LA TRANSAZIONE FISCALE
4.6 I tributi ammessi alla transazione fiscale
4.6.2 Transazione fiscale dei contributi previdenziali e assistenzial
L’art. 32 del D.L. n. 185/2008 ha integrato l’art. 182 ter l. fall. prevedendo la possibilità di proporre la transazione fiscale anche ai crediti contributivi amministrati dagli “enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatoria e dei relativi accessori”.
Tale estensione comporta la necessità di differenziare la procedura sotto alcuni aspetti, ad esempio prevedendo che la proposta di transazione venga depositata anche presso gli enti di previdenza, in quanto trattasi di crediti facenti capo a diversa amministrazione ed aventi una diversa regolamentazione; tuttavia tra crediti tributari e previdenziali dovrebbe comunque sussistere omogeneità di trattamento e di effetti poiché ogni ipotesi di disparità di trattamento tra obbligazioni pubbliche è irragionevole.
Così, il citato articolo 32 ha altresì demandato ad un apposito decreto del Ministero del Lavoro di definire, insieme al Ministero dell’Economia e delle Finanze, “le modalità di applicazione, nonché i criteri e le condizioni di accettazione da parte degli enti previdenziali”. Tale decreto venne pubblicato il 28 ottobre 2009, in ritardo rispetto ai previsti sessanta giorni dall’entrata in vigore dal D.M. n. 185.
Nonostante il decreto in commento avesse dovuto definire le modalità, i criteri e le condizioni di accettazione della proposta transattiva, il D.L. si spinse oltre, andando a definire negli artt. 1 e 3 l’ambio di applicazione della proposta, contrastando così con la norma primaria, art. 182 ter l. fall..
Detti articoli infatti escludono dalla transazione “i crediti oggetto di
cartolarizzazione ai sensi dell’art. 13 della legge 448/1998; i crediti dovuti in esecuzione delle decisioni assunte dagli organi comunitari in materia di aiuti di stato”,
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- i crediti relativi ad assicurazioni obbligatorie per invalidità, vecchiaia e superstiti non possono essere oggetto di falcidia ma solo di dilazione;
- i crediti previdenziali possono essere falcidiati non oltre il 60%, gli oneri relativi ai predetti crediti non possono essere falcidiati otre il 30%;
- i crediti chirografari devono essere soddisfatti per almeno il 30%.
Tali previsioni limitative, oltre a non offrire alcun vantaggio nella transazione, dovrebbero essere considerate illegittime in virtù della gerarchia delle fonti normative; inoltre, non si ravvisa una giustificazione plausibile nell’escludere i crediti oggetto di cartolarizzazione e dovuti in esecuzione di aiuti di Stato, in quanto tali ipotesi non determinano la mutazione della natura dei crediti che rimangono di tipo contributivo. Per tali ragioni, gli imprenditori in crisi ed i giudici non dovrebbero sentirsi vincolati da tali disposizioni. Tuttavia, anche considerando che il giudice ordinario potrebbe non applicare le norme di un decreto regolamentare qualora dovesse ritenerle illegittime, si ritiene che questo potere non possa sussistere in capo al giudice delegato o al tribunale in quanto gli stessi, sia nel concordato preventivo sia negli accordi di ristrutturazione, non hanno il compito di dirimere una controversia tra debitore e creditori, ma solamente il compito di controllare la legittimità della procedura165.
Le previsioni del D.M. creano tra l’altro confusione nel sistema dell’ordine dei privilegi, creando indirettamente un’alterazione delle cause legittime di prelazione confliggendo, così, con le regole primarie contenute negli artt. 160 e 182 ter l. fall..
Ad esempio, le regole principali della transazione prevedono che l’Iva non possa essere falcidiata e, prevedendo il D.M. la possibilità di falcidia fino al 40% dei crediti previdenziali, si crea una confusione di regole: il credito Iva con grado di privilegio inferiore (il diciannovesimo) non può venir falcidiato mentre un credito previdenziale con grado superiore (l’ottavo) può esserlo.
Tornando alle disposizioni del D.M. del 2009, l’art. 4 in esso contenuto riguarda le condizioni di accettazione della proposta da parte degli enti previdenziali:
a) idoneità dell’attivo ad assicurare il soddisfacimento dei crediti anche mediante prestazione di eventuali garanzie; tale condizione escluderebbe la
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transazione contributiva ai concordati preventivi in continuità aziendale ed agli accordi di ristrutturazione che prevedono la soddisfazione dei crediti non tramite la liquidazione dell’attivo ma tramite l’attività in continuazione dell’impresa;
b) riconoscimento formale ed incondizionato del credito per contributi e premi e rinuncia a tutte le eccezioni che possano influire sulla esistenza ed azionabilità dello stesso; di conseguenza, non sarebbe applicabile la
transazione fiscale dei debiti contributivi oggetto di contestazione, e si limiterebbe ulteriormente l’utilizzo dell’istituto;
c) correttezza nel pagamento dei contributi e premi dovuti per i periodi successivi alla presentazione della proposta di accordo;
d) versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti ai fin dell’accesso alla dilazione dei crediti; questa quarta condizione si scontra con le generali regole degli
istituti fallimentari: consentire la transazione contributiva solo se è stato effettuato l’intero versamento delle ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori come sostituto d’imposta contrasta con la possibilità contenuta nell’art. 182 ter l. fall. di richiederne il pagamento dilazionato e, soprattutto, stravolge l’ordine dei privilegi in quanto l’ente previdenziale verrebbe pagato prima dei dipendenti per eventuali retribuzioni arretrate;
e) essenzialità dell’accordo ai fini della continuità dell’attività dell’impresa e a ogni possibile salvaguardia dei livelli occupazionali, tenuto conto dell’importanza che la stessa riveste nel contesto economico-sociale nell’area in cui opera; quest’ultima condizione, al contrario della prima,
limiterebbe la transazione contributiva solo in caso di continuità aziendale e, quindi, i concordati e gli accordi di ristrutturazione conclusi senza la previsione di continuità aziendale ma con finalità liquidatoria dell’impresa si vedrebbero preclusa la possibilità di transare i debiti previdenziali ed assistenziali.
Il Tribunale di Roma (2 agosto 2010) precisò che i limiti posti dal D.M. 4 agosto 2009 dovranno essere rispettati sia dagli enti previdenziali interessati, in modo da
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vincolare ed uniformare la loro condotta in presenza di proposte di transazione fiscale, sia dai debitori che coinvolgono i crediti contributivi nella loro proposta, senza però considerare alcuni “vincoli”, quali ad esempio il rispetto dell’ordine dei privilegi e la rilevanza del voto dell’ente interessato, come si dirà nei prossimi paragrafi.
L’intenzione del legislatore è indubbiamente stata, nonostante le contraddizioni appena esposte, quella di dare una possibilità di risanamento in più a quegli imprenditori che versano in condizioni di crisi aziendale, permettendo di addivenire ad un accordo transattivo anche per i contributi amministrati degli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie.