella piazza (area fori) e solo in caso di maltempo trovavano riparo nelle due absidi della Basilica Ulpia.

1 Cfr. R. Meneghini, “Le trasformazioni dei Fori Imperiali nella tarda antichità”, in BCom, vol. CIX, 2008,

pp. 145-159.

2 R. Meneghini, “Nuovi dati sulla funzione e le fasi costruttive delle Biblioteche del Foro di Traiano”, in

MEFRA, 114, 2002, pp. 655-692.

3 Si veda Dio. Cass., LXVIII, 10, 2, dove si riporta la notizia: “Traiano nel 103 d.C. giudicava nel Foro di

Augusto anche se non si sa in che ruolo. Probabilmente alcune funzioni esercitate nel vecchio Foro continuano anche nel nuovo (112 d.C.)”.

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2

I.1.2 Lo stato del Foro nel periodo tardo-imperiale

Meneghini riscontrò che i primi cambiamenti nei Fori4, che persero l’originaria

destinazione giudiziaria con il passare del tempo e con il mutare dei procedimenti, avvennero nel III e soprattutto nel IV secolo d.C.

Questo non era l’unico sintomo di un processo di cambiamento in atto: si pensi ai volumi di contenuto giuridico custoditi nella Biblioteca Ulpia, che sarebbero stati trasferiti nelle Terme di Diocleziano5. Se questa notizia fosse accertata sarebbe

venuta meno l’utilità di consultazione dei libri e documenti giuridici e l’attività di tribunale del Foro.

A riprova dell’abbandono dell’attività di tribunale in favore di altre funzioni egli ricordava sia le varie statue innalzate nell’area sia la promulgazione di leggi6 tra il

319 e il 451 d.C.7 Ma dal IV secolo d.C. il Foro Traiano andò incontro a dei

4 E quindi anche in quello traianeo. Per questi mutamenti vedi nota 1.

5 Vedi Hist. Aug., Prob., 2, 1, dove si fa riferimento a questo intervento che attesterebbe gli avvenuti

mutamenti, ma si cfr. M. Nicholls, “Le Biblioteche come centri culturali nel mondo romano”, p. 14 che fa sorgere il sospetto che questa sia l’unica attestazione sulla traslazione dei libri dalla Biblioteca Ulpia alle Terme di Diocleziano. Del resto questo e altri dettagli presenti nell’Historia Augusta sono introdotti al solo scopo di conferire autorevolezza a biografie alquanto fantasiose. Secondo Nicholls non vi è nemmeno certezza dell’esistenza di una biblioteca nelle Terme di Diocleziano, dato che pare faccia parte delle porzioni interrate che giacciono sotto le attuali costruzioni e strade di Roma e comunque non esistono resti archeologici sicuri pertinenti alla struttura architettonica delle aule, ma grazie all’importante testimonianza, già citata sopra, tratta dall’Historia Augusta, ad alcuni disegni di epoca rinascimentale e ad una serie di reperti scultorei ivi ritrovati, lo studioso ritiene possibile ricostruire con buona approssimazione la presenza di una biblioteca anche nelle Terme dioclezianee si trovava. La notizia che la biblioteca più importante della storia di Roma fu collocata presso le Terme diocleziane secondo Nicholls da un lato attesta che le biblioteche termali erano biblioteche ufficiali a tutti gli effetti, dall’altro smentisce la teoria che vede in esse delle aule minori, di secondo ordine. Vedi anche D. Baldi, “La Biblioteca Vaticana nel De bibliothecis antiquis di A. Fulvio: un nuovo modello di realtà bibliotecaria”, in «Bibliothecae.it» 2, 2014, pp. 15-53, dove l’autore sostiene a p. 29, nota 55: “che gli impianti termali accogliessero le biblioteche è oggi un dato acquisito e corroborato dai ritrovamenti archeologici. L’architettura tipica delle biblioteche infatti prevedeva la presenza di nicchie lungo le pareti, destinate ad accogliere le librerie, precedute da un podio cui si accedeva mediante una scalinata, ed infine un’edicola con statua al centro della parete frontale (cfr. I. Nielsen, Thermae et balnea: the architecture

and cultural history of roman public baths, vol. 1, Aarhus, 1990, pp. 163-166)”. Vedi E. Bertocci,

“Preparazione storica allo studio delle biblioteche antiche”, La Spezia, 2010, p. 31 dove dice che le biblioteche delle terme pare non contenessero raccolte di opere di particolare pregio, almeno rispetto alle biblioteche di epoca imperiale, ma fossero destinate ad un pubblico di lettori più interessato alla letteratura di consumo che ai classici letterari o filosofici; al contrario le biblioteche di età imperiale erano frequentate da scrittori, avvocati, filosofi, insegnanti, studiosi, visto che la fama di Roma come grande centro culturale attirava eruditi da tutto il mondo. Cfr. anche L. Casson, Libraries in the Ancient World, Yale, 2001, pp. 80-108, dove dice che le biblioteche nelle terme sorsero parallelamente alle biblioteche di età imperiale, ma è soprattutto dopo Traiano che furono costruite molte altre biblioteche a Roma in modo da poter usufruire di un pubblico più vasto e diverso che si avvicinasse alla lettura e spesso vennero incorporate nelle terme pubbliche imperiali. Questo fenomeno è segno della diffusione della lettura anche al di fuori della ristretta cerchia dei dotti e dell’attenzione delle istituzioni politiche verso questa tendenza.

6 Cfr. G. Lugli, Fontes ad topographiam veteris urbis Romae pertinentes, Istituto di Topografia, Roma,

1952-60, vol. VI, pp. 43-78.

7 Ibid., vol. XVI, pp. 10, 15-16; G. Lugli, Roma antica. Il centro monumentale, Roma, 1956, pp. 43-78; vedi

anche R. Meneghini, “Il Foro e i Mercati di Traiano nel Medioevo attraverso le fonti storiche e d’archivio”, in AMediev, XX, 1993, p. 83.

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mutamenti che intaccarono più le funzioni del complesso che non le singole strutture.

Secondo Meneghini8 la ricordata traslazione dei testi dalla Biblioteca Ulpia alle

Terme di Diocleziano avrebbe dimostrato, già nel IV sec. d.C., il declino di alcune parti del Foro, nella fattispecie quella settentrionale.

Si tratta tuttavia di un’argomentazione debole. Del resto la Biblioteca a sud-ovest

della Colonna era ancora in piedi nel 456, dato che Sidonio Apollinare9, dopo aver

declamato in quell’anno un panegirico in onore dell’imperatore Avito, suo suocero, si era vantato di aver ottenuto come ricompensa dei suoi meriti letterari una statua bronzea che lo effigiava, posta tra quelle di altri autori che ornavano la Biblioteca. La circostanza che la Biblioteca Ulpia risultasse ancora citata nel V secolo ne testimonierebbe la sopravvivenza e frequentazione ancora in quell’epoca, forse con funzioni modificate rispetto a quelle svolte in epoca traianea.

