• Non ci sono risultati.

Il nuovo reato di “falso in transazione fiscale”

LA TRANSAZIONE FISCALE

6) Ravvedimento operoso (art 13 D.Lgs 472/1997): istituto attraverso il quale è

4.12 Il nuovo reato di “falso in transazione fiscale”

L’art. 29 del D.L. n. 78/2010, c.d. "Decreto anti-crisi" ha introdotto, tra le altre novità, un nuovo comma 2 all'art. 11 del D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74186, “Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte”187.

186 “Nuova disciplina dei reati in materia di imposta sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’art. 9 Legge 25 giugno 1999, n. 205”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 76 dei 31 marzo 2000.

121

La nuova disposizione, in vigore dal 31 maggio 2010, prevede la reclusione da sei mesi a quattro anni per "chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento

parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad Euro cinquantamila".

La norma in commento è comunemente soprannominata in dottrina come “falso in transazione fiscale”188 in quanto il presupposto del reato è l'instaurazione di un procedura di transazione fiscale, nella quale si realizza la condotta illecita.

Dal dato letterale della norma, però, non è chiaro a quale istituto il legislatore abbia voluto riferirsi: l’espressione “documentazione presentata ai fini della procedura

di transazione fiscale”, infatti, potrebbe coinvolgere tutte le tipologie di accordi dal

contenuto transattivo tra Erario e contribuente previste dall'ordinamento, quali l’accertamento con adesione e la conciliazione giudiziale. A riguardo, la Relazione n. III/09/10 del 3 agosto 2010 dell'ufficio del massimario della Cassazione (che affronta le principali novità introdotte dal D.L. 78/2010) chiarisce che la locuzione “transazione fiscale” utilizzata dalla norma consente di circoscrivere la fattispecie penale alla sola procedura prevista dall'art. 182 ter l. fall., escludendo la rilevanza penale ad altri istituti transattivi189.

Inoltre, il fatto che la nuova fattispecie sia inserita nel corpo di un articolo (il 29 del D.L. 78/2010) che si riferisce ad atti e fatti che rilevano nel l'ambito della riscossione del tributo rende più logico ipotizzare che la transazione menzionata dal

187 L’art. 11 D.Lgs. 74/2000 attualmente recita: “E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni

chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad Euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie atti fraudolenti su propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad Euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura della transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad Euro cinquantamila. Se l’ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad Euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni”.

188 PALMA, Novità legislative introdotte dal DL 31 maggio 2010, n. 78 in materia di reati fiscali, in Il Fisco, 2010.

189 Anche in dottrina è condivisa tale conclusione; sul punto: CARACCIOLI, Le novità della "Manovra" (D.L. 78/2010) in ambito penale tributario, in Rivista di Diritto Tributario,11/2011; ANDREANI, TUBELLI, La manovra 2010 non risolve i dubbi sulla transazione fiscale, in Corriere tributario, 2010.

122

legislatore riguardi esclusivamente quella della legge fallimentare e non anche gli altri istituti deflativi concepiti con finalità di ridurre il contenzioso e che logicamente si pongono in una fase precedente alla riscossione190. Ciò può essere confermato anche dal fatto che l’espresso richiamo alla “documentazione presentata ai fini della procedura” si riferisca alla “documentazione di cui all’art. 161” contenuto nell’art. 182 ter l. fall., in base al quale il contribuente è tenuto a presentare "contestualmente al deposito

presso il tribunale (...) al competente concessionario del servizio nazionale della riscossione ed all'ufficio competente sulla base dell'ultimo domicilio fiscale del debitore":

- copia della domanda di concordato preventivo e della relativa

documentazione;

- copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l'esito dei controlli automatici;

- copia delle dichiarazioni integrative relative al periodo sino alla data di presentazione della domanda.

Sulla base di tale documentazione, il concessionario della riscossione dovrà provvedere a "trasmettere al debitore una certificazione attestante l'entità del debito

iscritto a ruolo scaduto o sospeso” e l'Agenzia delle Entrate, dovrà "procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni ed alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, unitamente ad una certificazione attestante l'entità del debito derivante da atti di accertamento ancorché non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonché da ruoli vistati, ma non ancora consegnati al concessionario": tali adempimenti

sono necessari allo scopo di conseguire il vero effetto della transazione fiscale, ossia il consolidamento del debito tributario.

