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Il nonsense della chiacchiera

3. LO STILE TEATRALE

3.3 L’IRONIA

3.3.1 Il nonsense della chiacchiera

In linea con l’ umorismo ebraico le pagine della Ginzburg, soprattutto quelle saggistiche, sono piene di witz, motti di spirito che, riferiti anche a se stessa, producono l’effetto di «sottrarre all’avversario l’iniziativa denigratoria»178. Tale effetto, riscontrabile anche nei testi teatrali, è particolarmente visibile se alla 175 N. GINZBURG, Dialogo in Id., Tutto il teatro, cit. p. 258

176 Ivi, p. 279

177 O. FALLACI, Gli antipatici, Rizzoli, Milano, 1963, pp. 337-358 178 P. PUPPA, Natalia Ginzburg: una lingua per il teatro, cit. p. 151

comicità (nella rilettura freudiana di Francesco Orlando179), si aggiunge quella dose di autoreferenzialità di cui la Ginzburg non può fare a meno. Sono emblematiche espressioni come «L’accento piemontese io non lo sopporto»180 che Angelica dice con tono dispregiativo nei confronti della ragazza ungherese di Cencio; oppure, quando Tecla parla dei propri disagi infantili e dice: «Soprattutto avevo il complesso della portineria»181, si tratta del ricordo drammatico della Ginzburg legato ad un tentativo di suicidio182. L’effetto comico, in questi casi, nasce proprio dal paradosso di convinzioni assurde. Un ragionamento approfondito, tuttavia, fa luce su una doppia verità: da un lato ci sono il racconto della Ginzburg che, ebrea e piemontese dalla nascita, sente costantemente vacillare il suo senso di appartenenza e il tragico flashback della sua abitazione a Roma nell’immediato dopoguerra reso vivo dal ricordo dell’aria asfissiante della portineria. D’altra parte, però, tutto questo, a teatro, perde d’importanza se pronunciato dai personaggi. Il ricordo si svuota delle impressioni personali e diventa un espediente che produce un abbassamento di tono. Attraverso la chiacchiera l’evento tragico viene automaticamente annullato da una battuta che ripristina il tono medio della conversazione. Ne è un esempio il tentativo di suicidio di Giuliana mai messo in atto realmente grazie ad un incontro fortuito con un uomo a cui doveva dei soldi ma che rappresentava per lei un’ideale prospettiva di vita :

GIULIANA: Pochi giorni prima d’incontrarti. Gennaio, era. Io me ne andavo in giro nella pioggia, e avevo una grandissima voglia di morire. Camminavo sul ponte e 179 «Nel quadro della cornice teorica di Freud, la comicità è fondata sul “non sono io” - colui che è comico non sono io - , mentre il motto di spirito ci propone un “sono io”, facendo appello a una nostra partecipazione e identificazione. […] Secondo Freud, esiste un caso in cui i due fenomeni, la comicità sprezzante - il “non sono io” - e il motto di spirito – il “sono io”- convergono in un modello più complesso, in cui uno dei due fa da facciata, da superficie, e l’altro fa da fondo e da sostanza nascosta. Più precisamente è la comicità che fa da facciata ed è il motto che fa da fondo.»: F. ORLANDO, Qualche considerazione sulle funzioni letterarie del comico in E. MARINAI, S. POETA, I. VAZZAZ (a cura di), Comicità negli anni Settanta. Percorsi eccentrici di una metamorfosi fra teatro e media, Pisa, Edizioni ETS, 2005, pp. 35-43, in part p. 39

180 N. GINZBURG, La porta sbagliata in Id., Tutto il teatro, cit. p. 349 181 Ivi, p. 327

182 N. GINZBURG, Estate in Id., Un’assenza, cit. pp. 134-137, in part. p. 134 : «Rimasi lontana dai miei figli per un certo tempo. […] Abitavo in una pensione dove c’era una portinaia che puzzava.»

progettavo di buttarmi nel fiume, e pensavo che avrei lasciato l’impermeabile sul parapetto del ponte, con una lettera in tasca per la mia amica Elena, in modo che l’impermeabile lo dessero a lei. Difatti è un bell’impermeabilino e mi dispiaceva che andasse perso.

[...]

GIULIANA: [...] Allora, sai, ti dicevo, quella mattina, ho pensato appena l’ho visto: «Accidenti, gli devo dei soldi», e ho pensato: «Speriamo che mi inviti a pranzo» e poi ho ancora pensato: «Per adesso non mi ammazzo più». Difatti mi ha portato a pranzo. Sai dove?183

Procedimenti di questo genere, molto utilizzati nei testi teatrali, sono affiancati da ulteriori virtuosismi stilistici come i frequenti accostamenti di piani diversi184. Laura Peja parla di “cortocircuiti della comunicazione” mirati ad evidenziare il carattere contraddittorio, e quindi comico, dei personaggi. Ne è un esempio il caso de La segretaria in cui è frequente il riferimento al cavallo, passione incompresa di Nino:

NINO: Così gli faccio vedere il cavallo. Non mangia. Caca sangue. Ho paura che abbia ingoiato un chiodo.

[...]

SOFIA: Prendi pure la seicento. Io te la impresto.

NINO: Veramente non me la puoi imprestare perché è anche mia. l’abbiamo comprata metà per ciascuno.

SOFIA : Però tu la tua metà non l’hai ancora tirata fuori.

NINO: Perché non avevo liquido disponibile. Ti rimborso subito, appena Edoardo mi paga per quella traduzione.

SOFIA: Campa cavallo

NINO: Non mi parlare di cavalli.185

O ancora, ne La porta sbagliata, la Ginzburg evidenzia in maniera ironica la repulsione di Angelica nei confronti del cibo con un procedimento analogo:

TECLA: Guardate le sue scarpe. Sono fradicie. Sono anche rotte. Bisogna farle asciugare sulla stufa. Datemi dei giornali. Le riempio di giornali, sennò diventano dure come baccalà.

ANGELICA: Silenzio. Non parlare di baccalà.186

L’esempio in cui questo procedimento sortisce gli effetti migliore si legge probabilmente ne L’inserzione:

TERESA: Be’, io non te l’avevo detto per non darti un dispiacere. Gli deve mettere tante di quelle corna, a tua sorella. È vero che lei è noiosa come l’olio?

183 N. GINZBURG, Ti ho sposato per allegria in Id., Teatro, cit. p. 11

184 Le molteplici strategie comiche utilizzate dalla Ginzburg sono minuziosamente descritte da L. PEJA, Natalia Ginzburg: il cavallo di Troia in Strategie del comico: Franca Valeri, Franca Rame e Natalia Ginzburg, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 2009, pp.151-159

185 N. GINZBURG, La segretaria in Id., Teatro, cit. pp. 144-145 186 N. GINZBURG, La porta sbagliata in Id., Teatro, cit. p. 354

LORENZO: Perché, è noioso l’olio?

TERESA: Potevi anche portarmi qualche fiasco d’olio di là. […] Altro che invidiarla. Mi fa pena. È vero che ha ventinove anni e ne dimostra quaranta. Ha un culo che non finisce mai.

LORENZO:(a Elena) In verità mia sorella è una bellissima donna. Sembra un Botticelli.

TERESA: Sì, sì, è proprio una botticella. È un barile. Nemmeno un po’ di vino mi hai portato? Hanno tanto di quel vino che lo regalano.187

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