Sempre al IV secolo poteva risalire un primo episodio di spoliazione, quella del Gran Fregio raffigurante Traiano alla testa di un gruppo di cavalieri diretti contro i Daci. Era però solo un’ipotesi che il Fregio in questione decorasse il cortile attorno alla Colonna, mentre era un dato certo che da esso erano state ricavate quattro lastre, reimpiegate successivamente nell’Arco di Costantino10. Ma il prestar fede al racconto di Ammiano Marcellino11, che riferiva dello stupore dell’imperatore Costanzo II dinnanzi ad alcuni monumenti del Foro, quali l’Equus Traiani12, visti in

occasione del suo arrivo a Roma nel 357, costringeva lo studioso a credere che gran parte dell’impianto fosse ancora, a quell’epoca, in ottimo stato.

8 Vedi R. Meneghini [nota 1], p. 157.

9 Vedi Sidonio Apollinare, Epist. IX, 16, 3, vv. 21-32; A. Loyen, Sidoine Apollinaire, Tome III: Lettres (Livres VI-IX), texte établi et traduit par A. Loyen, Paris, 1970, propone l’interpretazione di questa epistola

che rappresenta l’ultima della raccolta, come “testamento politico e letterario”; v. anche A.V. Nazzaro, “Sidonio Apollinare”, in Enciclopedia Oraziana, III, Roma, 1998, pp. 72-74.

10 A.M. Leander Touati, “The Great Trajanic Frieze. The study of a monument and of the mecanisms of

message transmission in roman art”, in ActaInstRomSue, 4a, XLV, 1987, suggerisce la presunta derivazione dal Foro Traiano dei frammenti del Fregio usati per decorare l’Arco di Costantino; v. anche P. Pensabene et

al., in ArchCl, XLI, 1989, p. 35; v. R. Meneghini, R. Santangeli Valenzani, “Episodi di trasformazione del

paesaggio urbano nella Roma altomedievale attraverso l’analisi di due contesti: un isolato in Piazza dei Cinquecento e l’area dei Fori Imperiali”, in AMediev, XXIII, 1996, pp. 53-99.

11 Amm. Marc., XVI, pp. 10, 15-16.

12 H. Cohen, Description historique des monnaies frappées sous l’Empire Romain, I-VII, Paris, Rollin,

1880-1892, II, a p. 68, nota 497 dimostra che il gruppo equestre è noto attraverso alcuni coni monetali di età traianea.

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Dal momento che alcuni autori delle Historiae Augustae citavano13 una non meglio

nota14 Porticus Porphyretica15 come luogo in cui si custodivano i registri degli

scribi, Milella e Pensabene supposero pertanto la sopravvivenza di uffici dove depositare atti ufficiali fino all’età dioclezianea.

La Porticus Porphyretica era nota soprattutto grazie alle fonti letterarie tardo-romane16.

Ma proprio per gli interpreti della raccolta degli Scriptores Historiae Augustae, che si erano occupati della Porticus Porphyretica, essa sarebbe stata addirittura un monumento fantasioso, frutto di invenzione.

La Porticus Porphyretica derivava il nome dal materiale impiegato per le colonne e forse anche per alcune statue che la ornavano, il porfido, un prezioso marmo rosso estratto dal Mons Porphyrites in Egitto.

A sostegno dell’ubicazione della Porticus nel Foro Traiano fin dal 187417 Gian

Battista De Rossi addusse un’iscrizione del IV secolo, trovata incisa nel verso di una moneta d’oro di Costantino che doveva poi essere appesa al collare di uno schiavo o di un cane.

L’iscrizione diceva: “Tene me ne fugiam et revoca me in Foro Trajani in

Purpuretica ad Pascasium dominum meum”18.

13 M. Milella, P. Pensabene, “Foro Traiano. Introduzione storica”, in ArchCl, 41, 1989, p. 50, dove gli

archeologi lasciano intuire che dalle citazioni non è possibile capire se il porfido sia stato utilizzato solamente per il fusto delle colonne oppure anche per il decoro delle statue.

14 R. Delbrueck, “Porticus Porphyretica - Rom, Trajansforum” in Antike porphyrwerke, Roma, 2007, p. 135,

cita come fonte per la Porticus Porphyretica A.V. Domaszewskj, Abhandlungen der Heidelberger Akademie,

AbhHeid, 1916, vol. 7, p. 9; ibid., 1918, vol. 13, p. 46 sgg. Nei testi appena citati viene riportata la teoria

dell’archeologo austriaco in base alla quale l’esistenza stessa dell’edificio sarebbe da rimettere in discussione solo perché compariva menzionato nella H. A. e quindi, per le motivazioni suddette, non poteva certo avere valore probante. Per il presunto monumento le notizie degli scrittori dell’Hist. Aug., una raccolta di tarde biografie di imperatori, sono tra le fonti letterarie di maggior importanza. Anche se spesso di carattere aneddotico risultano utili per raccogliere informazioni da integrare con fonti più sicure, epigrafiche ed archeologiche.

15 Per l’argomento cfr. anche Historia Augusta, Prob., 2, 1; CIL, XV, n. 7191; G.B. De Rossi, in BACr,

seconda serie, anno V, 2, 1874-1875, p. 50, nota 9; H. Jordan, Topographie der Stadt Rom im Alterthum, Berlino, 1885, vol. I, parte II, p. 458, nota 28 (Nachweise); S.B. Platner, T. Ashby, s. v. Forum Traiani, in A

Topographical Dictionary of Ancient Rome, London, 1929, p. 244; R. Paribeni, Optimus princeps. Saggio sulla teoria e sui tempi dell’imperatore Traiano, Messina, 1936/37, vol. II, p. 82; ne troviamo una menzione

da parte di J.P. Morel, in La topographie de l’artisanat et du commerce dans la Rome antique, Roma, 1987, vol. 98, p. 154, nota 153, dove l’autore sostiene la presenza di attività private nei Mercati di Traiano, almeno nel IV sec., che troverebbe una maggiore attestazione in CIL, XV, 7191: “Revoca me in Foro Traiani in

Purpuretica ad Pascasium dominum meum”, da confrontare con la Porticus Porphyretica dell’Historia Augusta, Probo, 2, 1; E. Papi, Forum Traiani: Porticus Porphyretica, in E. M. Steinby (a cura di), LTUR,

vol. II, D-G, Rome, 1995, p. 356; L. Faedo, “I porfidi: imagines di potere”, in S. Ensoli ed E. La Rocca (a cura di), Aurea Roma. Dalla città pagana alla città cristiana. Guida alla mostra, Roma, 2001; C. Richard, “Les marbres colorés”, in Le Forum de Trajan à Rome. Templum Divi Traiani. État de la question et tentative

d’interpretation. Commentaires et analyse IV; R. Meneghini, I Fori Imperiali e i Mercati di Traiano. Storia e descrizione dei monumenti alla luce degli studi e degli scavi recenti, Roma, 2009, p. 135.

16 La prima di queste fonti è proprio l’Historia Augusta.

17 G.B. De Rossi, in BACr, 1874, II fasc., a p. 50 riportava l’iscrizione che ci interessa all’interno della sezione

intitolata “Sui collari dei servi fuggitivi …”.

18 Vedi CIL, XV, 7191. Questa è l’iscrizione per intero. Essa, riportata dal De Rossi, fa riferimento alla

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5

Era pertanto questa a collegare la Porticus al Foro e a Pascasio. De Rossi ipotizzò che Pascasio fosse uno degli ufficiali del corpo degli scribae19 concretizzando l’idea

che la “Porticus Purpuretica in Foro Trajani” fosse sede degli archivi pubblici20 e

avvalorando la tesi sostenuta da Vopisco21.

Di questo monumento non si conosce ancora oggi l’esatta ubicazione22, perché non

è stata ritrovata la sala.

Due le ipotesi: una elaborata nel 1929 da Platner ed Ashby, l’altra da Meneghini nel 2009.

I primi sostenevano che la Porticus fosse situata sul lato settentrionale della piazza e si trovasse presso le Biblioteche dove si custodivano importanti archivi di stato. Ma a favore di questa collocazione vi era solo la scoperta di uno dei frammenti delle statue di Daci in porfido23, messa in relazione con gli scavi per la costruzione della

chiesa di S. Maria di Loreto. Se il contesto di provenienza del pezzo fosse accertato si avrebbe la riprova della presenza di statue di Daci in porfido rosso24 nel settore settentrionale del Foro. Purtroppo non si è in grado di risalire alla funzione e all’impiego di tali statue, dal momento che sfugge la situazione originaria.

distintivo di un servo fuggito dal suo padrone Pascasio che abitava in Foro Trajani, in Purpuretica. De Rossi, in BACr, 1874, II fasc., a p. 50 aggiunge: “Il luogo denominato Purpuretica, per Huebner, si identificherebbe con la Porticus Porphyretica, contenente i regesta scribarum. È l’Historia Augusta a spiegarci che la Porticus

Porphyretica, misteriosamente citata da Vopisco nella prefazione alla vita di Probo, deve essere identica, con

la deformazione del nome, alla Porticus Purpuretica del Foro di Traiano segnalata dall’iscrizione CIL, XV, 7191” e rimanda a Elke W. Mertyen, Bader und Badegepflogenheiten in der Darstellung der Historia Augusta (Antiquitas, Reihe 4, Band 16), Bonn, R. Habelt, in REA, Bonn, 1983, 8a, VIII, p. 151, in Année 1987, vol. 89, nota 1, pp. 155-158.

19 G.B. De Rossi, in BACr, 1874, II fasc., a p. 50 specifica che si tratta degli scribae senatus, cui spettava il

compito di redigere gli acta senatus.

20 Vedi J.E. Packer, v. “Forum Traiani: Porticus Porphyretica”, in E.M. Steinby, LTUR, Roma, 1995, vol.

II, D-G, p. 356, dove si afferma che se davvero la Porticus conteneva un archivio allora forse avrebbe potuto sorgere nelle vicinanze della Biblioteca del Foro Traiano.

21 G.B. De Rossi, art. cit., dice che Vopisco, uno dei presunti autori dell’Historia Augusta, cita come una

delle sue fonti i Regesta scribarum in Porticu Porphyretica senza indicazioni più precise circa il luogo. Cfr. SHA, Vita Probi, 2, dove Vopisco collega la Porticus Porphyretica agli scribi: il monumento della Porticus viene posto nel Foro di Traiano dall’iscrizione incisa sul collare di un cane e la stessa epigrafe pone l’edificio in relazione con un non meglio noto Pascasio, padrone del cane.

22 Vedi J.G. Graevius, Thesaurus Romanarum Antiquitatum, 1732, vol. III, cap. XIII, p. 518, v.

“Porphyretica”, dove si riporta quanto segue: “Et haec memoratur a Vopisco. In ea actorum publicorum

scribae versati sunt. Videtur juxta Concordiae aedem fuisse, in qua saepissime senatus habebatur. Nam prope aedem triplicis porticus fundamenta superioribus annis effossa constat”. Nel Seicento G. Fabricius suggerì

per la Porticus una collocazione nei pressi del Tempio della Concordia, dove spesso si radunava il senato. Il Tempio infatti era circondato da un triplice colonnato poggiante su fondazioni scavate precedentemente. Tuttavia l’edificio sorgeva nel Foro Romano e non in quello Traiano. Per il Tempio cfr. S. De Angeli,

Templum Divi Vespasiani (Lavori e Studi di Archeologia, 18), Roma, 1992, p. 40 e sgg.

23 L. Faedo, “I porfidi: imagines di potere”, in S. Ensoli ed E. La Rocca (a cura di), Aurea Roma. Dalla città pagana alla città cristiana. Guida alla mostra, a cura di, Roma, 2001, parla del noto ritrovamento, all’interno

dell’area forense, di alcune statue di porfido rosso raffiguranti i Daci e, in un caso, l’imperatore Traiano; si ipotizza sulla base della natura del materiale che queste statue si collocassero nella presunta Porticus

Porphyretica.

24 Ead., art. cit., sostiene: “Il porfido rosso era un materiale che per colore e durezza si prestava bene a

simboleggiare il messaggio legato al potere. Questo marmo conobbe un uso intensivo proprio in età traianea, tuttavia lo troviamo ancora impiegato in epoca tetrarchica”.

(20)

6

Può essere utile ricordare che nella collezione di Federico Zeri a Mentana fu ritrovato lo spezzone di una statua in porfido verde, simile a quello dei Daci nel Foro Traiano, che potrebbe appartenere al medesimo contesto.

Del resto non era ignoto il ricorso a diversi materiali nella realizzazione dell’opera monumentale del Foro. Infatti la magnificenza del complesso era rimarcata anche dalla sfavillante policromia, che soddisfaceva il gusto estetico e veicolava il messaggio ideologico insito nel Foro.

Meneghini invece ipotizzò la collocazione del monumento nel lato meridionale della piazza, in corrispondenza della cosiddetta “sala trisegmentata”. L’archeologo basò la sua conclusione sul raffronto tra le diverse impronte visibili nella preparazione pavimentale: alcune erano secondo lui riferibili alla faccia inferiore delle lastre di porfido conservate25, altre al lato inferiore di lastre di diversi tipi di marmi. Inoltre

l’archeologo mise a confronto gli ingrandimenti fotografici delle impronte di porfido con spezzoni dello stesso materiale realmente rintracciati, per esempio, nel riempimento di una fogna che passava vicino all’area meridionale del Foro. Le due immagini comparate rivelavano entrambe fini striature orizzontali, lasciate dalla lavorazione tipica di questo materiale, con la presenza di inclusi leggermente rilevati (fig. 1).

25 R. Meneghini, I Fori imperiali e i che è quella tipica del materiale Mercati di Traiano, op. cit. …, 2009, a

p. 135 descrive il metodo che ha guidato il suo lavoro ovvero l’analisi di tutte le lastre conservate, anche quelle fuori contesto.

Fig. 1. Ingrandimento al microscopio che mostra a sinistra la faccia inferiore della parte conservata di una lastra in porfido e a destra l’impronta di una lastra perduta dello stesso materiale. Entrambe provengono dalla cosiddetta “sala trisegmentata” che occupava il lato meridionale del Foro. Il confronto tra le due immagini rivela un’identica tecnica di lavorazione. (Da R. Meneghini, “Il Foro di Traiano”, in I Fori Imperiali e i Mercati di Traiano, 2009).

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7

Meneghini sulla base dei suoi studi sostenne l’esistenza di un ampio pavimento in porfido nei pressi del lato meridionale della piazza, che avrebbe confermato secondo lui la presenza della Porticus Porphyretica in questo punto del Foro.

Date le poche informazioni che abbiamo sulla Porticus, è difficile stabilire se sia stata la prima nel suo genere.

I.2 Il passaggio dall’epoca tardo-romana26 all’Alto Medioevo

Un’attività del Foro ancora in atto nel IV-V sec. d.C. era quella culturale che prevedeva l’insegnamento della retorica e della grammatica27 e la pubblica

declamazione di opere poetiche e letterarie.28

La pratica di leggere opere nel Foro al cospetto di folle perdurò fino agli inizi del VII secolo. Questa abitudine sarebbe un elemento a sostegno della buona conservazione dell’area forense fino a quel momento.

Tuttavia la notizia dell’intervento nel Foro dell’imperatore bizantino Costantino III o Costante II29, che nel 663 vi avrebbe sottratto diverse decorazioni tra cui anche sculture in bronzo, sarebbe indizio dello stato di declino del complesso.

Purtroppo per il periodo altomedievale sono a disposizione solo fonti letterarie30: i

testi di Cassiodoro31 e Venanzio Fortunato32 per il VI secolo, un testo di Paolo

Diacono33 e la testimonianza dell’Anonimo di Einsiedeln34 per l’età carolingia.

26 Per quest’epoca vedi alcuni riferimenti in R. Meneghini, “Il Foro e i Mercati di Traiano in età post-classica”,

in I luoghi del consenso imperiale. Il Foro di Augusto, il Foro di Traiano. Introduzione storico-topografica, Roma, 1995, pp. 158-159.

27 Cfr. G. Lugli [nota 6], nn. 280-281.

28 Cfr. H.I. Marrou, “La vie intellectuelle au Forum de Trajan et au Forum d’Auguste”, in MEFRA, XLIX,

1932, pp. 93-110; C.W. Hedrock Jr., History and Silence, Purge and Rehabilitation of Memory in Late

Antiquity, Austin, 2000, pp. 230-237.

29 M. Milella, P. Pensabene, “Foro Traiano. Contributi per una ricostruzione storica e architettonica.

Introduzione storica e quadro architettonico”, in ArchCl, 41, 1989, pp. 35-37, nota 18, dove citano alcuni riferimenti bibliografici relativi alla decadenza del Foro: S. Viola, in GiornArc, 16, 1822, pp. 76-88; A. Nibby,

Roma nell’anno 1838, vol. II, Roma, 1839, pp. 211-212; cfr. R. Lanciani, La distruzione di Roma Antica,

Milano, 1971, pp. 123-125; cfr. J. Packer, v. “Forum Traiani”, in E.M. Steinby (a cura di), LTUR, Roma, 1995, II, D-G, p. 349; L. Sperti , “Tre bronzetti di imperator e la statua di Traiano sulla Colonna coclide disegnata da Pietro Santi Bartoli”, in RendLinc, vol. 7, 1996, p. 409, nota 37; J.E. Packer, Il Foro di Traiano

a Roma. Breve studio dei monumenti, Roma, 2001, p. 5.

30 R. Meneghini [nota 7]; R. Meneghini, R. Santangeli Valenzani [nota 10].

31 Cassiodoro, Variae, VII, 6; le citazioni di Cassiodoro riguardanti il Foro di Traiano sono raccolte in G.

Lugli, 1956 [nota 7], nn. 263, 267, 332; anche in questo caso vedi R. Meneghini [nota 7], p. 83.

32 Venant. For., Carm., III, 18 e VII, 8; G. Lugli, op. cit. 33 Cfr. P. Diacono, Vita S. Gregori Magni, XXVII.

34 R. Meneghini, “Il Foro e i Mercati di Traiano nel Medioevo attraverso le fonti storiche e d’archivio”, in

AMediev, XX, 1993, a p. 84, nota 24 suggerisce di consultare il seguente testo per trarre delle informazioni sull’Itinerarium Einsiedelensis: R. Valentini, G. Zucchetti, Codice Topografico della Città di Roma, II, 1940-1953, pp. 155-207 (in part. pp. 176-77 e 185-95). Cfr. M.G. Ercolino, op. cit., p. 76, nota 7: “La stesura originale del codice si colloca cronologicamente a cavallo tra la fine del secolo VIII e l’inizio del successivo. Il manoscritto è composto di varie parti ed è stato fin dall’Ottocento oggetto di analisi da parte dei maggiori studiosi di topografia romana. Le più recenti interpretazioni e relative trasposizioni grafiche degli undici itinerari descritti nel codice insieme a una completa bibliografia riguardante gli studi precedenti sono

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8

Fatta eccezione per l’ipotetico caso isolato del IV secolo, le prime opere di spoliazione del Foro (ut infra, p. 12) si daterebbero tra il VII e l’VIII secolo d.C35.

Infatti potrebbe essere stato uno dei luoghi della città di Roma da cui prelevare

marmi e colonne per la realizzazione, per esempio, della Basilica di Aquisgrana36

alla fine dell’VIII secolo.

La scoperta di una calcara37 (figg. 2-3) all’interno del complesso testimonia l’avvio

della sua destrutturazione, limitata in un primo momento alle decorazioni e ai rivestimenti marmorei.

La calcara38, datata tra la fine del VII e l’inizio dell’VIII39 secolo d.C., doveva

sorgere in un ambiente riparato. Il luogo di rinvenimento corrispondeva alla parte

pubblicate in R. Meneghini [nota 7], pp. 84, 87-92; vedi R. Santangeli Valenzani, “L’itinerario di Einselden”, in M.S. Arena et alii, 2001b, pp. 154-157; L. Pani Ermini, “Forma Urbis: lo spazio urbano tra VI e IX sec.”, in Roma nell’Alto Medioevo, settimane di studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, 48, Spoleto, 2001, pp. 303-304, L. Nuti, Cartografie senza carte, Milano, 2008”.

35 V. R. Meneghini, “I Fori Imperiali nel Medioevo”, in “Gli scavi dei Fori Imperiali. Bilancio di un ventennio

di indagini (1986-2008)”, in StRom, 56, 2008c, pp. 98-108.

36 Stando al resoconto del biografo di Carlo Magno, Eginardo; cfr. Eginardo, Vita Karoli, Hannover e Lipsia,

1905, XXVI. Cfr. anche R. Meneghini, Il Foro e i Mercati di Traiano, Roma, 1995.