È evidente che è proprio in questa fase prodromica della procedura che si creano i presupposti per il successivo consolidamento: da qui, la necessità di una particolare tutela, volta a disincentivare condotte del contribuente che strumentalizzino l'istituto dell'art. 182 ter l. fall. (e quindi, di riflesso, una sorta di disponibilità a trattare dell'amministrazione finanziaria) per addivenire ad un "pagamento parziale dei tributi e

123

dei relativi accessori"191. L’art. 11, comma 2, D.L. 74/2000 colpisce dunque condotte illecite che si verificano in una fase antecedente all’effettivo inadempimento del contribuente e che condizionano inevitabilmente le successive fasi procedurali della transazione fiscale: il legislatore ha voluto prevenire la possibilità che l’imprenditore, per rendere più “appetibile” la proposta di transazione al Fisco, alteri la sua situazione patrimoniale indicando attività inferiori o passività fittizie.

Non semplice è anche l’individuazione dei soggetti attivi del reato di falso in transazione fiscale: il “chiunque” della norma deve essere letto in chiave restrittiva, limitandosi a considerare gli imprenditori commerciali in stato di crisi che presentano una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo ovvero che si trovino a svolgere le trattative precedenti la stipula di un accordo di ristrutturazione dei debiti (istituti nei quali è ammessa la transazione fiscale). Inoltre, se si considera che l’espressione “imprenditore commerciale” può riferirsi anche alle società commerciali, si pone un ulteriore problema di individuare quei soggetti che, all'interno della società, possano essere chiamati a rispondere delle falsità di cui all'art. 11.

In particolare, c’è da chiedersi se la dizione "chiunque" contenuta nella norma in commento consenta di ritenere penalmente responsabili del reato di falso in transazione fiscale anche gli amministratori di società di capitali, considerando che in dette società la proposta di concordataria, della quale la transazione fiscale costituisce parte integrante, deve venir approvata dall’organo esecutivo192, e considerando anche che

“riguardo ai fatti commessi da chi agisce in qualità di amministratore, liquidatore, rappresentante di società, enti o persone fisiche, il ‘fine di evadere le imposte’ ed il ‘fine di sottrarsi al pagamento’ si intendono riferiti alla società, all’ente o alla persona fisica per conto della quale si agisce”193.

Se si considera, però, che già nell’art. 236 l. fall. il legislatore (per prevenire la fruizione abusiva della procedura di concordato preventivo) ha voluto espressamente

191 ARONICA G., Il nuovo art. 11 comma 2 D.Lgs. n. 74/2000: l'evasione alla riscossione nella transazione fiscale, in Rivista di Diritto Tributario, 11/2011.

192 Art. 161, comma 4, l. fall.: "Per la società la domanda deve essere approvata e sottoscritta a norma

dell'art. 152", ossia "nelle società di persone (...) dai soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale", mentre "nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché nelle società cooperative, (...) dagli amministratori".

124

punire “l'imprenditore che, al solo scopo di essere ammesso alla procedura di

concordato preventivo, siasi attribuito attività inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti", si

dovrebbe dedurre che anche nella disposizione di cui all’art. 11 D.Lgs. 74/2000 abbia voluto alludere unicamente all'imprenditore individuale, e non ai titolari degli organi societari194.

Un ulteriore dubbio che sopraggiunge rimanendo in tema di soggetti attivi del reato, riguarda il fatto se sia da ritenere eventualmente penalmente responsabile ex art. 11, comma 2 D.Lgs. n. 74/2000 anche il professionista “in possesso dei requisiti di cui

all'art. 67, comma 3, lett. d), che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano” di concordato preventivo in virtù dell’art. 161 l. fall., dato che la norma penale

richiama in modo generico la documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale.

Nel chiedersi se un falsa attestazione della veridicità dei dati aziendali svolta dal professionista attestatore per far ottenere all'imprenditore il pagamento parziale dei tributi e degli accessori oggetto di transazione, possa considerarsi un'indicazione di elementi attivi "inferiori agli effettivi" ovvero di elementi passivi "fittizi", la maggior parte della dottrina195 sul punto condivide il fatto di non ritenere penalmente responsabile il professionista attestatore, sempre rifacendosi al tenore letterale dell’art. 236 l. fall. che si riferisce al solo imprenditore individuale.

Anche sotto il profilo oggettivo del reato si riscontrano alcune imprecisazioni del legislatore. Infatti, la rubrica del D.Lgs. 74/2000 fa riferimento a “imposte sui redditi e sul valore aggiunto”, ma con riguardo all’art. 11 non sembra potersi escludere il riferimento ad altre tipologie di tributo per le quali sia ammessa la transazione fiscale. D’altro canto, la norma si riferisce letteralmente alla falsità riguardante la complessiva "documentazione" relativa alla procedura di transazione fiscale, quindi alle

194

In merito, la sentenza della Corte di Cassazione, sezione V, del 2 novembre 1989: "soggetto attivo

delle condotte criminose ipotizzate nel comma 1 dell'art. 236 legge fallimentare deve ritenersi solo l'imprenditore individuale e non anche i titolari di funzioni organiche nelle imprese sociali".

195 MANGIONE, Riflessioni penalistiche sulla riforma delle procedure concorsuali, ed ALESSANDRI, Profili penalistici delle innovazioni in tema di soluzioni concordate delle crisi di impresa, in Rivista diritto processuale penale, 2006; INSOLERA, Riflessi penalistici della nuova disciplina del concordato preventivo e delle composizioni extragiudiziali della crisi della impresa, in Giurisprudenza commerciale, 2006.

125

dichiarazioni a cui si riferisce l'art. 182 ter l. fall. ed alla documentazione ex art. 161 l. fall..

La condotta punita ai sensi dell'articolo in commento sembra identica a quella dell'art. 4 D.Lgs. n. 74/2000, reato di "dichiarazione infedele". Ma un'eventuale infedeltà all'interno delle (copie delle) dichiarazioni ex art. 182 ter, comma 2, l. fall., comporterebbe un'inammissibile duplicazione di tutela penale: poiché la falsità in esse contenuta non solo inganna l'Erario in un primo momento, ma pregiudica altresì le operazioni di consolidamento, essa dovrebbe dirsi doppiamente meritevole di sanzione. Non rimane, pertanto, altra soluzione che quella di circoscrivere l'applicazione della fattispecie ai casi in cui una condotta di falsità sia realizzata all'interno della documentazione ex art. 161 l. fall.196.

Con riguardo all’elemento soggettivo, è necessario il dolo specifico di ottenere per sé o per altri il pagamento parziale dei tributi e dei relativi accessori.

La tutela riconosciuta nell’art. 11 qui commentato vuole impedire che l'imprenditore, facendo figurare attività inferiori rispetto a quelle "effettive", ovvero passività "fittizie", ottenga il risultato di ingannare la pubblica amministrazione finanziaria circa le sue reali disponibilità, inducendola a rinunciare ad una parte delle sue pretese debitorie.

La formulazione della norma non agevola l’interprete a chiarire se per la sussistenza della soglia minima di punibilità di cinquantamila Euro (al di sotto della quale non scatta alcuna sanzione penale) ci si debba riferire ai soli elementi passivi od anche a quelli attivi. In dottrina si condivide maggiormente che l’alterazione della situazione patrimoniale prospettata dal debitore può consistere sia in una sottovalutazione delle attività, sia in una sopravalutazione delle passività patrimoniali197.

La falsità è penalmente rilevante soltanto nell'ipotesi in cui l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore ad Euro cinquantamila, soglia assai modesta se

196 ARONICA G., Il nuovo art. 11 comma 2 D.Lgs. n. 74/2000: l'evasione alla riscossione nella transazione fiscale, in Rivista diritto tributario, 11/2011.

126

posta in relazione all'esposizione debitoria che può caratterizzare imprese di notevoli dimensioni.

127

CAPITOLO 5

PROBLEMATICHE INTERPRETATIVE ED APPLICATIVE