37 R. Meneghini [nota 7], pp. 79-120; v. anche R. Meneghini, “Roma - Nuovi dati sul Medioevo al Foro e ai

Mercati di Traiano”, in AMediev, XXV, 1998, pp. 127-141. V. paragr. 2 “Scoperta di una calcara altomedievale (VII-VIII sec)”, in R. Meneghini, “Roma - Nuovi dati sul Medioevo al Foro e ai Mercati di Traiano”, in AMediev, XXV, 1998, pp. 127-141.

38 R. Meneghini, “Roma - Nuovi dati sul Medioevo al Foro, art. cit. …”, 1998, a p. 132 e sgg., dice che sul

fondo della calcara, in un battuto di malta, si trovava una risega in muratura per appoggiarvi grandi massi da calcinare, che ne sostenevano a loro volta altri. Questi ultimi poi potevano fuoriuscire di qualche metro dal piano pavimentale. La presenza di un doppio prefurnio compensava la mancanza della fossa per le ceneri. R. Meneghini, 1998, a p. 132, nota 15 dice di consultare per il funzionamento delle calcare in generale non solo il De agricultura di Catone, ma anche V. Biringuccio, De la Pirotechnia, Venezia, 1540, lib. IX; per la storia delle calcare di Roma consiglia R. Lanciani, Storia, I, 1902, pp. 22-29; sempre per il funzionamento delle calcare rinvia a N. Davey, A History of Buildings Materials, London, 1961 (Storia del materiale da costruzione, Milano, 1965), pp. 104-117; per due calcare scavate recentemente a Roma con una metodologia corretta rimanda a L. Saguì, “Crypta Balbi (Roma): lo scavo nell’esedra del monumento romano. Seconda relazione preliminare”, in AMediev, XIII, 1986, pp. 345-355; cfr. G. Ricci, N. Marletta, A. Augenti, “Roma. Scavo delle pendici nord del Palatino - Relazione preliminare delle campagne di scavo”, 1990, in AMediev, XIX, pp. 379-408; M. Serlorenzi, “Appendice I - La calcara dell’area est dello scavo”, 1992; per ritrovamenti di impianti analoghi ad Ostia Antica vedi il rimando alla comunicazione di P. Lenzi in questo stesso volume AMediev, XXV, p. 132, nota 15. Sempre R. Meneghini, “Roma - Nuovi dati sul Medioevo al Foro …”, 1998, alle pp. 132-135 dice: “il prefurnio principale, a sud-est, serviva per il controllo della fiamma ed era costantemente monitorato, l’altro consentiva di ripulire il fondo dalle ceneri residuali della cottura. Osservando i muri ai due lati del prefurnio sud-orientale si rilevano tracce che farebbero ipotizzare l’esistenza di nicchie per lucerne. I due prefurnia in realtà sfruttavano i due bracci di un precedente impianto fognario alla cappuccina, rintracciato in questa zona del Foro di cui quello orientale andava a sfociare in asse col discendente pluviale proveniente dalla sovrastante Terrazza Domizianea. La fogna traianea fu messa fuori uso e utilizzata come prefurnio dell’impianto di produzione (una calcara)”. Quanto all’imponente edificio della cosiddetta Terrazza Domizianea, posto nell’area compresa tra il Foro di Augusto e quello di Traiano e innalzato dall’imperatore flavio, è da ricordare che fu per primo Lugli a denominare così l’edificio scoperto nel corso degli scavi per l’apertura di via dell’Impero. Per l’interpretazione delle strutture come parti di un grande ninfeo monumentale Meneghini rimanda a G. Lugli, Roma antica. Il centro monumentale, Roma, 1946 e anche a E. Tortorici, “La Terrazza Domizianea, l’Acqua Marcia ed il taglio della sella tra Campidoglio e Quirinale”, in BCom, 95, 1993, pp. 15-18.

39 Contrariamente a quanto pubblicato da P. Campagna, schede 1996-1997, in AMediev, XXIV, 1997, pp.

344-345, dove la datazione al X sec. era basata su un primo frettoloso esame dei materiali condotto da Meneghini. Vedi R. Meneghini, “Roma - Nuovi dati sul Medioevo al Foro, art. cit. …”.

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9

meridionale del Foro, precisamente dove sorgeva uno dei due ambienti posti sulla parete di fondo del portico orientale.

Fig. 3. L’interno della calcara vista dall’alto. (Da M. Serlorenzi, L. Saguì (a cura di), “Roma, piazza Venezia. L’indagine archeologica per la realizzazione della metropolitana. Le fasi medievali e moderne”, in AMediev, XXXV, 2008).

Fig. 2. Rappresentazione grafica della calcara vista in sezione (in senso NO-SE) e della stratigrafia sottostante. Vengono indicate le varie parti dell’impianto mediante lettere: gli ambienti C-C1 (gli unici ritrovati), B-B’ mostrati in sezione in basso a sinistra (in senso NE-SO) e infine a destra la sezione degli ambienti A-A’ che costituivano il prefurnio orientale.

(Da R. Meneghini, “Roma - Nuovi dati sul Medioevo al Foro e ai Mercati di Traiano”, in AMediev, XXV, 1998).

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10

La zona immediatamente circostante la Colonna Traiana nell’VIII secolo non era ancora stata interessata da interri40. Secondo Meneghini se accettiamo la notizia

dell’Anonimo che riferì di aver visto ancora integra l’epigrafe41 dedicatoria sul

basamento del monumento, dobbiamo datare la costruzione di edifici a ridosso della Colonna sicuramente dopo l’VIII secolo. In caso contrario l’iscrizione avrebbe conservato traccia dei danni causati dai tetti a doppio spiovente degli edifici accostati alla base della Colonna. Agli inizi del XIX secolo lungo la fondazione

settentrionale del basamento della Colonna Boni rinvenne un sepolcreto42 (figg.

4-5-6). In realtà quello che a prima vista fu interpretato come tale, ad un’analisi più attenta si sarebbe rivelato una fossa comune (vedi IV.1.1, p. 160).

40 Sulla base dell’Anonimo di Einsiedeln; vedi R. Santangeli Valenzani, “L’itinerario di Einselden”, in M.S.

Arena et alii, 2001b, pp. 154-157.

41 Vedi R. Meneghini, “Il Foro di Traiano”, in I Fori imperiali e i Mercati di Traiano. Storia e descrizione dei monumenti alla luce degli studi e degli scavi recenti, 2009, dove l’archeologo cita la rimozione del mons

per la costruzione del Foro; per l’epigrafe v. CIL, VI, 960.

42 G. Boni, “Esplorazione del Forum Ulpium”, in NSc, 1907, pp. 361-427. L’archeologo ad un certo punto

dice: “… la fossa, contenente i resti di 18 sepolture oltre a un gruppo di frammenti lapidei databili tra l’VIII e il X sec, si trovava alla medesima quota del piano di calpestio delle strutture imperiali, il che ne testimonierebbe l’antichità”.

Fig. 4. Grotta medievale e insieme di massi rimossi dalla sostruzione della solea. (Da G. Boni, “Esplorazione del Forum Ulpium”, in NSc, fascicolo 7, Roma, 1907).

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11 Fig. 5. Resti ossei trovati all’interno della grotta

impiegata come fossa comune. (Da G. Boni, ut supra).

Fig. 6. Dettaglio dei resti affiorati nello strato più vicino alla superficie. (Da G. Boni, ut supra).

(26)

12

La cronologia dei frammenti ceramici ritrovati al suo interno gli fornì un valido aiuto per datare la fossa43 di inumazione all’VIII-IX secolo.

In questa fase nel Foro si presentavano ancora in buono stato almeno a livello strutturale gran parte della Basilica Ulpia, dei portici della piazza e delle mura perimetrali dell’insieme. La necessità di reperire ad ogni costo nuovo materiale da costruzione senza spese e comodamente, anche a scapito di danneggiare i resti dell’antica Roma, spinse i costruttori a fare scempio dei rivestimenti.

La documentazione storico-archivistica permise di ricostruire il nuovo assetto che l’area assunse tra l’800 e il 1000 (IX-X sec.)44 a seguito degli interventi dovuti

all’azione dell’uomo.

L’area in quel momento aveva principalmente una destinazione semirurale45: si

riconoscevano qua e là orti, vigne e appezzamenti incolti. Questa funzione era favorita dalla posizione marginale del Foro rispetto a quella dei principali percorsi stradali. Questi tracciati passavano tra gli antichi edifici ancora parzialmente visibili46 del Foro: si riconoscevano i portici laterali che in origine delimitavano la

piazza e parte della Basilica Ulpia. In quel periodo il piano del complesso forense risultava innalzato di circa 1 m rispetto all’età imperiale (fig. 7).

43 Vedi N. Bernacchio, “I Fori Imperiali e i Mercati di Traiano nel Medioevo”, in I luoghi del consenso imperiale. Il Foro di Augusto. Il Foro di Traiano. Introduzione storico-topografica, Roma, 1995, pp. 91-123. 44 R. Meneghini [v. nota 36].

45 S. Passigli, “Urbanizzazione e topografia di Roma nell’area dei Fori Imperiali tra XIV e XVI secolo”, in

MEFRA, 101, 1, 1989, pp. 273-325, dove si specifica che il Foro conserverà questo aspetto semirurale fino alle trasformazioni di età tardo-rinascimentale.

46 R. Meneghini [art. cit. alla nota 7], pp. 110-111.

Fig. 7. Ricostruzione grafica dello stato del Foro nell’Alto Medioevo (X secolo) in cui appare la rifunzionalizzazione semirurale degli spazi dell’antica piazza. (Inklink/ Meneghini, Santangeli Valenzani, 2007).

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13

Oltre all’evoluzione del paesaggio altri aspetti contribuirono a trasformare la fisionomia dell’area: la già ricordata asportazione di materiali47 che allora intaccò

anche gli elevati superstiti e la decadenza delle coperture lignee.

Nel IX secolo un quartiere, che era artigianale in epoca tardo-antica, tornò ad essere abitativo come in origine. Quest’area, oggi corrispondente a Piazza Venezia, sorgeva appena fuori il Foro Traiano, ai margini nord-occidentali di esso.

In quell’occasione emersero le fondazioni di ambienti antichi, risalenti addirittura alla seconda metà del I sec. d.C. Questi si affacciavano sulla via Lata ed erano interpretabili come strutture commerciali, tabernae, mentre nella zona circostante altre costruzioni coeve, probabilmente ricche domus, furono rinvenute più spostate verso l’area sottostante Palazzo Valentini48 (vedi VI.1, p. 342 e VI.1.1, p. 353).

La disposizione delle tabernae era su due file parallele separate da un corridoio centrale (figg. 8-9-10-11), nel quale, a partire dal IV secolo, sarebbe stato installato un impianto per la lavorazione metallurgica.

47 Ut supra, p. 7.

48 Scavi diretti da E. La Rocca e P. Baldassarri cui si devono le informazioni. Per la sintesi dei dati e spunti

di riflessione v. M. Serlorenzi, L. Saguì (a cura di), “Roma, Piazza Venezia. L’indagine archeologica per la realizzazione della metropolitana. Le fasi medievali e moderne”, in AMediev, XXXV, 2008, pp. 175-198. (Da M. Serlorenzi, L. Saguì (a

cura di), “Roma, Piazza Venezia. L’indagine archeologica per la realizzazione della metropolitana. Le fasi medievali e moderne”, in AMediev, XXXV, 2008).

Fig. 8. Pianta composita del complesso delle tabernae scoperto presso Piazza Venezia che rivela la situazione dell’area tra la fine del II e il III secolo (periodo 2, fase I), (disegno F. Fiano).

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14

(Da M. Serlorenzi, L. Saguì (a cura di), “Roma, Piazza Venezia. L’indagine archeologica per la realizzazione della metropolitana. Le fasi medievali e moderne”, in AMediev, XXXV, 2008).

Fig. 9. Vista frontale delle tabernae che si affacciavano sulla via Lata. (Da M. Serlorenzi, L. Saguì (a cura di), “Roma, piazza Venezia. L’indagine archeologica per la realizzazione della metropolitana. Le fasi medievali e moderne”, in AMediev, XXXV, 2008).

Fig. 10. Pianta composita che rappresenta la medesima area durante il IV-V secolo (periodo 2, fase II), (disegno F. Fiano).

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15

Da quanto detto si ricavava l’esistenza di un abitato in prossimità delle vie principali in cui si mescolavano strutture abitative e produttive49. L’abitato, che sorgeva nell’area di Piazza Venezia, resistette fino al IX secolo, nonostante le trasformazioni subite e la fase di decadenza attraversata tra il V e il VI secolo. Il periodo più critico si ebbe nel VI secolo, quando i Goti50 invasero Roma e distolsero la città dalle sue

abituali attività51. Si sottrasse a questa sorte solo l’attività metallurgica, che proseguì mantenendo le tecniche di lavorazione romane.

49 Cfr. L. Saguì, “L’esedra della Crypta Balbi tra tardo-antico e Alto Medioevo”, in M.S. Arena, P. Delogu,

L. Paroli, M. Ricci, L. Saguì, L. Venditelli (a cura di), Roma dall’antichità al Medioevo. Archeologia e storia

nel Museo Nazionale Romano Crypta Balbi, Milano, 2001, pp. 593-595. 50 V. L. Saguì [nota 48].

51 Loc. cit.: “è infatti nella seconda metà del VI secolo d.C. che le tabernae di via Lata conobbero una battuta

d’arresto”.

(Da M. Serlorenzi, L. Saguì (a cura di), “Roma, Piazza Venezia …”, art. cit., in AMediev, XXXV, 2008). Fig. 11. Pianta composita della zona così come si presentava nella prima metà del VI secolo (periodo 3, fase I). In alto a sinistra compare l’ingrandimento dell’impianto metallurgico sito nell’ambiente 4 (disegno A. Capponi).

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16

All’inizio del IX secolo quest’area diventò nuovamente una zona abitata ma sarebbe stata di lì a poco distrutta dal sisma dell’847.

Nella zona l’attività edilizia ricominciò nel XII secolo: furono costruiti palazzi su cantine per le quali vennero in parte riutilizzati resti romani. La conseguenza immediata di questo intervento urbanistico fu l’innalzamento di circa 3 m del piano su cui si impostava la via Lata.

A questa fase edilizia furono attribuite le due calcare trovate presso la Piazza Madonna di Loreto (XII-XIII sec.), (figg. 12-13).

(Da M. Serlorenzi, L. Saguì (a cura di), “Roma, Piazza Venezia. L’indagine archeologica per la realizzazione della metropolitana. Le fasi medievali e moderne”, in AMediev, XXXV, 2008). Fig. 12. Disegno che riproduce in basso la pianta e in alto la sezione delle due calcare attestate nella zona di Piazza Madonna di Loreto (disegno C. Le Maguer).

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17

La zona di Piazza Venezia continuò a crescere tanto che nel XIII secolo vantava una densità demografica ancora più fitta rispetto al passato. Le abitazioni a più piani si affacciavano su entrambi i lati della strada. Sul retro, in uno spazio aperto, invece si svolgeva l’attività artigianale.

Un esempio, a conferma di quanto detto, era rappresentato dal ritrovamento di un forno da vetro (fig. 14) o meglio dei prodotti della sua attività.

Fig. 13. Piazza Madonna di Loreto. Le calcare fotografate dall’alto. (Da M. Serlorenzi, L. Saguì (a cura di), “Roma, Piazza Venezia. L’indagine archeologica per la realizzazione della metropolitana. Le fasi medievali e moderne”, in AMediev, XXXV, 2008).

Fig. 14. XIV secolo (periodo 6, fase II). Esempi di una tipologia di oggetti prodotti in quel periodo (manufatti in vetro). (Da M. Serlorenzi, L. Saguì, ut supra).

(32)

18

Nell’area corrispondente al Foro nella seconda metà del IX secolo, per colmare le

lacune pavimentali dovute allo scempio52 precedente, venne realizzato un

acciottolato53 alternato alle lastre rimaste in situ54. In quel tempo il ripristino della pavimentazione era motivato dalla tendenza al mantenimento in toto dell’impianto forense.

Proseguendo l’analisi stratigrafica dell’area si potevano notare, al di sopra dell’acciottolato, tracce di fango (fig. 15a-b).

Il dato autorizzava a ritenere che, poco dopo la fase di restauro55, l’area della piazza

fosse stata oggetto di nuove depredazioni e ne fosse cessata la frequentazione. Il degrado di questa zona poteva essere imputabile anche a falle nel sistema di smaltimento idrico con conseguente formazione dello strato fangoso e al confluire di acque provenienti da alture limitrofe.

52 Cfr. R. Meneghini, “I Fori Imperiali in età post-classica: i Fori di Augusto e di Traiano”, in S. Baiani, M.

Ghilardi (a cura di), Crypta Balbi - Fori Imperiali, Archeologia urbana a Roma e interventi di restauro

nell’anno del Grande Giubileo, Roma, 2000, pp. 83-89; id., “Roma - Strutture altomedievali e assetto urbano

tra le regioni VII e VIII”, in AMediev, XXVII, 2000, pp. 303-310; id., “L’origine di un quartiere altomedievale romano attraverso i recenti scavi del Foro di Traiano”, in G.P. Brogiolo (a cura di), Atti del II

Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, Firenze, 2000, pp. 55-59; id., “Il Foro di Traiano nel

Medioevo”, in MEFRA, 113, 2001, 1, pp. 149-172.

53 Id., “L’origine di un quartiere altomedievale romano …, art. cit.”, sostiene che la tessitura della

pavimentazione è ancora perfettamente leggibile grazie alle impronte rimaste sullo strato di preparazione sottostante realizzato in cementizio. Per una prima analisi dei dati riguardante la fase medievale dello scavo v. id., “Il Foro di Traiano nel Medioevo…”, valutazioni ulteriori in id. [art. cit. alla nota 35].

54 Id., “Roma - Strutture altomedievali …, art. cit.”: “Tutto il pavimento era rivestito di lastre di marmo

bianco”; vedi anche Lugli [nota 38], p. 281.

55 R. Meneghini, “Il Foro di Traiano nel Medioevo”, Conferenza tenuta il 9/12/1999 presso la British School

of Rome, in MEFRA, 1999b: “dalla sequenza stratigrafica rintracciata ovunque nell’area della piazza si capisce che il complesso monumentale sia stato restaurato ancora nella prima metà del IX sec.”; v. anche id., “Roma - Strutture altomedievali e assetto urbano tra le regioni VII e VIII”; R. Meneghini, R. Santangeli Valenzani, “I Fori imperiali nel Medioevo”, Catalogo del Museo dell’Alto Medioevo a Roma presso la Crypta Balbi, 2000, vol. I; v. R. Meneghini, “L’origine di un quartiere altomedievale …, art. cit.”, R. Meneghini, “I Fori imperiali in età post-classica …, art. cit.”.

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Fig. 15a. Tratto superstite dell’acciottolato rinvenuto presso la via Alessandrina e appartenente alla fase di restauro altomedievale della piazza forense (metà del X secolo).

Fig. 15b. Stratigrafia della piazza del Foro portata alla luce durante gli scavi del 1998-2000. In essa si riconoscono: 1) Il piano di posa delle lastre di marmo che costituivano lo strato ultimo e visibile della pavimentazione della piazza. 2) Lo strato di fango indice di un abbandono databile al IX–X secolo.

3) Il livello che corrisponde alla bonifica della metà del X secolo. 4) La massicciata stradale della metà del X secolo. 5) Il piano stradale in acciottolato della metà del X secolo. In età moderna questo percorso diventerà via di S. Lorenzo ai Monti e, successivamente, parte di Piazza Colonna Traiana. (Per entrambe le foto vedi R. Meneghini, “I Fori Imperiali e i Mercati di Traiano nel Medioevo e nell’età moderna”, in I Fori Imperiali e i Mercati di Traiano, 2009).

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I frammenti ceramici frammisti all’acciottolato assieme all’analisi dei detriti dello strato fangoso hanno consentito di collocare gli strati nella seconda metà del IX sec. La conclusione più ovvia di tali indagini fu che fosse intercorso poco tempo tra l’opera di sistemazione della piazza e il suo abbandono, conseguente all’urgenza di reperire materiale edilizio da trasformare in calce e quindi in legante56.

Le analisi stratigrafiche al di sopra dello strato di fango hanno rivelato una gettata composta di un tritume di cocci, messi in opera a secco, che avrebbe costituito uno spessore sufficiente alla costruzione di eventuali edifici: una vera e propria bonifica per consentire nuovamente la frequentazione dell’area corrispondente all’antico Foro.

Molti dei frammenti impiegati per questo strato oscillavano tra il III-II sec. a.C. e il VI sec. d.C., una minima parte di essi risaliva invece al IX-X secolo.

La cronologia, presa in considerazione ai fini della collocazione nel tempo di questo strato di battuto, era quest’ultima. L’altra era indicativa di più antichi scarichi dai quali si reperì il grosso del materiale necessario per tale operazione.

Una volta risistemato il piano di calpestio del Foro, fu possibile procedere ad una rioccupazione dell’area con un quartiere abitativo: comparvero massicciate stradali sulle quali si impiantarono grandi case in opera quadrata, tipica tecnica costruttiva altomedievale che alternava blocchetti squadrati di tufo e travertino con il raro ricorso a laterizi.

Appariva quindi un paesaggio caratterizzato dalla commistione di vecchio e nuovo. Tre risultavano essere i principali percorsi viari che attraversavano l’area traianea57

attorno a cui si addensarono i nuclei abitativi: il primo con orientamento est-ovest, corrispondente al futuro tracciato di via S. Lorenzolo ai Monti - via Campo Carleo - salita del Grillo; il secondo, orientato come il precedente, ma più a sud, poi identificato con la via dei Carbonari; infine l’ultimo, con andamento nord-sud, in seguito prolungato fino alla zona dei Santi Apostoli (fig. 16).

56 R. Meneghini, “Il Foro di Traiano nel Medioevo”, in MEFRA, 113, 2001, 1, pp. 149-172. L’archeologo

dice: “…non è improbabile che tutta questa richiesta di calce si legasse ai lavori ordinati dal papa Leone IV per le mura della cosiddetta Civitas Leonina e per il restauro delle Mura Aureliane”.

57 Vedi M.G. Ercolino, La città negata. Il Campo Carleo al Foro Traiano: genesi, crescita e distruzione,

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L’ampia urbanizzazione del Foro prese avvio nel X secolo.

Quest’opera di recupero dell’area da adibire all’impianto di un nuovo abitato si pose al tempo di Alberico: alla sua cerchia appartenne un personaggio altolocato, un certo Kaloleo58, omonimo di un personaggio menzionato in un atto del 100459 in relazione

ad una proprietà sita nella zona di Campo Carleo coincidente con l’area del Foro.

Era naturale ricollegare le due figure e anzi supporre che si trattasse di un’unica persona. In ogni caso l’intento di questo gruppo di potere era di rafforzare la propria

58 Per l’estensione del toponimo vedi S. Passigli [nota 45], tav. 2; cfr. R. Meneghini, “Il Foro e i Mercati di

Traiano nel Medioevo attraverso le fonti storiche e d’archivio”, in AMediev, XX, 1993, pp. 79-120, dove rimanda a U. Gnoli, Topografia e Toponomastica di Roma medievale e moderna, Roma, 1939, p. 50, s.v. Campo Carleo; cfr. R. Meneghini, art. cit., p. 87, nota 40, dove fa riferimento ai luoghi di conservazione dei documenti e dei numerosi appunti del Corvisieri relativi al toponimo con un elenco di personaggi omonimi: in Vallic., Fondo Corvisieri, Busta XV, fasc. 21, ff. 16-18; v. anche R. Meneghini, “Roma-Strutture alto-medievali e assetto urbano …, art. cit.”.

59 Vedi R. Meneghini, “Il Foro di Traiano nel Medioevo …, art. cit.” [nota 52].

(Da M.G. Ercolino, in La città negata. Il Campo Carleo al Foro Traiano: genesi, crescita e distruzione, tavola XI, p. 410).

Fig. 16. I primi percorsi stradali nati nella fase altomedievale (X secolo).

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posizione sul territorio60 ricorrendo a fondi pubblici. Del resto non si poteva

immaginare che un simile progetto fosse dovuto ad un’unica persona; tutt’al più, se l’idea si legava ad un singolo, non si poteva dire altrettanto per la sua realizzazione, che rimandava senz’altro al governo cittadino. Lo sviluppo del nuovo abitato andava

di pari passo con un sensibile aumento demografico, che si verificò nel X61 secolo

in contrasto con quanto sarebbe avvenuto più tardi. Nei secoli successivi tale abitato si consolidò, rappresentando il primitivo nucleo storico62 del futuro quartiere

moderno, detto “Alessandrino”63: la conformazione urbanistica, la viabilità e la

lottizzazione, che già allora lo connotavano, si sarebbero mantenute inalterate. Infine ulteriori mutamenti paesaggistici e urbanistici investirono l’area forense nel XII secolo: entro la metà del Duecento si verificò nel Foro un ulteriore innalzamento di livello di circa 4 m rispetto al piano antico.

L’abitato subì nel corso del XII secolo delle evoluzioni e adattamenti che rispecchiavano le tendenze dei quartieri basso-medievali: furono costruite case a due, tre piani disposte in fila lungo gli assi stradali sui quali si affacciava uno dei lati corti; l’altro, sul retro, dava su un cortile che al suo interno includeva un pozzo. Altra caratteristica di queste residenze era il ricorso ad una diversa tecnica edilizia rispetto al periodo altomedievale: l’opus incertum, che finì col soppiantare l’opus

quadratum, precedentemente riscontrato nelle case del X secolo.

I.2.1 Fine della fase alto-medievale e inizio di quella basso-medievale

L’incremento edilizio, già avviatosi nel X secolo, proseguì nei secoli successivi: a renderlo possibile fu l’ingente smantellamento delle antiche strutture del Foro.

60 R. Meneghini, “I Fori imperiali in età post-classica: i Fori di Augusto e di Traiano”, in S. Baiani e M.

Ghilardi, Crypta Balbi. Fori imperiali … [nota 52], nota 1, pp. 83-89.

61 R. Meneghini, R. Santangeli Valenzani, Roma nell’Alto Medioevo, Roma, 2004, pp. 180-188. Gli autori

dicono: “… anche se la documentazione altomedievale per il Foro Traiano scarseggia, sarebbero apparse tracce di un abitato del X sec., posto all’interno di un area semirurale, dove comunque si trovavano percorsi stradali, parti di edifici residenziali e riporti di terra per aree coltivate”.

62 R. Meneghini, M. Milella, “Roma. Ricerche nel Foro di Traiano. Basilica Ulpia: un esempio di

sopravvivenza di strutture antiche in età medievale”, in AMediev, XVI, 1989, pp. 541-557, dove dicono: “Il primo nucleo storico dell’insediamento moderno era sorto all’ombra della Basilica Ulpia; alcune grandi strutture dell’edificio sembrano essere rimaste in piedi sino al XV secolo”.

63 R. Meneghini, “Il Foro ed i Mercati di Traiano nel Medioevo …, art. cit.”, a p. 111 sostiene: “Il quartiere

era sorto tra ‘500 e ‘600 inglobando il vecchio abitato nato nella zona del Foro. La denominazione del quartiere deriva dal soprannome del cardinale Michele Bonelli, nipote del pontefice Pio V e originario di Alessandria (Piemonte); fu lui a volere un consolidamento e una riorganizzazione urbanistica dell’intera area dei Fori Imperiali”.

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